Buon pomeriggio e buona Domenica!
Scusate per l’ennesimo ritardo, stavolta l’unica
cosa che posso dire è che non mi andava di scrivere e di finire il capitolo XD
l’ozio mi colpisce spesso e volentieri XD
A parte questo, adesso il capitolo è bello
che finito e pronto per essere letto! E stavolta – caso strano – mi piace e ne
sono soddisfattissima! E per di più questo è IL capitolo *-* ma è censurato…
diciamo che per questa storia mi astengo dallo scrivere scene di sesso, o
meglio non scenderò nei veri e propri dettagli. Anche perché non sono una cima
nel descriverle XD
Okay, detto questo spero che vi piaccia
ugualmente, e per qualsiasi cosa che avete da dire, o da chiedere, sapete che
sono a vostra disposizione e che risponderò a tutte le vostre domande! In ritardo,
ma risponderò XD tranquille ;)
E adesso, vi lascio il link del mio gruppo
Facebook e quello degli extra
di ‘The camp of love’: il primo c’è già, il
secondo invece è in pre-produzione. Conto di finirlo e di postarlo presto :)
Buona lettura, e alla prossima carissime ^_^
Capitolo
18
«No,
NO! Vatteneeeeee!»
Scattai
come una molla non appena sentii mia figlia urlare, tanto che Edward, che era
seduto accanto a me, quasi si beccò un mio pugno in piena faccia. Mi guardai
intorno, preoccupata, cercando di capire dove fosse Allyson e per quale motivo
stesse strillando in quella maniera.
«Ma che
succede!?» aggrottai le sopracciglia, e mi sporsi oltre lo schienale del divano
nel tentativo di scoprire qualcosa, ovviamente senza risultati.
«Le
solite cose… Emmett starà facendo il pagliaccio come al solito.» Edward imitò i
miei movimenti e mi abbracciò, per poi farmi tornare in posizione semidistesa
sul divano e con la testa sul suo petto. Prese poi a osservarmi divertito,
carezzando la mia spalla scoperta con la punta dell’indice.
Mi
schiarii la gola, imbarazzata non per il suo gesto, ma per la paura che
qualcuno della sua famiglia potesse beccarci in quel frangente. Davanti ai suoi
genitori non ci eravamo spinti oltre alle carezze leggere o ai baci sulla
guancia, quindi l’idea che ci vedessero coccolarci come ragazzini mi rendeva
nervosa e piena di vergogna.
«Hai
visto? È andato tutto bene… ti stavi innervosendo per niente.» mi sbeffeggiò, rivolgendosi
al mio comportamento di poche ore prima, e pizzicandomi la pelle.
«Au! Ma
sei pazzo!» ricambiai il pizzicotto e, chissà come, in breve tempo finimmo con
il rotolarci sul divano in preda alle risate, fino a quando non mi ritrovai
sdraiata su di lui e con le mani sulle sue guance.
Due
secondi dopo Edward sollevò la testa e posò le labbra sulle mie, fregandosene
altamente del fatto che qualcuno potesse arrivare e scoprirci. Ricambiai il
bacio e immersi le dita nei suoi capelli, mugolando.
Beh,
che ci scoprissero pure…
Quasi
come se mi stessero leggendo nel pensiero, qualcuno emise un colpetto di tosse
avvertendoci della sua presenza, facendoci così interrompere il bacio e voltare
di scatto. Mi vergognai a morte vedendo che Carlisle si tratteneva dallo
scoppiare a ridere, e che per evitare di farlo poggiava su un mobile del
salotto alcuni bicchierini da liquore e una bottiglia piena di liquido ambrato.
Con gesti frenetici tornai a mettermi seduta composta sul divano, tenendo la
testa bassa per far sì che il mio viso fosse coperto dai capelli. Ero
arrossita, e volevo evitare che si notasse.
«Ehi,
vieni qui.» Edward mi cinse le spalle e mi strinse a sé, ridacchiando,
baciandomi la testa dolcemente come se non fosse successo nulla. Come faceva a
non vergognarsi? Suo padre ci aveva appena beccati in flagrante e lui se la
rideva come se nulla fosse!
«Bella,
non essere imbarazzata. È normale… sono stato un ragazzo anch’io.» Carlisle
cercò di tranquillizzarmi, e scostando i capelli lo vidi sorridere mentre
riempiva alcuni bicchieri.
«Quando,
papà? Il secolo scorso?»
Lui
sbuffò, rivolto al figlio. «Non fare il cretino, tuo fratello basta e avanza.» ci
raggiunse e si sedette su una poltrona, porgendomi un bicchiere. «Un po’ di
scotch, Bella?»
Ancora
imbarazzata per prima, portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e annuii,
per poi prendere il bicchiere dalle sue mani. «Grazie, Carlisle.»
«E a me,
niente scotch?» domandò Edward, stranito.
«Se lo
vuoi, ti alzi e te lo prepari da solo.» detto questo, Carlisle fissò suo figlio
negli occhi e cominciò a bere dal suo bicchiere. «Mhm, davvero buono! Dovresti
assaggiarlo, figliolo.»
Soffocai
una risata e bevvi anche io un sorso di scotch, con Edward che brontolava
sottovoce contro suo padre. Alla fine si alzò e andò a prendere la sua dose di
alcol, nello stesso momento in cui Esme entrò in salotto con un vassoio di
pasticcini, e quelli che mi sembravano cioccolatini, tra le mani.
«Edward!
Basta bere, insomma!» disse contrariata, assottigliando lo sguardo.
«Mamma,
è solo un goccio!» protestò lui, sbuffando.
«E dopo
il goccio diventa mezza bottiglia!» Esme scosse la testa e poggiò il vassoio
sul basso mobile che si trovava accanto alla poltrona di Carlisle, per poi
lanciare un occhiataccia a suo marito che se la rideva ancora, nascondendosi
dietro al bicchiere. «E tu non ridere, sai? Non sei migliore di lui!»
«Ma,
tesoro, insomma… siamo adulti, sappiamo quando è arrivato il momento di
fermarci.» Carlisle si giustificò, inarcando le sopracciglia.
«Questo
vuol dire che nel giro di un’ora sarete tutti ubriachi, perfetto!» mantenendo
l’aria seccata, si diresse verso di me e si sedette al mio fianco, sospirando.
«Bella, sono sicura che ci stai scambiando per una famiglia di matti!»
«Non è
vero! Siete… assolutamente normali.» dissi, cercando di tranquillizzarla. Ed in
effetti, la loro famiglia non era così diversa dalle altre: avevo pensato che
lo fossero, ma stando insieme a loro avevo capito che erano persone semplici e
disponibili, per nulla snob come, di solito, erano le persone che vivevano nei
quartieri alti… o almeno, così le descrivevano i telefilm e la televisione.
Forse guardavo troppo ‘O.C.’ e ‘90210’.
«Non
siamo così normali… ma apprezzo lo stesso il complimento.» Esme mi sorrise e mi
carezzò il braccio, abbassando lo sguardo. «Stai bevendo anche tu! Mio marito
ha contagiato anche te, eh?»
«L’ho
fatto solo per cortesia… non vado pazza per lo scotch.» ammisi, voltandomi poi
in direzione di Carlisle: avevo paura che la mia confessione lo avesse offeso
in qualche modo. Alice mi aveva detto, così come aveva fatto anche Edward, che
dovevo essere me stessa… ma se in questo caso, avessi fatto danno?
Maledetta
me, e maledetta la mia boccaccia!
Carlisle,
però, mi fece l’occhiolino e ridacchiò. «Non ti preoccupare, Bella. Ce lo
beviamo noi, non andrà sprecato!»
Scoppiai
a ridere insieme a Edward, che era tornato a sedersi al mio fianco, mentre Esme
scuoteva la testa. «Siete terribili, terribili!
Ma dov’è finito Emmett? E la piccina?»
In
risposta alla sua domanda, accaddero un paio di cose: si sentì un rumore come
di qualcosa che cadeva a terra e poi Allyson strillò, e in un nanosecondo eccola
che entrava in salotto. Con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, corse
verso di me e cercò freneticamente di arrampicarsi sulle mie ginocchia, come se
avesse paura di qualcosa. Mollai il bicchiere a Edward e la aiutai, e lei
subito mi buttò le braccia al collo, baciandomi la guancia.
Ma che
stava succedendo?
«Allie,
che c’è?» domandai, abbassando lo sguardo per osservarla meglio in viso.
«Sto
scappando da Barbablu! Barbablu, mamma!» esclamò, tornando a nascondersi conto
di me.
«Barbablu?»
non le avevo mai raccontato la storia di Barbablu, la trovavo troppo macabra e
inadatta per una bambina così piccola; però, non negavo che quando fosse stata
un po’ più grande lo avrei fatto. Ma qualcuno doveva averlo fatto prima di me. «E
che vuole da te, questo Barbablu?»
«Vuole mangiarmi! Emmett ha detto che se faccio
la bambina cattiva mi porta da lui e lui mi mangia!»
Ecco,
fantastico: almeno sapevo per quale motivo strillava in quel modo.
«Amore,
non è vero! Barbablu non esiste, Emmett ti sta prendendo in giro.» disse Esme,
rassicurandola prima che potessi farlo io. «Ragazzaccio… trentadue anni e
ancora si diverte a fare scherzi del genere! Dov’è adesso?»
«È
cascato per terra quando ha cercato di prendermi… ha fatto un botto! BUM!» Allie urlò l’ultima parola,
alzando anche le braccia per farsi capire meglio. Fece ridere tutti, con la sua
descrizione.
«Ha
fatto ‘bum’? Sono contenta, ben gli sta! Così impara la lezione.»
«Ma
poverino! Potrebbe essersi fatto male…» dissi, dopo essere rimasta sorpresa
dalla battuta di Esme.
«Tranquilla,
Bella, nulla di rotto…» a rispondermi fu Emmett, che ci raggiunse zoppicando e
con una smorfia buffa sul viso. «Avrò un livido, al massimo!»
«Vedi
cosa succede, a dare fastidio alle persone?» lo rimproverò ancora sua madre.
«Ma
stavamo giocando! Vero Allie, che stavamo giocando?» domandò, sorridendo a mia
figlia.
«Non
stavamo giocando! Sei cattivo, brutto e cattivo!» Allie incrociò le braccia, ed
ero più che sicura che si fosse imbronciata, anche se non potevo vederla visto
che si era voltata.
«Allie,
non si dicono queste cose.» la rimproverai, fingendo di essermi arrabbiata per
quello che aveva appena detto.
«Lascia
stare, Bella, è tutto uno scherzo… uh, scotch! Proprio quello che mi serve!»
Emmett lasciò perdere la discussione e puntò dritto verso la bottiglia di
liquore.
«Ecco
un altro ubriacone…» borbottò Esme.
«Ma
come andiamo via? Non voglio andare via!» mugugnò Edward, strascicando un po’
le parole.
Alzai
gli occhi al cielo, stufa perché era la quinta volta che mi diceva la stessa
cosa. «Si è fatto tardi, Edward. Io vado, se tu non vuoi puoi rimanere qui.»
risposi. Dopotutto, si trovava a casa sua… poteva benissimo andare a dormire,
mentre io usavo la sua auto per tornare a casa.
Ma lui
si era intestardito, e mi ripeté le stesse parole che aveva detto anche prima
dentro casa. «No, voglio venire con te!» esclamò, aggrappandosi allo sportello
della macchina.
«E
allora sali in auto e finiscila!» lo rimproverai, anche se in realtà stavo
soltanto facendo finta: mi stavo divertendo ad occuparmi di lui, da ubriaco era
davvero forte. «E allacciati la cintura, io salgo tra un minuto…»
Edward
prese la cintura di sicurezza e la tirò, fermandosi dopo qualche secondo e
sollevando lo sguardo: stringeva le labbra, trattenendosi dal ridere. «Che
strana parola! Cintura…» e scoppiò a ridere subito dopo.
Battei
le ciglia, perplessa: io non ci trovavo niente da ridere. Ma si sapeva che gli
ubriachi ridevano per qualsiasi cosa, quindi lasciai perdere la questione senza
pensarci due volte. Chiusi lo sportello e mi allontanai, tornando dentro casa.
Nell’ingresso
mi stavano aspettando Esme e Carlisle, volevano salutarmi prima di andare a
dormire; Esme teneva in braccio Allyson, che dormiva profondamente con la testa
sulla sua spalla. Ringraziandola per avermela tenuta mentre mi occupavo di suo
figlio, la presi in braccio con attenzione.
«Che
tesoro di bambina! Ma sei sicura di riuscire a guidare?» domandò in modo
premuroso, preoccupandosi.
Annuii,
sorridendole. «Ce la faccio… sistemo Allyson nel seggiolino, e poi penso solo
alla strada. Tanto Edward non ha certo bisogno di me.»
«Ma è
ubriaco… potrebbe sentirsi male.»
«Affari
suoi, no cara?» commentò Carlisle con una risatina, cingendole le spalle con un
braccio. «Buonanotte allora, Bella. Ci rivediamo a lavoro tra qualche giorno,
immagino.»
«Certo,
ci mancherebbe. Buonanotte… e buonanotte a te, Esme.»
«Anche
a te, anche a te. Sentiamoci qualche volta, mi farebbe molto piacere!» mi
sorrise, stringendomi poi in un rapido abbraccio.
Terminati
i saluti, uscii nuovamente e tornai alla macchina, occupandomi di sistemare
bene mia figlia nel suo seggiolino e entrando poi in auto, al posto di guida.
Avevo quasi il terrore di guidare la Volvo di Edward, era un gioiellino così
bello e perfetto… io lo avrei rovinato senza alcun dubbio, e avrei anche
rischiato di andare a sbattere contro un palo della luce.
Cercando
di non pensare a quell’eventualità, girai la chiave nel quadro e misi in moto,
e dopo qualche secondo stavo già percorrendo il viale di casa Cullen. Andavo
piano e con la massima cautela, temendo di spingere troppo sull’acceleratore e
di combinare qualche casino.
Ecco
perché non volevo mai guidare le auto di grossa cilindrata: non riuscivo a
controllarle bene.
«Bella,
tra un centinaio di metri accosta, così guido io…» mi disse Edward, una volta
che fui in strada.
Scossi
la testa, trattenendo a stento un sorriso mentre continuavo a guardare la
strada. «Scordatelo, tesoro. Non puoi guidare da sbronzo!» esclamai,
lanciandogli una veloce occhiata.
Edward
sbuffò, e lo sentii armeggiare per un po’ con la cintura di sicurezza prima che
la sganciasse. Si avvicinò a me, e allungando una mano prese a carezzarmi i
capelli, sistemando poi le ciocche sulle mie spalle. Il tutto, mentre io
guidavo… e rischiavo davvero di deconcentrarmi.
Sbuffai
anche io, gonfiando le guance per la seccatura. «Va bene, accosto.» borbottai
alla fine.
Fermai
la macchina lungo la strada e spensi il motore, e prima ancora che potessi
allontanare le mani vidi quelle di Edward che armeggiavano nel quadro e che
sfilavano via le chiavi. Con le sopracciglia aggrottate, mi voltai verso di lui
e lo vidi divertito, mentre sfoggiava un sorrisetto soddisfatto e da
delinquente da strapazzo.
«Che
stai combinando?» domandai.
«Semplice:
riprendo il possesso della mia macchina!» rispose, con fare ovvio, per poi
aggiungere: «Scendi, così possiamo scambiarci i posti.»
«No, io
non scendo!» esclamai, incrociando le braccia al petto. «E tu non puoi guidare,
hai bevuto troppo! Rischiamo di schiantarci contro un fosso!»
Lui
cominciò a ridere. «Non ci sono fossi nelle vicinanze, mia cara… e ti giuro che
non sono ubriaco! Era tutta scena quella.»
Mi
insospettii, e presi a studiare il suo volto alla ricerca di indizi che mi
confermassero ciò che stava dicendo. I suoi occhi erano un po’ lucidi, ma non
assomigliavano a quelli di un ubriaco… ed era terribilmente tranquillo. No, non
era affatto ubriaco. «Perché ti sei finto ubriaco se non lo sei? Tua madre ci
ha anche creduto!»
«Stavamo
scherzando… lo facciamo sempre, quando ne abbiamo l’occasione. Eddai, non dirmi
che ti sei arrabbiata!» si sporse per baciarmi una guancia, mentre l’altra
veniva accarezzata dalla sua mano.
«Un po’
scocciata, lo ammetto… e non cercare di comprarmi così!» diedi uno schiaffetto
alla sua mano e mi misi a ridere, scostandomi per guardarlo meglio. «Sei un
pessimo ruffiano.»
«No,
sono il migliore e lo sai!» ribatté Edward, azzerando di nuovo la distanza e
baciandomi la punta del naso prima di scendere e sfiorarmi così le labbra,
quasi impercettibilmente. «Dai, cambiamo posto così andiamo a casa.»
«Giuro
che se mi stai prendendo in giro…» scherzai, aprendo lo sportello.
«Aspetta
che mi metta alla guida, lo vedrai di persona!»
Ci
scambiammo una veloce e intensa occhiata carica di sottintesi – la mia era
anche piena di minacce, a dire la verità. Smettemmo di farlo dopo poco, però:
si stava facendo davvero tardi, e l’unica cosa che volevo fare in quel momento
era raggiungere il mio appartamento e far stendere Allyson nel suo lettino.
Come mi
aveva svelato Edward prima, lui non era per niente ubriaco; un po’ brillo,
quello sì, ma era ancora perfettamente in grado di guidare e me lo dimostrò
guidando a velocità sostenuta fino a casa, senza avere nessun tipo di problema.
Mi sarebbe tanto piaciuto dargli una lezione con i fiocchi, tipo picchiarlo
fino alla mattina seguente oppure prenderlo a borsate nelle orecchie… ma non mi
andava, non in quel momento.
Stavo
cominciando ad essere stanca anche io, dopo questa lunga ed intensa giornata.
Avrei rimandato il momento della punizione al mattino dopo.
Raggiungemmo
il mio appartamento dopo aver salito le scale – sì, perché quel deficiente del
mio ragazzo aveva deciso di torturarmi, sapendo che i tacchi ai piedi
cominciavano a darmi fastidio! – ed entrammo nella casa buia e silenziosa.
Lanciai la giacca e la borsa sul divano, in salotto, e scalciai via le scarpe
mentre Edward, accanto a me, aspettava con in braccio Allie addormentata. La
teneva come se fosse una bambolina, e ogni tanto le lanciava un’occhiata veloce
e sorrideva.
Sorrisi
anche io, cogliendolo in fallo per l’ennesima volta. Mi avvicinai e tesi le
braccia, cercando di prendere la bambina. «La porto in camera sua…» sussurrai,
non volendo alzare la voce.
Lui,
come se il mio tocco lo avesse punto, si scostò e si accigliò. «Ce la porto io,
tranquilla… non mi da fastidio.» mi disse, inarcando le sopracciglia. «Lo sai
questo, no?» aggiunse, divertito.
«Sì, lo
so, ma devo metterle il pigiama… ecco perché te l’ho detto!» replicai,
arricciando le labbra mentre cercavo di trattenere un sorriso divertito.
Edward
rise, scuotendo la testa. «Andiamo allora, mammina.»
«Non
chiamarmi ‘mammina’! Quante volte
devo ripetertelo?»
Ma
Edward non mi rispose, limitandosi a camminare e ad entrare in camera di
Allyson, e così sbuffando peggio di una locomotiva lo imitai e lo raggiunsi;
poi, aspettai che lasciasse la piccola sul letto prima di cacciarlo via dalla camera,
dicendogli che lo avrei raggiunto non appena finito di sistemare mia figlia per
la notte… cosa che feci pochi minuti dopo.
Uscii
dalla cameretta e lasciai socchiusa la porta, come facevo sempre, e mi voltai
per raggiungere la cucina o il salotto, dove doveva essere andato Edward… ma mi
fermai, sobbalzando e rischiando quasi di cacciare un urlo orribile, quando me
lo ritrovai davanti.
Se ne
stava con la schiena poggiata al muro e con le braccia incrociate al petto, un
sorrisetto divertito e storto presente sulle sue labbra. Trovai quella
posizione stranamente provocante e sexy… beh, dopotutto, lui era tutto sexy.
«Ti sei
spaventata, tesoro?» disse, cambiando posizione e passandosi distrattamente una
mano sui capelli.
Io
tenevo la mia sul cuore, a causa del colpo che avevo preso pochi secondi prima.
«Sì, eccome! Credevo che fossi di là.»
Espirò
dal naso, scuotendo la testa. «No, sono rimasto qui. Ti ho… come dire, spiata.»
Il mio
viso dovette assumere un espressione da cretina, ne ero conscia, a causa di
quello che aveva appena detto. Mi aveva… spiata?
«E chi sei, uno stalker che mi spii?» domandai, e come se niente fosse mi
avvicinai a lui.
Dovetti
alzare la testa per guardarlo in faccia: ero troppo bassa rispetto a lui. Per
via dei tacchi prima ero riuscita a raggiungere la sua spalla, ma adesso…
adesso ero senza speranza. Una nanetta accanto al gigante.
«No,
niente stalker. Solo una persona che ti vuole bene.» rispose, con gli occhi
socchiusi e le dita che mi solleticavano la guancia.
«Mi
vuoi bene?» mormorai, cingendogli il collo con le braccia. Mi alzai sulle punte
dei piedi, per guadagnare qualche centimetro in più di altezza. I nostri nasi
si sfioravano, adesso.
«Tanto,
tanto bene…» le nostre labbra si toccarono non appena ebbe scandito l’ultima parola.
Baciare
Edward era sempre una forte emozione, quasi come se fosse la prima volta che
accadeva: avevo sempre i brividi quando ci baciavamo, e desideravo sempre di
più. Le nostre labbra si schiusero quasi all’unisono, intensificando il bacio,
e la mia mano finì tra i suoi capelli, alla base della nuca. L’altra, invece,
strinse forte la seta della cravatta che ancora indossava.
Smettemmo
di baciarci per pochi secondi, approfittandone per riprendere fiato; Edward ne
approfittò anche per prendermi tra le braccia e per invertire le posizioni,
così da essere io quella che se ne stava addossata alla parete mentre lui,
sistemato tra le mie gambe, mi sosteneva per le natiche. Lo guardai per qualche
istante negli occhi prima di chiuderli, e di riprendere quello che stavamo
facendo prima.
In
quella posizione riuscivo a sentire la sua eccitazione, che premeva
sfacciatamente sulla mia pancia. Gemetti rumorosamente, e quasi
vergognosamente, nel bacio, quando Edward cominciò a far ondeggiare il bacino
verso il mio per farmi ‘sentire’ meglio la sua situazione ai piani bassi.
«Sei…
sei in gran forma…» scherzai, mormorando tra un bacio e l’altro.
«Sono
sempre pronto per te, Bella… sempre…» riprese a baciarmi con più vigore,
alternando le carezze tra labbra ai morsi. Era audace, e mi piaceva un sacco
questo suo lato intraprendente e privo di vergogna… lo rendeva più Edward,
quello che avevo conosciuto e che ci aveva subito provato con me.
Sorrisi,
ripensando a quella scena, e spostai le mani dal suo collo verso le spalle. Le
infilai sotto alla giacca elegante che ancora indossava e feci per
togliergliela, ma non ci riuscivo… a parte il leggero tremore che avevo nelle
mani, c’era di mezzo anche la scomoda posizione in cui ci trovavamo.
«Mettimi
giù, ti prego…»
Edward
lo fece subito, così potei portare a termine la mia missione e sbarazzarmi
della sua giacca. Gli baciai il collo, sfiorandolo appena appena con le labbra,
e gli slacciai la cravatta passando poi ai primi bottoni della camicia. Scesi
con la bocca per baciare il piccolo lembo di pelle che avevo appena scoperto,
all’altezza delle clavicole.
«Ti
diverti a torturarmi.» ridacchiò lui, che mi fece sollevare di nuovo il viso
per potermi baciare, con le mani immerse nei miei capelli.
«È il
mio hobby preferito, abituatici.» ribattei, e ripresi a torturarlo.
Gli
slacciai tutta la camicia, tirandola fuori dai pantaloni per avere così più
campo libero… il campo libero, naturalmente, era il suo corpo. Cominciai a
baciargli il petto e ad accarezzargli l’addome, ricevendo da parte di Edward un
piccolo sospiro di piacere segno che quello che stavo facendo era di suo
gradimento. Mentre mi dedicavo a lui, le sue mani non rimasero ferme e
cominciarono a carezzarmi la schiena, prima di fermarsi sulla zip del vestito e
di aprirla.
Le cose
si stavano facendo davvero interessanti… e potevano diventarlo ancora di più.
Mi scoprii a pensare che sarebbe stato bello fare l’amore con lui, quella
stessa sera e in quel preciso momento: lo desideravo così tanto, che ormai non
aveva più senso aspettare ancora. Ed ero sicura che per lui valeva la stessa e
identica cosa.
Dovevo
solo dirglielo, farglielo capire… e farlo senza riuscire a provare vergogna mi
sembrava un impresa ardua, quasi impossibile.
«Edward…»
mi imbarazzai subito, infatti, e posai la fronte sul suo petto, interrompendo
la mia performance e, di conseguenza, le carezze che gli stavo dedicando ma
lasciando comunque le mani sulla sua pelle.
«Che ti
prende, adesso?» mormorò lui, più sorpreso che seccato dal mio repentino
cambiamento di umore. Mi cinse le spalle, stringendomi a sé, e mi baciò la
testa. «Ho fatto qualcosa di sbagliato…»
«No,
assolutamente no.» dissi per rassicurarlo, ma senza alzare il viso. «Che
vergogna! Io… Edward…»
«Insomma,
Bella!» posando le mani sul mio viso, Edward me lo fece sollevare per potermi
guardare direttamente. Notai subito la piccola ruga di preoccupazione che si
era formata sulla sua fronte. «Parlami, che c’è? Mi fai preoccupare così, non
chiuderti…»
«È che…
voglio dirti una cosa e… e mi vergogno…» dissi, balbettando.
Il suo
viso si rilassò subito, ma rimase in silenzio, compiendo piccoli circoletti con
il pollice sulla mia guancia. Mi sa che stava aspettando che continuassi a
parlare… sperai di farcela, senza tentennare troppo o bloccarmi per paura della
sua reazione.
«Ecco,
Edward, vedi… io… io vorrei tanto… fare l’amore, con te…» mi fermai, prendendo
fiato, «ti desidero da morire, così tanto…» sospirai, e chinai il viso,
sentendolo in fiamme. «No, niente, lascia perdere…»
Feci
per allontanarmi, ma lui mi impedì qualsiasi mia intenzione di mettere distanza
tra di noi. Edward mi fermò stringendomi per i polsi, facendomi così restare
per forza di fronte a lui. Riuscivo a sentire il suo sguardo su di me, e questo
mi rendeva ancora più nervosa.
«Vuoi
fare l’amore con me? Lo voglio anche io…» mormorò piano, lasciandomi andare le
mani solo per poter chiudere a coppa le sue sul mio viso. Lo alzai, incrociando
i suoi occhi che, nonostante la poca luce, brillavano come stelle. «Bella, lo
voglio anche io. Perché ti vergogni?» domandò, poi.
Scossi
le spalle, sentendomi all’improvviso una stupida a causa del mio stupido
comportamento. Già, perché mi vergognavo? «Non lo so…»
Mi
ritrovai subito stretta nel suo abbraccio caldo, con le nostre fronti a
contatto e con il cuore che batteva a mille. Chiusi gli occhi, circondandogli
il collo con le braccia mentre desideravo di poter restare in questa posizione
per un tempo infinito.
«Ti
voglio, Bella. Ti volevo ieri, ti voglio adesso, ti vorrò domani… ti vorrò per
sempre.» furono le ultime cose che mi disse, prima di baciarmi ancora una
volta, prima di sospingermi verso la camera da letto…
Prima
di fare l’amore con me.
Nonostante
sapessi che fosse tardi, molto tardi, e che mancavano poche ore all’inizio di
un nuovo e intenso giorno, non riuscivo a prendere sonno. Non ci riuscivo… ero
capace solo di stare stesa su un fianco, con una mano sotto alla testa, e con
gli occhi fissi sulla figura addormentata e immobile di Edward.
Pensavo
che una delle poche cose che mi piaceva fare fosse guardare per ore e ore,
senza stancarmi, Allyson dormire. Credevo che una cosa più bella di tua figlia
che dormiva sogni beati non esistesse… e invece mi ero dovuta ricredere quando,
per la prima volta, avevo puntato gli occhi sul viso rilassato di Edward,
rapito dal sonno.
Sembrava
anche più giovane dell’età che aveva, un ragazzo sui vent’anni piuttosto che un
uomo di trenta: le rughe di espressione sparivano all’improvviso, come per
magia. Ed io avevo scoperto che lo amavo da morire, amavo persino il piccolo
segno che aveva al centro del mento, ricordo della varicella che aveva avuto da
bambino.
Cominciavo
a pensare di amare davvero quest’uomo.
Questa
sensazione si era fatta strada pian piano dentro di me, e adesso non riuscivo
più a ignorarla. Non mi ero mai innamorata prima, ma sentivo che il sentimento
che provavo verso Edward era forte, intenso, a tratti quasi troppo grande da
contenere. Mi piaceva, lo adoravo, lo amavo.
E la
cosa un po’ mi spaventava, perché stavamo insieme da così poco tempo che avevo
paura che tutto potesse andare storto da un momento all’altro. Avevo paura che
quello che stavo vivendo fosse soltanto un sogno, e che tutto sarebbe svanito
una volta sveglia…
Sapevo
che non era così, ma non potevo fare a meno di continuare a pensarlo.
E poi,
continuavo anche a soffermarmi sulle parole che Edward mi aveva detto, prima di
baciarmi e di fare l’amore con me. Erano così profonde e piene di significato… quasi
una dichiarazione.
Era
chiaro che anche lui provava qualcosa per me, ma cosa?
Allungai
una mano per scostare una piccola ciocca di capelli dalla sua fronte, rilassata
durante il sonno. Edward aveva ceduto quasi subito, una volta che avevamo
finito di amarci e che ci eravamo stretti in un abbraccio forte e intimo,
intimo come poteva esserlo in un momento come quello.
Fare
l’amore con lui era stata una delle esperienze più intense della mia vita: mi
ero sentita così importante, in quel momento, e felice che stessi dividendo quel
momento proprio con lui. Stare insieme anche in quel modo, sentire come
riuscivamo a completarci e ad armonizzare i nostri corpi, sentirli così uniti… era
stato meraviglioso.
Mi ero
pentita? No, per niente.
Le mie
labbra si incresparono in un sorriso, al ricordo; era stato tutto perfetto,
tutto stupendo, e quasi magico.
Ritirai
la mano e guardai Edward un ultima volta prima di lasciare il letto. Mi mossi
piano, e infilai le mutandine e la sua camicia, chiudendo i bottoni mano a mano
che camminavo. Mi stava talmente grande che mi copriva fino a metà coscia, tanto
che dovetti persino ripiegare le maniche per riuscire ad usare le mani.
Percorsi
il corridoio e mi fermai davanti alla camera di Allyson, affacciandomi dalla
porta per controllarla; la bimba dormiva della grossa, e doveva essersi mossa
molto durante il sonno perché si era scoperta e aveva gettato sul pavimento
anche il cuscino. Entrai e, facendo piano, la risistemai in modo che non stesse
scomoda e non prendesse freddo.
Uscii
di nuovo, socchiudendo la porta, e andai dritta verso la cucina. Una volta lì
riempii un bicchiere d’acqua e cominciai a berlo, anche se non avevo realmente
sete: era più per avere qualcosa da fare mentre aspettavo che il sonno venisse
a farmi visita.
Mi
circondai la vita con un braccio, come per cercare un po’ di calore mentre
continuavo a bere l’acqua. Quello pseudo abbraccio venne sostituito da uno
vero, forte e caldo, quando stavo posando il bicchiere nel lavello e mi
accingevo a sciacquarlo.
«Questa
camicia sta meglio a te, che a me.» il sussurro di Edward arrivò dritto sul mio
collo scoperto, seguito da un bacio leggero. Una serie di brividi mi corse
lungo la schiena, in reazione a quel gesto.
«Non è
vero, è troppo grande per me!» trattenni un risolino e poggiai la testa sulla
sua spalla, con una mano ferma sulle sue e l’altra poggiata sulla sua nuca. «Ti
ho svegliato?»
«Diciamo
di sì. A letto non c’eri più, e mi stavo chiedendo dove fossi andata a
cacciarti, tutta nuda come sei…» rispose, prendendomi in giro.
«Sono
venuta a bere dell’acqua, non riesco a dormire.» mi rigirai nell’abbraccio, in
modo da stare l’una di fronte all’altro. Edward era del tutto svestito, a parte
i boxer blu che indossava e che mi riportarono alla mente quello che avevamo
fatto pochissime ore prima… sentii subito lo stomaco contorcersi. Poggiai le
mani sul suo petto, sentendo il suo cuore che batteva forte al di sotto del mio
palmo, e strofinai piano il naso sulla sua mascella, leggermente ruvida per la
barba in crescita.
«Stanotte…
stanotte è stato bello.» mormorò, abbassando la testa in modo che potessi
sfiorare il suo naso. «Prima, non avevo mai provato nulla di così… intenso.»
aggiunse, aprendo gli occhi, che aveva chiuso in precedenza.
Annuii,
abbracciandolo stretto. «È stata la stessa cosa anche per me…»
Con
Mike e con James, i miei unici partner sessuali prima di Edward, non ero mai
riuscita a provare le emozioni e le sensazioni che erano arrivate quella notte.
Il sesso con James mi piaceva, quello con Mike aveva lasciato parecchio a
desiderare… ma non avevo mai sentito quella sensazione di completezza, di
perfezione e di desiderio crescente, che avevo invece provato insieme a Edward.
Era
come se avessi capito che Edward era quello giusto, la persona che avrei amato
per tutta la mia vita e che mi sarebbe stato accanto in ogni momento, felice o
doloroso che potesse essere. Avevo paura di questa realtà così importante, ma
ero pronta ad affrontarla e a scoprire ogni sua sfaccettatura.
Non
potevo scappare, non in quel momento.
Edward
sfiorò le mie labbra con le sue, sentendo il sorriso che si andava allargando e
che mi contagiava tanto da imitarlo. Mi strinse più forte contro di sé, facendo
scivolare una mano sulla mia schiena, fino alla curva delle natiche. «Vuoi fare
il bis?»
Risi,
scostandomi di poco. «Ma è così tardi…» non volevo cedere subito alle sue
avance, anche se la tentazione era forte.
«Meglio,
così non ci disturberà nessuno.» ribatté, toccandomi con provocazione il
sedere. Socchiusi gli occhi e strinsi le labbra tra di loro, cercando di
concentrarmi e di non cedere al suo tocco tentatore… ma, cavolo, era così
difficile!
«Allyson
potrebbe svegliarsi.» quella era una bugia bella e buona, e sapevo che la
bambina non si sarebbe svegliata prima di mattina: la conoscevo, ed il suo in
quel momento era il ‘sonno che non sarebbe finito tanto presto’.
«Mhm,
ne dubito…» Edward mi diede un ultima strizzata al sedere, e dopo avermi
liberata dal suo abbraccio si chinò e mi prese tra le braccia, così velocemente
che non mi accorsi quasi dei suoi movimenti. Trattenni un urletto, arpionandomi
al suo collo e stringendomi forte a lui.
«Che
intenzioni hai?» chiesi, guardandolo negli occhi. Mi ero arresa, e la cosa era
ormai ufficiale: non potevo continuare ad oppormi se lui mi metteva i bastoni
tra le ruote in quella maniera.
E poi…
lo ammisi, non vedevo l’ora di vedere sin dove si sarebbe spinto.
«Non
buone… ma ti piaceranno, vedrai.» disse, e cominciò ad incamminarsi verso la
camera con me tra le braccia, e con le labbra premute sulle mie.