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Autore: Thanasy    03/11/2007    9 recensioni
E' successo qualcosa di cui House non è a conoscenza, e chi meglio di Wilson può chiarirgli il mistero?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Greg House, James Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paura

Paura

House Medical Division

Disclaimer: I personaggi adoperati in questa storia non mi appartengono, e non vengono usati con scopo di lucro.

 

Paura

Capitolo unico

 

House attraversava l’androne dell’ospedale con la sua solita calma, il ritardo di oltre un’ora sul suo normale orario non gli recava nessun tipo di problema. Certo se avesse avuto la sfortuna di incontrare la Cuddy non sarebbe stato un sereno buongiorno, anche perché a essere precisi il giorno prima si era dato malato.

Con l’abilità di chi ormai ha l’abitudine di sgattaiolare per l’ospedale raggiunse la sala conferenze, dove trovò i suoi tre assistenti. L’atmosfera era strana, nessun commento il suo ritardo e tutti con gli sguardi chini verso quello che stavano leggendo. Dei tre però quello che lo incuriosì maggiormente fu lo sguardo di Cameron.

House ghignò compiaciuto per aver compreso in parte quello che era accaduto.

“A chi ha tenuto la mano mentre moriva questa volta?” chiese con un tono di sufficienza gli altri due medici.

Cameron sollevò di scatto la testa punta sul vivo dalle parole del suo capo.

*Bingo* pensò House ancora più soddisfatto di se stesso.

“Non mi dire che ti sei innamorata di nuovo mentre stava esalando il suo ultimo respiro! Cameron ma è possibile che non hai ancora imparato a stare alla larga da chi ha poche ore di vita.” Concluse con un tono melodrammatico il nefrologo.

Cameron si alzò velocemente, le labbra che le tremavano dalla rabbia, ma per qualche motivo decise di non rispondere alla provocazione. Aveva già le mani sulla porta quando cambiò idea e senza voltarsi rispose…

“Mentre tu stavi in casa a oziare ieri, qui è accaduto qualcosa di veramente brutto, ma è inutile che io te ne parli, ormai mi sono rassegnata al fatto che dietro alla tua cattiveria c’è solo altra cattiveria” e detto ciò uscì.

Chase e Foreman erano rimasti senza parole, loro sapevano che cosa era accaduto, ma non si aspettavano di certo che la sempre dolce Cameron rispondesse a quella maniera al loro capo.

House non sembrava molto colpito dalle accuse della donna, infondo lui sapeva di essere una persona con cui non si vuole passare le proprie giornate, quello che lo pungeva era il non sapere che cosa fosse successo. Il suo ego però gli impediva di domandare ai due idioti seduti davanti a lui, quindi restava solo un’altra soluzione… Wilson.

Mentre si dirigeva verso l’ufficio dell’oncologo, si ritrovò a considerare che da quando non vivevano più insieme, si vedevano raramente e, in effetti, era almeno una settimana che non aveva notizie del suo amico.

Con la velocità consentita a un uomo con un bastone, raggiunse in poco tempo la sua meta, la porta non era chiusa a chiave ma dentro le tende erano tirate, l’ufficio era completamente al buio.

House entrò e si richiuse la porta dietro, accedendo poi la luce. Lo spettacolo che vide ebbe la forza di stordirlo e di lasciarlo senza parole.

Wilson giaceva sul divano con il viso tra le mani e diverse bottiglie vuote intorno, i vestiti stropicciati tipici di chi ha passato una nottata in ospedale.

Qualcosa doveva averlo sconvolto, la domanda che adesso assillava House era cosa.

“Intendi goderti per molto lo spettacolo? Se non lo avessi notato io non ho nessuna voglia di stare in compagnia” biascicò Wilson con la voce impastata dalla vodka.

“Che è successo?” chiese cauto House, a cui non era sfuggito che il tono dell’amico era tutt’altro che amichevole.

“Chiedilo ai tuoi leccapiedi” fu la risposta che ottenne.

“Non voglio saperlo da loro”

“Ahahahaha” scoppiò a ridere l’oncologo “povero House non riesci a sapere che succede, la tua curiosità ti starà rodendo il fegato. Mi dispiace tanto, ma non ho intenzione di soddisfarti” concluse facendo pendere la testa da un lato.

“Wilson ma quante bottiglie ti sei scolato?” domandò cercando di non apparire preoccupato.

“Ti ho detto che non ho intenzione di essere il tuo passatempo della mattinata”.

La situazione era grave, il medico era completamente sbronzo, e per qualche sconosciuto motivo anche molto arrabbiato con lui.

“Perdona la mia ignoranza ma se non ci vediamo da una settimana mi spieghi come ho fatto a farti incazzare? Insomma sarebbe un record perfino per me”

“Infatti, e sai perché non ci siamo visti? Per due motivi… Io cercavo disperatamente di salvare la vita ad un bambino di sei anni… e tu visto che non avevi nessun favore da chiedermi non ti sei fatto vivo”

I pezzi del puzzle cominciavano a combaciare.

“Così il tuo paziente non c’è l’ha fatta! Beh… Capita”

“Per te è solo un fatto che dimenticherai tra meno di due secondi” urlò in preda all’ira James “Io avevo detto alla sua famiglia che c’è l’avrebbe fatta. Avevo dato la mia parola”

“Questo perché non ti levi il vizio di raccontare balle” rispose con il solito tono di sufficienza House.

Wilson si alzò di scatto dal divano barcollando per la dose eccessiva di alcool.

“Meglio quindi essere un bastardo come te, che te ne sbatti della gente. Peccato che sei solo una persona patetica…vivi in solitudine per scelta degli altri e non tua, anche se preferisci credere il contrario”

*James perché tra le tue parole c’è tanto odio?* domandava a se stesso House, ma pur pensandolo preferì rispondere in maniera diversa.

“Fai come vuoi, prenditela pure con me, ma lascia che ti dica che questo non cambierà la situazione” la voce leggermente adirata per quelle parole così dure. Eppure impose a se stesso di non mostrarsi vulnerabile a ciò che pensava l’amico.

Era chiaro che grazie all’alcool le parole che uscivano dalla bocca di Wilson erano quelle che pensava veramente, e che per rispetto forse, non gli aveva mai detto.

L’oncologo lo guardava con uno sguardo che se avesse potuto lo avrebbe fulminato all’istante, poi disinibito dalla Vodka gli fece una domanda che teneva dentro da dieci anni.

“Che cosa sono io per te?” domandò tremando Wilson.

House era sbigottito, non si aspettava che entrando in quella stanza avrebbe preso parte ad una discussione tanto pesante da gestire.

“Hai bevuto troppo” fu il commento secco del nefrologo.

“Non prendermi in giro rispondendomi con un'altra cosa, io che posto ho nella tua vita? RISPONDIMI MALEDIZIONE!” e detto questo si mosse afferrando House dalle spalle.

La presa di Wilson era salda, e il diagnosta poteva sentire che l’amico odorava di vodka. Che cosa doveva rispondere? Soprattutto cosa voleva rispondere?

“James, per favore calmati. Non mi sembra il momento di fare discussioni, non appena ti passa la sbronza ne riparliamo.”

Ottenne solo che la collera dell’amico crescesse ancora di più, e proprio a causa del suo tentativo di chiudere il discorso Wilson lo strattonò con forza.

House non si aspettava di essere spinto e anche se fece di tutto per restare in piedi la gamba malata cedette, entrambi persero l’equilibrio finendo sul pavimento uno sull’altro.

House non riusciva a capacitarsi della reazione dell’amico a tutta quella storia. Non era la prima volta che perdeva un paziente, e infondo un oncologo deve fare i conti con il fatto che troppo spesso i pazienti muoiono. La cosa ancora più assurda era tutta la rabbia che l’amico aveva nei suoi confronti.

“Vuoi che ti dica io che cosa sei tu per me?” gli chiese da sopra il suo stomaco Wilson.

Da così vicino House poté vedere che l’altro stava piangendo, le lacrime gli rigavano il volto e finivano per scivolare sopra la maglietta del diagnosta.

Era tutto così surreale, in dieci anni non aveva mai visto Wilson piangere, nemmeno quando aveva posto fine ai suoi matrimoni.

“Vuoi che ti faccia capire che cosa sei tu per me?” Gli chiese nuovamente James in preda a quello che sembrava puro delirio.

Questa volta non attese la risposta, pochi attimi dopo House si rese conto che il suo migliore amico lo stava baciando.

Il viso di House bagnato dalle lacrime di Wilson, le loro labbra attaccate… i loro cuori che battevano troppo forte.

Poi accadde qualcosa d’inspiegabile, House rispose al bacio. Cercando un contatto più profondo che andasse oltre il precedente bacio. Quando le loro lingue si sfiorarono per la prima volta un brivido corse lungo la schiena di House.

Il contatto tra di loro si sciolse a causa della mancanza di ossigeno, i loro occhi a quel punto s’incontrarono e il silenzio che li circondava rendeva tutto più difficile.

House cercava negli occhi castani sopra di lui una risposta al perché lo avesse baciato.

Wilson cercava negli occhi azzurri sotto di lui una riposta al perché avesse risposto al bacio.

Alla fine la stanchezza di una notte passata a bere, e la notevole quantità di alcool che gli girava nel sangue, fece perdere i sensi a Wilson che finì per accasciarsi completamente sopra House.

Il nefrologo si sentiva sollevato dal non dover affrontare subito la questione, e con delicatezza tentò di spostare l’amico. Quando riuscì finalmente a liberarsi si rimise a fatica in piedi. Per lui era certamente fuori discussione riuscire ad alzare Wilson da terra per metterlo sul divano, la sua gamba non gli avrebbe mai permesso uno sforzo simile.

Non poteva chiamare i suoi assistenti perché non voleva che vedessero il medico ridotto in quello stato, e meno che mai gli infermieri.

Gli restava solo un’altra persona cui affidarsi, e senza indugio alzò il telefono.

Pochi minuti dopo la Cuddy entrò nell’ufficio del primario di oncologia.

“Che è successo?” chiese non appena vide Wilson in terra, anche se tutto le divenne più chiaro non appena vide le svariate bottiglie sul pavimento.

“Abbiamo fatto festa pensando che abbiamo il capo con il più bel sedere di tutto l’ospedale, però temo che abbiamo esagerato un pochino”.

“Spiritoso” fu la risposta a denti stretti della donna.

“Adesso che sai il motivo potresti aiutarmi a buttarlo sul divano” chiese il medico indicando il sofà di pelle su cui fino a pochi minuti prima Wilson sedeva.

“Sì, certo” e detto ciò aiutò House a spostare l’amico.

“Non credi che sarebbe meglio se fosse visitato?” chiese Lisa preoccupata dal colorito non roseo del medico.

“Io non faccio il fruttivendolo mi pare, quindi se ha bisogno di un medico ci sono io. O forse volevi avere una scusa per levargli i pantaloni? Cuddy, se glielo chiedi quando è sveglio non credo che ci saranno problemi, e sarà sicuramente più divertente”

“Sottovaluti la mia passione per gli uomini che non possono difendersi” gli ringhiò contro la donna.

“Io me ne vado, ma fammi sapere come sta.” Finì con tono esasperato la direttrice.

“Va bene mamma” cinguettò House

“A proposito, la tua maglia in alcuni punti e bagnata, strano che anche il viso di Wilson sia bagnato” e con questo si richiuse la porta alle spalle.

House guardò il viso dell’amico e si accorse che effettivamente era ancora bagnato, prese quindi un fazzoletto e con una delicatezza che credeva di non avere glielo asciugò.

Adesso che era di nuovo solo non poté fare a meno di tornare con la mente a quando Wilson lo aveva baciato, lui aveva risposto a quel bacio ed era il momento di cercare il perché della propria risposta.

House era una persona particolare, senza dubbio fuori dagli schemi, e la cosa buffa era che nessuno si era mai domandato di che orientamento fosse. La storia con Stasy aveva chiarito che gli piacevano le donne, ma non aveva escluso che anche gli uomini potevano essere interessanti.

Al college aveva compreso che lui per natura non aveva preferenza tra i due tipi di sesso, il piacere era sicuramente differente ma era comunque piacere.

Che lui ricordasse non aveva mai detto a Wilson di essere bisessuale, e se non lo aveva detto a lui, figuriamoci ad altri.

Una cosa su cui riflettere era il perché aveva baciato proprio Wilson, erano migliori amici… solo quello. Oh almeno fino a quel momento, perché non poteva negare che gli era piaciuto, anche se la situazione non era delle migliori….

Il suo amico gli era andato contro fin da quando era entrato, come se avesse della rabbia repressa nei suoi confronti, e che l’alcool gli avesse permesso di tirarla fuori.

Una cosa era sicura, dovevano parlare, non appena si fosse svegliato dovevano chiarire un bel po’ di cose.

Dopo questo monologo con se stesso si girò nuovamente a guardare il viso dell’oncologo, sembrava essersi rasserenato, il sonno era la migliore cura dopo una sbronza.

House era tentato ad uscire dalla stanza, ma voleva assolutamente vedere che reazione aveva l’amico non appena si fosse svegliato. Forse non si sarebbe ricordato nulla, nel qual caso non sapeva esattamente come si sarebbe comportato.

Quindi presa la sua PSP un pacchetto di patatine e aspettò dentro l’ufficio dell’amico. Deciso a non muoversi fino a quando il medico steso sul divano non si fosse ripreso.

Passarono parecchie ore, ma finalmente un brontolio fece capire a House che Wilson stava tornado tra i sobri.

“Buon giorno, anzi buona sera visto che sono le sei del pomeriggio” lo salutò House da sopra la spalliera del divano.

“Ho il cervello sotto sopra” rispose lui tenendosi la testa.

Dall’atteggiamento dell’oncologo sembrava non ricordare nulla della mattinata, ma poi Wilson sbarrò gli occhi e dopo aver guardato House distolse subito gli occhi fissando il muro di fronte.

“Vedo che ti è tornata alla mente la nostra amichevole discussione” si complimentò House con un ghigno.

Wilson si sarebbe volentieri dato una botta in testa, aveva baciato House… maledetto alcool.

Poi qualcosa si mosse dentro il suo cervello, lui lo aveva sicuramente baciato ma il suo amico aveva risposto, ne era sicuro.

“Dato che la tua espressione è un attimo più umana credo che adesso ti siano chiari anche gli ultimi particolari, non è stato molto carino da parte tua saltarmi addosso”

Wilson aveva la gola secca e un’emicrania da record.

“Mi dispiace di averti fatto cadere” si scusò.

“Sei tanto arrabbiato con me perché sono un semplice bastardo? O sei arrabbiato con me perché ti sei innamorato di questo bastardo?” domandò con tono non curante House.

Wilson aveva la certezza che adesso gli sarebbe venuto sicuramente un infarto, House aveva capito qualcosa che non avrebbe dovuto comprendere mai, giurò a se stesso che non avrebbe più toccato una goccia d’alcool.

“Dalla tua grande partecipazione devo dedurre che è giusta la seconda ipotesi”.

E a questo punto calò il silenzio, Wilson sapeva che doveva in qualche modo cercare di limitare i danni ma non aveva la più pallida idea di come fare.

“Certo ammettiamolo sono piuttosto sexy, capisco che non sei riuscito a resistermi” lo canzonò il nefrologo.

“Per favore basta così” lo pregò con un filo di voce l’amico “non divertirti a prendermi in giro, capisco che per te è divertente ma a me fai solo male”.

Il viso di House si rabbuiò, non voleva ferirlo, stava solo cercando un modo per entrare in contatto con lui. Era sempre stato un vecchio orso e il parlare con gli atri di quello che provava non era mai stato il suo forte.

“Wilson…James tu mi conosci, non sono bravo a parlare, ma non volevo prendermi gioco di te.”

“Perché ai risposto al mio bacio?” gli domandò l’oncologo gettando al vento quella poca dignità rimastagli

“Non lo so” fu l’ambigua risposta che ottenne.

Cominciò così, con quel non lo so la relazione tra Wilson e House.

***

Da quel bacio erano ormai passati quattro mesi, e anche se il burbero nefrologo non aveva mai detto all’amico di amarlo la loro storia procedeva bene.

Nell’ultimo periodo House era perfino cambiato nei confronti dei suoi assistenti, non era certo diventato zucchero e miele, ma si poteva notare in lui un modo più gentile di trattarli.

Solo Wilson era a conoscenza del motivo di quel cambiamento, ed era un segreto che custodiva gelosamente nascosto nel cuore.

Tutti erano andati da lui a chiedere spiegazioni, ma ogni volta se ne andavano via senza nessuna notizia.

***

Era febbraio inoltrato quando nella sala conferenze giunse una notizia che scosse House dal profondo.

Una delle infermiere era entrata dicendo che a pochi chilometri dall’ospedale si era verificato un grave incidente, a causa del ghiaccio un pullman pieno di gente si era scontrato contro una macchina guidata proprio da un medico dell’ospedale.

Era quindi richiesta la loro presenza al pronto soccorso per il grande numero dei feriti, aveva inoltre aggiunto che per il guidatore dell’auto non c’era stato nulla da fare.

“Chi guidava la macchina?” urlò House alla donna davanti a lui.

“Non lo sappiamo, non è riconoscibile, l’unica cosa che le posso dire, è che la macchina è una station wagon”.

House si sentì mancare, Wilson quella mattina invece di venire con lui era rimasto a casa loro, perché il suo turno iniziava dopo quello di House.… e la sua macchina era una station wagon.

Immediatamente il medico si lanciò verso il pronto soccorso, e nel passare fece quasi cadere l’infermiera che aveva portato la notizia. I suoi assistenti lo guardavano senza capire per quale motivo si era tanto agitato. House non era il tipo di persona che provava emozioni per un incidente di massa.

“Forse conosce qualcuno coinvolto nell’incidente” ipotizzò Cameron mentre scendeva verso il pronto soccorso con i suoi colleghi.

“Aspettate un attimo ma il Dottor. Wilson non ha una station wagon?” chiese conferma  Chase ai due medici.

“Sì, credo di si” rispose Foreman.

Bastò uno sguardo per capirsi, tutti e tre partirono alla ricerca di House e del Dottor Wilson.

Mentre il diagnosta tentava di raggiungere il piano inferiore stringeva nella mano il suo telefonino, avevo provato svariate volte a mettersi in contatto con Wilson ma il telefono dell’amico squillava fino a staccare.

In pronto soccorso era un vero delirio, i medici erano impegnati a suturare e fasciare almeno una trentina di persone.

House si aggirava in maniera spasmodica alla ricerca del suo compagno, aveva chiesto a chiunque se lo avessero visto, ma ogni risposta era negativa. Alla fine decise che doveva vedere il cadavere del guidatore, se per gli altri era irriconoscibile forse per lui che conosceva bene il corpo di James, sarebbe stato diverso. Se era lui lo avrebbe riconosciuto.

I suoi tre assistenti chiesero alla Cuddy se sapeva dove fosse l’oncologo, facendogli presente che la macchina del guidatore coincideva con lo stesso tipo guidato dal medico. Anche il direttore si diede da fare per cercare di rintracciarlo, ma ogni tentativo si rivelava del tutto inutile.

Alla Cuddy venne inoltre riferito che il dottor House si aggirava come impazzito per l’ospedale, e per questo motivo sia i suoi assistenti che lei scesero a cercare il nefrologo. Lo trovarono nell’atrio, mentre tentava di prenotare l’ascensore.

House aveva le mani che gli tremavano mentre premeva convulsamente il tasto per prenotare l’ascensore, non aveva la mente lucida e per lui l’unica speranza era che quel corpo non fosse quello del suo Wilson. Era ancora in piedi davanti all’ascensore quando alle sue spalle sentì una donna dire...

“Buonasera Dottor. Wilson.”

House si girò di scatto e corse fino a farsi male per raggiungere l’uomo all’ingresso.

Gli si buttò letteralmente addosso, abbracciandolo stretto in quello che era un gesto irrazionale dettato dalla paura di perdere l’uomo che sapeva di amare.

I suoi assistenti, il suo capo e tutte le persone che in quel momento erano presenti nella grande sala li guardavano sbalorditi, House non aveva mai abbracciato nessuno in tutti gli anni che lavorava al PPTH, e adesso stringeva il suo amico al centro dell’atrio.

Alcuni iniziarono a dire che il Vicodin ormai aveva mandato in tilt il cervello del diagnosta.

Wilson era pietrificato, non si era aspettato di essere travolto dall’abbraccio del suo amante. Inoltre lui era cosciente che c’era mezzo ospedale che li guardava e la cosa era incredibilmente imbarazzante.

“Greg” sussurrò l’amico all’orecchio del nefrologo con la speranza di comprendere il motivo di quel gesto.

House si riscosse da quello stato, e si accorse solo in quel momento di stare stringendo il suo migliore amico davanti a uno svariato numero di persone.

Sciolse quindi l’abbraccio, ma non appena il pensiero di saperlo morto s’impadronì nuovamente di lui non riuscì a fare a meno di fissarlo dritto negli occhi.

“Mi stai spaventando” lo informò Wilson.

“Pensavo che fossi steso su un tavolo per l’autopsia. E non potevo sopportare l’idea di averti perso prima che fossi riuscito a dirti una cosa” disse House con voce roca per l’emozione.

“Che cosa?” domandò l’amico deglutendo nervosamente.

“Che ti amo”

Wilson sentiva che il cuore gli stava per uscire dal petto se fosse stato scientificamente possibile.

Il suo House, la persona che da anni amava e con cui negli ultimi quattro mesi aveva condiviso momenti molto particolari, gli aveva detto di amarlo.

Lo avrebbe baciato lì davanti a tutti, ma aveva visto alle spalle di House oltre che il suo capo anche l’intero staff. Non era molto sicuro che House avrebbe gradito, tra l’altro non era da escludere che avessero comunque sentito la loro conversazione.

House continuava a guardarlo fisso, e Wilson gli si avvicinò per sussurrargli a un orecchio.

“Ti amo anch’io”

Il nefrologo sorrise, per la prima volta dentro quell’ospedale House si permise un vero sorriso.

Mentre erano ancora vicino, il diagnosta gli chiese all’orecchio “Ti posso baciare?”

Wilson sbarrò gli occhi, e notò che molti stavano tentando di capire che cosa si stessero dicendo.

“Se sei sicuro di voler dichiarare all’intero ospedale che stiamo insieme… per intero ospedale intendo anche Cuddy, Cameron, Chase e Foreman”

House non rispose che con un ghigno beffardo, e dopo aver annullato la distanza tra di loro lo baciò.

Fu un bacio casto ma talmente carico di emozione che Wilson tremò.

Cameron si portò una mano alla bocca dallo stupore, era tutto talmente irreale. House, stava baciando un altro uomo. Anche gli altri due assistenti erano senza parole, solo la Cuddy non sembrava molto stupita.

“Lo sapevi?” le chiese Cameron ancora sotto shock.

“Io so tutto quello che accade nel mio ospedale, non scordarlo mai” rispose con un sorriso compiaciuto la donna.

“Sapevi che House è gay?” chiese questa volta Foreman mentre ancora cercava di mettere in ordine le idee.

“E chi vi ha mai detto che House è gay? Per lui diciamo che uomo o donna poca importa. E se vi posso dare il mio parere penso che entrambi si meritassero finalmente un po’ di felicità”

“Hey voi quattro la smettete di parlottare come vecchie comari?” urlò da una certa distanza House.

“Giusto per essere chiari io e Wilson stiamo insieme…. Se qualcuno ha qualche problema sarò lieto di rifargli i connotati con il bastone” e detto ciò preso per mano l’amante se lo trascinò dietro, con lo scopo di raggiungere un posto più tranquillo dove approfondire il discorso iniziato poco prima.

Wilson sorrideva, convinto che il paradiso non fosse dopo la morte ma accanto ad House.

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Fine

 

Sicuramente House nella parte finale ha un tipo di atteggiamento molto diverso dal suo canone.

Io ho pensato che se temessi che la persona che amo fosse stesa su un tavolo d’acciaio, qualsiasi tipo di comportamento più o meno impostato andrebbe a farsi benedire.

Ringrazio in anticipo coloro che la leggeranno e soprattutto coloro che commenteranno, permettendomi di capire dove la storia può migliorare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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