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Autore: Bale    15/04/2013    2 recensioni
"E’ incredibile. Sono passati talmente tanti anni che quasi avevo rimosso dalla mia mente la storia con lui. Eppure sembra non essere passato nemmeno un giorno. Ci comportiamo normalmente, come sempre. Come allora"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sono distratta. Una signora si siede davanti a me, alla mia scrivania. Mi sorride. Potrebbe essere mia nonna.

Sono talmente disperata che vorrei gettarmi tra le sue braccia per ricevere un po’ di amore materno.

Ovviamente non lo faccio. Stringo gli occhi e cerco di ricordare cosa è venuta a fare. Finalmente mi si accende la lampadina: devo farle firmare dei documenti.

Li recupero dal fondo di un cassetto della mia scrivania e glieli porgo. Lei con calma prende gli occhiali e se li mette. Io le porgo anche la penna.

Dovrà mettere almeno una dozzina di firme. Ho tutto il tempo di distrarmi ancora.

Edoardo è sempre nei miei pensieri. Non li ha mai lasciati da quando l’ho rivisto in quel bar. Sono un’illusa, una stupida. Una perfetta idiota.

Ripenso alle parole di Valeria. Mi ha suggerito di parlare con lui. Devo capire.

Ha ragione, non ci sono dubbi. Dopo il lavoro andrò da lui al ristorante. Gli parlerò, gli chiederò tutto ciò che voglio sapere e lui dovrà rispondermi.

Mi torna in mente l’interrogativo con il quale mi sono addormentata ieri sera. Chi sarà mai la sposa?

Non sono più tanto sicura di volerlo sapere. Se i miei sospetti dovessero dimostrarsi fondati, ne uscirei distrutta e non posso permettermelo.

Un altro interrogativo mi invade all’improvviso la mente: lo amo ancora?

Scuoto la testa con forza, attirando l’attenzione della mia cliente.

-Tutto bene?-   mi chiede.

-Un po’ di emicrania-    rispondo con cortesia.

Lei ritorna alle sue firme, io ai miei pensieri.

No, non lo amo più. L’effetto che mi fa è dovuto ai rimpianti, ne ho troppi. Avrei voluto che le cose fossero andate diversamente, tutto qui. Ora più che mai, però, non si può più tornare indietro. Lui sposerà un’altra donna ed io andrò avanti con la mia vita.

Per andare avanti, però, ho bisogno di risposte. Non devo aver paura. Lui me le darà e vivremo tutti felici e contenti.

Sbuffo. La mia cliente alza di nuovo la testa, ma solo per qualche secondo.

Non è così semplice.

La signora mi riconsegna i documenti firmati con un sorriso dipinto in volto. Cosa avrà da ridere tanto?

-Molto bene-   dico afferrandoli   -Allora ci vediamo tra una settimana per il ritiro dei contanti-

Lei annuisce e fugge via. Deve aver pensato chissà cosa di me e del mio malumore.

Sbircio l’orologio. E’ quasi ora di pranzo, ma io non ho fame.

Mi chiedo se sia questo il momento giusto per andare da Edoardo o se sia meglio aspettare il pomeriggio.

Il direttore della filiale entra nel mio ufficio distogliendomi dai miei pensieri.

-Oggi si chiude prima!-   mi annuncia sorridente.

Io lo guardo senza capire.

-Siamo senza cassiere!-   continua entusiasta   -Puoi andare via prima, a meno che tu non abbia delle pratiche importanti da sbrigare-

La notizia giunge del tutto inaspettata. Guardo confusa la mia scrivania e non vedo nulla fuori posto. No, non ho nessuna pratica in sospeso, nonostante la mia eccessiva distrazione degli ultimi giorni.

-Allora buon fine settimana!-

Il direttore esce dal mio ufficio e soltanto ora realizzo a che giorno della settimana siamo. E’ Venerdì.

Di solito io adoro il Venerdì, ma oggi proprio non riesco a rallegrarmi. Sbuffo di nuovo e raccolgo la mia borsa. Fuori fa caldo, molto caldo.

Chiudo tutte le cartelle e le ripongo nei cassetti, poi esco nel corridoio.

-Allora ci vediamo Lunedì-   annuncio con un timido cenno di saluto.

I miei colleghi mi rispondono in maniera un po’ confusionaria.

Esco fuori e l’aria afosa mi riempie i polmoni. Siamo solo a Giugno e fa già molto caldo.

Mi passo una mano sulla fronte mentre decido cosa fare.

Vorrei scappare a casa, chiudermi dentro e mangiare gelato fino a scoppiare, ma so che non posso. Devo parlare con lui, devo assolutamente farlo.

Mi dirigo, quindi, verso il suo ristorante. Arriverò in pochi minuti, non è molto distante. Rallento il passo e cerco di pensare a cosa dirò.

Cosa c’è da dire? Voglio una spiegazione, punto. Me la deve.

Svolto l’angolo e senza accorgermene mi ritrovo già lì. Le porte del locale sono aperte e si vedono i lavori in corso.

Edoardo è lì fuori. Mi dà le spalle. E’ al telefono. Ha un tono di voce abbastanza alto ed io riesco a sentire quello che dice.

-Certo certo, sarà tutto pronto. Promesso-

Riattacca, ma non si volta.

-Potete andare a mangiare qualcosa-   comunica ai muratori.

Loro blaterano qualcosa in risposta, poi spariscono dietro l’altro angolo della strada.

E’ in quel momento che Edoardo si volta e mi vede. Io non faccio in tempo a nascondermi. In realtà non voglio nascondermi.

Spalanca la bocca non appena realizza chi sono e mi viene incontro tendendo una mano.

-Paola-   sussurra.

Io gli concedo un sorriso gelido, ma non afferro la sua mano. Lui la mette giù.

-Dobbiamo parlare-   annuncio con tono severo.

Lui annuisce. E’ davvero stupito.

-Ti porto a mangiare qualcosa al…-

-Non possiamo entrare un attimo qui?-   lo interrompo indicando il suo locale.

-Non si può ancora mangiare qui-

-Io non voglio mangiare, voglio parlare-

Mi avvio verso il suo locale ed entro. I lavori sembrano essere a buon punto. Non deve mancare molto all’inaugurazione e al suo ritorno a casa.

Dopo essermi guardata un po’ intorno, mi volto verso di lui.

-Chi è la sposa?-   la domanda mi esce dalla labbra prima che io possa rendermene conto.

Lui spalanca gli occhi come se avesse ricevuto un ceffone.

-Credevo volessi sapere perché ti ho portata fuori a cena se sto per sposarmi-   risponde dopo qualche minuto di silenzio.

Sta evitando la mia domanda, ma va bene comunque.

-Va bene-   acconsento   -Allora rispondi a questo se preferisci-

Lui sospira e china lo sguardo. Per la seconda volta da quando l’ho rivisto, mi ritrovo a pensare, o forse a sperare, che lui mi dica di amarmi ancora.

-Il primo amore non si scorda mai-   risponde stringendosi nelle spalle.

Vorrei dargli un ceffone e proprio non so cosa mi trattiene.

Lo guardo indispettita, in attesa di una risposta migliore.

-Rivederti è stato bello-   riprova   -Sono passati dodici anni ed io non volevo lasciarti andare di nuovo. Non volevo perdere questa occasione-

-Hai una moglie che ti aspetta a casa!-   sbotto.

Il suo viso diventa improvvisamente severo, duro. Stringe la mascella e mi guarda con espressione glaciale.

-Credi di essere l’unica ad avere dei rimpianti?-   urla   -Credi di essere l’unica ad aver sofferto?-

Lo guardo stupita e non rispondo.

-Mi sei apparsa in quel bar e io ho fatto quello che mi diceva il cuore!-

Faccio qualche passo indietro. Sono spaventata.

-Cosa stai cercando di dirmi?-   chiedo stringendo gli occhi.

Lui sbuffa. Con una mano fa cadere un martello che per poco non gli finisce su un piede. Sembra stia lottando contro se stesso.

-Vuoi sapere se ti amo ancora?-

I suoi occhi finalmente incontrano i miei e mi saziano. All’improvviso mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere in questi anni senza i suoi occhi verdi.

Non annuisco e non nego, ma lui prosegue comunque.

-Credevo di no, credevo di averti dimenticata-   prosegue con lo sguardo fisso nei miei occhi   -Ma poi ti ho rivista-

Prova esattamente quello che provo io. E io non so quello che provo.

Siamo stati lontani e ci siamo dimenticati, ma ora che ci siamo rincontrati è cambiato tutto.

-Mi dispiace-   conclude poi chinando il capo.

Io faccio di nuovo un passo verso di lui e gli accarezzo il viso.

-Chi è la sposa?-

Non riesco a ricordare il nome di quell’impicciona che ci fece lasciare, ma sono quasi sicura che non sia lei.

Lui sospira ancora. Poi, con il capo ancora chino, risponde:

-Rosita-

Ecco il nome che non riuscivo a ricordare.

   
 
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