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Autore: _Char    13/04/2013    2 recensioni
Non avevo mai visto un ragazzo dai suoi stessi tratti. Erano ben delineati, che richiamavano quasi i tratti stranieri, come quelli degli spagnoli. Seducenti, ammalianti. Era uno di quelli per cui saresti uscita dalla classe fino al corridoio per vederlo. Uno di quelli che ti calamitano con lo sguardo. Con cui avresti voluto fare l’amore subito. No. Non amore. Sesso. Focoso, caldo, passionale, in cui s’intrecciavano gemiti e sospiri.
Sesso. Sesso puro.
Rimasi senza parole, sentendomi morire. Cosa stavo facendo?? Andavo a sbavare dietro a un tizio che non avevo mai visto in vita mia?
Ero confusa, troppo. Non ero abituata ad emozioni così forti. Nessun ragazzo fino ad allora era riuscito a risvegliarmi tutti gli ormoni in una sola volta, con un solo sguardo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                                            CAPITOLO 8

 

Fu dolorosamente chiaro che dovetti ricredermi.
Come ero stata ingenua. Avevo sperato fino alla fine che in realtà potessi avere una minima speranza con Francesco. Ma è quando ti sollevi verso l'alto che la realtà di sbatte di nuovo in basso.
Successe tutto pochi giorni dopo, un venerdì.
Ero uscita normalmente da scuola, quando Margherita mi richiamò con voce grave in mezzo agli altri studenti:
-Bianca, c'è qualcosa che dovresti sapere...- iniziò, con tono abbattuto.
-Che cosa c'è?- mi misi in allerta, pensando subito al peggio.
-Seguimi e basta-
La seguii, facendomi largo tra l'ammasso di ragazzi e ragazze davanti al liceo, e la raggiunsi sul marciapiede libero.
Continuammo a camminare per qualche metro, il suo sguardo mortificato che non incrociava il mio, incuriosito e perplesso.
-Si può sapere che ha...-
-Guarda davanti a te- mi zittì fermamente.
Un brivido mi corse lungo la schiena.
Francesco, appoggiato ad un muro poco distante da un bar. Una ragazza davanti a lui, ferma sul muro. La ragazza sorrideva, sfiorandogli maliziosamente i capelli accanto al collo con le dita, mentre lui portava il viso dietro il suo come per baciarla, le mani sui suoi fianchi, un pollice all'interno della tasca dei jeans anteriori di lei.
Non so cosa provai. Se prima angoscia, rancore, rabbia, sconforto o disgusto. Certe erano soltanto le mie lacrime, che si riversavano nei miei occhi con una rapidità incontrollata.
Rimasi in silenzio, ferma. Ad osservare. A guardare il ragazzo che amavo flirtare con un'altra ragazza che non ero io. Sentii dentro di me il mio cuore spezzarsi.
Margherita rivolse lo sguardo su di me:
-Ho fatto male a dirtelo- mormorò, in colpa, -ma dovevi saperlo. Mi dispiace Bianca...-
Non le diedi tempo che già mi stavo allontanando via, quasi correndo.
Mi sforzai di non piangere mentre continuavo a camminare per strada, desiderosa soltanto di non vedere più nessuno sulla faccia della Terra.
Iniziai a correre. Avevo bisogno di chiudermi al più presto dentro casa.
Non mi fermai nemmeno quando sentii chiamare il mio nome.
Faceva male. Ma faceva male di più sentire il mio nome cercato dalla sua voce.
Mi arrestai soltanto quando mi ero ormai accostata ai pulsanti del portone, per aprirlo.
-Aspetta!- mi fermò Francesco, ansimando per la corsa, -non è come pensi. Lascia che ti spieghi...-
-No!- mi voltai, in lacrime e nella più totale rabbia, -Vattene! È questo quello che fai? Chiedi seconde occasioni a tutte, per poi mandarle a farsi fottere con la prima che passa?? Io non sono così ingenua Francesco- dissi il suo nome con rabbia, come non avevo mai fatto, -e non sto a farmi prendere per il culo-
-Ti prego...- provò a prendere la parola con un cenno di mano.
-Ti prego un cazzo! Cosa credi, che solo perché mi hai baciata sia in tuo possesso ormai?? Che mi lasci trattare come una troia mentre tu vai a scoparti una puttana?!- gridai ancora, la rabbia che sovrastava la mia delusione e il mio dolore.
-Bianca- disse abbassando la voce, prendendomi per le braccia nonostante tentassi di divincolarmi, -Ascoltami...-
-Ti ho ascoltato abbastanza- mi liberai con uno strattone, -e ora so cosa sei. Fingi di fare il carino solo per illudere le persone. Dio, come sono stata ingenua...-
-Piantala con queste stronzate, mi vuoi ascoltare?!- s'innervosì anche lui.
-Hai avuto la tua occasione. Non credere che te ne conceda un'altra. Vattene. E non venire più a cercarmi- dissi gelidamente, con le lacrime che mi rigavano il volto.
Premetti il pulsante ed entrai, lasciandomi alle spalle le mie parole suggellate dallo sbattere del portone.

 

Il giorno dopo...

 

-Preparati Bianca, che tra poco dobbiamo andare- mi ricordò la voce di mia madre da dietro la porta chiusa della mia camera.
-Mamma ti ho già detto che io non vengo- dissi senza espressione, un tantino stizzita.
-Sì che vieni- replicò, -sai che tua cugina ci tiene-
-Ti ho detto che non vengo!- esclamai, esasperata.
-Si può sapere qual'è il problema?- fece allora, un tantino perplessa e presa contropiede, -Silvia ci tiene, tesoro. È tua cugina, per la miseria! Siete sempre state così legate!-
-Ho da studiare- mentii, restando sulla difensiva.
-Studierai dopo- fece, fermamente, -si tratta solo di meno di un paio d'ore. Se ci ha invitate è perché è affezionata a te e ci tiene a presentarti il suo fidanzato-
Che se ne vada al diavolo.
Una patetica riunione di famiglia sotto la copertura di una tranquilla cena , ecco cos'era. Il tutto solo per introdurre i parenti più stretti al suo fidanzamento; lei e il suo ragazzo avevano avuto la brillante idea di presentarsi reciprocamente ai parenti, così da poter dire ufficialmente di conoscere anche i membri delle loro famiglie. Del perché mia cugina non si fosse limitata al presentarlo ai suoi genitori era un mistero. Evidentemente volevano fare le cose per bene, conoscendo la maggior parte dei parenti tutti in una botta. E sinceramente io non avevo la minima intenzione di sorbirmi le romanticherie di quei due, ora che ero totalmente depressa per quello che era successo. Al solo pensare di dover assistere ai cinguettii della coppietta mi veniva da vomitare. Ne avevo abbastanza di carinerie, dopo quello che avevo visto. Iniziavo ormai a credere che l'amore non esisteva. Sono tutti pronti a mettere le corna.
-E cerca di metterti qualcosa di carino, che in jeans ti possono vedere tutti i giorni- continuò ammonitrice mia madre da dietro la porta.
-Mamma la vuoi finire?- sbottai.
Ci mancava anche che mi trattasse come una bambina di dieci anni.
Silvia aveva diciassette anni, ed era legata al suo ragazzo da almeno due anni. Ci teneva molto a presentarlo alla famiglia; sopratutto a me. Nelle giornate d'estate, quando passavamo più tempo insieme, non faceva altro che ammonirmi di essere presente quando ci avrebbe presentato il suo ragazzo. Ma mai ad immaginare che ce l'avrebbe fatto conoscere proprio in un momento del genere. Come sempre, la fortuna era dietro l'angolo.
Ma non potevo deluderla. Era mia cugina, e gliel'avevo promesso. Ci sarebbe rimasta davvero male, altrimenti.
Mi alzai tristemente e aprii l'armadio, cercando qualcosa di decente da indossare.


-Alla fine anche Silvietta è diventata grande- commentava mia madre, con un sorriso.
-Era anche ora, no?- fece mia zia.
-Dove vi siete conosciuti?- volle sapere Sara, la mia cuginetta più piccola.
-Lasciala stare, Sara- la rimbeccò la madre.
-Eravamo per strada: ero uscita da un bar, dove c'era anche Davide, e avevo lasciato una banconota da cinque sotto lo scontrino che avevo dimenticato di prendere. Li ha presi entrambi ed è corso a riportarmeli- sorrise raggiante Silvia, evidentemente contenta. Le diedi un mezzo sorriso di circostanza, tornando a guardare basso nel mio piatto il pezzo di pizza quasi ancora intoccato.
Non stavo ascoltando quasi metà della conversazione e me ne stavo lì con sguardo assente.
-Beh non potevo lasciarli lì, ti pare amore?- fece dolcemente Davide, sorridendo alla sua ragazza che gli riservò uno sguardo innamorato.
Sentii di non poter sopportare oltre; mi alzai discretamente e andai in bagno, per scollarmi via tutte quelle moine di dosso. Facevano male, bruciavano come fuoco. Pensare che mia cugina avesse una felice e lunga storia d'amore mentre io ero reduce da più che una forte delusione in campo era insopportabile. E aveva anche due anni in meno di me. Iniziai a provare un profondo odio.
Dovevo andarmene da lì.
Tornai nella sala da pranzo e feci discretamente cenno a mia madre di seguirmi in cucina.
-Mamma mi ha appena chiamata Carlotta... è una cosa seria, devo correre subito da lei- dissi, mettendo a dura prova le mie capacità interpretative per fingere un tono abbattuto e ansioso.
-Per la miseria, che è successo??- s'inquietò lei, ascoltando attentamente le mie parole.
-Niente, non posso spiegarti adesso, devo correre . Ti spiegherò tutto al ritorno- tagliai corto, facendo per andare a prendere il giubbino.

Aria. Ero libera. Mi affrettai a camminare lungo il marciapiede, poggiando i piedi con decisione sulla strada. Avevo bisogno di svagarmi. Basta con tutti quei problemi, basta con i pensieri. Dovevo togliermeli dalla mente. Avevo bisogno di bere qualcosa di forte.
D'un tratto sentii il cellulare vibrare con decisione nella tasca del giubbotto. Lo afferrai fulminea, nervosamente.
-Pronto?- scattai, aspettandomi che fosse mia madre.
-Bianca?- fece invece una voce femminile diversa.
Margherita.
Cazzo, ci mancava solo lei.
-Che c'è??- continuai, senza variare tono.
-Che c'è? Tu mi chiedi che c'è? C'è che mi sono stancata delle tue stronzate, adesso noi parliamo un po'-
-Mi sono stancata di parlare sempre! Parlo, parlo, parlo con te, parlo con Carlotta ma alla fine finisco solo per farmi male! Mi sto uccidendo, Margherita- scoppiai, alzando il tono, -vaffanculo te e a quando mi hai persuasa ad avere un approccio con Francesco!-
-Senti, se lui è un puttaniere sono cazzi suoi, va bene?!- scattò anche lei, innervosendosi, al che mi vennero quasi le lacrime agli occhi alle sue parole, -Io non ti ho chiamata per parlare di lui-
-Beh, allora riattacca. Non ti darò corda, stavolta-
Rallentai il passo quando mi trovai di fronte all'insegna luminosa di un bar. Era uno di quelli aperti a tutte le ore della notte, che accoglieva chiunque chiedesse ricovero sotto la sua ala. Dove non importava chi eri, nessuno ti chiedeva perché te ne stavi lì con un bicchiere in mano.
Mi sentii stranamente meglio, al solo pensiero di scollarmi via tutti i pensieri. Dimenticare. Dimenticare tutto. La mente libera, pulita. Avevo trovato quello che cercavo.
-Tu non mi dai mai corda!- si irrigidì, -se tu mi avessi dato ascolto a quest'ora non staresti urlando! Dove sei?? Ti ho cercata a casa ma non risponde nessuno-
-Se proprio vuoi saperlo sono nel posto giusto, dove dovrei essere e dove sarei dovuta andare già da tempo- dissi seccamente, sostando davanti all'ingresso.
-... Cos'è questa musica?- fece poi, ascoltando attentamente. Veniva dal locale.
Merda” pensai. Se avesse ascoltato ancora un po' avrebbe riconosciuto la musica.
-Bianca, se combini stronzate giuro che io...- iniziò, intuendo la situazione.
-Puoi giurare quello che vuoi, ormai non ti ascolto più-
-Vieni via da lì! So dove ti trovi, ti vengo a prendere-
-NO, TU NON MI VIENI A PRENDERE- gridai quasi, -LASCIAMI IN PACE, MARGHERITA!-
Chiusi la chiamata, prima che replicasse altro.
Guardai l'insegna del locale, per un breve lasso di tempo. Poi mi addentrai all'interno.

 

 

Un'ora dopo...

 

 

Francesco POV

 

Ero ancora in macchina, guidando lungo la strada che sembrava non finire mai. Ancora poco e sarei arrivato. Improvvisamente il cellulare iniziò a vibrare dal sedile accanto, dove l'avevo lasciato per prenderlo più facilmente mentre guidavo.
Accostai in una zona di servizio, odiando il momento in cui quell'affare aveva iniziato a suonare.
-Pronto?-
-Ehm...- balbettò una voce femminile dall'altra parte del telefono, -s-sei Francesco?-
-Sì... chi parla?- risposi, perplesso.
-Sono Margherita... un'amica di Bianca- rispose lentamente la ragazza, imbarazzata, - ma tu non mi conosci. Volevo...-
-Come fai ad avere il mio numero?- mi venne spontaneo chiedere, stupito.
-Del come abbia avuto il tuo numero non deve importartene- ribatté lei, ma non riuscì a nascondere un certo imbarazzo, -senti, ti ho chiamato solo per una ragione. Si tratta di Bianca-
Rimasi in silenzio.
-Io... so che probabilmente potrà non importartene nulla, ma ci tengo a mettere le cose in chiaro. Per lei- continuò, con voce più ferma stavolta, -È una cosa seria, quindi stammi a sentire e non riattaccare. Bianca è all' Oblivion-
-Cosa?!- esclamai immediatamente. Non tanto per quanto mi avesse detto, quanto per il nome del locale. Mi si accese una lampadina.
-Oh cazzo... Margherita, senti io...-
-Sta zitto!- gridò quasi con rabbia, sorprendendomi, -Non provare a dire che ti dispiace, chiaro?? Con me non attacca! Potrai dirlo a quelle troie che ti scopi ma non a Bianca!-
-Ehi, piano coi modi- iniziai a mettere in chiaro, con voce forte, -Si può sapere che vuoi?-
-Voglio che adesso tu muovi il culo e la vai a prendere. Adesso!-
-Ma che cazzo stai dicendo??- esclamai. Una sconosciuta mi chiamava al telefono e pretendeva urlandomi addosso di andare in un locale notturno come se fosse stata un comandante d'esercito.
-Dico solo che mi sono stancata! Tu non sai come stanno le cose!- continuò, senza perdere tono.
-E allora mi fai il favore di spiegarmelo, di grazia?- replicai stizzito, con tono sarcastico.
-Ehi, stammi a sentire!-
La sua voce era autoritaria. Sembrava aver dimenticato l'imbarazzo di prima.
Non ribattei, restando in silenzio.
-Se è successo questo è solo per colpa tua. Sai che ti dico? Che sei un vero stronzo, ecco cosa. Sei solo uno stronzo. E Bianca non ti merita. Lei, che ti ha messo gli occhi addosso fin dal primo istante in cui ti ha visto, che era attratta... dai tuoi modi, dal tuo carattere, e non dal tuo culo o dai tuoi addominali, e tu cosa fai?! Vai a scoparti una puttana?! Lei ti ama, Francesco.- aveva pronunciato il mio nome con un certo ribrezzo, stavolta, -Ma evidentemente ha sbagliato persona di cui innamorarsi-
-Senti- dissi, cercando di calmarla, -io non ho scopato nessuno, chiaro? Non sono il tipo che si va a fare la prima che gliela da-
-Strano, perché così sembrava l'altro giorno- ribatté freddamente.
-Non è come pensi- spiegai, -ma porca misera, perché sto qui a scusarmi con te?? Non ti conosco nemmeno!-
-Hai ragione- affermò lei, -non mi conosci. E io non conosco te. Ma so abbastanza di Bianca da poter parlare al posto suo, mentre lei è al tavolo di un bar a farsi di drink per colpa tua-
Mi sentii in colpa, per cui non risposi.
-Senti- mormorò quasi, calmandosi, -so che forse non te ne fregherà niente, ma io ci tengo a Bianca. E al solo pensare del come si è ridotta per te sto male sul serio. Lei... lei non è una puttana, Francesco. Lei non apre le gambe solo per farlo. Lei ti apre prima il cuore, e poi le gambe. Ma tu evidentemente conti solo la seconda parte-
-Davvero mi credi così stronzo?- dissi.
Lei stette un momento in silenzio.
-Vorrei non crederlo- rispose infine, -ma tu sai cosa sei. E lei... lei ci tiene davvero a te. Lei non ti vuole per il tuo corpo. Ti vuole per quello che sei. L'hai fatta innamorare, idiota che non sei altro- alleggerì tono, mantenendosi tuttavia ancora seria -... beh ecco, forse ti vuole anche per il tuo corpo...- si corresse poi incerta, un tantino in imbarazzo a doverlo dire, al che sorrisi, -ma di certo non ti va a sbavare dietro solo per scoparti. Le puttane fanno così, le troie fanno così. Quelle te le scopi e poi se ne vanno via come se niente fosse, non chiedendoti quasi chi sei. Lei invece dopo aver fatto l'amore con te resterebbe nel letto, a ridere e a coccolarsi con la persona che la rende felice-
Non dissi niente, al che Margherita probabilmente cominciò a pensare che mi stesse seccando.
-Non l'hai fatta dormire per notti, le hai fatto versare lacrime e adesso la stai facendo anche ubriacare. Rifletti su questo. Anche se non ti importa niente di lei- arrivò al dunque, fredda come il ghiaccio.
-Cosa ti fa pensare che non m'importi niente di lei?- dissi infine a bassa voce, stanco di essere considerato soltanto come il puttaniere della situazione.
-Beh, se davvero è così allora muoviti. Va da lei. Perché ne ha bisogno. Tu hai bisogno di lei... e lei ha bisogno di te. Non sai quanto- disse, tristemente.
Abbassai lo sguardo sul volante dell'auto.
-Grazie- mormorai dopo un tempo che sembrò ad entrambi più di un'eternità, -per avermi avvertito-
-Voglio solo che le cose tornino apposto. E che si aggiustino in meglio. Sono precipitate troppo in basso, stavolta- disse soltanto, senza andare al di là del tono formale, come avevo fatto io.
Chiuse la chiamata, lasciandomi lì con i miei pensieri.

 

 

Bianca POV

 

Il telefono squillò. In realtà vibrò, ma mi sembrò stesse suonando come una sveglia dal volume fastidiosamente alto. Lo presi e feci partire la chiamata:
-Pronto?- feci, con il tono basso e che mi moriva in gola.
-Ti ho inviato quindici messaggi, vuoi rispondere?!- esclamò immediatamente la versione più isterica di Carlotta.
-Avevo altro da fare, evidentemente- sbottai, non esattamente in vena di assecondare le sue isterie.
-Come rimorchiarti bei ragazzi?- mi fulminò, secca.
Rimasi di sasso.
-Che stai dicendo?- domandai confusa.
-So tutto, non serve che fingi di fare la finta tonta- sibilò, -E così credevi di fare come se niente fosse? Dai il tuo numero a Francesco e non mi avvisi nemmeno??-
-Perché avrei dovuto avvisarti, tu non centri un cazzo con la mia vita, si può sapere che cazzo ti prende??- scattai, innervosendomi. Ci mancava solo una scenata di gelosia da parte di Carlotta.
-A Margherita l'hai detto però- mi rimbeccò acida.
-E tu che ne sai? Te l'ha detto lei?- continuai, sentendomi salire la rabbia.
-Ho letto i suoi messaggi e cazzo se ho fatto bene- spiegò, per nulla in imbarazzo a dover ammettere di aver spiato le conversazioni dell'amica.
-E adesso che vuoi fare? Spararmi? Fa pure, tanto non ci ricaverai niente- dissi con un mezzo tono di ironia in mezzo alla rabbia.
-Sapevi che piaceva anche a me. Avresti dovuto dirmelo- disse dopo un momento, con tono meno adirato e più abbattuto.
-No, Carlotta. Tu vuoi solo scopartelo. Io lo amo- e dovetti provare una dolorosa fitta al cuore ripensando alla scena che avevo visto impotente.
-Credi che io non lo ami?? Cristo, Bianca, ma credi di esistere solo tu al mondo??- scattò nuovamente lei, esasperata. Mi venne da piangere: stavamo litigando per un qualcuno che era totalmente indifferente a ogni cosa. Era solo un approfittatore. Un seduttore. Niente di più. E io ero caduta dentro le trame della sua ragnatela. Ma le emozioni che sentivo di provare per lui non potevano essere minimamente paragonate ad un vago interessamento per i suoi pettorali, come per Carlotta. Perché ci avrei messo la mano sul fuoco, a lei non importava niente di Francesco. Se non del suo corpo.
-Perché non mi lasci in pace?! Vattene, Carlotta, e non farti più sentire da me!!- esclamai, -Se proprio vuoi saperlo il suo cazzo è già impegnato con qualcun'altra, quindi piantala di tormentarmi e lasciami in pace!!-
Richiusi la chiamata, scoppiando in lacrime. Era troppo, troppo da sopportare. Sentii di non poter sopportare altro, dopo quello che era successo.

 

 

Francesco POV

 

Dieci minuti dopo ero arrivato davanti al locale.
Porca miseria” imprecai, scendendo dall'auto. Mi diressi con passo deciso all'interno, e iniziai a guardarmi attorno. Non ci volle parecchio tempo che la scorsi, al tavolo del bar.
Oh porca puttana” maledii ancora, iniziando a sentirmi sul serio nervoso.
Svincolai dai tavoli e dagli altri ragazzi che se ne stavano a bere e a fumare, a volte spostandoli con fare deciso per farmi passare, mentre mi lanciavano sguardi torvi e contrariati.
-Bianca- la chiamai con tono fermo, mentre mi avvicinavo al bancone.
Lei si girò, ma non guardava me, guardava davanti a sé come se faticasse a capire chi avesse davanti.
Oh cazzo!”
Se qualcuno avesse preso nota di tutte le imprecazioni che mi stavo maledicendo avrebbero potuto scrivere un libro intero.
-Bianca- la chiamai ancora, intuendo che fosse sotto l'effetto dell'alcool.
Lei sbatté le palpebre, aggrottando le sopracciglia, e dopo qualche secondo ebbe una strana espressione sul viso, come quando ti sbatte la testa e non riesci a trattenere il dolore. Provò ad alzarsi e si diresse verso una porta in fondo al bancone, camminando di fretta come se non riuscisse a reggersi bene in piedi, e la seguii quasi correndole dietro.
-Bianca!- alzai la voce.
Entrai nel bagno e dal silenzio che c’era intuii che non doveva esserci nessuno. D'un tratto sentii qualcuno tossire sommessamente, quasi non riuscisse nemmeno più a respirare. Pochi secondi dopo riuscii a distinguere dei tremolii di una voce femminile. Era come se volesse gemere ma le si strozzasse la voce in gola. Abbassai lo sguardo verso il vano delle porte chiuse dei gabinetti color verde acido rovinato e scorsi dei tacchi scuri da cui spuntavano delle gambe chiare, in contrasto con la sporcizia del pavimento. Riconobbi quelle gambe.
-Bianca?- feci, a mezza voce, avvicinandomi al gabinetto chiuso.
La ragazza chiusa dentro di esso ebbe un mezzo respiro di sorpresa, presa alla sprovvista. Dopo alcuni istanti sentii lo sciacquone del bagno scaricare via e la porta si aprì; come avevo ben immaginato, Bianca apparve di fronte ai miei occhi. Si stava ancora passando il dorso della mano sulla bocca, come per pulirla. Non ci voleva l’arte della scienza per capire che aveva rimesso.
Aveva i capelli scompigliati e il viso pallido, gli occhi lucidi; solo il vestito non era disfatto ed era rimasto fortunatamente immacolato.
-Stai bene?- sussurrai una volta che mi fu vicino.
Lei annuì precipitosamente con la testa, incrociando le braccia sul busto.
-Ti ho sentita vomitare- dissi, preoccupato.
Non mi rispose, e mi guardò atterrita negli occhi.
La guardai ancora, realizzando ogni particolare. Occhi lucidi, sguardo scomposto, rimessa nel gabinetto.
-Dimmi solo che non ti hanno scopata…- la rimproverai con lo sguardo.
Le sue sopracciglia ebbero un moto di reazione e si contrassero in un’espressione atterrita.
-Ho vomitato, Francesco, ho vomitato tutto…- scoppiò, quasi sciogliendosi in lacrime.
-Lo so- dissi con tono fermo, cercando di calmarla, -non è niente…-
-Ho visto il sangue… mi è uscito il sangue dalla bocca, sputavo sangue…- continuò, stavolta con le lacrime che le bagnavano gli occhi. La presi per le braccia e mi accorsi di quando fosse fredda.
-No, no, non è niente- sussurrai, attirandola a me, mentre lei si rifugiava sul mio petto, -non è niente piccola-
-Era orribile… ho visto il sangue… era sangue…- singhiozzava lei, spaventata.
-Shh…- sussurrai ancora.
Alzai il collo e le poggiai il mento sulla testa; le sue dita si stringevano con forza sulla mia maglietta, e sentivo il suo respiro penetrarmi attraverso il tessuto direttamente sulla pelle; cercai di controllare il mio istinto che mi portava ad avvertire un brivido nei piani inferiori ad ogni suo sospiro e giurai che avrei sbattuto la testa contro il muro più vicino se mi fossi lasciato andare in una situazione di quel genere.
Chiusi gli occhi e ripresi le distanze, scostandomi dal suo viso:
-Va tutto bene piccola: ci sono io, adesso. Guardami, ci sono io- le presi con dolcezza il volto tra le mani e glielo alzai verso di me.
-È meglio se ti riporto a casa, adesso- dissi, guardandola fermamente negli occhi.
Ma lei scosse la testa, impaurita.
-Se lo sapesse mia madre mi butterebbe a calci di nuovo in strada- disse con la voce tremolante, -e mio padre! Se lo sapesse lui, mi ammazzerebbe! Oh Dio, perché sono venuta qui, perché?!-
-Beh, non puoi dormire per strada, ti pare?- feci notare. Lei non sembrava calmarsi.
-Senti- sussurrai, portandola vicino a me, -i miei sono fuori per il week-end e non torneranno di sicuro, stanotte. Per questa notte… potresti venire da me, solo per questa notte. Ti porto da me, d’accordo?-
Mi guardò negli occhi; nei suoi lucidi riuscivo a scorgere un ringraziamento sincero misto a una titubanza non ancora superata. Evidentemente non sapeva se fidarsi. Era ancora sotto l’effetto dell’alcool, ma sembrava ragionare ancora a mente lucida, da una parte.
-Voglio aiutarti, Bianca- mormorai, cercando di apparire sincero, -l’hai detto anche tu, i tuoi ti ammazzano se torni ubriaca a casa. Fidati di me. Fidati-
Sembrò funzionare; annuì, ancora impaurita.
-Okay- dissi, con un cenno di testa, -andiamo, dai-
Le cinsi le spalle con un braccio e la feci uscire dal gabinetto umido; la condussi direttamente per l’uscita, cercando di evitare di farla notare dagli altri ragazzi: se qualcuno si fosse incuriosito a lei, mazza ubriaca e con solo un vestitino a coprirla addosso non avrei saputo come poterla proteggere senza lasciarla andare.
Scendemmo nel parcheggio e ci dirigemmo verso la mia auto; eravamo quasi arrivati quando Bianca traballò accanto a me e si accasciò sulle gambe, stando per cadere a terra; la sorressi rapido e la aiutai a rimettersi in piedi.
-Piano- sussurrai, più a me stesso che a lei, -adesso ti porto a casa-
Le poggiai la mano sulla vita e le aprii lo sportello, sollevandola leggermente per aiutarla a sedersi sul sedile. Tornai al posto di guida e le diedi uno sguardo: mi sentivo sprofondare nella mia stessa colpa ogni volta che guardavo di sfuggita il suo viso semi-incosciente. Era colpa mia. E lei non se lo meritava. Misi in moto e mi preparai alla manovra, sperando di arrivare in tempo per non permettere all'alcool di consumarle ancora la mente.
Cinque, dieci, venti minuti. “Dai, cazzo, dai!” imprecai, come nelle ultime dieci volte in quella sera, le dita che stringevano nervosamente il volante. Bianca si era accasciata al lato del sedile, spossata e confusa. Non avrei potuto sopportare ancora quella vista.
Finalmente, casa.
Spensi il motore e mi accostai dolcemente a lei.
-Bianca...?- mormorai, cercando di assumere un tono controllato, -svegliati, non cadere adesso... Siamo arrivati-
Era ancora molto pallida e aveva gli occhi chiusi, ma respirava a brevi tratti con la bocca, un'espressione sofferente in viso, quasi le stessero facendo un prelievo molto lungo e doloroso. Era sicuramente in stato confusionale. Ci ero passato anch’io.
La presi in braccio e andai verso l'ascensore, fortunatamente al piano terra.
Resisti Bianca. Resisti” pensai, mentre cercavo le chiavi di casa.
Ma non resse, e la sentii accasciarsi sulla mia spalla; ebbi per un momento l'impressione che fosse addirittura svenuta.
-Oh, Cristo- imprecai, -quanto cazzo hai bevuto??- persi il controllo. Dovevo restare calmo. Essere nervosi non sarebbe servito a niente.
Dischiusi la porta con un piede e andai direttamente nella mia stanza, vicino al mio letto; posai Bianca giù sulle lenzuola e andai a chiudere la porta. Quando tornai in camera aveva ancora gli occhi chiusi. La osservai per qualche momento, un po’ amareggiato.
Le portai delicatamente una mano alla fronte e subito sentii il palmo scaldarsi al contatto con il calore di essa; le ci sarebbe voluto un po’ per smaltire la sbornia.
Le sfiorai i capelli e la tempia con le dita e Bianca ebbe un mugolio indistinto, piuttosto infastidito, ma non era dovuto al mio gesto. Era la fronte che scottava, pulsava, doleva come l’inferno. Dischiuse gli occhi con fatica, come se le costasse dolore, e mi guardò con ancora gli occhi un tantino lucidi:
-Fran… Francesco…- mormorò, debolmente.
-Sono qui- mormorai, per rassicurarla, -ti ho portata via da lì-
-Dove siamo?- fece ancora.
-A casa mia, sei al sicuro adesso. Non ti succederà più niente, niente più ragazzi- le risposi.
Le sfuggì un sorrisetto:
-Ci sei tu però- ribatté, al che sorrisi leggermente.
-Che ci fai qui?- continuò, cambiando tono. O porca… era ancora l’alcool a parlare. Per un attimo mi ero illuso fosse tornata sobria.
Sospirai, conoscendo il seguito.
Continuava ad avere un sorrisetto sghembo; iniziai a pensare che l’essermi ubriacato fradicio una volta mi stesse aiutando in quel momento.
-È casa mia- risposi cambiando tono, passando a uno più fermo.
Lei mosse maliziosamente le gambe, strusciandole fra di esse, e dovetti trattenermi dal prenderle e bloccarle con le mie mani, per non indurmi ad accarezzargliele e a salirle addosso.
-Secondo me volevi ammazzarti di seghe…- fece maliziosa, prendendosi il labbro inferiore tra i denti. Non le risposi e continuai a guardarla, in attesa del seguito.
-Oh sì, ho indovinato vero?- disse poi, impertinente.
-Smettila Bianca- dissi, severo. Ci voleva mano ferma, nient’altro.
E una massiccia dose di auto-controllo. Molto, molto massiccia.
-A proposito, dove ce li hai?- fece, petulante, continuando a sorridere in modo sghembo.
-Che cosa?- sospirai quasi.
-Quei film che ti piacciono tanto...- ridacchiò quasi lei di rimando.
Non dissi niente, per evitare di assecondarla.
-Sai anche a noi ragazze piace godere…- ammiccò, ancora con tono scherzoso.
Continuava a mordicchiarsi il labbro inferiore, come per attirarmi.
Si mise a ridacchiare:
-Stasera me lo sono quasi scopato- fece con aria maliziosa, come se si stesse divertendo.
-Chi ti sei scopata?- feci, da una parte standole dietro, dall’altra un po’ preoccupato: cazzo, e se si fosse davvero scopata qualcuno?
-Il barista- rispose, ridacchiando, -ti faceva venire voglia di sbatterlo contro il muro e godere su ogni suo centimetro di pelle- continuò, con tutta la naturalezza del mondo, quasi stesse parlando del come avesse appena perso l’autobus, -ci avresti fatto un pensierino anche tu, secondo me…-
-Smettila Bianca- dissi, non dandole retta stavolta, -sei sotto l’effetto dell’alcool, non fare stronzate-
-Fare cosa?- fece, fingendosi sorpresa.
Mi aspettava tanto lavoro.
-Okay, smettila adesso- feci, stancandomi di quella farsa, -adesso smettila-
-No, ma cosa...?- non si diede per vinta, ma avvertii con un certo senso di sollievo che stava richiudendo gli occhi e le stava venendo a mancare la voce.
-Niente...- mormorai, approfittando di quel momento di debolezza per farla calmare, -chiudi gli occhi adesso...-
-No, non voglio- ribatté, come fanno i bambini, ma aveva già gli occhi socchiusi. Le portai una mano alla fronte, ancora calda, mentre lei aveva chiuso definitivamente le palpebre e respirava a fior di labbra, il viso declinato di lato.
Aspettai per un po', il tempo che le ci voleva per cadere in dormiveglia, mentre la osservavo con una leggera tenerezza. Riusciva ad essere incantevole anche quando dormiva. Le spostai delicatamente la mano sui capelli prima di ritirarla nuovamente.
Sarebbe stata una lunga notte.

  
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