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Autore: Horrorealumna    15/04/2013    3 recensioni
C’è un posto abbandonato e dimenticato nel profondo del cuore di ogni essere umano, dove la realtà e la finzione sono un’unica cosa, dove la verità e la bugia non hanno alcun valore e la paura del silenzio non esiste, così come quella della morte.
E io ne ero completamente a conoscenza.
Il resto del mio cuore era accanto ad una bambina sui sette anni, dai capelli corti e neri, in una città lontana, chiamata Silent Hill.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Mason
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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L’Incubo e l’Incubatrice
 

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- Bene, bene, bene. Chi l’avrebbe mai detto: sei arrivato fino qui!
Con queste parole mi accolse quella maledetta donna; mi sorrise, calma e senza accenno di sorpresa, costringendomi a digrignare i denti per la rabbia.
Per lei era finita.
“Pistola alla mano, Harry” pensai tirando fuori l’arma “Questa pazza potrebbe essere capace di tutto”. Puntai il mirino dritto verso il suo cuore, il dito già sul grilletto, pronto a scattare a farla addormentare per l’eternità, in questo inferno.
Posai gli occhi sul corpo adagiato sulla sedia a rotelle, incapace di muoversi e col viso coperto dai capelli scuri e sporchi, vestita solo di bende e di un medaglione al collo. Alessa, in ginocchio, aveva lo sguardo afflitto e rivolto verso il nero attorno a noi. Sembrava un posto dimenticato da Dio. Tutta la città lo era... ma ora sentivo di essere davvero, finalmente, solo in un posto lontano dal tempo e dalla logica.
Di una cosa ero certo, qualcuno non ne sarebbe uscito vivo.
- Dimmi dov’è Cheryl! - ringhiai.
Non rispose: alzò gli occhi verso il nulla e sospirò.
Strinsi ancora più forte l’arma, stanco, e ripetetti, più forte:
- DOV’E’ CHERYL!? Cosa le hai fatto?
Alessa prese a tremare silenziosa; le sue mani raggiunsero la grata arrugginita sotto di lei e il suo “corpo” fu attraversato da strani fremiti e brividi. Alzò gli occhi verso di me, sentii il suo sguardo... ma io ero concentrato solo su sua madre. Mi trattenni. Avevo bisogno di risposte.
- Dimmelo! - dissi ancora.
E lei rispose:
- Cosa mi chiedi, adesso? Della tua bambina, la mia, o cos’altro? - rise divertita, i suoi occhi e i miei legati e incapaci di sciogliere lo sguardo di rabbia - E perché me lo chiedi, poi? Cheryl... l’hai vista diverse volte per Silent Hill. Giusto?
Cheryl nella nebbia, nei miei incubi... ma quelli erano solo sogni; sogni e realtà... ? Non trovavo più differenze oramai tra quelle due parole, ma ero sicuro che la bambina e la ragazzina che avevo visto per la città, dallo strano carattere e dalla storia orribile, con poteri sovrannaturali era Alessa Gillespie. Ora, Chery era metà della sua anima... ma possedeva anche un corpo! Era pur sempre mia figlia. E anche di quella donna, per quanto mi costasse davvero tanto pensarlo.
- Nella sua forma reale - concluse abbassando leggermente la testa.
Cheryl.
Nella sua forma reale?
Era troppo... tardi?
I muscoli facciali si rilassarono, così come le braccia che tenevano la pistola.
Cheryl era tornata davvero Alessa? O mi stava semplicemente ingannato, proprio come per il Flauros?
- Basta giochetti - dissi piano, nemmeno convinto delle mie stesse parole.
- Non la vedi? - fece la donna avvicinandosi alla ragazza per terra - Eccola qui!
Alessa... o Cheryl... si trascinò via dalla madre per qualche insignificante centimetro, mentre cercava il mio sguardo.
Non sapevo che pensare. Ero spiazzato e il cuore sembrava aver mancato qualche battito. Il solo pensiero di avere vicino a me Cheryl, in effetti, mi avrebbe fatto sentire meglio. Ma quella figura patetica, sui quattordici anni non era mia figlia. O sì? L’avevo avuta al mio fianco fin da subito?
E cosa ne era stato della bambina dai capelli neri e corti, dagli occhi grandi e scuri e il vestitino celeste? Lei era Cheryl. Mia figlia! Alessa me l’aveva affidata...
Mi sentii la testa girare. Barcollai indietro, confuso, mentre l’anima di Alessa sussurrava una parola: “Papà”.
Era davvero tardi.
 
Il panico e il terrore crebbe come non mai.
Avevo fallito.
E Dahlia lo sapeva.
- E’ assurdo - sussurrai a me stesso passandomi una mano sulla fronte sudata. Sentii la pistola cadere per terra e allontanarsi di qualche metro. Che senso aveva opporsi? Non avevo forse perso Cheryl per sempre?
- Sei l’unico che la pensa così - disse la sacerdotessa allontanandosi da Cheryl-Alessa e dalla ragazzina ustionata.
- E’ impossibile... - continuai.
- Sette anni... - disse forte Dahlia, producendo uno strano eco attorno a noi - Sette lunghi anni! Sette interminabili anni... da quell’incidente, dall’ultimo dei nostri Riti.
Sentii l’aria farsi pesante; dalle parole della pazza e dalla strana voce con cui stava parlando, capii che probabilmente, proprio davanti a me, avrebbe dato luogo al loro Rito; forse anche il corpo di Alessa lo pensò o immaginò, perché allungò piano le braccia verso la sua stessa anima, ancora tremante e immobile, quasi in cerca di conforto.
Dahlia continuò, troppo presa dalle sue stesse parole per accorgersi di qualsiasi altro. Avrei potuto ucciderla, ma mi sentivo paralizzato:
- Sette anni da quel maledetto giorno! Alessa è rimasta in vita, soffrendo un destino peggiore della morte! Alessa è stata intrappolata in un incubo senza fine, da cui non ci si può svegliare. Ma “lui” si è nutrito dei suoi tormenti e dei suoi incubi, delle sue paure e della sua vita, in attesa del giorno in cui sarebbe nato! E quel giorno è finalmente arrivato. Presto il mondo verrà purificato col fuoco e rifatto. Tutti soffriranno immensi dolori e sofferenze me presto verranno liberati.
Era fuori... fuori di sé.
- Ecco la nostra salvezza! - riprese, più forte di prima, questa volta puntando gli occhi su di me - Questo è il giorno del Giudizio! Il giorno in cui tutti i nostri peccati verranno spazzati via. Il giorno in cui le porte del vero Paradiso, dopo la purificazione dell’umanità, si apriranno e i piaceri della terra svaniranno.  Che il Rito della Nascita abbia inizio!
Poi, con uno scatto velocissimo, prese la mano dell’Alessa ustionata, l’alzò al cielo insieme alla sua, come in preghiera, chiuse gli occhi ed esclamò, quasi in estasi:
- Mia figlia sarà la Madre di Dio!
 
Nell’esatto momento in cui finì di pronunciare quelle parole... accadde qualcosa di strano. Sua figlia alzò il viso, in un’espressione d’agonia intensa... mentre uno strano bagliore sembrava colpire il suo bassoventre. La luce, biancastra ma luminosissima, crebbe ogni secondo sempre di più, avvolgendo la sedia a rotelle e Alessa-Cheryl, fino a coprirle. Era così abbagliante che fui costretto a chiudere gli occhi per il dolore alla retina; nel nero delle mie palpebre serrate vedevo comunque una forte luce e strane stelline colorate inseguivano la mia pupilla dandomi la nausea.
Uno strano sibilo, poi, cominciò a fischiare noioso nelle mie orecchie.
Avevo paura di conoscere cosa probabilmente avevo davanti a me, ma raccolsi tutto il coraggio e la forza che mi era rimasti e aprì piano gli occhi, contro la luce che, per fortuna, si era affievolita.
  
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E proprio in quell’istante la luce sembrava offuscarsi sempre di più. La sedia a rotelle e le “due Alesse” erano sparite, per dare spazio ad una nuova ragazza. O era sempre la stessa?
La luce rivelò una ragazza dalle fattezze angeliche vestita di un lungo abito bianco, che sembrava irradiare luce propria, dal viso d’adolescente e i capelli lunghi e neri dietro le spalle. Era Alessa, non c’era dubbio; gli occhi chiusi e le braccia protese in segno di preghiera... e in evidente stato di gravidanza.
Dahlia si teneva a parecchi metri di distanza dalla nuova Alessa e mi sussurrò:
- Ecco, l’Incubatrice, che aprirà il Paradiso con...
 
BAM!
 
Vidi il sorriso della donna gelarsi di colpo e il suo corpo cadere a terra mentre un fiotto di sangue le bagnò la tunica, all’altezza dello stomaco.
- Basta con queste idiozie!
Mi voltai di scatto: il dottor Micheal Kaufmann e la sua inseparabile ventiquattr’ore erano dietro di me. La pistola dell’uomo era ancora puntata verso il punto in cui aveva ferito Dahlia.
- Kaufmann! - esclamai.
Non sapevo se essere felice di avere qualcuno accanto a me, seppur un sudicio verme assassino, o di ignorarlo; ma lui e Dahlia non erano dalla stessa parte?
Il dottore lanciò una rapida occhiata preoccupata all’Incubatrice, prima che Dahlia, ancora viva ma provata, urlasse accasciata a terra:
- Ahahahah! Guardala! Il tuo compito è finito, sciocco! Non ci servi più. Cosa credi di fare o di ottenere arrivando qui?!
Kaufmann la guardò di traverso, con un accenno di sorriso:
- Non ho chiesto tutto questo! E NESSUNO mi usa, chiaro?! Questa “cosa” non lascia questa dimensione!
Lo guardai, per la prima volta, con un briciolo di ammirazione; sapevo che era solo interessato alla droga che la donna gli forniva e ai soldi... ma in quel momento mi sentivo riconoscente nei suoi confronti. Se non fosse stato per Lisa, forse...
Dahlia rise ancora, col sangue alla bocca. Alessa rimaneva perfettamente immobile, come una statua, mentre la temperatura aumentava a dismisura.
Allora, il dottore dell’Alchemilla incrociò il mio sguardo preoccupato e con un rapido gesto frugò nella tasca della sua giacca grigia.
- Cara mia - disse mellifluamente l’uomo alla donna - Stiamo perdendo anche l’ultimo briciolo di sanità mentale qui? Vediamo se riderai ancora una volta stappata questa fiaschetta!
E tirò fuori una minuscola bottiglietta piena di liquido rosso che odorava di fiori freschi. Identica alla mia. La stessa bottiglia che lui mi aveva strappato al motel della città!
Gli occhi di Dahlia si spalancarono, terrorizzata, e gridò:
- Aglaophotis?! Credevo di essermene liberata!
Cosa?! Cosa era capace di fare quello strano liquido vermiglio? Ricordo quel flashback... con Gucci, il poliziotto, ma...
- Ne tenevo sempre un po’ con me, idiota! - gridò Kaufmann - In caso tu avresti deciso di tirarmi un brutto scherzo. Se la situazione degenerava. Infatti... eccola qui! Cosa c’è? Paura? Non è mica per te, anche se un buon esorcismo non ti farebbe affatto male!
- Esorcismo?
- Sì! - sbraitò verso di me il dottore - Credi davvero che quello che la ragazza porta addosso sia un buon dio? Chiamarlo demone non è poi tanto inopportuno, visto che la pazza ha deciso di purificarci tutti!
La stappò con un rapido gesto e alzò il braccio. Pronto.
- FERMO! - strillò la donna.
Ma era già troppo tardi: la bottiglietta di vetro era già in volo verso Alessa. Un secondo prima che l’oggetto la colpisse al petto, la ragazzina dalle fattezze angeliche, aprì gli occhi rivelando due immense iridi rosse. Aprì la bocca per la sorpresa, quando la fiaschetta si infranse sulla sua spalla destra e sul petto, macchiandole di rosso il candido vestito.

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Sembrava non essere ancora successo niente.
- Tieniti pronto - mi suggerì Kaufmann.
- Cosa... ? - feci io, prima che una specie di terremoto ci costrinse a cadere in ginocchio. L’aurea luminoso attorno ad Alessa sembrava sparita e lei rimaneva immobile, con l’espressione ancora sorpresa.
La grata-pavimento continuò a tremare ancora per un po’...
- No - sussurrò l’uomo accanto a me, con lo sguardo puntato verso la ragazza.
 
L’Incubatrice sembrava aver perso tutto ciò che di paradisiaco aveva in precedenza. Si dimenava senza freno, urlava e strillava, graffiandosi la pelle bagnata dall’Aglaophotis. Non era capace di molti movimenti, per via del suo stato, ma continuava ad agitarsi come colpita da una potente scossa elettrica.
Forse non aveva funzionato.
Ora mi sembrava di avere davanti due pazze: la figlia che si graffiata la schiena con fare animalesco in preda al dolore e la madre che rideva compiaciuta.
E forse fu quella la goccia che fece traboccare il vaso.
L’Incubatrice mosse qualche passo trascinato verso la madre e, sempre urlando, portò le mani al petto, sui pezzi di vetro infranto... e in quell’istante un boato ci assalì e una saetta, un fulmine, colpirono la donna, che si immobilizzò, folgorata e in preda alle fiamme, prima di spirare.
No, quell’essere non poteva essere Alessa...
 
Ritornò al centro dell’ambiente e si piegò rannicchiata.
Finì di urlare.
Chiuse gli occhi e si coprì il viso con le mani, mentre la schiena le si squarciava a metà. Il vestito si era quasi tinto completamente del suo stesso sangue...

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Una creatura, simile ad un bambino, uscì fuori dal suo corpo. No, era un essere orribile!
Un mostro.

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Samael.
La peggiore delle creature, venuta al mondo proprio nel punto in cui la bottiglietta d’Aglaophotis si era infranta.
Si alzò, non completamente formato...
Un mostro dalle fattezze ermafrodite, con il seno da donna ma senza ventre. La colonna vertebrale, coperta da un leggero strato di pelle, si collegava al bacino scheletrico e agli arti inferiori, simili alle zampe delle capre. Sembrava il diavolo che avevo visto raffigurato in alcuni libri.
Il muso d’animale, un paio di corna simili a quelle del toro o della capra, occhi piccoli e rossi, un paio di grandi ali e le braccia umane.
Spiegò le ali, possente e gigantesco, ed emise suoni striduli e animaleschi.
Alessa-Incubatrice era sparita.
- Andiamo via! - mi fece Kaufmann afferrandomi il gomito - Andiamo via! Via!
Mi voltai verso di lui:
- Non c’è via d’uscita.
- Continuiamo a correre verso il buio, saremo salvi.
Rimasi a guardare l’abominio appena nato, ancora prematuro dato l’esorcismo, per qualche secondo. L’aria spostata dalle sue enormi ali mi colpì in piena faccia, costringendomi ad arretrare.
Mi voltai e cominciai a correre.
Perplesso.
- Cosa sta succedendo? - urlai col fiatone - Cos’è questa cosa?
- Samael... Succube...  Incubus... non c’è molta differenza! - mi rispose l’altro.
Lo sentimmo ringhiare dietro di noi.
- Il loro “dio”... il diavolo per altri - continuò correndo a perdifiato.
- E Alessa?! - chiesi disperato - E Cheryl?
- Mai sentito parlare di “Incubi”, i maschi delle Succubi? Demoni che assaltano sessualmente donne e ragazze, impregnandole di incubi e brutti sogni. Dimenticala! Corri!
E invece mi fermai.
- Fa... cosa? - mormorai.
- Sbrigati! Cosa fai!? - mi urlò Micheal.
Ma io ero già tornato indietro. La paura che cresceva dentro di me. Tornai accanto al cadavere di Dahlia, raccolsi la pistola che avevo lasciato cadere prima e la puntai verso Incubus.
Alessa? Cheryl? Non mi importava.
Samael sembrò ridere di me.
 
Potevo farcela!

 
 

ANGOLO AUTRICE:
Se c’è una cosa che non sopporto, in un film o in telefilm, è quando la pellicola si conclude, magari in un punto cruciale, e lo spettatore deve aspettare qualche secolo per sapere cosa succede.
Non parliamo del finale.
Ecco perché mi sono data una mossa XD
Siamo alla fine. Forse siamo agli ultimi due/tre capitoli. La mia prima fic... che finisce XD Sono fiera di me stessa.
Sooooo... per lo stesso discorso di prima, allora, la prossima parte arriverà prestissimo. Siamo alla battaglia finale e di regola non avrei dovuto nemmeno fermarmi qua. Però, siccome Silent Hill mi rende sadica... XD
Alla prossima e, come sempre, fatemi sapere cosa ne è venuto fuori.
Ci prepareremo anche ai saluti nei prossimi aggiornamenti ;D
A presto belli :3
PS: E uno dopo un po' comincia chiedersi perchè le parole "INCUBO" e "INCUBATRICE" cominciano in modo uguale XD
   
 
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