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Autore: Irina_89    04/11/2007    11 recensioni
Il moro non riuscì ad emettere alcun suono. Era sconvolto da quella visione.
Tom si guardò le mani terrorizzato. Alzò poi lo sguardo su suo fratello. Era come sull’orlo di piangere per il terrore.
Anche lo sguardo di Bill si spostò dal viso di Tom e si posò sulle sue grandi mani. Erano tinte di rosso, un rosso scarlatto, acceso… e così anche la sua maglia.
Tornò a guardare suo fratello negli occhi. Erano colmi di paura.
Voleva chiedere spiegazioni, ma non riusciva a parlare.
“… Bill… credo di aver ucciso qualcuno…” mormorò il fratello spaventato.
Genere: Triste, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 1

 

Qualcuno bussò alla porta.

Una mano uscì da sotto un caldo piumone e agguantò la sveglia sul comodino vicino al letto, per poi ritirarsi nuovamente sotto le coperte.

Qualche grugnito uscì dalle sue labbra.

“Le tre di notte… ma chi cazzo è?”

Non si alzò. Se fosse stata una cosa importante avrebbero ribussato, altrimenti tutto poteva aspettare qualche ora.

Le nocche martellarono ancora una volta contro la porta.

Il ragazzo si rigirò nel letto.

‘Fanculo a chiunque sia… lo sanno tutti che io odio nella maniera più assoluta essere svegliato… figuriamoci se poi è anche notte fonda…

Il rumore ricominciò più assordante, come se qualcuno avesse iniziato a prendere a manate la porta.

“Ho capito! Cazzo, ho capito!” scostò le coperte e scese dal letto, trascinando la sua esile figura fino alla porta.

“Chi cazzo è che rompe le palle a quest’ora?” sospirò rabbioso, passandosi una mano nella folta chioma mora.

Posò la mano sulla fredda maniglia.

“A meno che non sia una cosa della massima importanza dileguati prima che…” aprì la porta e le parole gli morirono in bocca.

Davanti a lui c’era suo fratello, con il volto sconvolto da una smorfia di paura.

“… Bill…” sussurrò a voce strozzata.

Il moro non riuscì ad emettere alcun suono. Era sconvolto da quella visione.

Tom si guardò le mani terrorizzato. Alzò poi lo sguardo su suo fratello. Era come sull’orlo di piangere per il terrore.

Anche lo sguardo di Bill si spostò dal viso di Tom e si posò sulle sue grandi mani. Erano tinte di rosso, un rosso scarlatto, acceso… e così anche la sua maglia.

Tornò a guardare suo fratello negli occhi. Erano colmi di paura.

Voleva chiedere spiegazioni, ma non riusciva a parlare.

 “… Bill… credo di aver ucciso qualcuno…” mormorò il fratello spaventato.

 

 

“Come stai?” chiese preoccupato Bill, appoggiandosi allo stipite della porta.

“Me l’hai già chiesto ottantasette volte, mammina…” gli rispose acido il fratello da sotto la doccia.

“Bè… sei chiuso in bagno da quasi un’ora! Di solito sono io che mi ci barrico dentro, non te…”

“Ti laveresti bene anche te se ti trovassi coperto dal sangue di chissà chi…!” rispose Tom chiudendo l’acqua.

“Ehi… sei sicuro che non sia tuo quel sangue?” domandò titubante.

“No… altrimenti a quest’ora sarei morto…” e prese un asciugamano dal mobiletto sotto il lavandino.

“E sai di chi potrebbe essere?” insistette Bill.

“Cazzo, no! Te l’ho già detto! Ero in discoteca con degli amici… e poi mi sono ritrovato davanti alla tua porta…” cercò di aggiustarsi l’asciugamano intorno alla vita.

“Quando ti ho aperto mi hai detto ‘Bill, forse ho ucciso qualcuno…’” precisò il moro.

Tom impallidì.

Cosa? Io…

Aprì lentamente la porta del bagno.

“Non dire cazzate…” minacciò serio il rasta.

Bill guardò suo fratello dritto negli occhi.

Era spaventato, lo vedeva troppo bene.

“Non ti ricordi di averlo detto, eh?” lo ammonì.

Tom abbassò lo sguardo e uscì dal bagno.

Bill lo prese per una spalla e lo fece voltare.

“Che hai bevuto, Tom?”

“Niente!” rispose prontamente Tom, indice che ne aveva detta una delle sue. “Era solo l’inizio della serata!” si difese, togliendosi la mano di suo fratello dalla spalla.

“Tom, te già all’inizio della serata sei ubriaco fradicio!” gridò Bill.

“Cazzo, Bill! Va bene… ho bevuto qualche bicchiere di birra… contento?” rispose brusco il fratello, sedendosi su una sedia in un angolo della stanza.

“Non devi farmi contento.. voglio solo sapere la verità…” ribatté serio. “Ti ricordi cosa è successo l’ultima volta che hai bevuto qualche bicchiere di birra?”

“No…” ammise Tom rassegnato.

“Questo dimostra che non dovresti bere…” lo avvisò Bill. “L’ultima volta hai passato una notte intera con un esercito di ragazze!”

“Lo avrei fatto anche se fossi stato sobrio! Mi conosci, no?” replicò.

Bill lo guardò negli occhi. Non sapeva cosa fare. Aveva paura per suo fratello, mentre lui invece sembrava tranquillo.

O forse voleva solo apparire tranquillo.

Già. Tom stava cercando di capire cosa gli era successo, ma non riusciva a ricordare. Tutto era confuso e questo lo spaventava terribilmente.

Bill iniziò a passeggiare nervoso per la stanza, sperando in qualche idea che li aiutasse a capire cosa era accaduto.

“Dai, Bill… rilassati… avrò appena bevuto un sorso del terzo bicchiere…”

Bill si fermò a guardarlo.

“Lo so perché…” continuò Tom, ma le parole gli morirono in gola.

Dentro di sé rivide una serie di immagini disconnesse. Immagini che gli riportarono in mente cose già vissute.

I divani della discoteca…

Ragazze dallo sguardo malizioso…

Bicchieri traboccanti di birra…

La cameriera…

Il retro della discoteca…

La strada umida…

Un avvertimento…

“Perché…?” lo incoraggiò Bill, avvicinandosi al fratello.

“Perché avevo deciso di tornare qua presto…” si ricordò, alzando lo sguardo e guardandolo in quegli occhi così simili ai suoi. “Sì… avevi detto che in questi giorni ci sarebbe stata quell’importante intervista e che tutti si doveva essere al meglio… e io… volevo essere di parola…” spiegò.

“Dimmi cosa hai fatto in discoteca…”

Era ovvio che in quella risposta c’era il motivo di tutto ciò che era accaduto quella sera, ma Tom non se lo ricordava.

Il rasta guardò il vuoto davanti a sé, cercando di sforzarsi a ricordare.

“Forza!”  insistette Bill, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla.

Tom scansò la mano di suo fratello con la sua e si alzò.

“Cazzo! Perché non mi ricordo niente?” urlò, buttandosi di peso sul letto lì vicino.

“Ti hanno messo qualcosa nel bicchiere…” ipotizzò il fratello.

“No, mammina… non accetto drink dagli sconosciuti…” rispose acido.

Bill si mosse e Tom lo seguì con lo sguardo.

Il moro si avvicinò al tavolo, posizionato in un angolo della stanza, di fronte al letto, e prese il cellulare.

Tom sentì il rumore dei pulsanti premuti.

“Che fai?” chiese preoccupato, mettendosi seduto.

“Chiamo la polizia…” ripose con tono piatto, senza distogliere lo sguardo dal display.

“E poi cosa dici? Che sono piombato qui con le mani sporche di sangue e ho detto ‘Bill, forse ho ucciso qualcuno’? Potrebbe essere sangue di animale!” protestò il ragazzo, urlando e avvicinandosi al fratello.

“E se non lo fosse? … Tom… io voglio aiutarti…” gli spiegò guardandolo negli occhi.

“Certo… e mi porti dalla polizia come se fossi un criminale!” ribatté incazzato.

“Tom! Come puoi pensare che non ti voglia aiutare? Sei diventato scemo o cosa? Cosa credi che possa fare, se non chiamarla? Io non sono un agente! Non so che fare per aiutarti!” gli urlò contro.

Perché Tom non capiva? Lui si era presentato sporco di sangue… qualcosa di grave doveva essere successo per forza!

“Bill…” Tom posò le sue grandi mani sulle spalle del fratello e lo guardò dritto negli occhi. “… io non sono andato dalla polizia… sono andato da mio fratello…”

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo lungo e intenso. Nessuno dei due voleva andare dalla polizia. Bill non la voleva chiamare sul serio, ma non sapeva cosa fare altrimenti. Nemmeno Tom sapeva cosa fare, ma di certo non voleva farsi classificare come neo-serial killer.

“… e poi come la metti se i giornali lo venissero a sapere?” concluse il rasta.

Bill lo guardò sconcertato. “Tom… come fai a pensare ai giornali quando invece dovresti preoccuparti di cosa ti è successo?”

Entrambi tornarono tristi.

Cosa fare?

“… dovremmo dirlo anche agli altri…?” chiese Tom titubante.

“.. e se provassimo chiamare un privato?” propose Bill, senza rispondere alla domanda di suo fratello.

Tom sgranò gli occhi. “Te dici che io mi preoccupo troppo dei giornali e che dovrei essere più serio… e te allora? Chi non ci prenderebbe per assassini se gli raccontiamo le poche cose che mi ricordo?”

Bill sorrise soddisfatto. C’era una persona che li avrebbe ascoltati ed aiutati... ed entrambi la conoscevano molto bene.

“Che hai da ridere?” gli chiese Tom perplesso.

“Tom… che lavoro fa Andreas?”

 

 

***

continua...

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halloooooooooooooo!!!!!!!!!!!

lo so... sto pubblicando un'altra storia quando l'altra non è ancora finita.... mea cupla...

ma avevo l'ispirazione per questa nuova fan fiction.... che ammetto è leggermente scopiazzata da qualcosa che non dico per non rovinarvi tutta la storia... aggiungo chiedendovi un piacere... se qualcuno sapesse da dove l'ho presa non fatelo sapere... altrimenti qualcuno potrebbe rovinarsi la lettura..^^"...

comunque spero che vi piaccia...!!!!!XDD

 

mi ci sono messa d'impegno per farla tornare tutta.... e con questo vi facci ocapire che questa è già conclusa... quindi non ci dovrebbero essere troppi ritardi nell'aggiornamento... almeno questo ve lo concedo..^^

 

bè... la finisco qui perchè non mi viene nient'altro da dire... se non:

commentate!!!!!!!!!

 

ps: ringrazio inoltre tutti coloro che hanno recensito le storie precedenti a questa...^^... e prometto che ora mi metto d'impegno per finire l'altra...

 

Tschüss!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  
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