Paura
House
Medical Division
Disclaimer:
I personaggi adoperati in questa storia non mi appartengono, e non vengono usati
con scopo di lucro.
Paura
Capitolo
unico
House
attraversava l’androne dell’ospedale con la sua solita calma, il ritardo di
oltre un’ora sul suo normale orario non gli recava nessun tipo di problema.
Certo se avesse avuto la sfortuna di incontrare la Cuddy non sarebbe stato un
sereno buongiorno, anche perché a essere precisi il giorno prima si era dato
malato.
Con
l’abilità di chi ormai ha l’abitudine di sgattaiolare per l’ospedale raggiunse
la sala conferenze, dove trovò i suoi tre assistenti. L’atmosfera era strana,
nessun commento il suo ritardo e tutti con gli sguardi chini verso quello che
stavano leggendo. Dei tre però quello che lo incuriosì maggiormente fu lo
sguardo di Cameron.
House
ghignò compiaciuto per aver compreso in parte quello che era
accaduto.
“A
chi ha tenuto la mano mentre moriva questa volta?” chiese con un tono di
sufficienza gli altri due medici.
Cameron
sollevò di scatto la testa punta sul vivo dalle parole del suo
capo.
*Bingo*
pensò House ancora più soddisfatto di se stesso.
“Non
mi dire che ti sei innamorata di nuovo mentre stava esalando il suo ultimo
respiro! Cameron ma è possibile che non hai ancora imparato a stare alla larga
da chi ha poche ore di vita.” Concluse con un tono melodrammatico il
nefrologo.
Cameron
si alzò velocemente, le labbra che le tremavano dalla rabbia, ma per qualche
motivo decise di non rispondere alla provocazione. Aveva già le mani sulla porta
quando cambiò idea e senza voltarsi rispose…
“Mentre
tu stavi in casa a oziare ieri, qui è accaduto qualcosa di veramente brutto, ma
è inutile che io te ne parli, ormai mi sono rassegnata al fatto che dietro alla
tua cattiveria c’è solo altra cattiveria” e detto ciò
uscì.
Chase
e Foreman erano rimasti senza parole, loro sapevano che cosa era accaduto, ma
non si aspettavano di certo che la sempre dolce Cameron rispondesse a quella
maniera al loro capo.
House
non sembrava molto colpito dalle accuse della donna, infondo lui sapeva di
essere una persona con cui non si vuole passare le proprie giornate, quello che
lo pungeva era il non sapere che cosa fosse successo. Il suo ego però gli
impediva di domandare ai due idioti seduti davanti a lui, quindi restava solo
un’altra soluzione… Wilson.
Mentre
si dirigeva verso l’ufficio dell’oncologo, si ritrovò a considerare che da
quando non vivevano più insieme, si vedevano raramente e, in effetti, era almeno
una settimana che non aveva notizie del suo amico.
Con
la velocità consentita a un uomo con un bastone, raggiunse in poco tempo la sua
meta, la porta non era chiusa a chiave ma dentro le tende erano tirate,
l’ufficio era completamente al buio.
House
entrò e si richiuse la porta dietro, accedendo poi la luce. Lo spettacolo che
vide ebbe la forza di stordirlo e di lasciarlo senza
parole.
Wilson
giaceva sul divano con il viso tra le mani e diverse bottiglie vuote intorno, i
vestiti stropicciati tipici di chi ha passato una nottata in
ospedale.
Qualcosa
doveva averlo sconvolto, la domanda che adesso assillava House era
cosa.
“Intendi
goderti per molto lo spettacolo? Se non lo avessi notato io non ho nessuna
voglia di stare in compagnia” biascicò Wilson con la voce impastata dalla
vodka.
“Che
è successo?” chiese cauto House, a cui non era sfuggito che il tono dell’amico
era tutt’altro che amichevole.
“Chiedilo
ai tuoi leccapiedi” fu la risposta che ottenne.
“Non
voglio saperlo da loro”
“Ahahahaha”
scoppiò a ridere l’oncologo “povero House non riesci a sapere che succede, la
tua curiosità ti starà rodendo il fegato. Mi dispiace tanto, ma non ho
intenzione di soddisfarti” concluse facendo pendere la testa da un
lato.
“Wilson
ma quante bottiglie ti sei scolato?” domandò cercando di non apparire
preoccupato.
“Ti
ho detto che non ho intenzione di essere il tuo passatempo della
mattinata”.
La
situazione era grave, il medico era completamente sbronzo, e per qualche
sconosciuto motivo anche molto arrabbiato con lui.
“Perdona
la mia ignoranza ma se non ci vediamo da una settimana mi spieghi come ho fatto
a farti incazzare? Insomma sarebbe un record perfino per
me”
“Infatti,
e sai perché non ci siamo visti? Per due motivi… Io cercavo disperatamente di
salvare la vita ad un bambino di sei anni… e tu visto che non avevi nessun
favore da chiedermi non ti sei fatto vivo”
I
pezzi del puzzle cominciavano a combaciare.
“Così
il tuo paziente non c’è l’ha fatta! Beh… Capita”
“Per
te è solo un fatto che dimenticherai tra meno di due secondi” urlò in preda
all’ira James “Io avevo detto alla sua famiglia che c’è l’avrebbe fatta. Avevo
dato la mia parola”
“Questo
perché non ti levi il vizio di raccontare balle” rispose con il solito tono di
sufficienza House.
Wilson
si alzò di scatto dal divano barcollando per la dose eccessiva di
alcool.
“Meglio
quindi essere un bastardo come te, che te ne sbatti della gente. Peccato che sei
solo una persona patetica…vivi in solitudine per scelta degli altri e non tua,
anche se preferisci credere il contrario”
*James
perché tra le tue parole c’è tanto odio?* domandava a se stesso House, ma pur
pensandolo preferì rispondere in maniera diversa.
“Fai
come vuoi, prenditela pure con me, ma lascia che ti dica che questo non cambierà
la situazione” la voce leggermente adirata per quelle parole così dure. Eppure
impose a se stesso di non mostrarsi vulnerabile a ciò che pensava
l’amico.
Era
chiaro che grazie all’alcool le parole che uscivano dalla bocca di Wilson erano
quelle che pensava veramente, e che per rispetto forse, non gli aveva mai
detto.
L’oncologo
lo guardava con uno sguardo che se avesse potuto lo avrebbe fulminato
all’istante, poi disinibito dalla Vodka gli fece una domanda che teneva dentro
da dieci anni.
“Che
cosa sono io per te?” domandò tremando Wilson.
House
era sbigottito, non si aspettava che entrando in quella stanza avrebbe preso
parte ad una discussione tanto pesante da gestire.
“Hai
bevuto troppo” fu il commento secco del nefrologo.
“Non
prendermi in giro rispondendomi con un'altra cosa, io che posto ho nella tua
vita? RISPONDIMI MALEDIZIONE!” e detto questo si mosse afferrando House dalle
spalle.
La
presa di Wilson era salda, e il diagnosta poteva sentire che l’amico odorava di
vodka. Che cosa doveva rispondere? Soprattutto cosa voleva
rispondere?
“James,
per favore calmati. Non mi sembra il momento di fare discussioni, non appena ti
passa la sbronza ne riparliamo.”
Ottenne
solo che la collera dell’amico crescesse ancora di più, e proprio a causa del
suo tentativo di chiudere il discorso Wilson lo strattonò con forza.
House
non si aspettava di essere spinto e anche se fece di tutto per restare in piedi
la gamba malata cedette, entrambi persero l’equilibrio finendo sul pavimento uno
sull’altro.
House
non riusciva a capacitarsi della reazione dell’amico a tutta quella storia. Non
era la prima volta che perdeva un paziente, e infondo un oncologo deve fare i
conti con il fatto che troppo spesso i pazienti muoiono. La cosa ancora più
assurda era tutta la rabbia che l’amico aveva nei suoi
confronti.
“Vuoi
che ti dica io che cosa sei tu per me?” gli chiese da sopra il suo stomaco
Wilson.
Da
così vicino House poté vedere che l’altro stava piangendo, le lacrime gli
rigavano il volto e finivano per scivolare sopra la maglietta del
diagnosta.
Era
tutto così surreale, in dieci anni non aveva mai visto Wilson piangere, nemmeno
quando aveva posto fine ai suoi matrimoni.
“Vuoi
che ti faccia capire che cosa sei tu per me?” Gli chiese nuovamente James in
preda a quello che sembrava puro delirio.
Questa
volta non attese la risposta, pochi attimi dopo House si rese conto che il suo
migliore amico lo stava baciando.
Il
viso di House bagnato dalle lacrime di Wilson, le loro labbra attaccate… i loro
cuori che battevano troppo forte.
Poi
accadde qualcosa d’inspiegabile, House rispose al bacio. Cercando un contatto
più profondo che andasse oltre il precedente bacio. Quando le loro lingue si
sfiorarono per la prima volta un brivido corse lungo la schiena di
House.
Il
contatto tra di loro si sciolse a causa della mancanza di ossigeno, i loro occhi
a quel punto s’incontrarono e il silenzio che li circondava rendeva tutto più
difficile.
House
cercava negli occhi castani sopra di lui una risposta al perché lo avesse
baciato.
Wilson
cercava negli occhi azzurri sotto di lui una riposta al perché avesse risposto
al bacio.
Alla
fine la stanchezza di una notte passata a bere, e la notevole quantità di alcool
che gli girava nel sangue, fece perdere i sensi a Wilson che finì per
accasciarsi completamente sopra House.
Il
nefrologo si sentiva sollevato dal non dover affrontare subito la questione, e
con delicatezza tentò di spostare l’amico. Quando riuscì finalmente a liberarsi
si rimise a fatica in piedi. Per lui era certamente fuori discussione riuscire
ad alzare Wilson da terra per metterlo sul divano, la sua gamba non gli avrebbe
mai permesso uno sforzo simile.
Non
poteva chiamare i suoi assistenti perché non voleva che vedessero il medico
ridotto in quello stato, e meno che mai gli infermieri.
Gli
restava solo un’altra persona cui affidarsi, e senza indugio alzò il
telefono.
Pochi
minuti dopo la Cuddy entrò nell’ufficio del primario di
oncologia.
“Che
è successo?” chiese non appena vide Wilson in terra, anche se tutto le divenne
più chiaro non appena vide le svariate bottiglie sul
pavimento.
“Abbiamo
fatto festa pensando che abbiamo il capo con il più bel sedere di tutto
l’ospedale, però temo che abbiamo esagerato un pochino”.
“Spiritoso”
fu la risposta a denti stretti della donna.
“Adesso
che sai il motivo potresti aiutarmi a buttarlo sul divano” chiese il medico
indicando il sofà di pelle su cui fino a pochi minuti prima Wilson
sedeva.
“Sì,
certo” e detto ciò aiutò House a spostare l’amico.
“Non
credi che sarebbe meglio se fosse visitato?” chiese Lisa preoccupata dal
colorito non roseo del medico.
“Io
non faccio il fruttivendolo mi pare, quindi se ha bisogno di un medico ci sono
io. O forse volevi avere una scusa per levargli i pantaloni? Cuddy, se glielo
chiedi quando è sveglio non credo che ci saranno problemi, e sarà sicuramente
più divertente”
“Sottovaluti
la mia passione per gli uomini che non possono difendersi” gli ringhiò contro la
donna.
“Io
me ne vado, ma fammi sapere come sta.” Finì con tono esasperato la
direttrice.
“Va
bene mamma” cinguettò House
“A
proposito, la tua maglia in alcuni punti e bagnata, strano che anche il viso di
Wilson sia bagnato” e con questo si richiuse la porta alle
spalle.
House
guardò il viso dell’amico e si accorse che effettivamente era ancora bagnato,
prese quindi un fazzoletto e con una delicatezza che credeva di non avere glielo
asciugò.
Adesso
che era di nuovo solo non poté fare a meno di tornare con la mente a quando
Wilson lo aveva baciato, lui aveva risposto a quel bacio ed era il momento di
cercare il perché della propria risposta.
House
era una persona particolare, senza dubbio fuori dagli schemi, e la cosa buffa
era che nessuno si era mai domandato di che orientamento fosse. La storia con
Stasy aveva chiarito che gli piacevano le donne, ma non aveva escluso che anche
gli uomini potevano essere interessanti.
Al
college aveva compreso che lui per natura non aveva preferenza tra i due tipi di
sesso, il piacere era sicuramente differente ma era comunque
piacere.
Che
lui ricordasse non aveva mai detto a Wilson di essere bisessuale, e se non lo
aveva detto a lui, figuriamoci ad altri.
Una
cosa su cui riflettere era il perché aveva baciato proprio Wilson, erano
migliori amici… solo quello. Oh almeno fino a quel momento, perché non poteva
negare che gli era piaciuto, anche se la situazione non era delle migliori….
Il
suo amico gli era andato contro fin da quando era entrato, come se avesse della
rabbia repressa nei suoi confronti, e che l’alcool gli avesse permesso di
tirarla fuori.
Una
cosa era sicura, dovevano parlare, non appena si fosse svegliato dovevano
chiarire un bel po’ di cose.
Dopo
questo monologo con se stesso si girò nuovamente a guardare il viso
dell’oncologo, sembrava essersi rasserenato, il sonno era la migliore cura dopo
una sbronza.
House
era tentato ad uscire dalla stanza, ma voleva assolutamente vedere che reazione
aveva l’amico non appena si fosse svegliato. Forse non si sarebbe ricordato
nulla, nel qual caso non sapeva esattamente come si sarebbe
comportato.
Quindi
presa la sua PSP un pacchetto di patatine e aspettò dentro l’ufficio dell’amico.
Deciso a non muoversi fino a quando il medico steso sul divano non si fosse
ripreso.
Passarono
parecchie ore, ma finalmente un brontolio fece capire a House che Wilson stava
tornado tra i sobri.
“Buon
giorno, anzi buona sera visto che sono le sei del pomeriggio” lo salutò House da
sopra la spalliera del divano.
“Ho
il cervello sotto sopra” rispose lui tenendosi la testa.
Dall’atteggiamento
dell’oncologo sembrava non ricordare nulla della mattinata, ma poi Wilson sbarrò
gli occhi e dopo aver guardato House distolse subito gli occhi fissando il muro
di fronte.
“Vedo
che ti è tornata alla mente la nostra amichevole discussione” si complimentò
House con un ghigno.
Wilson
si sarebbe volentieri dato una botta in testa, aveva baciato House… maledetto
alcool.
Poi
qualcosa si mosse dentro il suo cervello, lui lo aveva sicuramente baciato ma il
suo amico aveva risposto, ne era sicuro.
“Dato
che la tua espressione è un attimo più umana credo che adesso ti siano chiari
anche gli ultimi particolari, non è stato molto carino da parte tua saltarmi
addosso”
Wilson
aveva la gola secca e un’emicrania da record.
“Mi
dispiace di averti fatto cadere” si scusò.
“Sei
tanto arrabbiato con me perché sono un semplice bastardo? O sei arrabbiato con
me perché ti sei innamorato di questo bastardo?” domandò con tono non curante
House.
Wilson
aveva la certezza che adesso gli sarebbe venuto sicuramente un infarto, House
aveva capito qualcosa che non avrebbe dovuto comprendere mai, giurò a se stesso
che non avrebbe più toccato una goccia d’alcool.
“Dalla
tua grande partecipazione devo dedurre che è giusta la seconda
ipotesi”.
E
a questo punto calò il silenzio, Wilson sapeva che doveva in qualche modo
cercare di limitare i danni ma non aveva la più pallida idea di come
fare.
“Certo
ammettiamolo sono piuttosto sexy, capisco che non sei riuscito a resistermi” lo
canzonò il nefrologo.
“Per
favore basta così” lo pregò con un filo di voce l’amico “non divertirti a
prendermi in giro, capisco che per te è divertente ma a me fai solo
male”.
Il
viso di House si rabbuiò, non voleva ferirlo, stava solo cercando un modo per
entrare in contatto con lui. Era sempre stato un vecchio orso e il parlare con
gli atri di quello che provava non era mai stato il suo
forte.
“Wilson…James
tu mi conosci, non sono bravo a parlare, ma non volevo prendermi gioco di
te.”
“Perché
ai risposto al mio bacio?” gli domandò l’oncologo gettando al vento quella poca
dignità rimastagli
“Non
lo so” fu l’ambigua risposta che ottenne.
Cominciò
così, con quel non lo so la relazione tra Wilson e House.
***
Da
quel bacio erano ormai passati quattro mesi, e anche se il burbero nefrologo non
aveva mai detto all’amico di amarlo la loro storia procedeva
bene.
Nell’ultimo
periodo House era perfino cambiato nei confronti dei suoi assistenti, non era
certo diventato zucchero e miele, ma si poteva notare in lui un modo più gentile
di trattarli.
Solo
Wilson era a conoscenza del motivo di quel cambiamento, ed era un segreto che
custodiva gelosamente nascosto nel cuore.
Tutti
erano andati da lui a chiedere spiegazioni, ma ogni volta se ne andavano via
senza nessuna notizia.
***
Era
febbraio inoltrato quando nella sala conferenze giunse una notizia che scosse
House dal profondo.
Una
delle infermiere era entrata dicendo che a pochi chilometri dall’ospedale si era
verificato un grave incidente, a causa del ghiaccio un pullman pieno di gente si
era scontrato contro una macchina guidata proprio da un medico
dell’ospedale.
Era
quindi richiesta la loro presenza al pronto soccorso per il grande numero dei
feriti, aveva inoltre aggiunto che per il guidatore dell’auto non c’era stato
nulla da fare.
“Chi
guidava la macchina?” urlò House alla donna davanti a lui.
“Non
lo sappiamo, non è riconoscibile, l’unica cosa che le posso dire, è che la
macchina è una station wagon”.
House
si sentì mancare, Wilson quella mattina invece di venire con lui era rimasto a
casa loro, perché il suo turno iniziava dopo quello di House.… e la sua macchina
era una station wagon.
Immediatamente
il medico si lanciò verso il pronto soccorso, e nel passare fece quasi cadere
l’infermiera che aveva portato la notizia. I suoi assistenti lo guardavano senza
capire per quale motivo si era tanto agitato. House non era il tipo di persona
che provava emozioni per un incidente di massa.
“Forse
conosce qualcuno coinvolto nell’incidente” ipotizzò Cameron mentre scendeva
verso il pronto soccorso con i suoi colleghi.
“Aspettate
un attimo ma il Dottor. Wilson non ha una station wagon?” chiese conferma Chase ai due
medici.
“Sì,
credo di si” rispose Foreman.
Bastò
uno sguardo per capirsi, tutti e tre partirono alla ricerca di House e del
Dottor Wilson.
Mentre
il diagnosta tentava di raggiungere il piano inferiore stringeva nella mano il
suo telefonino, avevo provato svariate volte a mettersi in contatto con Wilson
ma il telefono dell’amico squillava fino a staccare.
In
pronto soccorso era un vero delirio, i medici erano impegnati a suturare e
fasciare almeno una trentina di persone.
House
si aggirava in maniera spasmodica alla ricerca del suo compagno, aveva chiesto a
chiunque se lo avessero visto, ma ogni risposta era negativa. Alla fine decise
che doveva vedere il cadavere del guidatore, se per gli altri era
irriconoscibile forse per lui che conosceva bene il corpo di James, sarebbe
stato diverso. Se era lui lo avrebbe riconosciuto.
I
suoi tre assistenti chiesero alla Cuddy se sapeva dove fosse l’oncologo,
facendogli presente che la macchina del guidatore coincideva con lo stesso tipo
guidato dal medico. Anche il direttore si diede da fare per cercare di
rintracciarlo, ma ogni tentativo si rivelava del tutto
inutile.
Alla
Cuddy venne inoltre riferito che il dottor House si aggirava come impazzito per
l’ospedale, e per questo motivo sia i suoi assistenti che lei scesero a cercare
il nefrologo. Lo trovarono nell’atrio, mentre tentava di prenotare
l’ascensore.
House
aveva le mani che gli tremavano mentre premeva convulsamente il tasto per
prenotare l’ascensore, non aveva la mente lucida e per lui l’unica speranza era
che quel corpo non fosse quello del suo Wilson. Era ancora in piedi davanti
all’ascensore quando alle sue spalle sentì una donna
dire...
“Buonasera
Dottor. Wilson.”
House
si girò di scatto e corse fino a farsi male per raggiungere l’uomo
all’ingresso.
Gli
si buttò letteralmente addosso, abbracciandolo stretto in quello che era un
gesto irrazionale dettato dalla paura di perdere l’uomo che sapeva di
amare.
I
suoi assistenti, il suo capo e tutte le persone che in quel momento erano
presenti nella grande sala li guardavano sbalorditi, House non aveva mai
abbracciato nessuno in tutti gli anni che lavorava al PPTH, e adesso stringeva
il suo amico al centro dell’atrio.
Alcuni
iniziarono a dire che il Vicodin ormai aveva mandato in tilt il cervello del
diagnosta.
Wilson
era pietrificato, non si era aspettato di essere travolto dall’abbraccio del suo
amante. Inoltre lui era cosciente che c’era mezzo ospedale che li guardava e la
cosa era incredibilmente imbarazzante.
“Greg”
sussurrò l’amico all’orecchio del nefrologo con la speranza di comprendere il
motivo di quel gesto.
House
si riscosse da quello stato, e si accorse solo in quel momento di stare
stringendo il suo migliore amico davanti a uno svariato numero di
persone.
Sciolse
quindi l’abbraccio, ma non appena il pensiero di saperlo morto s’impadronì
nuovamente di lui non riuscì a fare a meno di fissarlo dritto negli
occhi.
“Mi
stai spaventando” lo informò Wilson.
“Pensavo
che fossi steso su un tavolo per l’autopsia. E non potevo sopportare l’idea di
averti perso prima che fossi riuscito a dirti una cosa” disse House con voce
roca per l’emozione.
“Che
cosa?” domandò l’amico deglutendo nervosamente.
“Che
ti amo”
Wilson
sentiva che il cuore gli stava per uscire dal petto se fosse stato
scientificamente possibile.
Il
suo House, la persona che da anni amava e con cui negli ultimi quattro mesi
aveva condiviso momenti molto particolari, gli aveva detto di
amarlo.
Lo
avrebbe baciato lì davanti a tutti, ma aveva visto alle spalle di House oltre
che il suo capo anche l’intero staff. Non era molto sicuro che House avrebbe
gradito, tra l’altro non era da escludere che avessero comunque sentito la loro
conversazione.
House
continuava a guardarlo fisso, e Wilson gli si avvicinò per sussurrargli a un
orecchio.
“Ti
amo anch’io”
Il
nefrologo sorrise, per la prima volta dentro quell’ospedale House si permise un
vero sorriso.
Mentre
erano ancora vicino, il diagnosta gli chiese all’orecchio “Ti posso
baciare?”
Wilson
sbarrò gli occhi, e notò che molti stavano tentando di capire che cosa si
stessero dicendo.
“Se
sei sicuro di voler dichiarare all’intero ospedale che stiamo insieme… per
intero ospedale intendo anche Cuddy, Cameron, Chase e
Foreman”
House
non rispose che con un ghigno beffardo, e dopo aver annullato la distanza tra di
loro lo baciò.
Fu
un bacio casto ma talmente carico di emozione che Wilson
tremò.
Cameron
si portò una mano alla bocca dallo stupore, era tutto talmente irreale. House,
stava baciando un altro uomo. Anche gli altri due assistenti erano senza parole,
solo la Cuddy non sembrava molto stupita.
“Lo
sapevi?” le chiese Cameron ancora sotto shock.
“Io
so tutto quello che accade nel mio ospedale, non scordarlo mai” rispose con un
sorriso compiaciuto la donna.
“Sapevi
che House è gay?” chiese questa volta Foreman mentre ancora cercava di mettere
in ordine le idee.
“E
chi vi ha mai detto che House è gay? Per lui diciamo che uomo o donna poca
importa. E se vi posso dare il mio parere penso che entrambi si meritassero
finalmente un po’ di felicità”
“Hey
voi quattro la smettete di parlottare come vecchie comari?” urlò da una certa
distanza House.
“Giusto
per essere chiari io e Wilson stiamo insieme…. Se qualcuno ha qualche problema
sarò lieto di rifargli i connotati con il bastone” e detto ciò preso per mano
l’amante se lo trascinò dietro, con lo scopo di raggiungere un posto più
tranquillo dove approfondire il discorso iniziato poco
prima.
Wilson
sorrideva, convinto che il paradiso non fosse dopo la morte ma accanto ad
House.
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Fine
Sicuramente
House nella parte finale ha un tipo di atteggiamento molto diverso dal suo
canone.
Io
ho pensato che se temessi che la persona che amo fosse stesa su un tavolo
d’acciaio, qualsiasi tipo di comportamento più o meno impostato andrebbe a farsi
benedire.
Ringrazio
in anticipo coloro che la leggeranno e soprattutto coloro che commenteranno,
permettendomi di capire dove la storia può migliorare.
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