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Autore: Valeriagp    15/04/2013    6 recensioni
Attenzione! Spoiler sulla 5a Stagione.
Merlin ha cercato Arthur ogni momento delle sue innumerevoli vite. Ormai rassegnato a non vederlo mai più, un viaggio in Metro gli cambierà la vita.
Primo capitolo ispirato ad una fic breve letta su Tumblr mesi fa, di cui purtroppo non ho mai più trovato l'autore.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Merlino, Parsifal, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Years and Back'
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Nota dell’autrice:

Eccoci qua con il nuovo capitolo! E’ molto introspettivo e ad altissimo contenuto Merthur! Spero vi piaccia :)

Vi ricordo la paginetta Facebook dedicata a questa fanfic, se volete venirmi a trovare, e per rimanere aggiornati sulla pubblicazione:

http://www.facebook.com/pages/A-Thousand-Years-Un-racconto-di-Valeriagp/413796298707467


Buona lettura!

Valeria :*


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Merlin sentì l’avviso dell’arrivo di un SMS sul suo cellulare, e lo prese distrattamente dalla tasca per controllare chi gli avesse scritto. Guardò lo schermo e vide di chi era... e il suo cuore saltò un paio di battiti dall’emozione di leggere:


Sono qui, Merlin. Sono vivo. Vieni a prendermi. - A


Lasciò la presa sul telefono e si smaterializzò, seguendo la traccia di Arthur che finalmente sentiva di nuovo.


Si materializzò per strada, in un anonimo viale alberato, e si trovò davanti ad Arthur. Senza dirgli una parola lo abbracciò e si smaterializzò di nuovo, riapparendo a Palazzo Camelot, con stretto fra le braccia il suo uomo.

Dimentico di tutto ciò che li circondava, Merlin guardò finalmente con attenzione Arthur, ed accarezzandogli il volto gli chiese: “Arthur, stai bene? Sei ferito? Cosa ti hanno fatto?”

Il biondo lo fissò per un istante e gli disse: “Credo di avere il naso rotto, ma a parte questo sto bene. E’ quasi incredibile rivederti, Merlin... Mi sei mancato così tanto... In alcuni momenti ho temuto di non rivederti mai più.” Lacrime di gioia gli riempivano gli occhi, e si avvicinò a Merlin ancora di più fino a che le sue labbra si posarono dolcemente su quelle del suo stregone.


Rimasero così, abbracciati a baciarsi delicatamente, come a riaffermare la presenza dell’altro, fino a che sentirono qualcuno schiarirsi la gola, e si girarono verso la fonte del suono: videro tutto il team che li fissava, alcuni con un sorriso divertito sul volto, altri quasi commossi, e Gwen che saltellava sul posto come se avesse 5 anni, con le lacrime che le rigavano le guance e un sorriso da orecchio a orecchio.

Gwaine, con il suo solito tatto, disse: “Merlin, capiamo che sei felice di rivederlo, e ti assicuro che nessuno te lo toccherà, è tutto tuo e soprattutto stanotte farai bene a dimostrarglielo, ma pensi che possiamo salutare anche noi Arthur?”


Merlin scoppiò a ridere, principalmente dal sollievo di riavere Arthur con sé, e si staccò da lui, permettendo così agli altri di abbracciarlo. La prima che gli corse incontro fu Gwen, che gli si buttò fra le braccia, e trascinò anche Merlin nella sua stretta mortale: la ragazza era molto più forte di quanto dimostrasse la sua corporatura minuta!

Guardò prima uno, poi l’altro, e poi li abbracciò di nuovo, dando un bacio sulla guancia ad ognuno, e dicendo loro: “La gioia che provo a rivedervi insieme, o meglio a VEDERVI insieme finalmente, è enorme!! Vi adoro ragazzi, siete meravigliosi! E, Arthur, è così bello riaverti fra noi! Non farci mai più scherzi simili!!”

Arthur stava per risponderle, probabilmente per dirle che non era mica colpa sua se era stato rapito, ma Gwen li strinse di nuovo e di fatto tolse loro il fiato dai polmoni. Sì, Gwen era davvero molto forte, Merlin non immaginava cosa potesse fare a quel poveraccio di suo marito nei momenti di intimità!!


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Si avvicinarono tutti gli altri, salutando e abbracciando Arthur uno ad uno: sui loro volti era ben evidente il sollievo che provavano a riaverlo lì.

Mentre erano tutti impegnati a salutarsi, il telefono di Arthur squillò e il giovane rispose: “Gaius, sì sto bene. Siamo a Palazzo Camelot, raggiungeteci qui.”

Merlin allora sgranò gli occhi e disse: “GAIUS! avevo dimenticato che ero con lui e Leon alla mansione quando ho ricevuto il tuo SMS e sono venuto a prenderti... Ho anche abbandonato il mio telefono lì!”

“Non preoccuparti, te lo riporteranno loro”, disse Arthur.

“Allora, vuoi raccontarci cosa è successo?” disse Percival sorridendo.

Arthur lo guardò e gli sorrise a sua volta, dicendo: “Non ora, Perce... sono sfinito... ho bisogno di riposare qualche ora. Quello che conta è che sono scappato no?”


A quel punto Arthur ricordò che doveva fingere di essere sotto il controllo di Morgause, e pensò che, per quello che lui ne sapeva, la donna poteva anche avere la Vista, e magari li stava controllando in qualche modo con la magia! Quindi con la scusa di abbracciare di nuovo Merlin, gli sussurrò nell’orecchio: “Merlin, ho paura che Morgause possa tenere sotto controllo le mie azioni con la Vista. Più tardi ti spiegherò con calma, ma ora ho bisogno che tu faccia un incantesimo per rendere invisibile quello che succede dentro questa casa!”

Merlin si staccò da lui, e annuì senza dire nulla. Chiuse un attimo gli occhi e sussurrò delle parole incomprensibili per Arthur, e quando li riaprì, i suoi occhi erano d’oro. Subito dopo gli sorrise e disse: “Quando siamo all’interno delle mura del Palazzo, Morgause non può vederci. Vedrà delle immagini finte di vita quotidiana.”


Arthur lo guardò con ammirazione - a volte ancora si stupiva dei poteri di Merlin - e gli disse: “Cosa farei senza di te, amore mio?”

Merlin lo guardò ed arrossì visibilmente, evidentemente imbarazzato a sentirsi lodare così apertamente di fronte a tutti i suoi amici; o forse imbarazzato per l’appellativo intimo che Arthur aveva usato nei suoi confronti. Arthur era felice dell’aver suscitato quella reazione in lui, in fondo sia la sua ammirazione per Merlin, sia il fatto che lo amasse profondamente, erano due cose di cui il biondo andava orgoglioso, e non se ne vergognava minimamente.

Merlin cercò di cambiare discorso, guardandosi intorno come a controllare se gli altri avessero sentito la frase di Arthur, e disse: “Credo che ora sia giunto il momento di riposarti, Arthur. Ti accompagno in camera, e voglio controllare se hai ferite da medicare, o qualcosa di rotto.”

“Probabilmente troverai entrambe le cose... oltre al naso, credo di avere anche qualche costola rotta. Morgause non mi ha propriamente trattato con amore e gentilezza.”


Merlin lo fissò per un istante, e nei suoi occhi traspariva il risentimento e l’odio che provava nei confronti di Morgause. Il cuore di Arthur si riempì di affetto per il suo stregone, e gli prese la mano, intrecciando le dita con le sue, ed avviandosi verso la sua camera.

Quando erano quasi arrivati alla porta della stanza, sentirono la voce di Gwaine: “Merlin, non esagerare con Arthur, è stanco e ferito, rimanda le acrobazie a letto a un’altra volta... AHIA! ma come ti viene in mente?” e subito dopo la voce di Percival: “Lasciali in pace Gwaine. Non sei divertente!” - Di nuovo Gwaine: “Ma come non sono divertente! Io sono sempre divertente!”

Merlin e Arthur aprirono la porta ridacchiando, e se la chiusero dietro silenziosamente, entrambi tirando un sospiro di sollievo.


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Mordred iniziava a soffrire la clausura obbligata imposta loro da Morgause. Non aveva più voglia di stare chiuso fra quelle quattro mura, né capiva perché dovesse farlo. Cosa potevano temere, loro quattro insieme? Ora che avevano Arthur dalla loro parte, era sicuro che non sarebbero stati attaccati da nessuno.

Ciononostante, Morgause insisteva che nessuno di loro uscisse dalla casa. E Mordred, che in questa vita aveva sempre avuto problemi con il seguire gli ordini, non lo sopportava. O meglio, non LA sopportava.

Morgause non gli piaceva. Aveva un modo di guardare Morgana che gli faceva venire i brividi, e non era convinto che tutto quello che la donna diceva fosse vero. Era sicuro che nascondesse a tutti loro qualcosa, ma non sapeva ancora cosa.


Il ragazzo si alzò dalla poltrona dove era stato seduto per le ultime ore a giocherellare con una penna, facendola levitare a mezz’aria e poi lanciandola con la magia come fosse un proiettile, e conficcandola nello scadente polistirolo che copriva il muro di fronte a lui. I fori creati dalla penna disegnavano un grosso “smile” sul muro.

Si mosse senza una destinazione precisa, girovagando per la casa ad osservare cosa stessero facendo gli altri.

Morgana era davanti al PC in cucina, e stava navigando su quello che sembrava un sito sulla leggenda Arturiana.  Nimueh era seduta anche lei in cucina, ad occhi chiusi: sembrava assorta in meditazione, ma forse stava semplicemente facendo un pisolino. Morgause non era in nessun posto che Mordred potesse vedere, ma il ragazzo sentì dei rumori provenire dal seminterrato, e immaginò che fosse lì dentro. Per quello che riguardava lui, poteva anche restarci a vita, nel seminterrato.

L’unico che mancava era Valiant: l’uomo infatti era autorizzato ad uscire dalla casa, visto che fungeva da fattorino e lacchè per Morgause, facendo tutti i lavori più umili per lei (ritirare la posta, fare la spesa, e tutte quelle commissioni che la superbia della Sacerdotessa non le permetteva di svolgere da sola).


Mordred si sedette accanto a Morgana, e lei alzò la testa sorridendo e guardandolo da sopra i suoi buffi occhiali da vista. Il sorriso di Morgana era sempre luminoso, ma i suoi occhi non trasmettevano la stessa dolcezza di qualche giorno fa. Era sicuramente cambiata molto, da quando aveva ricordato chi fosse stata nella sua vita precedente.

Anche Mordred si sentiva diverso. La prima sensazione che lo aveva inondato, quando gli erano tornati alla mente i suoi antichi ricordi, era il dolore di ritrovarsi incatenato in un destino che non voleva, e che non riteneva giusto: secoli fa, il momento della sua morte era stato per lui un sollievo, visto che la sua sete di vendetta per l’uccisione di Kara non aveva mai soffocato completamente il suo affetto e la sua ammirazione per Arthur. Poi, aveva ricordato quanto amasse Kara e quanto gli mancasse, e questa consapevolezza - oltre al suo amore per sua sorella - lo aveva spinto a schierarsi nuovamente a fianco di Morgana e gli altri contro Emrys.

Il fatto che fossero riusciti a sconfiggerlo, ma solo unendo le loro forze, dimostrava solo una cosa: che Emrys era veramente di gran lunga più potente di tutti loro, e che in uno scontro diretto uno a uno, nessuno di loro avrebbe avuto alcuna chance di batterlo. L’unico modo che avevano di trionfare e togliere finalmente di mezzo lo stregone, era di sfruttare il loro controllo su Pendragon, che ora lo avrebbe tradito quando Morgause glie lo avrebbe ordinato.


Morgana abbassò di nuovo lo sguardo, e Mordred le chiese: “Cosa leggi, Gana? Sembri molto assorta...”

“Stavo leggendo un po’ di leggende su di me, fratellino, e su di te - anche se già le conoscevo ovviamente, ma lette come un’autobiografia hanno tutto un altro sapore. Sai che in alcune versioni tu sei figlio mio e di Arthur?”

La donna scoppiò a ridere e Mordred si unì a lei, dicendo: “Che idea agghiacciante. Ti voglio bene, Gana, ma non riesco proprio a vederti come una madre! E non riesco a vederti romanticamente coinvolta con Pendragon...”

“Eppure, se ci avessi visti da ragazzi... il caro Arthur sapeva anche essere affascinante, e credo proprio che avesse un debole per me, a un certo punto della nostra vita. Ovviamente prima di sapere che ero sua sorella...”

Mordred la guardò sgranando gli occhi e le disse: “Non dirmi che anche tu hai pensato a lui.... in quel modo!!!”

“Non te lo dirò... ma non posso nemmeno negarlo completamente. C’è stato un momento....”

“Ok basta, non voglio saperlo. Ho la pelle d’oca!” Disse Mordred scuotendo le mani come a voler allontanare quel pensiero da sé.


I due fratelli scoppiarono a ridere insieme, e quel momento di leggerezza aiutò sicuramente l’umore di Mordred a migliorare. Purtroppo, Morgause scelse proprio quell’istante per riemergere dal suo sotterraneo, rovinando così di nuovo l’umore di Mordred, e distogliendo Morgana da lui.


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Alcuni minuti prima...


Morgause stava preparando delle pozioni che sarebbero state utili nelle settimane successive. La stanza dove aveva tenuto prigioniero Arthur, nel sotterraneo, era solitamente il posto dove lei teneva tutti i suoi ingredienti e preparava pozioni e artefatti magici. Sul tavolo alla destra della porta, giacevano ancora le piante di mandragola che aveva usato fino a poco prima per incantare il Re. Il sortilegio aveva funzionato alla perfezione: evidentemente le insicurezze e le paure di Arthur erano ben più radicate di quello che aveva pensato. Era crollato in pochi giorni, quando lei invece si aspettava che avrebbe opposto molta più resistenza: meglio così, era tutto tempo guadagnato, che la avvicinava al compimento del suo piano.

Sperava solo che quel ragazzino odioso, Mordred, non le creasse problemi: lo vedeva troppo irrequieto, aveva paura che facesse qualche errore o che per impazienza mandasse all’aria tutto. Forse aveva sbagliato a non prevedere questa situazione.... Non avrebbe dovuto coinvolgerlo, avrebbe dovuto fare in modo che lui non fosse all’incontro con Arthur. Era l’unica nota dissonante in questo momento, e lei non amava le note dissonanti. Ma ormai era fatta.

E in fondo, pensò Morgause sorridendo, c’era sempre modo, prima o poi, per far sì che gli succedesse ‘qualcosa’...


Mentre era assorta, sentì Morgana e Mordred che ridevano insieme, ed un moto di gelosia la travolse. Lasciò a metà la pozione che stava distillando, sebbene sapesse che avrebbe dovuto ricominciare daccapo a prepararla, in seguito, e salì le scale di corsa. Trovò tutti in cucina, Morgana e Mordred seduti vicini che ridevano di gusto, evidentemente per qualcosa di molto divertente.

Quando arrivò vide l’espressione di entrambi mutare: quella di Mordred si fece cupa all’improvviso - sì, presto avrebbe dovuto trovare un modo per liberarsi di lui - mentre quella di Morgana si illuminò al vederla. Bene, la sua dolcissima Morgana ora reagiva a lei come doveva... ed era meraviglioso pensare che fosse lei stessa a farla sorridere.

Ignorando completamente Modred, si avvicinò a Morgana e le accarezzò una guancia, in un gesto d’affetto familiare per entrambe. Lei mise la sua mano su quella di Morgause, e le sorrise.

La bionda allora disse: “Di cosa ridevate voi due? Sembrava essere divertente... fate ridere anche me!”

Morgana rispose: “Mordred non vuole sentire cosa ho da dire sul mio rapporto con Arthur, quando eravamo ragazzi. Stavo giusto raccontandogli che da giovani ci piacevamo molto, e forse se le cose fossero andate diversamente... sarei diventata Regina per matrimonio!” Morgana scoppiò di nuovo a ridere, e Morgause le sorrise per non essere scortese, ma il solo pensiero di Morgana e Arthur sposati... le rivoltava lo stomaco. E non perché erano fratelli.

“Poi ho scoperto la mia magia, e ho scoperto che lui era mio fratello... e ovviamente tutta questa storia è diventata solo una barzelletta con cui divertirsi con gli amici. Ma da una parte mi dispiace... sarebbe stato sicuramente più facile... con il bonus di avere quel bel pezzo di ragazzo nel mio letto la sera!!” Di nuovo risate, e Mordred mentre rideva con Morgana si tappava le orecchie con fare giocoso canticchiando “LALALALA non sento non sento!”


Morgause era l’unica a non ridere: anche Nimueh, che era ad occhi chiusi quando la bionda era arrivata in cucina, sembrava essere uscita dalla sua meditazione e ridacchiava con gli altri.

Morgana allora guardò Morgause, e notando la sua espressione non proprio divertita, disse: “Va tutto bene sorella? Cosa c’è?”

La bionda forzò un sorriso sul suo viso e le rispose: “Non c’è nulla, solo che non mi piace sentirti parlare di Arthur in questi termini. Non vorrei che tu provassi ancora affetto per lui, e che questo potesse diventare un ostacolo alla realizzazione del tuo destino. Lui per noi è solamente una pedina... una pedina che ci... ti aiuterà a raggiungere quello che ti spetta. E devo essere sicura che tu non ti faccia scrupoli di alcun tipo, quando arriverà il momento.”

Morgana sgranò gli occhi, e si affrettò a rispondere: “Morgause, come puoi dubitare dell’odio che provo per Arthur, dopo tutto quello che ho fatto ai tempi di Camelot? Non ricordi quante volte ho provato ad ucciderlo? E quante cose ho fatto per mettergli i bastoni fra le ruote? Sii serena sorella, per lui non provo nulla se non repulsione e odio.”

“Sentirtelo dire mi rallegra, Morgana. Sono solo preoccupata per te...”

“Non esserlo, sto benissimo e so perfettamente cosa ci riserva il futuro, e cosa dovrò fare io per raggiungere il nostro obiettivo.”

Morgause la guardò con affetto, e le rispose: “Molto bene. Cosa ne dite di ordinare una cena esotica stasera? Cinese? O indiano?”

“Io voto per la cena indiana. Amo le spezie.” Morgana guardava la sorella mentre diceva queste parole, e lei sentì un enorme moto di affetto per la mora.

Prese allora il suo telefono dalla tasca, e chiese: “Butter chicken per tutti?”


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Merlin si girò verso Arthur, una volta che furono all’interno della camera da letto, al sicuro dalle battutacce di Gwaine. Lo guardò, e osservandolo finalmente con attenzione, si rese conto che era ridotto maluccio: I suoi abiti erano sporchi, pieni di macchie nere di qualche liquido che sembrava essergli colato addosso, e la cintura dei pantaloni gli stava larga - come se fosse dimagrito. Merlin non sapeva ancora cosa gli avessero fatto, ma di certo i pasti che gli avevano dato in quei pochi giorni erano stati frugali.

Non sapeva da dove cominciare: se proporre ad Arthur di andarsi a fare una doccia, per togliersi di dosso la sensazione di sporco, oppure se offrirgli del cibo e dell’acqua, o ancora se proporgli di medicare prima le sue ferite. C’erano mille cose da fare per lui, e Merlin voleva farle tutte insieme, pur di far dimenticare in fretta ad Arthur la sua esperienza degli ultimi giorni.

Arthur gli sorrise e, come se avesse letto nella sua testa l’imbarazzo della scelta, decise al posto suo: “Vado a farmi una doccia. Non sopporto più questi vestiti, credo che li brucerò!” Scoppiò a ridere, solo per piegarsi in due qualche secondo dopo e stringersi un braccio intorno al petto.


Merlin fu accanto a lui in un battito di ciglia, chiedendogli: “Arthur, stai bene? Cosa ti fa male? Di che si tratta? Dimmi!!”

Il biondo raddrizzò lentamente la schiena, e guardò Merlin con un sorriso sulle labbra. Disse: “Ahia... Decisamente qualche costola rotta. Ma non è la prima volta che mi succede: in missione per l’Intelligence questo tipo di infortunio era abbastanza comune. Meno male che hanno degli ottimi medici!”

“Anche io sono un ottimo medico! Sono un guaritore con - letteralmente - secoli di esperienza... Lascia che io ti curi.”

“Oh, certo... ho tutte le intenzioni di lasciarmi curare da te, ma non prima che abbia fatto una bella doccia. Mi faccio quasi schifo da solo, e non voglio che tu mi veda - o annusi - in queste condizioni!”

Merlin gli sorrise e disse: “Non dire stupidaggini! Bacerei ogni centimetro della tua pelle anche se tu fossi sporco di letame dalla testa ai piedi. E poi, vuoi che non conosca l’odore dei tuoi panni sporchi? Li ho lavati tutti i giorni per anni!”

Arthur fece uno sforzo visibile per non scoppiare a ridere di nuovo - evidentemente ridere non era gradevole con il dolore alle costole - e iniziò a spogliarsi. Sfilò la giacca, allentò la cintura dei pantaloni, e tirò fuori la camicia dalla cintura. Tolse i gemelli dai polsini, e poi passò ai bottoni sul davanti della camicia. Merlin lo fissava, ma non c’era assolutamente ardore nei suo occhi: le uniche cose che riusciva a a vedere erano i lividi che ricoprivano il corpo del suo amico, e man mano che ne scopriva di nuovi, la sua rabbia aumentava.


Arthur si spogliava ad occhi bassi, guardandosi i piedi, come se davvero si vergognasse dello stato in cui si trovava. Una volta che finì coi bottoni della camicia, però, alzò lo sguardo e disse: “Credo che dovrai aiutarmi a sfilarla. Ho difficoltà a fare movimenti ampi con le braccia.”

Merlin gli si avvicinò e con dolcezza sfilò prima una, poi l’altra manica, e poi già che c’era aiutò Arthur a togliersi i pantaloni.

Aveva fatto quei gesti centinaia di volte, da servitore, ma questa volta era diverso. L’aria si fece elettrica fra i due, l’intimità di quella situazione cresceva ogni istante, ma Merlin si impose di non pensarci, viste le condizioni di Arthur. Il biondo evidentemente non era dello stesso parere, però: si avvicinò al volto di Merlin, e gli diede un bacio all’angolo della bocca, con grande dolcezza, poi spostò leggermente le labbra fino a poggiarle completamente su quelle del moro.

Merlin rispose al bacio, ma dopo qualche secondo poggiò le mani sulle spalle di Arthur, e delicatamente lo spinse via. “Non è il momento, Arthur. Non sei in condizioni di fare.... niente del genere. Hai bisogno di cure, di mangiare qualcosa e di riposare, e non mi farai cambiare idea in nessun modo. Ora sbrigati e vai a fare la tua doccia... togliti di dosso i resti di quello che hai passato. Avremo tempo di continuare dove abbiamo interrotto l’altro giorno.”


Arthur lo fissò per un istante, poi gli sorrise e si allontanò da lui. Il suo sguardo era divertito e malizioso allo stesso momento, e Merlin non capiva il perché. Fino a quando... Arthur si girò di spalle, e si sfilò i boxer neri che portava, lasciandoli cadere per terra. Merlin fece un respiro profondo, e nonostante cercasse in tutti i modi di autocontrollarsi, non poté fare a meno di seguire la figura di Arthur con lo sguardo, mentre quest’ultimo afferrava un asciugamano dal guardaroba e se lo cingeva intorno alla vita, avviandosi poi verso il bagno.  Quando Arthur uscì dalla porta, coperto solo da un microscopico asciugamano bianco, con il suo corpo scolpito in bella mostra, Merlin si avviò anch’egli verso la porta: se Arthur continuava a stuzzicarlo così, buoni propositi o no, sarebbe crollato. Era un uomo, non un santo, in fondo. E sebbene avesse visto innumerevoli volte il corpo nudo di Arthur, ora era diverso: quel corpo era per lui una terra inesplorata, ricca di promesse e finalmente accessibile. Non vedeva l’ora di poter approfittare di queste novità.


Cercando un modo per distrarsi, decise di andarsi a procurare qualcosa da mangiare per Arthur ed uscì dalla stanza, con la testa piena di pensieri e desideri inconfessabili.


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Gwaine era felice: finalmente Arthur era tornato e tutto sommato sembrava stare bene. E vedere quella dimostrazione d’amore fra Merlin e il Re, poco prima, gli aveva lasciato un’enorme gioia dentro, oltre al desiderio di incollarsi addosso a Percival e non lasciarlo più. Il suo amante era dall’altra parte del salone, presissimo in una conversazione con Gwen e Lancelot, e lui lo osservò per qualche istante senza attirare l’attenzione: il suo corpo massiccio, tutto un fascio di meravigliosi muscoli, nascondeva un animo gentile e affettuoso, e questo di solito sfuggiva alle persone che lo conoscevano da poco. I suoi occhi si muovevano attenti fra Gwen e Lancelot, seguendo lo svolgersi della conversazione; le sue mani - meravigliose mani, capaci di cose da togliergli il fiato - gesticolavano spesso, come a voler sottolineare dei punti del suo discorso a cui teneva particolarmente.

Percival si girò nella sua direzione, e a Gwaine venne un tuffo al cuore, rendendosi conto ancora una volta di quanto amasse quell’uomo, e chiedendosi come fosse possibile che non se ne fosse accorto prima. Ora era per lui impossibile immaginare una vita in cui non aveva il suo uomo al suo fianco...


Il biondo si scusò con Gwen e Lancelot, e si avvicinò a Gwaine sorridendogli. “Era da molto che mi fissavi?” disse arrivandogli di fronte.

“Un po’...” rispose Gwaine, accarezzandogli un braccio.

“E cosa hai visto?” Percival ricambiò la carezza sul braccio dell’amico, e fece scendere la sua mano fino a intrecciare le dita con quelle del moro.

“La cosa più bella che esista in tutto l’universo...” rispose Gwaine, stringendogli la mano e poggiando l’altra dietro alla sua schiena, tirandolo verso di sé. Poi aggiunse: “Dannazione, Perce, mi stai trasformando in una quindicenne innamorata... mi mancano solo gli occhi a cuoricino!”

Percival sorrise ed accarezzò il viso di Gwaine: “E chi ti dice che sia un male? Io mi sento allo stesso modo. E lo adoro...”


Gwaine allora unì le sue labbra a quelle di Percival, e invece di baciarlo gli diede un morso sul labbro inferiore. Il biondo a sua volta morse il labbro superiore di Gwaine, dopo di che schiuse le labbra e andò a cercare con la lingua quella del suo amante. Il loro bacio divenne subito infuocato, fino a quando sentirono la voce di Gwen dall’altra parte della stanza: “Hey! Voi due piccioncini! Di camere in questa casa ce ne sono in abbondanza! Trovatevene una per fare cose a luci rosse... Per quanto sia felice per voi due e per Arthur e Merlin, sto iniziando a sentirmi una guardona, a vedere tutti questi baci appassionati!” Gwaine si girò a guardarla sorridendo, e vide che la donna si girava verso suo marito e aggiunse, a voce bassa: “Anche se tutti questi ormoni impazziti nella stanza mi stanno... come dire... stuzzicando...”

Lancelot ridacchiò sotto i baffi, e non se lo fece dire due volte: avvolse Gwen in un abbraccio appassionato, baciandola con ardore, e la prese in braccio, avviandosi verso la zona notte della casa.


Gwaine e Percival guardarono Elyan con aria interrogativa, e lui disse: “Non fateci caso. Succede spesso. Come se fosse ancora il primo giorno.”

I due amici scoppiarono a ridere, ed Elyan si unì a loro. L’umore di tutti era decisamente migliorato con il ritorno di Arthur.

Parlando di Arthur, Gwaine si chiese come stesse andando a quei due... e proprio in quel momento dal corridoio sbucò Merlin, che aveva un’aria piuttosto sconvolta. Gwaine, sorridendo, pensò che probabilmente le cose stavano andandogli molto bene, a giudicare dalla sua faccia.


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Merlin era ancora sottosopra per quanto era accaduto in camera da letto... c’era voluta tutta la sua forza di volontà per non saltare addosso ad Arthur in quel momento stesso. E lui sembrava divertirsi molto a stuzzicarlo. Ah, ma appena si fosse rimesso dalle torture di Morgause, glie l’avrebbe fatta pagare... e si sarebbe divertito da morire nel farlo.

Merlin uscì dalla stanza di Arthur giusto in tempo per vedere Lancelot e Gwen entrare nella loro camera da letto... baciandosi appassionatamente come se fossero usciti da un film anni ‘40. Arrivò in salone e trovò Percival, Gwaine ed Elyan che ridevano a crepapelle. Li guardò e, con aria interrogativa, indicò oltre le sue spalle, verso le camere da letto. Gwaine cercò di smettere di ridere e gli rispose, ancora sorridendo: “Gwen aveva un po’ di bollenti spiriti, e suo marito ha ben pensato di rimediare!”


Merlin allora si unì alle risate, e pensò che era bello vedere tutti così felici. Elyan gli chiese: “Come sta Arthur?”

Il mago rispose: “Non male, ma non l’ho ancora visitato, visto che ha preferito prima farsi una doccia; dovrebbe avere il naso e qualche costola rotta, da come mi ha detto. Vedrò di guarirlo con la magia. Ora gli rimedio qualcosa da mangiare e poi torno di là a medicarlo.”

Gwaine commentò: “E mi raccomando giocate al dottore dopo eh??”

Merlin lo guardò e gli disse, fingendo di essere offeso ma con il sorriso sulle labbra: “Piantala Gwaine, quello che facciamo in camera da letto non ti riguarda!”

E Gwaine rispose: “Ma come non mi riguarda!! Riguarda tutti noi! Basta musi lunghi! Pensa come sarete allegri e rilassati tutti e due dopo una bella sc... AHIA! Perce ma la pianti di prendermi a pugni?”

“E tu piantala di essere inappropriato!” rispose il biondo.

“Non sono inappropriato!! Dico solo le cose come stanno! Guarda che te la faccio pagare eh??” disse Gwaine iniziando a dare dei pizzicotti a Percival.

Elyan a questo punto sospirò e, con un’espressione fra il divertito e l’esasperato, disse: “Ragazzi, vado a fare una passeggiata, troppi ormoni impazziti dentro a questa casa!!”


Merlin lo guardò come a chiedere scusa, e quando lui si chiuse dietro la porta dell’appartamento, il mago si diresse verso la cucina, aprendo il frigo e un po’ di mobili per cercare qualcosa con cui preparare un panino ad Arthur.

Mentre preparava un sandwich per l’amico, sentiva Gwaine e Percival che continuavano a bisticciare e ridacchiare in salotto. Quei due erano così dolci che quasi gli cariavano i denti. Ed era davvero felice che finalmente avessero chiarito i loro sentimenti e potessero vivere appieno il loro rapporto.

Dopo qualche minuto, Merlin prese il sandwich che aveva preparato per Arthur e un bicchere di succo d’arancia, e tornò in camera da letto. Immaginava di trovare Arthur già lì, ma evidentemente il suo amico si stava prendendo il suo tempo nella doccia. Allora raccolse i vestiti di Arthur, mettendoli da parte per lavarli (o bruciarli, come gli aveva detto di voler fare lui), e mentre raccoglieva i suoi pantaloni guardò con attenzione le macchie che erano rimaste ancora su di essi.


Quelle macchie nere gli ricordavano qualcosa... avvicinò i pantaloni al viso e annusò, e quello che sentì gli mandò in tilt il cervello: l’odore era inconfondibilmente quello della pozione che veniva usata nell’incantesimo della mandragola. Improvvisamente gli venne in mente che era possibile che Arthur non fosse in sé, che fosse controllato da Morgause, come Gwen era stata sotto il controllo di Morgana ai tempi di Camelot.

Pensò fra sé e sé che non poteva essere, che non era possibile, che Arthur non sarebbe mai caduto in quella trappola. Ma poi ripensò a quanto fosse stato facile salvarlo: non aveva incontrato nessuna resistenza, come se Morgause e gli altri volessero che lui lo trovasse, ed iniziò a temere che veramente non potesse più fidarsi di lui. E il pensiero gli dilaniava il cuore...


In quel momento, Arthur entrò dalla porta seminudo, con i capelli ancora bagnati ed un sorriso smagliante sul volto, e Merlin lo guardò e abbassò gli occhi guardingo, in attesa di capire cosa dovesse fare con lui.

Il Re gli disse allora: “Beh, Merlin? Cos’è questa faccia? Non sei felice di rivedermi?” e gli si avvicinò fino quasi a sfiorarlo. Il moro trattenne il fiato, perché fiducia o no, la vicinanza di Arthur lo sconvolgeva sempre. Ma poi pensò che per il momento era inutile affrontare il Re e chiedergli cos’era successo con Morgause: comunque doveva medicarlo, ed era sicuro che presto si sarebbe reso conto della sua onestà, o dell’inganno che Arthur, suo malgrado, aveva teso ai suoi danni.

Gli sorrise allora, abbracciandolo, e annusò il suo odore misto al bagnoschiuma, che gli riempì le narici. Si staccò da lui e gli disse: “Ora vestiti, o almeno metti un paio di pantaloni: devo essere lucido per visitarti e curarti, e se rimani così... nudo... non ti assicuro che ci riuscirò!”

Arthur si fece una risata, e rispose: “E chi ti dice che non sia esattamente quello che voglio?”

“Arthur... piantala. Le tue ferite vengono prima di tutto, adesso. Poi mangerai qualcosa... e dopo si vedrà!”


Arthur provò ad avvicinarsi di nuovo a Merlin, ma questi protese la mano destra e le braccia del biondo finirono dietro la sua schiena, come bloccate da una corda invisibile. Gli occhi di Merlin erano d’oro quando li alzò, guardando il suo Re con aria di sfida, dicendogli: “Ho detto, vai a vestirti. Ricordati con chi hai a che fare, testa di fagiolo...”

L’espressione di Arthur era a metà fra il divertito e l’oltraggiato, ma si arrese andando verso l’armadio. Una volta lì di fronte disse: “Ehm... Merlin, avrei bisogno delle mani, per vestirmi... a meno che non voglia farlo tu per me...”

Il mago rise e disse: “Non stavolta, Arthur. Ne riparleremo...” e sussurrò di nuovo un incantesimo, liberando le mani di Arthur. Poi si girò e chiese: “Dove tieni la cassetta del pronto soccorso?”

Arthur, da dentro la cabina armadio, rispose: “In bagno, sotto al lavandino.”

Merlin allora uscì dalla stanza ed andò a recuperare la cassetta con l’occorrente per la medicazione. Sapeva che avrebbe agito principalmente con la magia, ma comunque tutte quelle cose potevano tornargli utili.


Quando rientrò in camera di Arthur, lo trovò sdraiato sul letto, con le mani dietro la testa, a torso e piedi nudi, e con indosso un paio di pantaloni grigi, probabilmente un pigiama.

Lo guardò per un istante, poi gli disse: “Bravo, vedo che quando vieni... incoraggiato al modo giusto, sai anche ubbidire. Devo ricordarmelo...”

Il biondo rispose: “Divertente il giochino delle corde magiche... potremmo provare ad usarlo di nuovo, in situazioni più intime...”

Merllin sgranò gli occhi e gli sorrise: “Ah... non ti facevo uno da bondage...”

Arthur rispose: “Nella vita bisogna provare tutto no? Basta avere accanto la persona giusta...”

A Merlin si strinse il cuore a pensare che era possibile che Arthur non fosse in sé, e che stesse solo facendo quello che Morgause gli aveva ordinato... sperava davvero di sbagliarsi.

Si avvicinò al letto, ed aprì la cassetta del pronto soccorso. Strofinò le mani una contro l’altra per riscaldarle, visto che l’ansia le aveva rese ghiacciate, e finalmente si tolse le scarpe e si sedette sul letto accanto ad Arthur.


Gli disse: “Ora voglio che tu stia fermo. Ho bisogno di concentrarmi, per sentire in che condizioni sono le tue ossa e i tuoi organi, e non posso venir distratto, ok?”

Arthur annuì e Merlin chiuse gli occhi. Stese le mani sul petto di Arthur, quasi sfiorandolo, e sussurrò un incantesimo. La sua magia fece il resto: Arthur aveva due costole rotte, e un piccolo versamento interno. Doveva star soffrendo abbastanza, anche se non sembrava assolutamente: era evidente che non era la prima volta che subiva delle ferite. Merlin si concentrò di nuovo, e sussurrò, varie volte di seguito, Ic þe þurhhæle þin licsare, spostando le mani sul petto di Arthur, muovendosi da un livido all’altro. L’incantesimo sembrava funzionare, perché i segni sul corpo del Re stavano man mano sparendo.

Una volta che Merlin fu sicuro che i danni fossero stati tutti riparati, aprì gli occhi e, guardando Arthur con un sorriso, gli chiese: “Come ti senti?”

Il biondo gli sorrise di rimando e disse: “Questa magia torna davvero utile. Mi sento come nuovo... A parte il naso. Quello mi fa ancora male.”

Merlin allora ripeté l’incantesimo tenendo le mani stese sul volto di Arthur, finché non sentì che anche quell’osso era stato riparato. Ora rimaneva solo il taglio che Arthur aveva sul labbro inferiore... e Merlin non resistette. Si avvicinò con il viso a quello di Arthur, e sussurrò di nuovo l’incantesimo, unendo alla fine le sue labbra a quelle dell’amico. La sua pelle fece da conduttore all’incantesimo, e lui stesso sentì una scossa elettrica che gli attraversò le labbra, posate su quelle del suo Re, in un bacio dolce ed innocente.


Arthur fece un sussulto, trattenendo il respiro per un istante alla sensazione che lo pervase, evidentemente più pungente di quella che aveva esperito durante i precedenti incantesimi risananti. Afferrò la testa di Merlin tirandolo accanto a sé sul letto, e la sua bocca si unì di nuovo a quella del mago in un bacio più appassionato che fece perdere a Merlin la cognizione del tempo e dello spazio. Tutto intorno a lui era Arthur, e pensare che per giorni aveva creduto di averlo perso di nuovo, era ora inconcepibile. C’era solo lui nella sua vita, nel suo mondo. Lui era il suo universo, e i suoi baci il suo ossigeno.

Ma poi Merlin ricordò i suoi dubbi su Arthur e l’incantesimo, e ricordò anche che il suo Re non aveva ancora mangiato nulla, e si obbligò a staccarsi da lui. Lo guardò ansimando, e gli disse: “Non abbiamo ancora finito. Devi raccontarmi cos’è successo, e devi mangiare qualcosa. Non tentarmi troppo o non riuscirò più a ragionare...”

Arthur fece per riavvicinarsi a Merlin, ma il giovane tese una mano verso di lui, in una velata minaccia che avrebbe usato di nuovo la magia per obbligarlo a fare quello che voleva... e Arthur sbuffò, ma si sedette appoggiando la schiena alla spalliera del letto, e prese il piatto che era poggiato sul comodino accanto a lui.

Si mise a mangiare con avidità, come se solo in quel momento avesse ricordato di aver fame, e mentre addentava il sandwich iniziò a raccontare cosa gli era successo da Morgause.


Merlin lo ascoltava con attenzione, ma non commentava nulla: voleva sentire la versione di Arthur per poter giudicare quanto fosse onesto, visto che lui sapeva già cosa gli fosse successo.

Arthur stava raccontando: “...vedevo tutti i cavalieri e Gwen che mi dicevano quanto li avessi delusi, e la mia reazione era quella di odiare tutti loro. Mi sento ancora in colpa per aver pensato certe cose... e quelle urla mi entravano nel cervello e mi torturavano più di qualsiasi violenza mi potesse fare Morgause. Poi sei arrivato tu...”

Merlin si tese in ascolto, perché intuiva che il racconto stava per concludersi.

“Mi hai detto delle cose orribili. Mi hai detto che ero un fallimento. E che non mi amavi... che me lo avevi detto, mentendomi, solo per vendicarti delle mie angherie...”

Arthur si fermò per un istante, e un sospiro gli scosse il petto. Merlin lo guardò, e quello che vide gli spezzò il cuore. Arthur ci aveva creduto. Com’era possibile che avesse creduto nell’illusione creata nella sua mente dall’incantesimo? Come poteva dubitare del suo amore?

Arthur alzò gli occhi, e prese le mani di Merlin, continuando: “...Ma poi ho ricordato che mentre dicevi di amarmi, il tuo sguardo era aperto e sincero, messo a nudo dal nostro primo bacio, e ho ricordato che in esso avevo letto l’onestà e la fedeltà di un amico, ancor prima che l’ardore di un innamorato. E questa è stata la scintilla che ha fatto tornare in me la ragione. Le urla erano sparite, i fantasmi sconfitti. Sei stato tu a salvarmi, Merlin. Anche questa volta.”


Merlin studiò per un attimo l’uomo che aveva davanti, e in lui vedeva solo una cosa: sincerità. Voleva davvero credere che quanto detto da Arthur fosse vero, e da come conosceva il suo Re e compagno di vita, sembrava così. Ma non poteva esserne sicuro, non poteva fidarsi ciecamente delle sue parole, anche se sembravano venire dal cuore. Lasciò allora che la sua magia si protendesse verso il suo Re, e, usandola come un sesto senso, toccò l’essenza di Arthur: in quel momento lui stava dicendo un’enorme bugia, o un’assoluta verità, e testando la sua essenza Merlin si sarebbe accorto di quale delle due cose stava accadendo.

La magia toccò, accarezzò e assaggiò Arthur, e tornò indietro pulita, rassicurata e rasserenata. L’aura di Arthur era come sempre candida e smagliante, così brillante che quasi accecò la vista interiore di Merlin.

Il mago aprì gli occhi, e si lanciò al collo di Arthur, finalmente convinto che non doveva temere dell’onestà del suo uomo.

Abbracciandolo, gli disse: “Ma... se l’incantesimo di Morgause non è riuscito, come hai fatto a scappare?”

Arthur lo allontanò da sé e, sorridendo gli disse: “Beh, non era necessario che loro lo sapessero, che l’incantesimo era stato un insuccesso... ho finto che mi avessero convertito alla loro causa. Ho semplicemente dato loro quello che volevano.”

Merlin sorrise e gli disse: “Tu sei un genio. Il mio genio.” E lo baciò con passione, sereno nella convinzione che non gli stesse mentendo.

Si abbracciarono sdraiati, e dopo qualche minuto si addormentarono entrambi, sfiniti dagli eventi della giornata, ma non prima che Merlin facesse un incantesimo ad una coperta, che si spostò da sola dall’armadio fino a coprirli entrambi. Erano sereni, uno nelle braccia dell’altro, e in quel momento non avevano nulla da temere.


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Gaius entrò a Palazzo a passo spedito, seguito da vicino da Leon, e si avviò immediatamente verso le camere da letto, per andare a visitare Arthur e parlare con lui, ma mentre stava per arrivare alla porta della sua camera, lo raggiunse Gwaine che gli posò una mano sulla spalla, e fece segno di no con la testa. Gaius lo guardò con aria interrogativa e Gwaine gli fece segno di stare zitto e indicò il salone.

L’anziano stregone lo seguì, e si sedette sul divano che gli stava indicando Gwaine.

Chiese allora: “Che sta succedendo?”

Gwaine si sedette di fronte a lui, e gli sorrise, dicendo: “E’ almeno un’ora che di là c’è silenzio... Arthur e Merlin staranno probabilmente riposando. Sono stati giorni difficili per entrambi e non è il caso di disturbarli. Merlin ci ha detto che avrebbe curato lui Arthur, quindi non c’è fretta che tu vada di là. Possiamo stare tranquilli, sappiamo che il nostro Re è in ottime mani.”


Gaius sospirò, ma di sollievo. Era certo che Merlin lo avesse ormai superato nelle capacità di guaritore, visto che il ragazzo aveva dimostrato un’affinità con quella branca della magia fin dall’epoca di Camelot, ed aveva avuto millenni di tempo per raffinare le sue doti.

Leon arrivò accanto a lui, e gli chiese: “Vuoi da bere, Gaius?”

Lo stregone rispose: “Se ci fosse un po’ di tè, lo apprezzerei molto.”

“Ne metto a fare un po’. Gwaine, Perce? Ne volete?” Entrambi annuirono, e Leon mise a scaldare l’acqua.

“Cosa vi ha detto Arthur?” chiese Gaius.

Percival rispose: “Non ha voluto parlare. Era stanchissimo, probabilmente aveva bisogno di riposarsi e mettere in ordine le idee, prima di poterci raccontare quello che gli era successo. Non lo biasimo... sembrava che non se la fosse passata benissimo...”

Gaius annuì pensoso, e aggiunse: “Allora aspetteremo. Diamogli tempo per riprendersi.”

Leon diede a tutti una tazza di tè, e si misero a chiacchierare del più e del meno, anche loro provati dai giorni precedenti.”


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Arthur aprì gli occhi, e guardando fuori dalla finestra si rese conto che stava facendo buio. Sembrava piovere a dirotto - una cosa non strana a Londra - e quel clima gli lasciava solo voglia di stare a letto tutto il giorno. Si sentiva ancora stanco, ma senza il dolore delle sue ferite, che Merlin aveva guarito ore prima, stava molto meglio.

Merlin... il moro era abbracciato a lui sotto la coperta, ancora addormentato, e il calore del suo corpo era una sensazione meravigliosa. Era come se il loro mondo iniziasse e finisse sotto quella coperta, su quei cuscini e in quel calore. Arthur non voleva svegliarlo, quindi rimase fermo ad osservarlo qualche minuto. Finalmente era suo, e dopo quello che aveva passato ed esperito negli ultimi giorni, poteva tranquillamente dire che nessun potere, nessun regno, gli importava quanto avere il suo uomo fra le braccia.

Un tuono scosse i vetri della casa, e Merlin si svegliò di colpo dicendo “Arthur...!”

Il biondo gli accarezzò la testa, dicendo: “Shhh... tranquillo... sono qui con te.”

Merlin alzò la testa, e la sua espressione assonnata, unita ai suoi capelli sottosopra dopo il sonno, intenerirono Arthur che gli diede un bacio sulla testa.


Merlin gli sorrise e tornò ad appoggiare il viso sulla spalla del suo Re, e con un filo di voce disse: “Che bella sensazione svegliarmi qui con te... non voglio mai più svegliarmi da solo, Arthur.”

“Per quello che è in mio potere, non succederà mai più. Non dormivo così bene da... probabilmente non ho mai dormito così bene. La tua presenza qui mi rasserena.”

“E’ assolutamente lo stesso per me, Arthur.” Dicendo questa frase, Merlin alzò la testa e diede un tenero bacio al suo amante. “Buongiorno, amore.”

Arthur sorrise e ricambiò il bacio, aggiungendo: “Più che buongiorno, buonasera, amore... Come vedi sta facendo buio. Abbiamo dormito praticamente tutto il giorno.”

Merlin si guardò intorno, e vide il grigiore del cielo, e le gocce di pioggia che rimanevano attaccate alla finestra. “Che tempo... invita proprio a rimanere sotto le coperte tutto il giorno...”

“E chi ci vieta di farlo?” rispose Arthur, baciando di nuovo Merlin con più insistenza.


Merlin disse, con una vena di ansia nella voce: “Arthur, ci staranno tutti aspettando... vorranno sapere come sono andate le cose. Dobbiamo provare a catturare quei quattro, e dobbiamo muoverci velocemente se vogliamo...”

Merlin aveva continuato a parlare mentre le labbra di Arthur attaccavano le sue, ma a questo punto si azzittì e si dedicò a ricambiare i baci del suo amante.

Arthur si staccò per un istante da lui: “Lasciali aspettare, Merlin. Sai che per ora i nostri nemici non scapperanno, credono di avermi in loro potere e non temono nulla. Qualche ora in più non cambierà le cose. E io ho in mente un ottimo modo per occupare queste ore... molto meglio che stare a parlare con i nostri cavalieri e Gaius...”

Le sue labbra si avvicinarono di nuovo a quelle di Merlin, e il moro smise di opporre resistenza, e si abbandonò ai baci.

Le mani di Arthur si fecero più ardite, e il biondo accarezzò Merlin sul collo, poi sulla schiena, e la sua mano si fermò per un istante sulla cintura dei suoi pantaloni. Il moro non se lo fece dire due volte, e si alzò a sedere togliendosi la felpa e la maglietta che ancora indossava. Il suo corpo era come una statua, la pelle candida ricoperta in alcuni punti da una lieve peluria scura, e Arthur non potè fare a meno di pensare che il suo amante era più muscoloso di quello che sembrava a vederlo vestito.


Merlin a sua volta abbassò gli occhi e osservò il torso nudo di Arthur, e il Re non era mai stato così felice di essersi tenuto in forma per tutta la sua vita. Sapeva di essere attraente, ma fino a quel momento non gli era mai interessato granché: il suo aspetto fisico era solo un’arma in più quando doveva guadagnarsi i favori di qualche persona importante per l’Intelligence.

Ora invece... il suo corpo sarebbe diventato un punto d’unione con l’amore della sua vita, e finalmente anche questo aspetto della sua esistenza avrebbe acquistato un nuovo significato. Da quando si era reincarnato, non era mai stato con una donna, né con un uomo, ma ricordava ancora la sua vita precedente, in cui aveva avuto molte donne, tra cui Gwen. La scarsa passione che aveva provato per tutte loro non era mai stata importante per lui: il Regno e la sua dedizione ad esso era sempre venuto prima di tutto. Ma tutto ciò scompariva davanti all’attrazione che provava per Merlin, ed averlo finalmente lì con sé, alla sua mercé, gli dava alla testa: si sentiva quasi ubriaco delle sensazioni che provava.


Merlin tornò a sdraiarsi, il suo sguardo scuro dall’eccitazione, e Arthur pensò che non aveva mai visto nulla di più bello. Il biondo lo guardò, e prima di sdraiarsi accanto a lui disse: “Mi sembra incredibile averti qui, non credo di aver mai desiderato null’altro così tanto come desidero te.”

Merlin lo guardò e gli disse: “E allora prendimi: sono tuo, lo sono sempre stato e lo sarò per sempre, per tutte le mie vite future.”

Arthur si chinò su di lui, e riprese a baciarlo con passione, poi si staccò di nuovo e disse: “Sai, mi piacerebbe averti potuto amare nelle mie stanze, a Camelot... era lì e a quel tempo che sarebbe dovuto succedere...”

Merlin lo guardò per un istante, e poi, sorridendo, disse: “Ogni sua richiesta è un ordine, Sire.”

Sussurrò una frase in una lingua antica e incomprensibile per Arthur, e la realtà intorno a loro sembrò cambiare. La camera sparì lentamente, offuscandosi e diventando sfocata, fino a che quello che vide Arthur lo lasciò senza parole: attorno a loro c’erano le mura antiche del castello, e sopra di loro il baldacchino con i drappi rossi che coprivano il suo letto a Camelot.

Guardò Merlin, ancora una volta ammirando i suoi poteri che immaginava senza limiti, e Merlin disse: “Ovviamente è solo un’illusione, ma dovrebbe fare al caso nostro no?”


Il Re a quel punto si stese sopra al suo stregone, e i loro baci si fecero più appassionati, le loro mani più audaci e, mentre attorno a loro si scatenava un temporale con i lampi che squarciavano il cielo, finalmente diventarono una persona sola, suggellando un’unione spirituale che li aveva accompagnati per quasi tutte le loro vite.


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Nota dell’autrice:

Per la versione completa della prima volta dei nostri eroi, passate qui:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1767317&i=1

Ovviamente questa appendice è a bollino rosso! :)

Valeria

  
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