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Autore: virgily    14/04/2013    6 recensioni
(prima fan fiction che scrivo sui Black Veil Brides, Enjoy!)
-Non ho la piú pallida idea di quello che ti sia successo peró una cosa é certa...- cominció sollevandole il viso per il mento, tenendolo con il pollice e l’indice. Inizió a tamponarle dolcemente la stoffa sulle guance e sotto l’occhio, asciugandole le lacrime
-Non mi piace vederti piangere- sospiró infine fissandola intensamente dritta negli occhi,mentre il suo viso cominciava a farsi maledettamente paonazzo. Dal canto suo Caris, apparte il bollore alle guance, sentí un nodo allo stomaco. Era freddo, e molto distaccato; eppure sembrava cosí... Dolce.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel giro di pochi minuti l’appartamento del giovane vocalist era pieno di agenti della polizia e medici. Il detective Jones si era personalmente occupato di provvedere che l’aggressore venisse scortato in centrale per l’interrogatorio. Nel frattempo, due infermieri si prendevano cura delle ferite che Caris riportava lungo in corpo, medicandola con fasciature varie. Pur volendolo non avrebbero potuto andare in ospedale per degli accertamenti; il detective lo aveva categoricamente vietato. Caris restava immobile, con le gambe che penzolavano dall’alto sgabello di legno chiaro, esponendo uno sguardo basso e sperso. Erano vuoti i suoi occhi. E proprio lì, non molto distante da lei, Andy la osservava di sottecchi con Purdy che lo sosteneva dandogli rassicuranti pacche sulle spalle. Avevano trovato il tempo di parlare, e ora che Ash sapeva tutta la verità, non avrebbe esitato a dare tutto il suo sostegno al suo amico. Osservò poi con una cura quasi maniacale, ogni singolo dettaglio del suo volto: i lineamenti contriti, gli occhi glaciali, roventi di rabbia. Andy aveva persino le mani che ancora gli tremavano. Ashley capì immediatamente che il suo vocalist aveva paura, non per lui… Ma per Caris. Teneva molto a lei, lo intuiva dal modo in cui la guardava, senza perderla di vista mai un momento; e oltretutto lo aveva capito dalla gelosia che lo aveva logorato anche quella sera, quando lui e gli altri si erano imbucati in casa loro, interrompendo chissà cosa.
-Andrà tutto bene…- sussurrò appena, stringendosi al suo amico, il quale immediatamente lo guardò. Andrew aveva gli occhi lucidi, stentava a crederci. Il moro sorrise appena, mettendo in bella vista il piercing che gli forava il labbro inferiore. Poi, improvvisamente, la porta d’ingresso all’appartamento si aprì di scatto, accogliendo il detective Jones appena di ritorno, seguito a ruota da un signor Foster furibondo e livido in viso. Udito l’impeto con cui fecero il loro ingresso, i due che sostavano ancora seduti sul divano si sollevarono immediatamente, voltandosi contro di loro. Fu in quel preciso istante che gli occhi verdi e inquieti del signor Foster penetrarono con violenza quelli di Biersack, che per la prima volta, in preda alla vergogna, si fissò i piedi, vittima di uno sguardo che non sarebbe riuscito a sopportare. Lo aveva deluso. Gli aveva promesso che si sarebbe preso cura di lei, e invece gli faceva assistere ad uno spettacolo orribile. Senza dire una parola, il padre si avvicinò alla figlia, muta e ancora tremolante. Il detective Jones, al contrario, si avvicinò ai due ragazzi invitandoli a sedersi. Era serio, e a giudicare dal modo in cui teneva fortemente serrata la mascella, non aveva buone notizie:
-Signor Biersack- cominciò con fare austero e formale –Siamo riusciti ad identificare l’aggressore. Si tratta di Aaron Hughes. Siamo sulle sue tracce già da prima del caso Foster…-
-E non è una buona notizia?- s’intromise quasi impulsivamente Purdy, visto che il moretto al suo fianco faticava a parlare. L’uomo innanzi a loro sbuffò, e tornando a rivolgersi al diretto interessato rispose:
-Tecnicamente, lo è. Tuttavia ci ha confessato che non era solo. Suo figlio Jason era con lui questa mattina, ed è ancora a piede libero…- fece una lunga, lunghissima pausa. E in quel breve scorrere di secondi infiniti, Andy voleva sotterrarsi. Soffriva, si sentiva in colpa, lo si poteva leggere bene in faccia. E per quanto volesse fregarsene, Il detective sapeva che oramai quel giovane era legato alla piccola Foster, e che probabilmente ciò che stava per dirgli lo avrebbe afflitto più di quanto non lo fosse già:
-Purtroppo questo posto non è più sicuro. Caris deve andarsene…-
Silenzio totale. In quel preciso istante tutto s’arrestò. Cose e persone restavano impietrite, senza fiato. Fu come una stilettata al cuore, e la lama bruciava dentro il petto del povero Andrew, che per la rabbia si morse un labbro. Riusciva a sentire il sapore acre del sangue disgustargli il palato, ma quello non era niente in confronto al dolore che provava interiormente. Caris era stretta fra le braccia del padre, cullata al suo petto, avvolta dal suo amore, ma aveva sentito tutto:
-No…- sussurrò piano azzerando quell’inquietante silenzio che li stava soffocando uno ad uno. La sua voce era flebile, ma era riuscita a sbigottire tutti. Andy volse appena il capo, scrutandola mentre riemergeva dall’abbraccio paterno. Gli occhi lucidi, gonfi di lacrime, il viso arrossato, il sangue cristallizzato sulla fronte e sull’angolo delle labbra fine e logore. Vederla in quello stato era come un dito nella piaga. Ma Biersack sapeva che doveva fare quello che era giusto, aveva già seguito il suo istinto, e ne poteva ammirare, amaramente, le conseguenze ancora livide sul corpicino asciutto e fasciato della sua Caris
-È per il tuo bene…-  affermò il giovane vocalist, abbassando lo sguardo accondiscendente. Non vi era sprezzo o furia nel suo sguardo. Era debole, e non era da lui. Fece per scendere dalla seggiola, voleva raggiungerlo, stringerlo forte a se e rassicurarlo, ma prontamente suo padre giunse posandole le mani sulle spalle piccole, impedendole ogni movimento
-Ha ragione. Se rimanessi con lui…- ma fissandolo in cagnesco la brunetta lo folgorò, zittendolo immediatamente
-Lasciami. Lui ha saputo proteggermi sicuramente meglio di te!- questo era crudele da parte sua, lo sapeva, ma non poteva rischiare di perdere l’unica persona per cui sentisse un affetto mai provato prima. Si scrollò le mani del padre di dosso, inginocchiandosi al fianco del ragazzo, posandogli i palmi delicati e affusolati sul viso, cercando il suo sguardo; quelle iridi bellissime e magnetiche che le facevano perdere la ragione. Era decisa, lei lo avrebbe fatto ragionare, avrebbe ravvivato quella fiamma che la corrodeva fin nelle profondità delle membra.
-Andy…- lo chiamò piano, scostandogli amorevolmente una ciocca corvina dal viso, scoprendogli l’ovale pallido e affilato. Erano lì, i suoi occhi grandi e limpidi, velati da un pesante grigiore. Faticava a guardarla in viso, non voleva vedere le sue ferite, quelle che le avrebbe risparmiato se solo fosse stato più attento…
-Andy ti prego…- lo scongiurò sottovoce, combaciando la fronte con la sua: -Guardami…-
Lasciarono fondere una volta ancora i loro occhi, fissandosi con intensa dolcezza. Fu disarmante per il giovane Biersack doversi tuffare in quel malinconico verde in cui poteva perdersi per ore. Era lì, ai suoi piedi, salva per miracolo. Ma chi gli assicurava che lo sarebbe stata ancora per molto? Non era adatto a proteggere le persone, non ne era mai stato in grado. Ecco perché spesso era schivo, impenetrabile, per evitare di sentirsi impotente. Rimase in silenzio, guardandola mentre lasciava scivolare le sue dita sottili dalle sue guance lungo le braccia tatuate, sino alle sue mani, intrecciandole assieme. Voleva rassicurarlo, ma dubitava seriamente che ci sarebbe riuscita.
-Ti ricordi quella volta, nel parco. Tu mi hai chiesto di fidarmi di te…-
-E guarda come ti sei ridotta per causa mia…- biascicò appena, stringendo più forte quella presa tra le loro mani, percependo quel lieve calore che lentamente si scaturiva dal loro soffice contatto
-Non è vero. Tu questa mattina mi avevi chiesto di non aprire a nessuno e io non l’ho fatto. Sono stata stupida e ne ho pagato le conseguenze…- affermò spavalda, esponendo quelle sue lacerazioni con fierezza. Era la prima volta che Caris si mostrava così sicura, coraggiosa. Era prima volta ad essere lei a infondergli coraggio. Pur essendone compiaciuto, Andrew tuttavia non sapeva cosa farsene della sua forza. Caris restava comunque in pericolo. Udito quell’inquietante silenzio che pareva logorarle il petto, la ragazza prese un respiro profondo, digrignando i denti per la rabbia. Non si sarebbe arresa.
-Lo vuoi capire che sei parte della mia vita adesso o no? Cazzo Andy!- lasciò la presa alle sue mani per tornare al volto del vocalist, sollevandogli il capo per il mento, costringendolo a guardarla.
-Fidati di me. Non abbandonarmi proprio ora. Possiamo farcela…- un brivido caldo percosse la spina dorsale del giovane, lasciandolo senza fiato. Sospirò piano, cucciandosi appena sulla ragazza, avvolgendole le braccia attorno alla vita. Nascose il viso tra i suoi capelli, assaporando il suo profumo tenue, seducente. Caris sentì il suo cuore battere contro il suo petto, e il suo fiato carezzarle la curvatura del collo e l’orecchio. Si lasciò cullare a sua volta da quell’abbraccio che aspettava da tempo, convincendosi che con Andrew Biersack, il suo salvatore, al suo fianco tutto sarebbe andato per il verso giusto, e non avrebbe più avuto paura di nulla. L’impronta di un casto bacio s’impresse sulla tempia della piccola Foster, quando scostandosi serio il vocalist disse:
-Perdonami. Ma non posso rischiare di perderti ancora…- paralizzata, Caris trattenne il fiato. Era doloroso, più di tutte le percosse che aveva ricevuto. Era un male diverso, che sprofondava nella sua intima ragione, nella sua sensibilità. Era uno spasmo al cuore.
-Fortunatamente ha più cervello di quanto pensassi, signor Biersack- s’intromise infine il detective, sbuffando
-Un mio collega sarà qui entro una, massimo due ore. Scorterà la signorina Foster in un posto più sicuro…- l’uomo tornò in piedi, congedandosi silenziosamente mentre tutto attorno in quel salotto era calata un’atmosfera pesante, insopportabile. Ancora con le ginocchia a terra e gli occhi sbarrati, Caris restava immobile, fissandolo impietrita, sconvolta. La sua pelle pareva essersi sbiancata di colpo, e il battito cardiaco si era arrestato. Dal canto suo, Andrew non ebbe più il coraggio di guardarla.
-Vieni tesoro…- con voce vellutata e apprensiva, il signor Foster si cucciò sul corpo della piccola, afferrandola per le spalle, invitandola a rialzarsi. Fece per dire qualcosa, ma appena il suo sguardo cadde nuovamente sul corvino, le parole le morirono in gola, e una lacrima silenziosa solcò il suo viso.
-Andiamo a preparare le tue cose…- suo padre dovette quasi sollevarla di peso, perché le sue gambe tremavano e a stento riusciva a restare in piedi. Era sconvolta ad un livello tale che poteva già considerarsi più vicina alla morte di quanto lo fosse realmente. E non era arrabbiata. Era comprensibile, dopotutto. Eppure, non riuscì a non vivere le sue parole fredde e spietate come un abbandono. Sostenendola sottobraccio, padre e figlia si dileguarono nella camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle. Andrew respirava piano, stringendo forte i pugni. Si sentiva ignobile, crudele. L’aveva ferita, forse più gravemente di tutte le lacerazioni  subite. Non se lo sarebbe perdonato. Si portò le mani al viso, nascondendosi per la vergogna. Una mano si posò pesante e premurosa sulle sue spalle. Era Ash. Non parlò, ma nel suo silenzio vi trovò un minimo di conforto.

***

L’agente in borghese che si presentò qualche ora più tardi si chiamava Todd. Era giovane, impacciato. Probabilmente era il primo vero incarico che gli fosse stato assegnato in tutta la sua carriera. Faceva su e giù per le scale del condominio trasportando gli scatoloni che Caris stessa si era trascinata quando aveva deciso di chiedere aiuto al suo salvatore. O meglio, a quello che era il suo salvatore. Tutti e quattro attendevano che il giovane tornasse dal suo ultimo viaggio, immobili davanti all’ingresso dell’appartamento:  Ash e il signor Foster restavano silenti, con lo sguardo basso per la vergogna. Non si respirava una buona aria, e preferirono non intromettersi. Andy fiancheggiava il suo compagno, le mani nelle tasche dei jeans, gli occhi puntanti al suolo, al contrario di quelli chiari, ma al contempo vuoti, della ragazza che lo fissava intensamente, cercando il suo sguardo; non con ardore, ma con disperazione, come se tuffarsi nei suoi grandi occhi blu avesse potuto alleviare il suo inesorabile dolore.
-Eccomi, signorina Foster è pronta?- Todd era tornato; aveva il fiatone, e la fronte madida di sudore. Spezzò, con la sua voce impastata, il silenzio che li stava accompagnando. Caris, annuì e avviciandosi al giovane bassista, si strinse a lui, abbracciandolo e lasciandosi avvolgere dalle sue labbra
-C-Ciao Ash.-
-Ciao piccolina. Fai attenzione. Stammi bene- la salutò con un casto bacio sulla tempia, lasciandola andare dal suo amico, che a fatica sollevò le iridi su di lei. Indossava gli stessi abiti che indossava la sera del loro primo incontro. Gli occhi belli di lei lo guardavano, dolci, tristi, malinconici. Volle sotterrarsi, come poteva lasciarla andare? Lei, quella bella addormentata sul cesso che era riuscita ad entrargli dentro, a toccare con mano una parte di lui che teneva segregata e nascosta al mondo.
-Caris…- lo disse piano, con quella dolcezza che affievoliva il suo tono di voce anche quando erano a letto, raccolti nel loro piccolo idillio, con quel timbro che sapeva farla sciogliere tra le sue braccia.
-Grazie di tutto. Andy…- rispose la giovane con le labbra tremanti. Aveva la voce rotta dai singhiozzi, ma non voleva piangere. Voleva essere forte, dimostrargli che era merito suo se era cresciuta, diventando più coraggiosa. Si abbracciarono un’ultima volta, ascoltando reciprocamente il suono del cuore dell’altro; percependo il loro profumo, il calore che si scaturiva tra le loro pelli ogni qual volta che si sfioravano. Ormai sapevano di che pasta erano fatti, e sapevano altrettanto bene che la separazione sarebbe equivalsa ad un limbo inquietante senza via di uscita per entrambi. Il blu e il verde delle loro iridi si mescolarono ancora, prima che voltando appena le spalle, la ragazza cominciò a seguire, assieme a suo padre, il giovane agente venuto a prelevarla. Caris sentì il peso di quegli occhi enigmatici e magnetici penetrarla da lontano mentre lentamente scendeva le scale, poi, la porta si chiuse alle sue spalle. Era finita. Con lo sguardo basso camminò per strada fissandosi i piedi, senza prestare al mondo che nel frattempo continuava a girare in tondo. Tutto, senza di lui, aveva come perso il senso di esistere. Pochi metri, e sotto il cielo violaceo del crepuscolo giunsero ad una macchina discreta e modesta parcheggiata all’angolo del viale.
-Appena arrivi chiamami okay tesoro?- si raccomandò suo padre
-Sì, tranquillo…- rispose appena, sollevando amaramente un angolo delle labbra
-Mi raccomando Todd. La affido a te-
-Certo signore, si fidi. È in buone mani ora- il ragazzo sorrise. Aveva la voce ovattata, ora che ci faceva caso. E guardandolo bene in viso, Caris poté osservare meglio la forma squadrata della sua mascella, la pelle olivastra, e gli occhi profondi e scuri come due buchi neri.
-Ti voglio bene bambina mia…- e baciandole ripetutamente le guance, il signor Foster l’aiutò a montare nella vettura, chiudendole lo sportello. Con un cenno della mano, la castana lo salutò appena mentre l’uomo al suo fianco metteva in moto. Un suono metallico la fece sobbalzare. Non aveva ben capito cosa fosse; poi, facendo maggiore attenzione, si rese conto che non era altro che il piolo della sicura che si era innescata. Sospirò sommessa, allacciandosi la cintura di sicurezza. Posò la tempia contro il finestrino, osservando le insegne luminose dei negozi scorrere veloci, confondendole lo sguardo sebbene nella testa avesse altri pensieri a turbarla:
-Sei pensierosa…- affermò il giovane alla guida. Ora con voce più decisa, più limpida
-Già…-
-Scommetto che tu non mi abbia riconosciuto…- voltando appena il capo, la ragazza lo osservò di sottecchi
-Scusami…-disse cortesemente –Quando ci saremmo conosciuti? Non mi ricordo proprio- rise goffamente, colta dall’imbarazzo. Non era molto brava con i nomi, tantomeno con le facce.
-Oh andiamo piccola Foster. Sicura di non ricordare nulla?- viscida, cinica… Spietata. Quella voce le fece raggelare il sangue nelle vene. Sbarrò di colpo lo sguardo, trattenendo il fiato. No, non poteva essere… Non voleva crederci
-T-Tu…- si strinse in se stessa, quasi incassandosi nel sedile, osservando sconcertata il sorrisino beffardo che cominciò a dipingersi sulla bocca del giovane, che senza togliere gli occhi dalla strada affermò
-È sconcertante la stupidità umana. Mi è bastato presentarmi a casa vostra con la voce camuffata e avete dato per scontato che fossi “Todd”. Troppo facile…- Avrebbe voluto urlare, piangere, aprire il finestrino e gettarsi dall’auto in corsa, ma appena le sue mani si erano portate sulla maniglia dello sportello, oltre ad accorgersi che era chiusa dalla sicura, si ritrovò con la canna di una pistola premuta contro la nuca
-No no no, bella mia. Non dirmi che hai già fretta di raggiungere tua sorella…- tremava, trattenendo a stento le lacrime mentre il cuore le galoppava senza sosta nel petto.
-Da brava, torna composta… Adesso ci facciamo un bel giretto. Sono un gentiluomo, dopotutto- rise, aspettando che la bruna eseguisse i suoi ordini. Tornando a nascondersi sul sedile, il giovane abbassò l’arma, continuando a guidare come se nulla fosse. Finalmente una lacrima coraggiosa sgusciò dal suo saldo autocontrollo, macchiandole il viso pallido. Era la fine.

***

-Sicuro che non vuoi che rimanga con te?-
-Sì Ash, davvero. Voglio restare solo…- rispose stravaccato sul divano con le mani in mano e lo sguardo sperso nel vuoto. Il bassista non ne era molto sicuro, ma gli sembrava che il suo amico avesse gli occhi lucidi
-Come vuoi tu…- accondiscendente, Purdy fece per uscire dall’appartamento, con sguardo torvo, impotente. Non poteva immaginare il dolore che stava provando il suo amico.
-Ash?- immediatamente si voltò chiedendo a sua volta: -Sì?-
-Non dire nulla ai ragazzi. Ora che è tutto finito non vale la pena farli preoccupare per me…-
-Certo. Riposati Andy. Ne hai bisogno…- si avvicinò poi all’uscio, afferrando prontamente la maniglia della piccola porticina lignea. La spalancò, e proprio quando fece per uscire il giovane bassista rimase impalato sul suo posto, bloccato dalla figura di un agente della polizia che a sua volta stava giusto per pigiare il dito sul campanello. I due si scrutarono per qualche secondo interminabile, suscitando la curiosità del vocalist, che immediatamente si sollevò dal suo poggio per raggiungere il suo amico
-Che succede?- domandò fiancheggiando il suo compagno. Cosa volevano ancora da lui? Perché non lo lasciavano in pace?
-Signor Biersack?- domandò il poliziotto squadrandolo dalla testa ai piedi
-Sì, sono io-
-Sono l’agente Simons. Mi ha mandato il detective Jones per prelevare la signorina Caris Foster e portarla nel luogo prestabilito per la sua tutela- immediatamente, i due amici si fissarono intensamente.
-Ma un agente in borghese è già venuto a prenderla dieci minuti fa?- spiegò Ashley mentre il corvino al suo fianco faticava ad aprir bocca, cominciando a sentire il sudore freddo corrergli lungo la schiena
-In borghese? Ma non è possibile! Il detective in persona mi ha affidato l’incarico, e mi ha specificamente ordinato di presentarmi in veste da ufficiale!- affermò l’uomo sconcertato. Sia Purdy che Biersack erano sbiancati di colpo, e ambedue avevano perso dei battiti. Andrew cominciò a respirare a fatica, sentendosi la testa girare per la confusione totale che aveva.  Tutto ciò non poteva essere vero? Sembrava piuttosto un incubo che lentamente stava diventando realtà, divorandogli le membra. Che fine aveva fatto Caris?

*Angolino di Virgy*
Olèè! Dopo secoli e secoli eccomi qui con un nuovo capitolo! questa volta nel vivo della storia. Sono pienamente cosciente del fatto che ora qualcuno mi lincerà, ma sapevamo tutti che prima o poi il momento della loro "separazione" sarebbe giunto! T_T
Spero che vi piaccia! (anche perchè l'ho scritto nella mia fase depressione post-annullamento del concerto dei BVB in italia quindi ero molto molto moooolto triste. Grazie a dio è stata rimandata la data di Roma, ma sto vagheggiando U.U)
Un bacione
-V-  
          
  
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