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Autore: Horrorealumna    13/04/2013    2 recensioni
C’è un posto abbandonato e dimenticato nel profondo del cuore di ogni essere umano, dove la realtà e la finzione sono un’unica cosa, dove la verità e la bugia non hanno alcun valore e la paura del silenzio non esiste, così come quella della morte.
E io ne ero completamente a conoscenza.
Il resto del mio cuore era accanto ad una bambina sui sette anni, dai capelli corti e neri, in una città lontana, chiamata Silent Hill.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Mason
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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Preludio di un’Orribile Maledizione
 

Seguii la barella naturalmente. Non avevo altra scelta, dopotutto.
I rantoli e i sussurri dei dottori -stranamente umani- mi condussero nella stanza adiacente a quella precedente, che non avevo ancora esaminato. La camera ospedaliera d’Alessa.
Ed eccola, che giaceva sofferente sul letto, con le lenzuola macchiate che le coprivano l’esile corpo d’adolescente; il suo grave e angoscioso respiro riempiva la stanza di morte e di oppressione. I capelli le sfioravano a malapena le pallide guance, mentre un occhio era cerchiato di nero. Anche il resto della pelle aveva assunto quella strana colorazione, facendola sembrare molto più grande della sua età.
Accanto al suo letto, una Dahlia Gillespie, dai capelli ancora scuri e vestita normalmente, la scrutava silenziosa. Vicino a lei, poi, c’erano Kaufmann e due altri dottori.
Il macchinario accanto ad Alessa era spento, con la foto del suo volta da bambina.

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Dahlia si mosse lentamente in avanti:
- Tutto è andato secondo i piani - disse ai presenti - Si è già insediato nell’utero.
Ebbi un groppo in gola a quell’ultima affermazione. Stavano proprio parlando di “quello”? Il demone, sì. Un mucchio di pazzi... capaci di pensare cose del genere? Una madre che...
Kaufmann, giovane e senza accenni di stanchezza, rispose:
- Ma non abbiamo ancora finito, Dahlia. Metà dell’anima è perduta! Il seme è dormiente, ecco perché non si schiude!
Un dottore dai capelli lunghi e rossi si intromise:
- E la metà ancora presente... è dentro il corpo, nascosta nelle profondità del suo sub-conscio.
La donna alzò lo sguardo verso di lui, riluttante:
- Tu credi? - rise sarcastica - Non ne sarei sicura.
Silenzio.
Feci qualche passo in avanti, ad esaminare il corpo ustionato.
Alessa, più piccola di quella che mi aveva perseguitato a Silent Hill, stava probabilmente dormendo: aveva gli occhi chiusi e il respiro lento ma per niente regolare. Forse non aveva idea che, quel giorno, in quel momento, gli adulti attorno a lei stava parlando del suo destino e di Cheryl.
Solo lei poteva essere... la metà scomparsa. Mia figlia... la metà di un’altra.
E loro la cercavano. Così come colei che le aveva dato la vita.
Per scopi diversi, certo.
Kaufmann riprese:
- Quindi... stai dicendo che non ha funzionato?! - disse alzando la voce e frugando nella tasca - Che abbiamo fallito? Ancora?! Non era negli accordi!
- Non preoccuparti! - lo ammonì Dahlia, che sibilando aggiunse - Sono solo suoi giochetti. Giochetti per ritardare l’inevitabile. Ma se le diamo una mano... le daremo forza necessaria. Le promesse saranno mantenute.
- Ma, date le circostanze - cominciò l’altro dottore, un tipetto tarchiato con spessi occhiali da vista - L’energia che possiamo darle è quasi nulla, se non inesistente. Prima dobbiamo trovare la metà perduta.
- NON “perduta” - ribadì Dahlia, quasi fuori di sé - Useremo un incantesimo di richiamo. Lei avvertirà il suo dolore e la sua sofferenza... e sentirà il bisogno di tornare a casa! Riesco a sentirla. E sono sicura che arriverà.
Kaufmann si incamminò verso l’uscita, a passo indeciso, borbottando:
- Ci vorrà molto tempo.
Dahlia rivolse un ultimo sguardo ad Alessa; fece per andarsene e, quando passò vicina al dottore, gli sussurrò sorridente:
- Possiamo aspettare.
E svanirono, come fumo, davanti ai miei occhi.
Tutti tranne Alessa, che si mosse sotto le coperte, lenta e sofferente; vidi che aveva aperto gli occhi, sbarrati per il terrore... di ciò che aveva appena udito. La vidi piangere, ma non riuscivo a sentirla... o era lei a essere così silenziosa?
La vidi, poi, allungare le braccia, piene di piaghe, verso l’addome... ma abbandonò l’impresa facendole ricadere sul sudicio lenzuolo, sospirando d’angoscia e digrignando i denti per lo sforzo.
Perché quando assistevo a queste scene, così pietose, ero incapace di muovermi?
E sparì anche lei, lasciandomi solo nel regno dei suoi incubi, proprio come la madre. In polvere, salendo leggera e perdendosi nell’aria.
Qualcosa era poggiato sul cuscino della ragazzina.
 
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L’Ouroboros, il serpente che morde la sua stessa coda, un ciclo senza fine, l’immortalità, che porta all’immortalità e alla redenzione la vita di colui che non morirà mai.
 
Era di piccole dimensioni, e fu facile infilarlo nelle mie consumate tasche, insieme agli strani oggetti che avevo raccolto in precedenza.
Non avevo più niente da fare lì.
Fissai per pochi secondi la foto di Alessa, una bambina dallo sguardo malinconico e i capelli neri, per poi uscire dalla stanza d’ospedale. Appena misi un piede fuori, un grido straziante, riecheggiante per tutto l’oscuro e vuoto corridoio, gelò il sangue nelle mie vene.
Lo localizzai: proveniva da una stanza buia, ancora sconosciuta... o appena apparsa? Davanti a me, la porta semi-aperta, conduceva ad uno spazio buio e freddo.
Mi avvicinai, cauto, fermandomi sulla soglia.
Buio pesto.
Era impossibile...
 
E, all’improvviso, sentii qualcosa premere contro la mia schiena in modo violento. Quella... cosa... mi spinse nella stanza, facendomi cadere in avanti.
Qualcuno!
Sì, avevo sentito delle mani premere sulla giacca!
 
Ero nel buio.
Nero...
Ma non da solo.
Sentivo qualcuno accanto a me; allungai una mano, a carponi per terra, cercando di orientarmi... quando la porta si richiuse davanti a me, rendendomi cieco e sperduto.
 
Il cuore mi batteva a mille e il respiro andò via quando capii chi mi aveva spinto in quella stanza.
La sua risata... ormai inconfondibile...
- Ahahahah! Come va nel tuo “nuovo mondo”, Alessa?!
Lo stesso grido... orribile... accanto a me.
E un fruscio di vestiti, accompagnato da piccoli passi veloci e infantili.
- Vuoi uscire? - chiese ancora la voce - Sai qual è la condizione.
- No! - gridò la bambina - Mostri!
Ora la sentivo muoversi nervosa nelle tenebre; sentivo la sua angoscia.
- Non capisci... sei perfetta - continuò Dahlia dando una manata alla porta. Il colpo riecheggiò. Eravamo in un luogo chiuso, una porta e nessuna finestra, di dimensioni ridotte... e, anche se ci ero da pochi minuti, già mi mancava l’aria.
- Verranno a salvarmi! Verrà a salvarmi! - pianse Alessa, battendo sul legno con forza maggiore.
- Chi? - chiese la donna, ridendo.
- Papà!
Chiusi gli occhi.
Era sempre buio.
Ancora una risata. Il pianto dell’Alessa di sette anni si alzò, straziante, per troppo tempo.
Perché dovevo soffrire insieme a lei? Non era già abbastanza?
- Passi la notte là dentro, quindi? - chiese Dahlia - O vieni con me?
- Mai! - strillò.
- Allora prega...
 
- Basta - sussurrai.
La porta si aprì, ma non ebbi la forza di alzarmi: dalle palpebre serrate vidi la fioca luce proveniente dal corridoio e ci gattonai velocemente. Solo respirata l’aria di ruggine e sangue tornai a vedere. La torcia sembrava morta da quando ero entrato in quella specie di ripostiglio, e continuava a non accendersi. Sorprendentemente, trovai chiuso nella mia mano destra un altro oggetto: una specie di pugnale d’oro.
 
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Un’arma e un oggetto sacro, che porta l’ingenuo nella religione dell’empietà, delle corruzione, del sacrificio per il bene superiore e dell’immoralità della vita.
 
- Dove capiterò ora?
Un’ultima porta.
Quella era davvero la fine. Era ora di uscire una volta per tutte da questo incubo.
 
La mia mano, fredda quanto la maniglia arrugginita che stringevo, aprì la serratura.
E la stanza di un bambino, piccolissima, quasi claustrofobica, tanto diversa da quella aperta e solare di casa mia, si presentò davanti a me.
Semplice ma inquietante, poteva appartenere solo ad Alessa.

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Il lettino era disfatto e sopra di esso... c’era l’album da disegno di Cheryl insieme a qualche candela consumata. Per terra, oltre un piccolo tappeto, erano sparpagliate carte da gioco e la parete alla mia destra era occupata da uno scaffale pieno di libri religiosi e piccole bacheche con farfalle spillate sopra.
Cheryl adorava le farfalle...
Sulla minuscola scrivania c’erano due orsacchiotti di pezza, coperti di sangue e polvere. Le ante di un piccolo armadio erano spalancate, e rivelavano solo un vestito blu, simile al grembiule che l’Alessa quattordicenne indossava.
Altri libri, foto e fogli da disegno, raffiguranti mostri, bambine sotterrate e la stessa Alessa, coprivano un piccolo scaffale.
 
Ma... c’era un’altra porta alla fine della stanzetta, di fronte a me. Ci arrivai velocemente, con pochi e lunghi passi.
Una porta nera, con cinque rientranze.
Capii subito che erano destinate a riempirsi. E sapevo perfettamente con cosa.
 
Tutto andò alla perfezione.
Sentivo che ero arrivato al capolinea; l’incubo stava per finire e chissà se ne sarei uscito vivo. Ripensandoci, essere ancora qui, vivo e cosciente, era un qualcosa di straordinario, ma l’affrontare un’intera città sulla soglia dell’inferno mi aveva profondamente turbato.
Ma c’era veramente una via d’uscita?
Sarei tornato a casa?
E Cheryl?
Risentii, dentro di me, la sua voce, pura e angelica. Rividi il dolce sorriso e la tenerezza che mi provocava quell’immagine. E la felicità... di sette anni fa, quando la trovai insieme a mia moglie, piccola e sola. Ma ora... mi sembrava di non aver mai avuto una figlia.
Era difficile da concepire: chi era veramente? E cosa stavo cercando? A cosa stavo andando incontro.
 
Aprii la porta lentamente.
Ancora un ricordo... l’ultimo.
 
Dahlia e Alessa, flebili fantasmi del passato nel nero assoluto di uno stretto spazio, dalle pareti e il pavimento in legno.
La piccola era trascinata con la forza per le caviglie da sua madre, che le urlava di stare zitta. Spaventata e piangente, col viso macchiato di sporco e sangue, Alessa lottava per liberarsi:
- No! Non voglio farlo! - gridava.
- Perché? Perché ti rifiuti? E’ il tuo destino! - rispose l’altra - Tu verrai con me!
Cadde a terra, lontana e libera dalla donna.
- Qualche mese fa non avresti opposto resistenza e, da brava bambina, avresti dato ascolto alla mamma! - continuò Dahlia, guardandola minacciosa.
- Non capisci... - sussurrò.
- Una mamma capisce sempre ciò che vogliono i propri figli.
- Non è vero...
- Invece sì. Ti capisco; so che sei perfetta, e verrai con me.
Era in trappola: cercò di allontanarsi dalla donna, ma si fermò, tremante.
- Da quando sei entrata in quella scuola... non ti riconosco più! - sbraitò Dahlia - Ti hanno fatto venire in mente strane idee...
- Mi hanno fatto capire chi sono... chi credono che io sia!
- Ti avrei detto dei tuoi poteri una volta...
- Bugie!
Alessa sembrava alternare momenti di aggressività, come quello, a stati di quiete e passività.
Dahlia le tese la mano, vicina, e con fare più dolce sussurrò:
- Vieni con la mamma.
- No!
Scattò: si avvicinò ad Alessa e la calciò forte, sulla pancia, lasciandola senza respiro:
- Cattiva piccola peste!
- Ti voglio bene, mamma - mormorò Alessa, sorridendole.
- E te vorrò anche io... se mi seguirai al Rito! - urlò.
- Ma io resto qui - affermò la bambina.
- Sai perché lo faccio? Per proteggerti! Proteggerti da quell’eretico! - disse Dahlia, come se fosse una cosa ovvia e scontata. Era tornata, proprio come la figlia, calma e composta, e ora aveva la mano protesa ad accarezzare la guancia di Alessa.
- Tutte quelle bambine... - piagnucolò l’altra, chinando il capo.
- Vederle morire... deve averti provato.
- Non voglio ricordare.
- Se un giorno... se tutto questo non stesse per accadere... saresti diventata come me, una sacerdotessa...
- MAI!
- Ma non avrei mai immaginato che tu potessi essere così disubbidiente!
 
Era come assistere ad un film. Io ero solo un’innocente spettatore. Chissà se la pazza, parlando di quell’”eretico”, in realtà, si stava riferendo a me, anni fa...
 
- Io sono un mostro. Non sono perfetta - continuò Alessa, rannicchiandosi.
- Rifiuti il tuo destino?
- Sì!
Venne colpita, ora, in piena faccia.
- Vergogna! - abbaiò la sacerdotessa, con occhi di brace - Rifiuti il volere di Samael.
- Rifiuto il suo volere - ripeté lei.
- Strega! Blasfema! Peccatrice! E’ Metatron... dentro di te, che ti induce al peccato.
- Non c’entra. IO mi oppongo - ridacchiò.
Dahlia si fermò, pensierosa, davanti a lei, con lo sguardo vuoto:
- Avrei dovuto ucciderti subito, appena nascesti.
- Papà non avrebbe mai permesso una cosa del genere! - strillò Alessa, letteralmente in lacrime.
Dahlia rise:
- Vieni! Vieni con me!
- NO!
- Sai che voglio solo un briciolo del tuo grande potere!
- No! NO! Ho solo telecinesi! E’ una cosa comune... altre persone possono farlo!
- Cosa vuoi che me ne importi?!
Riprese a trascinarla violentemente, mentre la bambina piangeva:
- E’ per il tuo bene!
- Mamma! Ascoltami! - la supplicò, in ginocchio, cercando di rimanere immobile - Ascolta: andiamo via da Silent Hill. Andiamo via da questa città! Dimentichiamo l’Ordine, il fuoco e quelle bambine... ma andiamocene! Vivremo lontane da questo inferno! Solo io e te. Ti prego, capiscimi!
Era un visione straziante. Una figlia, inginocchiata, a mani giunte, che chiedeva di essere felice. Quanto dolore poteva aver provato la bambina di sette anni?
- Qui ci sei nata, Alessa. E qui ci morirai! - rise sua madre - E io sono stata una sprovveduta... a sacrificare tutte quella bambine... quando tu sei perfetta.
- Mamma...
Era impazzita.
- Eccolo! - esclamò - Eccolo il grembo della Santa Donna, che contiene il potere di creare la vita.
La riprese per le gambe, trascinando la figura urlante e in lacrime.
- Mamma! - la implorò Alessa - Papà...
- Tuo padre non c’è!
- Bugiarda!
- Tu un padre non ce l’hai!
Vidi Alessa smettere di combatterla, per fissarla con gli occhi sbarrati per l’orrore.
- Tutto un rito! Un rito! Finanziato da Kaufmann! - disse Dahlia, nella voce un accenno di pazzia - Tu sei mia e di nessun uomo. Non hai un papà. Lo scopo del rito, infatti, era quello di far nascere la perfetta Incubatrice, coi miei stessi poteri. Ed eccoti qua. Mia figlia. Nata grazie a me, e nessun altro. Umiliazioni e maledizioni per tutta la gravidanza... e per cosa? Per una figlia ingrata!
Era diventata una bambola. Una marionetta, priva di luce, nelle mani di quella donna. Si lasciò trascinare via, senza più lacrime.
 
E poi la vidi, per l’ultima volta come una bambina. Con il volto sporco e scheletrico, le gambe vacillanti e i capelli neri arruffati, abbracciare la madre e sussurrarle:
- Mamma! Scappiamo: al piano di sotto c’è un incendio!
Dahlia le accarezzava la schiena.
- Cosa devo fare? - pianse Alessa, presa dal panico.
La risposta della madre fu:
- Prega.
- Se restiamo qua dentro... moriremo, mamma - disse forte la piccola.
- Abbiamo vinto...
- Cosa... ? Dobbiamo scappare!
E la mano di Dahlia si alzò, lontana dalla vista della figlia, sopra di lei. Nel pugno un pugnale d’oro, che un secondo dopo era piantato nella schiena di Alessa. Cadde a terra con delicatezza, con la bocca spalancata e un urlo represso. Dahlia le rivolse un ultimo sorriso e si allontanò... lasciandola alle fiamme.
Sette anni fa...
 
Il freddo mi avvolse.
Ero in uno strano ambiente.
Come pavimento una grata arrugginita, abbastanza larga; le pareti o il soffitto non esistevano. Solo nero attorno a me.
E davanti a me tre figure.
Una donna col velo sul capo, che mi sorrideva, una ragazza ustionata sulla sedia a rotelle a l’anima di Alessa Gillespie, nel grembiule blu, che mi guardava supplicante.
- Quindi - disse la donna alla figlia e allo spirito - Hai usato il Sigillo di Metatron. Credevi davvero di riuscire a sconfiggerci?! Ma alla fine... la metà è tornata! Se avesse tardato, anche solo di poco, tutti i nostri tentaivi sarebbero stati vani. E' grazie a quell'uomo che sei qui. Dobbiamo ringraziarlo. Abbiamo fermato te e quella bambina... giusto in tempo. Ma lei è dovuta "andare". Che spreco...
- Dahlia! - urlai.
Questo incubo era arrivato al capolinea.

 
 

ANGOLO AUTRICE:
Sì... siamo praticamente alla frutta - sono due mesi che lo dico... ma ora lo siamo veramente XD
Quindi... la battaglia finale! Eccola, che ci aspetta... e... vedremo cosa ci riserberà... visto che ci sono ancora un mucchio di sorprese. Da qui non si esce più.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che ne pensate e alla prossima, come sempre! :)
Byeee

 
   
 
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