Ho sentito dire che c'è un
matto in giro
con le tasche piene di parole
e sogni che nessuno
ha realizzato,
e non sa coltivare, se non
dentro la sua testa vuota
e dentro le speranze di chi
non ha mai deciso niente.
Sono ancora avvolti in
cellophane e carta d'alluminio,
e pesano di tutti quei
rimpianti che ogni uomo ha dentro
e pensano che siano ottimi
rimedi contro il tempo,
perché possa un giorno
muoversi in un altro senso.
(Quel matto sono io, Negramaro)
LUI.
E così mi sono innamorato di
lei: come il peggiore degli stupidi, innamorato della ragazza di mio
fratello.
Sciocco, da parte mia, perché si sa: Hermione
apparterrà sempre a Ron, non c'è dubbio; eppure sono finito in
questa situazione, e mi rendo conto solo ora che dovevo scappare,
finché ero in tempo.
Perché non è successo in un lampo, di
avvisaglie ce ne sono state, ma forse all'inizio sono caduto nel
tranello più ovvio del mondo: non ci credevo, era impossibile.
Ma
allora era una cosa difficilmente catalogabile anche come
infatuazione, per cui rimanevo forte della mia teoria, e non davo
peso al fatto che qualcosa smuovesse il mio stomaco quando lei era
nelle vicinanze; qualcosa che mi spingeva a considerarla
interessante, nonostante fosse solo una ragazzina saputella.
In
fondo ai tempi l'avrò vista una volta o due; poi ci fu il matrimonio
di Bill, e in quell'occasione mi trovai a pensare pericolosamente che
tutto sommato era carina, a modo suo. No, quel giorno era decisamente
carina, ma non avrei dovuto pensarlo, non avrei dovuto ricordarlo, in
seguito. Doveva essere più il genere di pensiero: “Oh, sono fiero
che il mio fratellino si sia trovato una bella ragazza”; e invece
no, guardandola, quella sera, avevo capito che quella leggera stretta
allo stomaco che percepivo era sintomo d'interesse: dovetti sedermi,
per frenare l'impulso di avvicinarmi a lei; ma continuai a guardarla,
consapevole del mio errore.
Ignaro che Hermione mi avrebbe dato
mille altri motivi per continuare ad accorgermi di lei, sono stato
stolto a non pensare che avrei raggiunto il punto di non ritorno.
Durante la battaglia, quasi un anno dopo, c'era ben poco da
pensare a queste cose, chiaro; ma pur con il cervello impegnato dalle
strategie, il fisico dagli scontri e il cuore dai lutti che
aumentavano sempre di più, una parte latente di me la notava:
l'ammiravo, era forte, intelligente, era impossibile non rendermene
conto.
E poi, quando pensammo di aver finalmente raggiunto la
meritata pace, ci fu l'altra faccenda...
Sono solo un
matto.
Erano passati sei mesi dalla sconfitta di Voldemort, il
mondo magico si stava rialzando dalle sue ceneri ricostruendo ciò
che era stato distrutto, asciugandosi le lacrime per coloro che aveva
perso, e io, dopo un periodo a casa, ero tornato in Romania.
Anche
così lontano trovai incredibile come ciò che era accaduto a
Hogwarts fosse risuonato in tutto il mondo, e di come tutti, ognuno a
modo proprio, vi avessero partecipato.
La vita era ripartita, la
solita routine aveva iniziato ad inanellarsi un giorno dopo l'altro,
persino per me, che la monotonia non sapevo nemmeno dove stesse di
casa. Era quello che mi aveva sempre affascinato dei draghi: erano
esseri imprevedibili, stare con loro era una lotta continua, la loro
fiducia era qualcosa di incredibilmente sfuggente ma altrettanto
prezioso, perché quando riuscivi a conquistarla era impareggiabile.
E stare lì mi aiutava a distaccarmi dal mondo che avevo lasciato,
dalla famiglia che si ricuciva le ferite, dal pensiero che ormai ero
partito di testa per la ragazza di mio fratello; fino a che arrivò
un emissario del ministero. Non un gufo.
La mia capanna era
molto spartana, ci feci caso per la prima volta quando feci entrare
Amadeus Parker; quello strano omucolo fece qualche passo sulle tavole
traballanti del pavimento e si guardò intorno, spaesato. Dopo aver
ottenuto il consenso dagli altri della mia squadra mi aveva seguito,
per strappare anche il mio, che ero rimasto titubante: non capivo il
perché di tutta quella segretezza, quale questione poteva essere
così urgente da richiedere la nostra immediata presenza a Londra?
-
Signor Weasley, la prego, il Ministro ha insistito perché vi
portassi tutti con me: non posso dirvi niente, ma è una questione di
sicurezza mondiale. - disse, particolarmente cauto, come per giustificare la sua
insistenza. Ero incuriosito e allo stesso tempo seccato: partire
senza sapere niente, scommettevo che nemmeno questo Parker fosse a
conoscenza del motivo per cui era lì; inoltre ero appena tornato, e
l'idea di rifarmi il viaggio fino in Inghilterra non mi attraeva
particolarmente.
Però c'era la questione della curiosità: c'era
qualcosa sotto, ne ero certo.
- Sta scherzando! - Non mi
trattenni dall'esclamare, quando Shacklebolt finì di parlare.
I
miei compagni iniziarono a mostrarsi inquieti, la faccenda si stava
rivelando pericolosa, e tutti sapevamo che non potevamo tirarci
indietro.
Il Ministro era serio, ci guardò tutti negli occhi, ad
uno ad uno,
- Purtroppo no. Ma non è finita.
Mentre continuava
a parlare feci scorrere il mio sguardo tra gli Auror presenti alla
riunione, impotenti davanti a quello che stava succedendo; e noi che
pensavamo che dopo aver sconfitto il più grande mago oscuro di tutti
i tempi ci spettasse un po' di pace.
E invece, per tutto quel
tempo, anzi, da prima, un esercito si stava formando proprio sotto ai
nostri piedi.
LEI.
Buio
e silenzio, incoscienza, prima che qualche immagine sconnessa
riaffiorasse tra i miei ricordi.
Sapevo di essere stata colta di
sorpresa, e di aver provato a difendermi, a lottare, mentre l'attacco
rendeva sempre più chiaro che ogni colpo era inutile: dovevo
scappare, ma ormai le forze mi stavano abbandonando.
Aprii gli
occhi, notando di essere riuscita nel mio intento; no, non ce l'avevo
fatta da sola, un Auror si era materializzato accanto a me e aveva
portato via entrambi.
Cos'era quella Cosa
che mi aveva attaccato? Ci pensai ancora prima di provare a capire
dov'ero, cercai di riportare alla memoria quell'essere, quella
creatura sulla quale ogni incantesimo era inutile. Deglutii, sapevo
cos'era, quello che non capivo era perché si trovasse lì.
Mi
guardai intorno, il San Mungo. Le pozioni che mi avevano dato stavano
iniziando a fare effetto, ma lì dove si erano rotte le ossa sentivo
ancora dei dolori lancinanti; provai a chiamare qualcuno, ma dalla
mia gola secca uscì solo un debole rantolio. Una Medimaga che non
avevo notato, all'angolo della stanza, si mosse rapidamente verso di
me, causandomi un forte giramento di testa; parlava con qualcuno, ma
non riuscivo a distinguere le parole. Entrarono altre persone nella
stanza, forse una, forse due, ma a me sembravano mille; mi ritrovai a
implorare con lo sguardo la Medimaga di qualcosa che non sapevo
nemmeno io, fu allora che tutto si calmò e divenne immobile. Prese
un'ampolla, che avvicinò alle mie labbra:
- Beva questo, Granger.
- disse, lentamente, in modo che io potessi afferrarne il
significato. E subito tutto divenne buio di nuovo.
Al nuovo
risveglio percepii immediatamente una nuova forza in me, il dolore
era passato, persino quello al braccio, che era stato calpestato
dalla creatura; aprii gli occhi e mi alzai un poco sul cuscino, certa
di trovare accanto a me qualcuno che avrebbe potuto spiegarmi cosa
era successo. Non mi sbagliavo: un uomo, un Auror, scattò in piedi
come una molla, corse verso la porta che aprì appena e lo sentii
chiaramente dire:
- È sveglia, sembra lucida.
Vidi entrare
Shacklebolt, e capii che il mio attacco non era una coincidenza,
sotto doveva esserci qualcosa di grosso.
- Ministro, - lo salutai,
facendo forza sui gomiti per mettermi a sedere. La Medimaga mi
raggiunse, aiutandomi a mettere il cuscino dietro alla schiena e
porgendomi poi un bicchiere d'acqua, a sollievo della mia gola secca.
- mi dica tutto. - lo invitai, liberata dalla voce impastata, - Cosa
ci faceva una Manticora in Inghilterra?
Shacklebolt aggrottò la
fronte, lasciò che il silenzio facesse risuonare la mia domanda tra
le mura della stanza e galleggiare per qualche istante tra di noi,
prima di dirmi che mi avrebbe risposto in un altro momento, non
appena la mia guarigione fosse stata completa, al Ministero.
La
sua espressione mi indusse a non insistere, come se mi comunicasse
silenziosamente che quello che potevo immaginare era solo la punta di
un iceberg pericoloso e ostile, di cui lui era a conoscenza.
Perché
era lì, allora, se non voleva darmi delle risposte?
Non capivo, e
nonostante accettassi il suo voler rimandare le spiegazioni la mia
mano strinse nervosa il lenzuolo, insoddisfatta, e gli spiegai come
ero stata attaccata.
Capii ancora una volta, dalle espressioni del
ministro e del Auror accanto a lui, che il mio non era un caso
isolato.
Nda:
Ho iniziato a scriverla a settembre, questa storia mi è balenata
in mente non appena mi sono iscritta al contest "Everybody loves
Hermione", con cui poi ho partecipato con Brown Eyed Girl. Non con
questa, perché sapevo che per la storia che avevo in mente non
sarei riuscita a rispettare la scadenza, non perché avessi
progettato millemila capitoli, ma perché è il genere di
storia che richiede tempo.
È la mia prima esperienza con la narrazione in prima persona, ho
voluto togliermi lo sfizio di provare a usarla. Ringrazio per
l'ispirazione i Negramaro con "Quel matto sono io" a cui questa storia
deve gran parte delle citazioni, anche future, e il titolo, ma
soprattutto i Radiohead con "Creep", che prima o poi salterà
fuori, che è la vera colonna sonora di Charlie.
Spero che vi piaccia, alla prossima!