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Autore: Phantom Lady    13/04/2013    3 recensioni
I nostri protagonisti sono stati invitati da un personaggio misterioso in una tetra villa per festeggiare l’Halloween più pauroso ed entusiasmante che sia mai stato celebrato.
Quindi i cari hetaliani si recano nella dimora, ma una volta entrati scoprono di non riuscire più ad uscire.Tra di loro c’è l’uomo misterioso che recita la parte dell’amico, pronto a tradirli. Ma chi è? Quale sarà il suo obiettivo? E ogni volta che qualcuno si avvicina alla verità la sua vita è in grave pericolo.
Per lasciare la villa i protagonisti dovranno risolvere una serie di intricati enigmi, che richiedono a volte la cooperazione di tutti gli hetaliani, altre la divisione in squadre.
Percorreranno la villa in lungo e in largo, passando per le stanza più paurose al loro quartier generale, dove i protagonisti si riuniscono, soprattutto per scappare dalle misteriose e aggressive creature che girano a piede libero nella villa, dalle stanze più pericolose a quelle segrete...
...tutto questo per rivedere la luce del giorno.
La dea bendata accompagnerà le nostre Nazioni o gli volterà le spalle, permettendo che la cupa ascia della morte metta fine alle loro vite?
Apprezzate ogni singolo enigma che ci ho lavorato tanto, eh è_é
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Altri, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo settimo_ La pista colorata

La sveglia del mattino seguente fu la più traumatica di tutte, specialmente per Cina. Con lentezza stava aprendo gli occhi a mandorla, sbattendo più volte le palpebre con un rumore liquido, accorgendosi improvvisamente di aver posato la testa contro la spalla di Spagna.  Non aveva ancora messo a fuoco l’area circostante – aveva riconosciuto Antonio solo grazie al suo vestiario e a dir la verità lo aveva quasi scambiato per Romano – ma piano piano cominciò a prender coscienza della stanza in cui si trovava, constatando anche di avere una torcia in mano, che a causa di un leggero tic – non seppe neanche determinare di che natura, forse era causato dal fatto che aveva tenuto per troppo tempo la mano ferma – accese.
Spostò lo sguardo assonnato e ancora sfocato su Russia, riverso a terra. Sapeva che non era abituato a dormire seduto, ma addirittura gettarsi a terra in quel modo! Si stropicciò gli occhi, e accidentalmente il reverbero della luce ricoprì il corpo di Ivan, inondando anche tutto quello che gli era accanto nel raggio di pochi centimetri.
Cina urlò in preda al panico, gettando con malagrazia la torcia a terra, che si spense appena sfiorò terra, facendo saltare la lampadina. Ora che non c’era neanche più luce indietreggiò terrorizzato, ma ricordò solo dopo aver rovinato a terra colle gambe incastrate nella sedia che era seduto.
Cercò rapidamente di dirigersi verso la luce elettronica accanto ai letti arrancando come un eremita in un deserto alla ricerca di acqua, guardandosi le spalle come se servisse a qualcosa, col tremendo buio che era calato, disperatamente implorava aiuto muovendo appena le labbra, non riuscendo ad  emettere alcun suono.
Nella sua corsa sbattè contro una superficie vagamente morbida, tentò immeditamente di liberare le gambe e cambiare direzione, ma sentì una mano posarglisi sulla testa, appiattendogli quasi dolcemente i capelli; improvvisamente Cina smise di liberarsi invano e alzò lo sguardo, sempre più atterrito, specialmente a causa di quel riguardo così insolito e iquietante che gli veniva riservato.
« ¿Que estas haciendo? » gli domandò Spagna, ridacchiando e accendendo la luce che il compagno cercava di raggiungere, lo aiutò ad alzarsi, mentre i compagni si alzavano interdetti a causa della sveglia brusca.
Yao fece un profondo respiro, accorgendosi di aver fatto una figura pietosa. Si asciugò il sudore con un gesto estremamente rapido, volgendo uno sguardo r verso Russia, che si stava lentamente alzando.
Aveva scambiato la sciarpa rosea per rossa alla luce della torcia quasi scarica e aveva pensato l’ombra allungata delle medaglie di Ivan per i mostri che si aggiravano per la villa.
Tirò un sospiro di sollievo e liquidò la domanda di Antonio sistemandosi e rasserenando il suo sguardo preoccupato.
Lentamente tutti i presenti si diressero verso il tavolo, sbadigliando chi silenziosamente, portando decorosamente una mano davanti alla bocca, come Francis, o chi in maniera rumorosa, come se chiunque dovesse accorgersene, non potendo utilizzare facebook per condividerlo con il mondo, ed era il palese esempio di America, che probabilmente riteneva così mirabili le proprie tonsille da volerle mostrare alle altre Nazioni.
Come una povera colazione parca, indegna di uomini e donne del loro livello, consumarono una piccola fetta di torta, scovata da qualche parte nelle riserve di cibo che il loro carnefice gli aveva gentilmente offerto. Quantomeno, bisognava ammettere che era un buon cuoco.
Arthur portò alle labbra la tazza di tea che aveva preparato dall’ultimo infuso disponibile, abbassando le palpebre per gustarne l’odore, il sapore ed il calore, che accarezzava umidamente la sua pelle: « Oggi dove andranno le squadre d’esplorazione? » domandò Inghilterra: si divertiva a chiamarle così, era senz’altro più carino e incoraggiante di giovani suicidi o pavidi amanti dell’horror.
Lili si schiarì la voce, ma aveva una tonalità così dolce e fragile che parve una risatina nervosa: « Oggi potremmo andare noi » sussurrò piano e graziosamente, rivolgendo un sorriso al fratello « Il primo giorno ho trovato questi » ed estrasse i fogliettini rinvenuti in biblioteca « e credo di poterci fare qualcosa » terminò, mentre la sua voce smise di propagarsi nell’aria, deliziando i presenti di quell’ infantilità e delicatezza unica di Lietchestain, che pareva ancora incontaminata da quell’aria di dolore che permeava ogni singola parete della villa.
« Perfetto, dammi quei cosi! Romano, Spagna, andiamo! » ordinò Svizzera, porgendo una mano a Lili, aspettandosi che gli consegnasse i pezzi di carta, alzandosi in piedi per prendere la baionetta, posata accanto al letto e incitando i due compagni a seguirlo, e lo fecero, sebbene vagamente controvoglia. Antonio era ancora leggermente scosso dalla morte di Austria; avevano avuto una lunga convivenza tempo addietro – e anche un matrimonio, ma questo lo sapevano in pochi –e tutto sommato si era affezionato al damerino di ghiaccio che riempiva di note e lamentele la casa.
« Io... voglio venire con voi! » asserì, ma la voce le era uscita così flebile e dolce che era difficile credere che fosse decisa a non lasciarli andare da soli.
« Avanti, non dire scemenze! Rimani con Ungheria e falla finita! » pronunciò, non che amasse stizzirsi contro la sorella, che piuttoso meritava un trattamento di rigurardo, di protezione, come una rosa dalle intemperie. « Non vorrei che ti succedesse qualcosa » aggiunse a bassa voce chè solo Spagna, accanto a lui, riuscì ad udirlo, mentre un sorriso si fece largo sul suo viso, scacciando tutti i pensieri nostalgici che gli aveva rimandato alla mente la convivenza forzata con Roderich.
« Io vengo! So  difendermi! » ribattè la ragazza, alzando la gonna fino a scoprire la coscia destra; Svizzera le si lanciò contro, calando la sottana fino a coprirle nuovamente le caviglia.
Intanto, zitto zitto, Francia aveva apprezzato lo spettacolo e aveva confidato a Romania, accanto a lui: « Non credo che così quei cosi la risparmieranno, ma magari se tira un po’ più su... » in tutta risposta Dan lo guardò male, sputando il succo che stava bevendo. Dopo aver pulito le labbra spostò il più velocemente possibile la sedia accanto a Bulgaria, sconcertato.
Lo slavo spiegò a Francis che Lili non aveva  intenzione di utilizzare la seduzione per salvarsi ma che se magari il suo sguardo non fosse corso il più su possibile - dove a detta sua i fottutissimi merletti della gonna coprivano qualcosa di interessante – avrebbe notato una pistola legata al reggicalze. Quando si dice la femme fatale! - certo Francia doveva intendersene più di Anton.
Il dibattito dei due fratelli continuò finchè Lietchstain non giunse ai ricatti, a quel punto Svizzera fu costretto a cedere, intimandole di non alzare mai più la gonna rossa a righe bordeaux, che – diceva – stava decisamente meglio sopra le calze a coprire tutto quel bendidio, piuttosto che a metterlo all’aria.
I quattro lasciarono il quartier generale di mattina presto – che poi l’ora si sapeva solo grazie agli orologi da polso, dato che il loro simpatico ospite aveva fatto economia di finestre, magari per impedire che gli invitati lasciassero la festa – e tornarono alla biblioteca, dopo aver constatato di  essere soli chiusero la porta, per evitare che potesse avvicinarsi qualcosa da fuori. E qualcosa era esattamente il termine adatto.
Lietchstain si diresse verso il tavolo, spostando alcuni libri per fare spazio. Sparse sulla superficie lignea i disegni – quel giorno ricordava di averli presi perchè sembravano quelli di Svizzera - e portandosi un dito sulla guancia con aria pensierosa cominciò a picchiettare sulla gota graziosamente arrossata. I  suoi occhi acquamarina brillavano di una strana luce, nuova su quel volto così fiabesco; era animata da un’improvvisa eccitazione verso la scoperta dell’ignoto, far luce sul buio non era mai stato così entusiasmante.
E in un certo senso era quasi inquietante un contrasto del genere: tutta quella veemenza nelle passioni sembrava dover spaccare il suo viso di porcellana.
Svizzera le andò vicino, mentre Spagna e Italia si erano messi ad aprire tutti i libri presenti sul tavolo e sugli scaffali alla ricerca di qualche indizio – e Romano cercava anche se tra quei volumi c’era qualche poesia della sua amata penisola.
Poi finalmente l’ispanico fece un gridolino di vittoria e sempre tenendo gli occhi puntati sulla pagina che stava consultando alzò un dito per attirare l’attenzione dei compagni, che si voltarono verso di lui.
« Poco fa ho urtato per errore questo libro e quando è caduto a terra – uh » fece un gesto con la mano per enfatizzare il discorso; qualcunque cosa dicesse, che avesse anche la rilevanza di una chiesa in un deserto, doveva esser vista dagli altri come una rivelazione segreta e confidenziale « invece di aprirsi o stropicciare le pagine, ho scoperto che le pagine stesse sono tutte attaccate, separate solo da una pagina  strappata al centro esatto! » osservò, posando il libro sul tavolo e facendo contemplare tale reliquia anche agli occhi degli altri fedeli.
Lili ebbe un momento di illuminazione e cercò tra i fogli sparsi sul tavolo, finchè non ne notò uno le cui strappature combaciavano con quelle del libro portogli da Spagna.
Quando li unì lesse un numerino sul pezzo di carta attaccato al volume, recitava “5/7/12/25” e il foglio che ella ancora teneva in mano riportava la lettera “y”
I quattro si misero a cercare, portando tutti i libri con le stesse caratterisitiche descritte da Spagna a Lietchstain, che con crescente emozione – e inquietitudine – componeva il messaggio.
« Everyb... y » ponderò Svizzera, poi pensò che potesse trattarsi di Everybody, e purtroppo non si riferiva alla canzone dei Backstreet Boys, che Spagna aveva cominciato a canticchiare a fior di labbra, istigando le occhiate truci dell’italiano.
« is ... ying » sussurrò Lili, chiuse un attimo gli occhi per concentrarsi e dedusse che probabilmente la lettera mancante doveva essere un’ altra “d” dato che il foglio ornato dai disegni di un bambino – sembravano degli schizzi fatti da un Russia malinconico e solo, dove il sole brillava di giallo solitario nel cielo e guidava con dolcezza le corolle dei girasoli alti fino alle nuvole – non riportava lettere in corrispondenza dei numeri 6 e 11.
« is dying » gioì una volta intuita la parola, ma si rabbuiò nel momento in cui la sua mente elaborò la traduzione del verbo.
« be... au ... e o... you » pronunciò infine Spagna, con aria pensierosa, dopo aver ricevuto una gomitata da Romano per essere arrivato a Am I sexual? e avergli rivolto uno sguardo malizioso.
« because of you » tradusse rapidamente Antonio, senza alcun problema di sorta
« Everybody is dying because of you » disse infine Romano, rimettendo insieme tutte le frasi. Ebbe un brivido quandò capì che tutti stavano morendo per causa sua. Non che avesse qualche colpa in particolare,  egli; faceva di tutto perchè il sud fosse la parte più bella d’Italia – ed era sempre convinto che non necessitasse del suo aiuto per espirmere la bellezza del sud e dei suoi abitanti – ma per qualche strano motivo quella frase gli si rigirò nel cuore come un coltello, come se il fato avesse destinato proprio a lui il completamento della proposizione.
« E  ora che ce ne facciamo di questa? » domandò Antonio, alquanto infastidito dall’ incredibile depressione che ispirava quella stupidissima frase in inglese – lo aveva sempre detto lui che l’inglese era la lingua del diavolo, ma nessuno voleva mai ascoltarlo, dannazione!
« Boh, torniamocene alla base » propose Italia facendo spallucce e dirigendosi verso la porta, seguito dagli altri tre ragazzi.
« No! » li bloccò Lili, voltandosi di scatto sempre con gli occhi illuminati di improvvisa vitalità. Quando si accorse che i colleghi le rivolsero uno sguardo appanicato da una reazione così decisa si corresse, riprendendo il proprio tono vezzoso « cioè, aspettate ancora un poco, per favore! Dobbiamo mobilitarci anche noi, se non ci mettiamo a pensare... insomma, non possiamo certo sperare che ogni volta il caso ci porga su un piatto d’argento l’occasione giusta! »
Dopo che riprese il suo solito tono insicuro i tre le si avvicinarono nuovamente, mettendosi a pensare ed esponendo democraticamente le proprie idee, commettandole e argomentandole, giungendo all’opzione più probabile.
« Magari quella frase è il titolo di un libro, dopotutto siamo in una biblioteca » propose Vash, posando la baionetta accanto al tavolo. Aveva definitivamente abbassato la guardia, forse anche per non alimentare il senso di inquietitudine già molto presente.
Per loro sfortuna i libri non erano in ordine alfabetico, pertanto persero altro tempo a cercarne uno con un titolo così invitante alla lettura, rischiando di abbandonare la ricerca proprio ad un passo dalla loro nuova scoperta per un utilizzo alternativo di un volume.
Tentarono anche di aprire i libri e  Italia si fermava anche a leggerne qualcuno, ma quando Svizzera lo richiamava all’ordine – peggio del crucco bastardo! – posava controvoglia il tomo e ne consultava un’altro, per poi rimettersi a leggere anche quello. Una volta tornato nella sua casa a Roma avrebbe volentieri comprato qualche titolo presente in quella libreria perchè probabilmente, se chi abitava quella villa non fosse un sadico sanguinario, oltre ad essere  un buon cuoco – o, in alternativa, una buona forchetta – aveva anche gusto in letteratura.
« Da quant’è che siamo qui? » domandò Spagna, scartando l’ennesimo libro con sempre meno speranze, proprio lui, l’unico che risollevava un minimo il morale della comitiva col suo sorriso radiante a tutte le ore del giorno – persino durante la notte.
« Aspettate!» fece Lili per attirare l’attenzione dei compagni. Con un segno della mano chiese a Svizzera di avvicinarsi e di farla salire sulle spalle, chè aveva visto un libro che corrispondeva alla frase.
Il fratello l’alzò e quando ella ebbe preso la ricercatissima rilegatura la fece scendere e aspettò che la sfogliasse, non sapendo esattamente cosa trovarci.
Lietchstain alzò la prima pagina rigida, dove era riportato il titolo dell’opera e l’autore, che sfortunatamente era sbiadito e scritto in caratteri cirillici, ci fosse stata una Nazione slava con loro, avrebbero potuto scoprire qualcosa di interessante, ma si è sempre saputo che quella russa era una letteratura pesante e di grande spessore – non solo fisicamente – pertanto lasciarono perdere tale particolare.
La più giovane tentò di voltare la pagina seguente, ma il libro nascondeva un nuovo segreto: non era, difatti, quel che sembrava in apparenza, ma solamente una piccola scatola mascherata.
E nascondeva un pezzo, per dirla col nome che aveva assunto tra i festeggianti.
Lili si sentiva estremamente soddisfatta: avevano trovato un altro indizio per uscire di lì, e questo grazie a lei, perchè non si era arresa quando tutto sembrava così difficile e era riuscita a convincere persino i suoi colleghi a non abbandonare – a ragione – quella ricerca. Ma forse, la cosa che più la rese contenta, sotto lo sguardo perennemente severo seppur premuroso del fratello, fu la possibilità che ebbe di dimostrargli finalmente cosa era in grado di fare, dove la sua determinazione e la sua intuizione potessero portare, era sì una ragazza fragile, ma in quella debolezza pareva essere la più forte dell’intero numero di Nazioni. Sentiva di aver contribuito con orgoglio ad una causa comune e indirettamente a Vash, perchè con dei piccoli gesti, uno dopo l’altro, come i tasselli di un puzzle, voleva ripagare tutti i sacrifici che aveva fatto per lei - non sapendo che per egli non erano mai stati una penitenza ma un guadagno ogni qualvolta le sue labbra si incurvavano in un sorriso.
Non era decisamente abituata a quel tipo di sensazione, e la reazione fu un lungo brivido per tutto il corpo, che fece tremare il finto libro che teneva in mano, sotto lo sguardo strabiliato dei compagni, riempiti di improvvisa gioia e speranza da quel ritrovamento.
« Va bene, e adesso ce ne possiamo andare? » roteò gli occhi Romano, abbastanza stufo di ogni singola cosa che caratterizzava la villa e leggermente infastidito da tutta l’emozione della giovane. Avevano trovato un frammento, forte, e non gli avevano neanche permesso di continuare quel libro, che in tutti gli eventi e oggetti lì dentro era quello che più lo aveva attirato.
Beh, ma se nessuno lo vedeva... prima che se ne andassero lo riprese in fretta, fischiettando con l’aria innocente di un mascalzone.
Finalmente, tornati al quartier generale, vennero accolti con grande emozione, mentre l’eroe screditava – pulendosi in continuazione il naso moccioloso – le azioni dei compagni indispettito da tutte le domande rivolte ai quattro, quando egli – perchè infondo, che fosse con altri, poco importava -, ritornato vittorioso da una spedizione in stile gothic non ebbe neanche l’attenzione sincera di Veneziano.
« Beh, complimenti Lili! Non ti facevo così decisa! » asserì Elizaveta, mentre assieme a Romania raccoglieva i piatti sporchi – schiacciandogli per sbaglio le dita con un bicchiere o i piedi con i tacchi delle scarpe quando ne aveva l’occasione.
« Ma in realtà non ho fatto nulla di particolare... » bisbigliò in imbarazzo la ragazza, sentendosi troppe attenzioni e sguardi addosso e tentando di liquidare il prima possibile la situazione disagevole « Se contribuisco anche io, potremmo uscire prima di qui, no? »
La biondina riddacchiò, socchiudendo i grandi occhi acquamarina e affrettandosi a raggiungere il tavolo per aiutare i compagni a sparecchiare, lasciando l’argomento che aleggiava sulle loro teste, finchè non si dissolse nell’imbarazzantissimo silenzio di ventidue persone. Qualcuno pensava a come romperlo, altri erano più occupati a contemplare la propria bellezza e gloria, ed altri se ne stavano solamente in bagno a fumare – l’unica sala adibita a tale scopo in quanto provvista di una finestra a capofitto sul mare – elaborando pensieri filosofici, che andavano perfettamente a braccetto con l’ideale di uomo che sa il fatto suo con la sigaretta sulle labbra.
Quando Elizaveta aprì l’acqua per pulire i piatti, l’unico rumore presente, oltre ai passi trascinati degli altri, fu proprio quello dello scorrere del limpido liquido sulla sporcizia nel servizio di porcellana e lo sfregare continuo.
E per rompere il silenzio, diventato ormai estremamente pesante e scomodo – senza il frastuono delle chiacchiere avevano anche potuto meditare sugli eventi – Vash riprese la baionetta posata contro il letto e avanzò un passo verso la porta, proponendosi come sentinella e scrutando con aria severa tutti i presenti cercò due compagni.
Sfortunatamente lo sguardo dello svizzero si posò sul Magnifico e il suo amichetto francese, che si voltò alla svelta, sistemandosi i capelli con aria afflitta.
« Beh, mi sembrate abbastanza disposti, voi due! » confermò l’amante del cioccolato, rivolgendo un’ occhiata minacciosa ai due colleghi, che minacciava di trafiggerli se solo avessero rifiutato.
Per orgoglio Prussia si fece avanti, sospriando e volendosi lamentare che lo aveva già fatto, il turno di guardia, mentre Francia si giustificò: « Ma ora abbiamo un letto in più, quindi posso anche... » non riuscì però a terminare la frase che Vash gli andò vicino, spingendolo verso la porta: « Avanti, non fare il bambino! Tre difese sono meglio di due! »
Francis si vide costretto ad accettare; prese quindi lo sgabbello che Cina aveva gettato a terra e ci si sedette, accendenddo questa volta una candela, dato che la torcia era sparsa in frammenti indistinguibili nel secchio.
Sfortunatamente la luce era eccessivamente fioca, e gli ricordava  quei giorni piovosi in cui non usciva di casa e si sedeva alla sua scrivania, scrivendo per diletto i suoi romanzi rosa, e si addormentava ancora col calamaio in manno, che versava inchiostro scuro sulla pagina di pergamena – non che non potesse permettersi una foglio di carta o un computer, ma semplicemente era rimasto attaccato alla tradizione romantica dello scrittore che tra le dita magre stringeva una piuma d’oca e guardava con aria ispirata il cielo.
In Prussia la luce così rarefatta riportava a galla la nostalgia dei giorni passati con Sacro Romano Impero, quando la notte la picccola candela accanto al letto si spegneva accarezzata dal vento.
Per Vash, invece era solo un’ abitudine: quando non voleva spendere soldi utili per una bella torcia, tirava fuori una delle sue piccole candele nascoste in  un comodino, la posava sul tavolino la sera se un blackout spegneva tutte le luci di casa, e costringeva egli e la sorella a stare vicini, nel buio della stanza, senza riuscire a distinguere nulla nettamente se non il viso di Lili.
Nonostante fosse altamente soporifera, lo svizzero nel suo immenso rigore non chiuse occhio, cercando di concentrarsi sui rumori circostanti, distratto da quelli provocati dai compagni – tra cui Russia e Romania che, non riuscendo a trovare una posizione confortevole, si rigiravano nel letto, Bulgaria che aveva dimenticato i cerottini nasali e Spagna che ripeteva tomato nel sonno.
I suoi compagni, invece, scivolarono rapidamente nel mondo dei sogni, ma fortunatamente, prima che la candela potesse cadere a terra, Svizzera la prese in mano, tenendone una saldamente stretta alla baionetta.



****Note
Ahem, salve... ok, sono in vergognoso ritardo, chiedo venia ç.ç Potrete picchiarmi via recensioni, accetto anche sprangate!
Comunque- uh - per caso questo capitolo è troppo corto se messo a confronto col tempo che vi ho fatto aspettare? Non è come il precedente, lungo e pieno di cose, è - tipo - più corto, ma volevo dare un po' di spazio a Lili, dato che è una delle poche donne di Hetalia (nonchè l'unica con Eliza, Katy e Natalya in questa storia). Se l'avessi conosciuta prima, avrei senz'altro messo anche Monaco, che è la mia preferita, ma ormai!
Ok, che ne pensate? Questo era il nuovo capitolo, spero di non aver perso le mie magnifiche capacità, che dite possiedo xD, dato che non scrivevo da un po' perchè mi sono dedicata molto al disegno, ultimamente, e ai compiti, ma questo non è importante
Detto questo, ah- certo! Nel prossimo capitolo dovrebbero esserci le parti squartose che tanto volete, sempre se avrò il fegato di scriverle, perchè quello che mi sono immaginata è taaaanto violento, magari cercherò di non essere troppo cruenta.
Polonia: Cioè, finalmente cominciano - tipo - le cose per cui leggo 'sta cosa!
Phantom: Grazie Feliks... Comunque! Se vi è piaciuto il video capitolo lasciate un commento qui sotto, e non là sopra ù.ù [cit. Doesn't Matter]

Tante belle cose~
Fantom Ledi

  
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