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Autore: lur    14/04/2013    2 recensioni
la storia di Ran e Shinichi, con tutti i loro amici e nemici, dall'inizio. parto dal primo episodio presentato nel primo volume del manga. mantengo i dialoghi pressoché invariati, aggiungo pensieri e introspezione psicologica, trascrivo gli atteggiamenti e le azioni come sono presentati nel manga originale, talvolta integrando con le differenze che si riscontrano nell'anime. non inserisco disegni. la dedico a tutti coloro che hanno perso qualche puntata dell'anime o qualche volume del manga, e mi scuso con chi odia gli spoiler. quando ne ho avuto bisogno, nessuno mi ha dato l'opportunità di leggere integralmente la storia, ho dovuto aspettare mesi, voglio provare a concedere questa opportunità agli altri. ripeto che solo i dialoghi sono pedestremente copiati dal manga. buona lettura, e grazie se passerete!
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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«Conan? Che strano nome.. » constatò Ran, sorpresa che un bambino giapponese potesse portare un nome chiaramente britannico

«mio padre era un ammiratore di Conan Doyle – tentò di giustificarsi il neo bambino, ignaro del sudore freddo che gli rigava le tempie – e così.. »

«uhm.. Conan.. » rifletté la karateka, considerando che, forse, c’era qualche  fanatico di gialli più maniacale  persino di Shinichi, dando il tempo ai due di discutere sull’improvvisazione teatrale del detective

«che nome è Conan?! Non sei mica straniero.. » urlò Agasa, in un sussurro

«che vuoi che ti dica? – gli rispose, con tono di voce ancora più basso – è il primo che mi è venuto.. »

«ma dov’è Shinichi? » la voce di Ran, che si guardava intorno come alla ricerca di un tesoro nascosto, spezzò il loro battibecco: ora bisognava superare la prova più difficile. Convincere Ran a non cercare Shinichi..

«era qui fino a poco fa, ma.. – inventò Hiroshi – aveva un impegno ed è uscito.. » “se la sarà bevuta?”

«ah.. »  ribatté, dimentica “dove sarà finito? Possibile che non si sia degnato nemmeno di passare a salutarmi? Di richiamarmi, visto che l’avevo cercato? Di dirmi che sta bene?.. avrà idea di quanto sono preoccupata?.. non sarà che è scappato per quello che gli ho detto?” ripensò alla partenza, sul “Treno dei misteri”: “non vedevo l’ora di venire qui con te..” gli aveva confessato, sperando ardentemente che lui ricambiasse, che anche per lui fosse importante l’appuntamento con lei..

«… » “devo fare qualcosa – pensò il professore – non voglio che stia male per la sua assenza, e devo trovare il modo di aiutare Shinichi!.. cosa posso fare..?” poi, fulmine a ciel sereno, gli venne un’idea geniale

«senti, Ran, un favore! Non potresti tenere questo qui a casa tua per un po’? » chiese, sollevando di peso il bambino in questione, incurante dell’espressione shockata che si dipinse sul suo viso.

«eh? » che stava dicendo il professore? Perché mai avrebbe dovuto occuparsi di un bambino che non conosceva? Non che fosse un problema, ma..

«i suoi genitori hanno avuto un incidente e sono in ospedale – spiegò – mi hanno chiesto di badare a lui.. ma io vivo da solo.. non ce la faccio»

Ignorava del tutto il comportamento del piccolo detective, che tentava invano di fermarlo dal proseguire, con le mani sul suo petto, come per farlo tornare indietro, e lo sguardo MOLTO eloquente: insomma! Lui nella stessa casa di Ran?! Convivere per chissà quanto tempo?! Scherzava?! Non poteva crederci: lui, brillante detective diciassettenne, ridotto ad un bambino, costretto a vivere nella casa della ragazza che gli piaceva (non l’avrebbe mai ammesso), a guardare impotente un ubriacone scialacquatore di mezza età che si spacciava per detective ma da anni non risolveva un caso?!

«ve bene.. – disse Ran, ancora confusa: era venuta a cercare Shinichi e tornava indietro con un bambino delle elementari? – ma prima devo chiedere a papà.. »

«davvero?! Sei proprio gentile! » le sorrise Agasa, scatenando l’ira trattenuta del giovane, che, in un soffio, gli sputò in faccia la realtà:

«sei pazzo?! Ran scoprirà subito che sono io.. » “possibile che non se ne renda conto?!”

«ragiona! Il tuo cadavere non è stato trovato e gli uomini in nero lo scopriranno presto..  – gli rinfacciò, nell’orecchio, davanti ad una Ran più basita che mai, pronta a fare una domanda che nemmeno conosceva – verranno di sicuro a controllare a casa tua.. »

«perché non posso stare da te? »

«idiota! – gli urlò, sempre sottovoce – per tornare com’eri devi trovare quegli uomini, no? La casa di Ran è l’ufficio di un detective! » “davvero non ci aveva pensato?”

«ma certo! Lì, forse.. –  “è vero, suo padre è un buono a nulla, ma potrei sfruttare io il suo ufficio e ritrovare quegli uomini!” – posso trovare qualche informazione utile! »

«voglio stare con la signorina! » decretò, attaccandosi alle sue gambe (e sforzandosi con tutto se stesso di non sbirciare sotto i pantaloncini larghi che indossava..

«è davvero carino! » esclamò la ragazza, intenerita

 

Così, uscirono da villa Kudo, la sua mano in quella di lei (era imbarazzante, ma per un bambino avrebbe dovuto essere normale essere tenuto per mano, per strada, soprattutto la sera a quell’ora)

«ciao ciao, zietto! » urlò al professore, con la voce più infantile che riuscì ad emettere

«ciao! –  lo salutò di rimando, la mano destra tesa e la sinistra nella tasca del camice “che succederà, ora? Metticela tutta, Shinichi!.. stavolta ti sei cacciato in un bel guaio.. non sarà facile uscirne..” – uff.. stai bene, Shin.. anzi, Conan.. »

«allora, Conan..» esordì Ran, tenendolo per mano, sulla strada di casa

«eh? Ah? Sì.. – sorrise – cosa c’è, signorina Ran? » “mi devo abituare a questo nome..”

«ce l’hai la fidanzata? » gli chiese, con un sorriso

«eh? » “che? Che sta dicendo?”

«qualcuna a cui vuoi più bene? A scuola.. » spiegò “è un bimbo carino, chissà quante piccole ammiratrici!”

«n-non c’è.. » “ehi, ehi.. cosa mi chiede, questa?”

«io ce l’ho! – riprese, forse la sua domanda mirava proprio lì: voleva raccontargli di Shinichi. Voleva che lo sapesse: se avrebbero vissuto insieme, sarebbe stato meglio conoscersi! – un ragazzo che mi piace tanto.. »

«eeh.. non sarà.. – le chiese di rimando, malizioso, ridendo sotto i baffi – quello Shinichi che cercavi prima? »

«.. – lo guardò, come se avesse detto la più grande stupidaggine del secolo – sì, è lui! » rivelò, col sorriso più dolce del mondo stampato in viso

«eh.. » “cosa? Davvero? Davvero le piaccio?”

«è un po’ dispettoso – spiegò – sempre sicuro di sé, è perso nel suo mondo di gialli, ma.. so di poter contare su di lui quando ne ho bisogno.. è coraggioso.. bello.. a me Shinichi.. piace da morire! – concluse con quella fresca esclamazione, rossa in viso, felice al pensiero di lui. Aveva gli occhi lucidi, sognanti. Il suo cervello percorse in una frazione di secondo tutti i loro momenti felici insieme (quasi sempre, contando che ogni giorno passato in sua compagnia era un bela giorno, e considerato che si vedevano, immancabilmente, tutti i giorni).. finché una vocina non fece capolino tra i suoi pensieri, ricordandole che ne stava parlado con un bambino che era appena uscito da casa sua, parente del dottor Agasa, che doveva conoscerlo piuttosto bene.. se lui l’avesse saputo sarebbe stato un disastro! Non le avrebbe più parlato, come minimo, non l’avrebbe più trattata come prima.. l’avrebbe perso.. doveva impedirlo – però a lui non lo diciamo! » sperò ardentemente nella complicità di quello che di lì a poco sarebbe diventato il suo fratellino, portandosi l’indice alla bocca, chiudendo gli occhi, per l’imbarazzo. Occhi che avrebbero visto il volto paonazzo del bambino/ragazzo in questione, che, non sapendo cosa accidenti dire – era un bambino, cavolo! – si limitò a rispondere «s.. sì» alla richiesta di mantenere il silenzio sulla questione.. come se ce ne fosse bisogno!

 

«ecco, qui è casa mia.. –suggerì, davanti alla scalinata d’ingresso – e da oggi anche casa tua.. »

«sì.. » perché tutto quell’imbarazzo? Non aveva forse salito quei gradini migliaia di volte, per passarla a prendere (quando lei si attardava a preparare la colazione a suo padre), per cenare, cambiarsi dopo una giornata di pioggia, studiare? Conosceva quell’abitazione forse meglio del detective Mori in persona.. come mai, allora, al pensiero di attraversare quella comune e banale scalinata gli saliva un groppo in gola e riusciva a parlare solo a monosillabi?

«è come se mi fosse arrivato un fratellino.. a te mi sembra di poter dire tutto.. » “sì.. ho questa strana sensazione da quando l’ho visto. Sento di potermi fidare di lui, sento che è un bambino speciale”

“Ran..” era sconvolto: pochi secondi prima aveva scoperto che Ran, la sua amica d’infanzia, la ragazza che amava da sempre (ormai non aveva più alcun senso nasconderlo.. a se stesso.. ) era innamorata di lui, ma non aveva potuto risponderle perché si era rimpicciolito e aveva dovuto mentirle.. come se non bastasse ora lei si fidava di lui.. come uscire da una situazione del genere?

«vieni.. ti presento a mio padre.. »

«sì.. » “un altro problema.. suo padre mi odia.. mi riconoscerà?”

«Ran..  – si fermò, capo chino, espressione sofferta – io.. a dire il vero.. io.. »

«sì? » l’espressione di Ran era molto equivoca: dolce, disponibile, ma intelligente, come se avesse già capito tutto, come se stesse aspettando solo la sua confessione, come se non ce ne fosse bisogno: avrebbe capito..

«io.. in realtà..

Stava per dirle tutto, per metterla in pericolo, per esporla ad un realtà terribile e incredibile, ma il destino fu più veloce: dalla cima delle scale piovvero ottanta chili di Kogoro Mori a tutta velocità, che avrebbero atterrato violentemente i due giovani, se la karateka non fosse stata abbastanza sveglia da schivarlo, giusto in tempo.

«che spavento, papà, che ti prende? » il tono teso

«ahi ahi ahi.. » il detective di mezza età si rialzò lentamente, ignorando le accuse della figlia

«dove vai a quest’ora? A bere ancora? O a giocare a mah-jong? O..

Fu interrotta dal risolino del padre, un sommesso «uh uh uh.. », che si voltò di scatto, quasi dimentico della caduta, non badò al fiatone e urlò felice in faccia alla figlia

«LOVORO! »

«eh? » .. aveva davvero detto quella parola?!

«mi ha appena telefonato un uomo – comunicò, correndo verso il ciglio della strada – la cui figlia è stata rapita da degli uomini in nero! Dice che gli serve il mio aiuto! »

 

uo.. omini in nero?” Shinichi/ Conan si bloccò. Non poteva essere: li aveva già trovati?

«ehi, taxi! » Goro era al settimo cielo, non poteva crederci: dopo mesi che non vedeva l’ombra di un cliente.. lavoro! Finalmente lavoro!

«aspetta, papà.. » cosa doveva fare con lui? Agiva sempre di impulso.. naturalmente era contenta che, finalmente, tornasse a lavorare, però.. l’aveva quasi buttata a terra, accidenti! Poi era strano.. Shinichi sparisce e la sera chiamano lui?

Ma non ebbe tempo di pensarci, perché la piccola manina di Conan la stava già strattonando per la manica della giacca

«signorina Ran, andiamo anche noi! »

Lasciò la sua giacca e le tirò deciso la mano «presto! », facendola quasi inciampare nei suoi stessi passi «aspe.. »

Quel bambino aveva la stessa espressione che assumeva il suo amico liceale quando si apprestava a risolvere un caso importante, ma lei non poté vederlo, perché correva dietro di lui.

Intanto Goro aveva trovato un taxi, e stava urlando la destinazione al conducente:

«Yayoicho, dal signor Tani. È una grossa villa! Più in fretta che può! »

E salì in macchina, ripensando all’incarico

«uh uh uh.. un caso! Un caso! Il lavoro mi chiama.. chiama il grande detective Kogoro Mori! »

«più che grande, tronfio, direi.. » la voce della figlia, spezzò il suo momento di gloria, spaventandolo

«agh?! Che ci fai tu qui?! » sì, era furioso!

«non è colpa mia – si giustificò – è lui che.. »

“ahia.. non posso dirgli che volevo risolvere il caso per trovare quegli uomini in nero..”

«che bello! Il taxi! Il taxi! » inventò, per difendere la copertura.. si sentiva un criminale, e la cosa non gli andava per niente.. però, in fondo, erano menzogne a fin di bene, no?...

«chi sarebbe lui?! » sbraitò

«è un parente del dottore Agasa! » strillò di rimando, come ad intimargli di abbassare il tono, stringendo a sé il “piccolo” per proteggerlo dall’irruenza paterna

«scendete! Non vi farò intralciare il mio lavoro! »

«ma che dici?! Siamo in autostrada! Non possiamo scendere qui! »

Il detective in miniatura non li ascoltava più., la mente rivolta alla riflessione

“uomini in nero.. vi scoverò ovunque siate – promise – prenderò il farmaco.. tornerò adulto e poi.. smaschererò tutti i vostri crimini!”

  
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