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Autore: boobearandhiscurly    14/04/2013    1 recensioni
"Non so se si dedide di chi innamorarsi, chi finisce per prendersi un piccolo pezzo del tuo cuore con sè quando se ne và. Se qualcuno me lo avesse chiesto, non penso che avrei scelto Harry Styles, e non so se lui avrebbe scelto me. Ma stando qui, guardando indietro attraverso la lente cristallina del senno di poi, mi piacciono le mie scelte."
A fic based off The Fault In Our Stars, an absolutely lovely novel by John Green.
(Traduzione dell'omonima fic, "Catch me, I'm falling")
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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ATTENZIONE: questa storia non mi appartiene, io ed Elisa, l’amica che lavora con me, stiamo solamente traducendo con il consenso della scrittrice. La storia originale si trova a questo indirizzo  http://infinitylourry.tumblr.com/Catch_Me_Im_Falling
   e potete trovare Mattie, l’autrice, qui  http://fattietakesthecake.tumblr.com

Questo capitolo contiene riferimenti a depressione e autolesionismo, quindi, questo è un avvertimento. Buona lettura! (:
                                                                                                                        

                                                                                                                                                                                        Chapter 2

29 Gennaio – Giorno 13


Lasciai cadere il suo file sul tavolo della cucina, i miei piedi infilati sotto di me, una tazza di caffè appoggiata su un sottobicchiere vicino alla mia mano. Ero ancora in pigiama, godendomi una domenica pigra. Ultimamente ero così stanco, e fu piacevole avere una giornata in cui riposarsi e non fare nulla. Dall’altra parte della piccolissima cucina, Liam si allungò nel mobile, prendendo una scatola di cereali dalla mensola più in alto e versandosene una ciotola. “Nuovo paziente?”

“Relativamente.” Aprii la cartellina, la prima pagina era ordinata ed organizzata, una fotografia sfinita di Harry nella parte superiore, accanto al nome, età, e righe e righe di informazioni personali. “L’ho incontrato martedì scorso.”

Liam annuì assente, immergendo i suoi cereali nel latte. “La nostra affascinante persona che ha chiamato a notte tarda?”

Sorrisi, con il ricordo della sua voce ancora calda e sfocata nella mia mente. “Uno e lo stesso.”  Liam si spostò dalla mia parte del tavolo, guardando oltre la mia spalla per dare
un’occhiata al suo file. “Bei capelli.”

Tirai verso di me il fascicolo giallo. “Confidenzialità del paziente, Liam.”

Tirò fuori la lingua verso di me. “Volevo solo vedere com’era."

“Non devi essere da nessuna parte?” Chiesi, lanciandogli quello che lui chiamava “il sorriso impertinente della regina gay Louis,” qualcosa che probabilmente non avrei dovuto trovare così divertente come in realtà trovai.

“In realtà, sì. Danielle non vuole vedere un film.." Sorrise, alzando il pollice sui suoi cheerios.

“Stai attento.” Risposi, resistendo al desiderio di rotore i miei occhi all’espressione da bambino sul suo viso. Ciò in cui Liam mancava d'intelligenza, riusciva a compensarlo con l’essere completamente adorabile, qualcosa che diventava davvero un problema quando giungeva il momento di schedare le tasse.

“Sai che starò attento, Lou.” Mi fece l’occhiolino, lanciando la sua ciotola nel lavandino e dirigendosi verso la porta. “A più tardi!”

“Ciao, Li!” Richiamai, prendendo un grande sorso di caffè e girando alla seconda pagina, le parole Descrizione del Paziente  stampate nella parte superiore in austere lettere nere.

Feci scorrere lo sguardo fino al fondo del foglio, i miei occhi caddero su due parole che mi tolsero il respiro.  Tentato suicidio.

Le frasi sembrarono offuscarsi. Overdose. Storia di autolesionismo. Ammesso il 12 dicembre. Era solamente due mesi prima. Appoggiai la fronte sulla mia mano, mentre il suo viso
navigava per la mia mente.

Oh Harry, che cosa hai combinato?
 


31 Gennaio - Giorno 15
 
 
Mentirei se dicessi di non aver passato la maggior parte dei giorni successivi a pensare a lui. Sapevo che non avrei dovuto passare così tanto tempo cruciandomi su questo, ma non avevo potuto farne a meno. Ogni tanto avevo sperato di non sentirmi come mi sentivo,  mi stavano sempre così dannatamente a cuore le cose sulle quali non avevo nessun controllo. E questo faceva parte delle ragioni per cui ero così bravo nel mio lavoro, non ero capace di andarmene facilmente.
 
Sentii un improvviso sollievo quando entrai nella sua stanza d'ospedale. Harry era esattamente dove lo avevo lasciato, con le coperte tirate su fino alla vita, il computer in grembo e gli occhi incollati allo schermo. "Sto cominciando a pensare che tu sia attaccato a quella cosa." Scherzai sulla porta, mostrandogli un sorriso amichevole.
 
"L'avevo saldato alle cosce, un paio di mesi fa." Rispose, senza alzare lo sguardo da qualunque cosa stesse facendo.
 
Lo fissai, chiedendomi se fosse possibile che fosse lo stesso ragazzo che mi aveva chiamato così presto di mattina, i cui respiri mi avevano fatto addormentare. Sembrava che, alla luce fredda della stanza d'ospedale, i suoi muri si fossero subito rinnalzati. Potevo ancora vederlo, il ragazzo distrutto dalla voce delicata, ma si stava nascondendo ora. "Allora, stai bene?"
 
"Ho un po’ di mal di testa." rispose, toccando qualcosa sul suo computer.
 
Mi spostai dalla porta, meravigliandomi di come sembrasse essere così viva la stanza di Harry. Il caricatore del computer era stato collegato ad una prolunga di fianco al letto e si snodava sul pavimento fino a raggiungere una presa, il lungo cavo di nastro adesivo arancione a terra. Nel piccolo armadio potei vedere giacche e pantaloni appesi in fila, e qualche paio di scarpe sul pavimento. Il suo comodino era un disastro tra tazze, matite, e alcune fotografie incorniciate raffiguranti dei ragazzi sorridenti, che oramai avevano accumulato un leggero strato di polvere sui bordi superiori. "Chi sono?"
 
"Hmm?"
 
"Le fotografie." Mi inginocchiai, guardando i loro volti luminosi. Harry, che stava tenendo una mano sulla testa, il suo braccio avvolto attorno ad un ragazzo dall'aria pensierosa. Questo stesso ragazzo stava arruffando i capelli di Harry, mentre una ragazza coi capelli scuri e troppo trucco sulla faccia rideva di loro. I tre e un biondo dall'aria allegra su una spiaggia, tutti puntando con lo sguardo a qualcosa fuori dall'obiettivo.
 
"Amici." rispose distrattamente, prima di capire che stavo sperando in una risposta un po’ più consistente. "Mamma ha pensato che mi avrebbero fatto sentire meglio."
 
"E lo fanno?" chiesi, rimettendomi in piedi e occupando il mio solito posto nella sedia accanto al suo letto.
 
"Niente affatto."
 
Rimasi spiazzato dalla franchezza della sua risposta. "Perché no?"
 
Alla fine puntò gli occhi verdi su di me. Erano quasi scioccanti, luminosi, e risplendevano in quella camera piuttosto squallida, incorniciati da ciglia scure che proiettavano ombre nelle cavità scure sotto i suoi occhi. Sembrava stanco, stanco come se non avesse dormito in settimane e come se avesse semplicemente sentito troppo. "Perché sto morendo." disse, come se avrebbe dovuto essere per me.
 
"Hai davvero bisogno di uscire da questa stanza." Riuscivo a sentire il modo in cui aveva quasi messo le radici lì, come fosse oramai praticamente parte della stanza. Lui non stava solo per morire, stava aspettando che accadesse.
 
"Forse domani." rispose, anche se ebbi il forte sospetto che la sua promessa servisse semplicemente per placarmi e convincermi a lasciarlo solo.
 
"Accumula abbastanza domani e ti ritroverai con niente senonché un mucchio di ieri vuoti." dissi. "E in ogni caso, possiamo passare questo incontro con me che ti faccio domande eccessivamente personali o possiamo andare a fare una passeggiata."
 
Lui mi guardò, rendendosi conto che in quella particolare situazione era in mio potere. "Ti odio un po’." disse, scivolando fuori dal letto su piedi instabili, i pantaloni grigi della sua tuta ammucchiati intorno ai polpacci.
 
"Solo un po’?" chiesi mentre mi alzavo in piedi e chiudevo la zip della mia giacca.
 
Catturai un altro scorcio di lui, mentre furtivamente lanciava uno sguardo verso di me, il piccolo accenno di un sorriso sulle labbra. "Solo un po’." Fece poi un cenno verso la porta. "Chiudi la porta, mi sto cambiando."
 
"Stai bene, Principessa" lo rimproverai, sorridendo in direzione della sua maglia stropicciata e dei suoi pantaloni. "Stiamo solo andando fuori per fare una passeggiata."
 
Mi guardò serio, tirando fuori un nuovo vestito dalla valigia sotto il suo letto. "Non sai da quanti giorni indosso questi pantaloni."
 
Abbozzai un sorriso. "Sono sicuro di non volerlo sapere."
 
Fece un movimento rotatorio con le dita. "Girati. I vestiti stanno per essere tolti."
 
Per un momento ebbi la folle urgenza di vederlo, prima che il mio cervello calciasse via questa idea e mi ricordassi che essere squallido con i pazienti, anche quelli con degli incantevoli occhi verdi, fosse probabilmente qualcosa che non avrei dovuto fare. Mi girai, cominciando a giocare con la tracolla della mia borsa mentre lui si sbatteva dietro di me.
 
"Quanto sono carino, su una scala da 1 a 10?" Chiese non appena ebbe finito, posizionando le mani sulla vita e spingendo leggermente in fuori il bacino.
 
"Direi sette. Forse un otto." Risposi con un sorrisetto da furbetto. Stava indossando una maglietta nera dei Ramones che pendeva sulle curve ancora muscolose delle sue spalle e un paio di blue jeans stretti che abbracciavano la linea lunga delle sue gambe. Anche un otto sarebbe stato un vero eufemismo. Sembrava un modello per qualche sorta di colonia costosa, anche con le occhiaie ed i capelli arruffati. Mi resi conto allora che c'era qualcosa di infinitamente bello nelle cose rotte.
 
"Bugiardo. Sono sicuramente da dieci. Forse un 9.8, così siamo in grado di lasciare un certo margine di miglioramento." Si girò leggermente così da poter controllare il suo fondoschiena, poi afferrò un berretto dal comodino e lo incastrò sopra i suoi ricci. Mi piaceva il modo in cui si muoveva, in  improvvisi scatti e piccole torsioni eccitate rimarcate da una calcolata sorta di lentezza che mi ricordava il modo in cui parlava.
 
"Un po’ sfacciato, non credi?" lo presi in giro, sorridendogli mentre si infilò la giacca e si diresse verso la porta.
 
"Fa parte del mio fascino." Non aveva perso la sua insolenza di prima, ma ci fu in lui un calore che non c'era mai stato prima. E questo mi fece pensare che forse, solo forse, Harry non sarebbe stato così difficile da decifrare dopotutto.
 
Portarlo fuori dall'ospedale si rivelò essere una cosa abbastanza facile. Non mi costò nulla di più di un sorriso ed una strizzatina d'occhio alla receptionist che fece cambiare il suo sguardo sospettoso in rossore.
 
"Dove stiamo andando?" mi chiese non appena ci ritrovammo sul marciapiede, i suoi occhi saltavano da un edificio all'altro come se li stesse vedendo per la prima volta. Sopra di noi, il cielo era basso e pesante preannunciando neve, e per un breve momento mi preoccupai del mio viaggio di ritorno a casa. Se le cose fossero andate bene avremmo evitato maggiori manifestazioni di bufere di neve fino a che io non fossi arrivato salvo al mio appartamento.
 
"Dipende. Ti piacciono i cupcakes?" chiesi, aprendo una strada lungo il marciapiede affollato, pieno di pendolari che a malapena ci avevano visto.
 
"Non me lo stai chiedendo seriamente, vero?"
 
Scoppiai in una risata bassa, lasciando scivolare le mie mani nelle tasche foderate di pile della mia giacca mentre un vento gelido si faceva largo lungo la strada. "Mi stavo solo accertando."
 
Lui si limitò a sorridere, una piccola inclinazione verso l'alto delle sue labbra che mi riscaldò in un modo che non era del tutto termico. Aveva nascosto il mento nel colletto della giacca, le mani spinte in profondità, come se raggomitolandosi su se stesso avesse potuto fisicamente evitare il freddo. La sua faccia era rosa, il suo respiro avvolgeva i suoi lineamenti come fumo, turbinava tra i suoi capelli per poi dissolversi nel vento.
 
"Avevo dimenticato che profumo avesse l'inverno." disse piano, alzando la testa e prendendo una boccata d'aria.
 
"Tu non esci molto, non è vero?" chiesi come girammo l'angolo, cercando di combattere l'ombra di tristezza che avevo sentito nelle sue parole. Questo sarebbe stato il suo ultimo inverno, mi resi conto con un sussulto, l'ultima volta che avrebbe camminato attraverso il 17 gennaio e in cui avrebbe potuto alzare lo sguardo ad un cielo nuvoloso.
 
"No." rispose semplicemente, ripiegandosi su se stesso.
 
Camminammo in silenzio per un isolato o due. Io ero a corto di cose da dire e lui era evidentemente contento di condividere quella tranquillità.
 
Lo afferrai per il braccio un paio di minuti più tardi, indicando un'insegna dai colori vivaci. "Siamo arrivati." Aprii la porta, entrando nel piccolo chiosco. Era uno dei miei preferiti, un piccolo foro nel muro con delizioso caffè, deliziose paste e cupcakes ancora migliori. Un fiotto di aria calda ci colpì, spazzando via il freddo dell'inverno.
 
Harry spalancò gli occhi di fronte alle vetrine, ognuna riempita fino all'orlo di prelibatezze meticolosamente decorate. Notai Danielle al bancone, le maniche azzurre arrotolate sino ai gomiti e una leggera spolverata di farina sulla sua pelle color caramello. Mi salutò non appena mi vide e il suo viso s'illuminò. "Hey Louis!"
 
"Hey Dani." Mi diressi al bancone, con Harry stretto dietro di me. "Harry, questa è Danielle. Danielle, Harry."
 
La salutò con un timido movimento della mano, guardando poi verso di me. "La Danielle di Liam?"
 
Annuii, cercando di non sembrare colpito dal fatto che avesse prestato così tanta attenzione. "Proprio lei."
 
Danielle sorrise ampiamente. "Gli hai già parlato di me?"
 
"Solo cose belle." Le assicurai, tirando giù la zip del mio cappotto dato che il calore del negozio aveva cominciato a penetrare nelle mie ossa. "Dunque, avete appena sfornato qualcosa?"
 
Sbirciò in cucina, un piccolo spazio aperto appena dietro al bancone dove altre due ragazze erano intente a glassare una torta piuttosto elaborata. "Bhè, ho appena finito di preparare alcuni cupcakes al cioccolato. Se ne avessi mangiato uno, cosa che certamente non ho fatto, ti direi che erano deliziosi."
 
Guardai verso Harry, che mi rispose con un cenno del capo.
 
"Sembra fantastico."
 
Lei richiamò di nuovo la nostra attenzione. "Volete qualcosa da bere?"
 
"Caffè. Nel solito modo." Danielle era l'unica persona al mondo di cui mi fidassi nel farmi fare il caffè, e questa era una delle tante ragioni per cui speravo seriamente che lei e Liam si sposassero. L'altro motivo, ovviamente, era che erano disgustosamente adorabili, ma questo andava da sé.
 
"Una cioccolata calda, per favore." Harry aggiunse da dietro di me, e rimani ancora una volta colpito dalla bassa e roca qualità della sua voce, da come fluttuò proprio nella pausa della conversazione.
 
Lei gli rivolse un sorriso, lo stesso che aveva reindirizzato verso di me quando aveva attirato la nostra attenzione un momento prima.
 
"Tu vai a prendere un posto a sedere, io arrivo subito." Harry annuii, muovendosi poi verso un piccolo tavolino che si affacciava sulla finestra vicino alla porta posteriore del chiosco.
 
Danielle mi investì non appena lui si trovò fuori portata d'orecchio. "Oh mio dio Louis, è così carino. I vostri bimbi saranno le cose più carine di sempre, oh mio dio."
 
La fulminai con uno sguardo. "1. E' una cosa impossibile dal punto di vista medico e 2. non stiamo insieme. E' un paziente."
 
Il volto le si rabbuiò per un attimo, ma subito ritornò all'espressione precedente. "Ma ti piace."
 
"Bhè, certo che mi piace, è un paziente." risposi,  cercando di mantenere una voce bassa mentre lei stava preparando le bevande. "Non stiamo insieme, Danielle."
 
"Quindi è etero?" chiese, versando la cioccolata calda e aggiungendoci un ciuffo di panna montata.
 
Pensai al suo commento precedente, qualcosa sul controllarmi. "Non esattamente."
 
Quasi rovesciò il cacao mentre si posizionò di fronte a me, l'eccitazione che riempiva ogni suo movimento. "Louis hai bisogno di uscire con questo ragazzo. Ne hai bisogno. E' misterioso (lascia misterioso, non so cosa sia broody) e carino e-oh mio dio, si è tolto il cappello e quelli sono riccioli, Louis. Ricci."
 
Puntai i miei occhi di nuovo verso Harry, il quale era occupato nell'essere immerso nel lavoro a maglia del suo cappello grigio, lo sguardo solenne. Aveva ragione, era carino, molto, incredibilmente e ingiustamente carino. Era però anche qualcuno che avrei dovuto aiutare nel momento del bisogno, non qualcuno verso cui avere una cotta. Sarebbe stato qualcosa di completamente inappropriato. "Non sarebbe professionale."
 
Lei mise il broncio, posizionando il mio caffè affianco alla sua cioccolata e mettendo due cupcakes rosa satinato su piccoli piatti di porcellana. "YOLO, dolcezza."
 
Le lanciai uno sguardo severo. "Ti prego, dimmi che non hai appena usato YOLO con me in modo non retorico."
 
"L'ho appena fatto." fece una pausa, il suo sorriso mi stava prendendo in giro. "YOLO."
 
Alzai gli occhi al cielo, prendendo il nostro vassoio e camminando verso Harry, facendo attenzione a non rovesciare nulla. "Non siamo più amici, Danielle. Non siamo più amici."
 
"Ti voglio bene, Boo Bear!" rispose, il suo grido si dissolse alla fine in risate.
 
Mi sedetti sulla sedia di fronte ad Harry roteando gli occhi. Prese la sua tazza, sbirciando verso di me da sopra il ciuffo di panna montata. "Boo Bear?" chiese, le sue ciglia scomparvero tra i capelli.
 
Morii di vergogna anche se, ad essere sincero, quel soprannome mi divertiva. "Una volta Liam ha sentito mia madre chiamarmi così. Ancora non mi sono abituato ad essere chiamato così."
 
Prese un sorso esitante, procurandosi una piccola linea di schiuma sul labbro superiore. "E' carino."
 
Tu sei carino.
 
Mi bloccai nel momento in cui elaborai il pensiero che mi era appena saltato in mente. Oh santo cielo. Questa era tutta colpa di Danielle. Fui seriamente intenzionato ad ucciderla.
 
Lui mi stava ancora guardando con aria interrogativa. "Stai bene?"
 
Annuii, spingendo la mia mente verso argomenti più sicuri. "Si, sto bene."
 
Harry raschiò un po’ di glassa dalla parte superiore sul suo cupcake con l'indice, leccandola poi via. Piegò la testa di lato, studiandomi. "Louis?"
 
"Si?"
 
"Hai letto il mio file, non è vero." Non riuscivo a leggere la sua espressione. Non era vuota, forse sulla difensiva, un po’ in colpa? E triste. Sicuramente triste.
 
"Mi avevi detto di farlo." dissi, sentendomi improvvisamente come se avessi fatto qualcosa che non avrei dovuto fare, cosa stupida considerando che quello era il mio lavoro.
 
"E' probabilmente meglio che tu sappia." sospirò, e notai il modo in cui appoggiò il braccio sinistro sul lato inferiore del tavolo verso il basso come fosse un'abitudine. Allungai la mia mano, appoggiando l'indice e il pollice sul suo polso, chiedendo silenziosamente il suo permesso.
 
Lui si limitò a sostenere il mio sguardo, restando perfettamente immobile. Feci scorrere la mia mano lungo suo braccio, la pelle pallida del avambraccio segnata da rapide cicatrici rosa. Ce n'erano sei, ordinate e in fila, così accurate da farmi rivoltare lo stomaco. Feci correre le mie dita sulla sua pelle, le minuscole creste in rilievo contro la pelle sensibile dei miei polpastrelli. Poi lo sentì rabbrividire al tocco e per un momento mi chiesi se non mi fossi spinto troppo oltre, ma lui non si mosse,  lasciando solamente che i suoi occhi si chiudessero e stringendo la mano in un pugno.
 
"Perché l'hai fatto?" chiesi a bassa voce, sentendo improvvisamente come se tra l'essere arrivati e l'esserci seduti fossimo caduti nel nostro piccolo mondo.
 
"Perché ero stanco di non provare nulla. C’è stato un tempo in cui sentivo così tanto, ero così terrorizzato e triste e arrabbiato e poi-"  prese un lungo respiro. "Ho spesso di sentire qualsiasi cosa. E non potevo sopportarlo."
 
"Ti ha aiutato?" chiesi, conoscendo la risposta prima che la dicesse.
 
"No."
 
"Ma avevi pensato che ucciderti l'avrebbe fatto?" chiesi, andando solo un pochino oltre, incapace di arrendermi proprio nel momento in cui stavamo andando finalmente da qualche parte.
 
"No." fece una pausa, aprendo gli occhi e lasciandoli vagare per la tavola. Fece scivolare via il suo braccio dalla mia presa, attirandolo a sé come se non volesse più vedere le cicatrici.
 
"Allora perché lo hai fatto?" Avevo avuto a che fare con il suicidio in molte delle sue forme più terribili, e nessuna sembrava davvero rientrare sotto lo stereotipo del "era solo diventato troppo." Ebbi la sensazione che Harry Styles non facesse eccezione.
 
Sembrò deliberare sulla domanda per un lungo momento, portando la tazza di cioccolata fino alla sua bocca  e prendendo un lungo sorso prima di rispondere. "La mia vita è finita un anno fa. Era solo questione di prendere in tempo il mio corpo."
 
"La tua vita non è finita un anno fa, è finita il giorno in cui ti sei arreso. Non sei morto, hai sei mesi da vivere. Non puoi passarli tutti morendo." Dissi, preso dal bisogno improvviso di afferrarlo per le spalle e scuoterlo, per mostrargli cosa si stava perdendo mentre aspettava di scivolare verso un destino che aveva scelto mesi prima.
 
"Ma io sto morendo." rispose, toccandosi le tempie.
 
"Anche io!" sibilai di rimando.
 
"Ma questo è diverso." rispose,la faccia passiva, come se si stesse nascondendo da qualche parte dentro alla sua mente, in un luogo in cui le mie parole non avrebbero potuto raggiungerlo.
 
"Non lo è! Potrei uscire da questo negozio e venire investito da un dannato autobus. Potrei scivolar sul ghiaccio di fuori e rompermi il cranio in due. Ciò non significa che ho intenzione di sprecare la mia vita solo perché un giorno il mio tempo si esaurirà. Tu hai modo di sapere quando morirai, congratulazioni, ora hai una scadenza. Un termine entro il quale fare ogni cosa prima di morire. Capisci quello che sto cercando di dirti? Non puoi pensare alla morte, ma solo alla vita, o la morte finirà per ucciderti." La mia voce aveva assunto una specie di urgenza, il mio intero corpo fremeva dalla necessità che lui capisse.
 
"Ma non posso." disse, con voce bassa e con così tanta malinconia che per un attimo mi chiesi se davvero fosse rotto in maniera irreparabile. "Sto cadendo Louis, e l'ho sto facendo da così tanto tempo che non sono più sicuro di sapere come fermarmi."
 
"Sai, l'unica differenza tra la caduta e il volo è come si atterra." dissi, sentendomi come se stessi citando qualcosa ma incapace di ricordare cosa. "Credo che si possa dire che il mio lavoro è quello di essere il tuo paracadute."  Mi strinsi nelle spalle, imbarazzato per una ragione che non riuscivo ad individuare.
 
"Okay." disse, fissando in basso verso la sua tazza, le mani strette intorno alla porcellana. "Mi dispiace."
 
Presi il mio cupcake e cominciai a staccare l'involucro argento che l'avvolgeva, rendendomi conto di essermene completamente dimenticato nel mezzo della nostra discussione. "Di che cosa?"
 
"Mi dispiace di non essere facile da aggiustare."
 
Mi si mozzò il fiato in un respiro veloce, le sue parole mi avevano colto alla sprovvista. "Non essere dispiaciuto. Niente di questo è colpa tua."
 
Lui annuii, offrendomi un sorriso che cercava davvero di essere un sorriso ma che finì solo con il farmi venire voglia di saltare sul tavolo e abbracciarlo. "Grazie."
 
"Non ti preoccupare." sorrisi, prendendo un pezzetto del mio cupcake, lasciandomi scappare una piccola esclamazione di sorpresa. "Glassa alla fragola. Pensavo fosse solo rosa."
 
Harry portò il suo cupcake alle labbra, assaggiando la glassa sulla parte superiore. "E' abbastanza buona."
 
"Oh Dio, sei una di quelle persone, non è vero?"
 
Sembrò un attimo ferito, la sua espressione resa un po’ più adorabile dalla macchia di glassa rosa sulla punta del suo naso. "Una di quali persone?"
 
Presi un morso grande e borbottai il resto della risposta con la bocca piena di torta. "Una di quelle persone che lecca la glassa per prima."
 
Tirò fuori la lingua verso di me, la tristezza di prima come dimenticata. Era davvero bravo in questo, tutta la farsa del fingere che ogni cosa fosse okay, come se lo avesse fatto per un sacco di tempo. "Mi piace la glassa."
 
"Anche a me." risposi, bevendo un sorso di caffè. "Mi piace sul mio cupcake come dovrebbe essere."
 
"E chi ti rende il re dei mangiatori di cupcake?" chiese, ora sollevando l'involucro e dando un morso all'impasto del cupcake.
 
Schioccai le dita verso di lui. "Io. Proprio ora."
 
Lui ridacchiò, un suono che si trasformò in una vera e genuina risata, che spumeggiò fuori da lui prima che potesse fermarla. Sembrò quasi spaventato dal suono, come se si fosse dimenticato che potesse emetterne di simili. "Non penso che-" si mise una mano davanti alle labbra. "Oh, fanculo."
 
"Cosa?" chiesi, sebbene già lo sapessi. Volevo solo sentirlo dire da lui.
 
"Non pensavo di ricordarmi come si faceva." I suoi occhi erano spalancati, pieni di una sorta di stupore e incredulità che mi fece girare la testa. "Grazie."
 
Aprii la bocca per rispondere, le parole mi sfuggirono. C'era qualcosa in lui, il modo in cui mi guardava, come la sua voce aveva una cadenza così ritmata da lasciarmi spesso senza parole. Non sapevo cosa fosse, ma era speciale in un modo che non avevo mai incontrato prima.
 
I suoi occhi brillarono in direzione della finestra, diventando ancora più larghi. "Louis, sta nevicando."
 
Guardai attraverso il vetro, il mio sguardo cadde sugli spessi fiocchi bianchi che turbinavano nell'aria invernale, appoggiandosi sulle grondaie e sul marciapiede come fossero una piccola spolverata di zucchero. "E' adorabile."
 
"Camminiamoci attraverso." disse, una specie di sorriso timoroso si stabilì sul suo volto.  Sembrava così a casa lì, la sua espressione distesa ed infantile, come se non gli importasse nulla al mondo. In quel momento, nella neve turbinante di quella fresca notte, pensai che forse aveva dimenticato che stava cadendo.
 
Posizionai il mio caffè bevuto solo a metà sul tavolo, mi alzai in piedi e chiusi la zip del mio cappotto. "Va bene."
 
Si alzò, lanciandosi l'ultimo pezzo del suo cupcake nella bocca e dirigendosi verso la porta, a malapena fermandosi ad aspettarmi prima di correre fuori. Faceva freddo, ma nel bagliore arancione degli edifici e dei lampioni mi sentivo stranamente caldo, come se stessi trasportando dentro di me una specie di fuoco che si diffondeva nelle mie vene e che mi riscaldava le ossa.
 
Cominciammo a camminare indietro verso l'ospedale,  affondando nel nevoso paese delle meraviglie intorno a noi.
 
"Non mi è mai piaciuto l'inverno." disse, quasi andando addosso ad un uomo d'affari nel momento in cui era stato distratto dai fiocchi di neve alla deriva. "Ma è...bello, non è vero?"
 
"Tutto è bello se si sa come guardarlo." risposi, guadagnandomi un rumore divertito da parte di Harry.
 
"Sei così dannatamente filosofico." sorrise, fermandosi al passaggio pedonale e fissando in alto verso il cielo, tirando fuori la lingua per catturare qualche fiocco.
 
"Le frasi criptiche sono la mia specialità.” Scherzai, osservandolo mentre aspettavamo che la luce cambiasse.
 
Ritirò la lingua indietro così velocemente da spararmi una risposta. "Dovresti incontrare il mio amico Zayn. Potreste fare una battaglia di citazioni profonde."
 
"Vincerei." risposi, cercando di tenere lontano il sorriso da ebete che era disperatamente vicino dall'irrompere sulla mia faccia.
 
"Non essere così sicuro." Fece un movimento rotatorio su se stesso lasciando che le sue braccia si alzassero e si staccassero dal suo corpo. Lo guardai girare, chiudere gli occhi e girare come se, se ci avesse provato con tutte le sue forze, sarebbe potuto volare via.
 
Guardai come i suoi piedi scivolavano sotto di lui e come cadde tra le mie braccia, il suo peso poggiato sul mio petto. Lui guardò in alto verso di me con ancora le vertigini, i suoi occhi verdi  incatenati ai miei da una luce calda, i fiocchi di neve che si scioglievano sulla sua pelle porcellana.
 
"Ti tengo." lo rassicurai, stringendo la mia presa intorno alla sua vita.
 
Lui sorrise solamente, sembrando completamente in pace. "Lo so."
 
Mi resi conto allora che Harry si sbagliava; non era difficile da riparare, aveva solo bisogno di qualcuno che lo facesse.


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Eccoci con un altro meraviglioso capitolo di questa fanfic! Ci abbiamo messo un po’ per aggiornare, ma non vi preoccupate: da ora in poi lo faremo con più regolarità, almeno un capitolo a settimana (:
Come trovate la traduzione? Per qualunque cosa, come già vi abbiamo detto, fateci sapere il vostro parere: ci aiuterebbe molto e ci farebbe davvero davvero tanto piacere!!
Ora basta però, non vi rubiamo altro tempo! Al prossimo aggiornamento lettori!!
Baci, Eli e Cri. x
  
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