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Autore: marwari_    16/04/2013    2 recensioni
Male e Bene gareggeranno, di cui i figli paladini saranno.
Chi infine vincerà? Questo davvero non si sa.
[e se.. Biancaneve non fosse l'unica ad avere per figlia una salvatrice?]
TEMPORANEAMENTE SOSPESA - FINO A: DATA DA DEFINIRE
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo9 – I’ll make a man out of you
«Allora, qual è la prima cosa che ti ricordi?» Archibald Hopper rimase in attesa di una risposta. I gomiti sulle ginocchia, la schiena protesa in avanti e un blocchetto poggiato sul tavolino che sembrava non intenzionato ad usare
«Mi.. ricordo la foresta. E ..Regina, che mi copriva con la sua giacca. Mi ricordo che faceva freddo ed era notte.» Armida rispose con voce bassa, interrompendosi più volte. Per pensare, per cercare di dire qualcosa di sensato e provato anche da altre testimonianze – come quella di Henry – e soprattutto per attenersi al piano, che comprendeva il mostrarsi più sensibile, più smarrita e più bisognosa di aiuto di quanto non lo fosse. A detta di sua madre l’avrebbe resa praticamente innocua, o almeno, agli occhi dei cittadini, docile
«Non ti viene in mente niente di prima?»
«Prima.. prima è nebbia.» e la vide. Nella sua testa. Vide una nuvola inconsistente, bianca e fredda e umida che scendeva nella foresta, che la circondava; Armida chiuse gli occhi, li strizzò per scacciare dalla mente quelle immagini
«Tutto bene?»
«Sì.»
«Hai visto qualcosa?»
«No.» l’uomo sospirò, grattandosi il sopracciglio con fare indifferente. Si sporse, acchiappò blocchetto e matita per poi appoggiare la schiena alla poltrona e scrisse qualcosa; in quel modo la ragazza non poteva vedere cosa stesse scrivendo, rimase in silenzio.
Armida si sporse leggermente, curiosa di quello che stesse facendo il dottore; tutti quelli che aveva conosciuto lei, nel breve tempo che aveva potuto permettersi un dottore quando necessario, si limitavano ad ascoltare i battiti del cuore, guardare in bocca e somministrare varie ampolline amare che bisognava ingerire ogni tanto. Non aveva nemmeno mai immaginato che potessero esistere dei dottori che curavano.. quello che c’era dentro la testa di una persona e, a quanto pareva, sembrava una cosa del tutto normale.
«Armida.. io.. vorrei provare con te un altro metodo. Di norma non si usa durante le prime sedute, ma questo.. tu.. sei un caso particolare. Non hai memoria e potrebbe fartela tornare.»
«Va bene.» la ragazza scrollò le spalle
«Tuttavia è mio dovere avvisarti che i ricordi sono.. imprevedibili. Non posso assicurarti che siano positivi e.. potrebbero scuoterti.»
«E visto come sono messa non le va di rischiare le ire di mia madre, vero?» il dottore si sistemò meglio sulla sedia, lo sguardo basso ed imbarazzato
«Regina è.. una donna complicata. Vuole che i problemi si risolvano subito e come vuole lei. Per via di Henry ho un rapporto molto conflittuale con lei e con te.. le cose potrebbero solo andare peggio se per farti guarire di traumatizzo di più con i tuoi stessi ricordi.»
«Non posso darti torto, Archie.» convenne la ragazza, con un mezzo sorriso «Però Henry è piccolo, io penso di essere abbastanza grande e.. pronta.. per affrontare il mio passato. Anche se la mia mente ha preferito non ricordare.. io voglio farlo.» il dottor Hopper prese un profondo respiro
«Bene. Allora cominciamo.»
Le disse di stendersi sul divano, la testa appoggiata al bracciolo e le gambe distese, le mani incrociare sul ventre; le ripeteva continuamente di respirare il più lentamente possibile, di annullare tutti i suoi che c’erano attorno a lei, di chiudere gli occhi.
Fece una breve pausa che sembrò durare minuti ed abbassò radicalmente il tono della voce
«Ora ascoltami. Senti solo le mie parole.» un altro respiro «concentrati sul tuo corpo, sul tuo respiro. Immagina di essere nel luogo più sicuro che conosci.» un altro respiro «Ripensa a quando sei arrivata a casa di tua madre, scegli un momento in cui ti sei sentita protetta.» sentì come se una spazzola le passasse tra i capelli; un altro respiro «Vedi tutto buio, fa freddo.. sei sul ciglio della strada, la notte in cui ti hanno trovata a StoryBrooke.» un respiro, più veloce «Rilassati. Ora vai più indietro. Scava. Cerca di ricordare.»
Armida incurvò le sopracciglia. Stava funzionando, purtroppo. Lei ricordava, non voleva farlo.. ma ricordava. Non poteva farlo lì, davanti a quello sconosciuto.. non poteva permettersi di tradire il piano.
Archibald Hopper si prese ancora qualche istante, respirò piano un paio di volte con lei, poi sussurrò la parola.. che avrebbe dovuto darle spunto, l’inizio, per cominciare il suo viaggio «Nebbia.»
Fu come se un lampo di luce bianca la rapisse, le invase il corpo, la mente, era come sognare il suo passato, ma non poteva svegliarsi, non ci riusciva.. era come essere addormentati, semicoscienti delle proprie azioni ma impossibilitati a scegliere dove andare.
«Devo proteggere la regina.» furono le ultime parole, incerte e biascicate, che il dottor Hopper sentì provenire dalle labbra della ragazza, prima che ella cadesse in quel sonno della mente. Stava funzionando.. l’ipnosi stava funzionando davvero.
 
La neve si scioglieva contro il suo palmo, ogni fiocco che cadeva sulla strada diveniva acqua contro il fango.
Aveva appena visto passare sua madre e la guancia pulsava ancora per quello; era la regina, la guardia le aveva giustamente – e dolorosamente – ricordato che lei, non era all’altezza di vedere la regina. Lei non era nessuno.. non lo era mai stata.
Tutto quello che aveva saputo fino ad allora.. erano menzogne, bugie, una vita che non era sua.. ed era sua madre la causa. La stessa donna che l’aveva lasciata sotto quell’albero, in mezzo al bosco, la stessa donna che aveva voluto donarle una vita che non era la sua, la stessa donna che aveva permesso che il loro regno fosse invaso da morte e carestie.. dal freddo e dalla desolazione. La stessa donna che, un giorno, avrebbe dovuto proteggere, a costo della vita.
E ora.. dove poteva andare? A casa, a rischiare un altro linciaggio? No, quello era sicuramente fuori discussione. Poteva.. sempre vagare per il regno in cerca di qualche anima pia disposta ad accollarsi un’altra bocca da sfamare.. o cercare di far avverare la profezia dell’Oscuro; era poco, difficile, impossibile.. eppure era l’unica cosa che le rimaneva da fare.. l’unica cosa che aveva almeno la parvenza di essere sensata.
La regina aveva la magia dalla sua parte, e nessuno poteva essere così stupido da affrontarla, se non… lo stesso Tremotino.. ma non avrebbe avuto senso alcuno dire a lei del proprio destino. L’attacco – se di attacco si poteva parlare – alla vita della sovrana, doveva essere di tutt’altra natura.. doveva rendere onore al nome particolare con cui l’Oscuro l’aveva chiamata.. che più che un nome.. era un epiteto. Doveva diveltarlo a tutti i costi: la guerriera.
Entrare nell’esercito reale, diventare la guardia personale della regina.. non rivelare la sua identità, forse.. ma pregarla di insegnarle a padroneggiare la magia.. e in questo modo avere due armi letali a suo vantaggio: la magia e la spada.
Sì, avrebbe fatto così.
Si guardò attorno, lo sguardo deciso, prendendo a seguire la strada che, poco prima, aveva percorso la carrozza vuota della regina. Li avrebbe seguiti fino al palazzo estivo, si sarebbe aggiunta alle reclute del nuovo esercito – sapeva che ogni anno, in inverno, allenavano ragazzini della sua età circa – e avrebbe fatto strada, fino ad avere il permesso di entrare al palazzo, fare la guardia alle sale.. finchè un giorno, non molto lontano, sarebbe riuscita a stare al fianco della sovrana tutto il giorno, e fuori dalla sua porta la notte.
Il percorso era lungo e faticoso; anche se la neve gelata sulla pelle non le dava fastidio, il fango che si aggrappava ai suoi leggeri stivali, rallentavano il passo. Ma non poteva arrendersi: attraversare il regno in quelle condizioni era un più che buon allenamento, dopotutto.
Incontrò molte persone con sacchi sulle spalle, animali ossuti e magri che si trascinavano dietro ai loro padroni.. tutti andavano nella direzione opposta alla sua. Perché non si dirigevano verso il palazzo? Avverrebbero avuto un lavoro, anche se faticoso, avrebbero avuto una paga, anche se scarsa, avrebbero avuto una possibilità in più di sconfiggere la carestia. Possibile che la regina fosse così tanto spietata da incutere timore nella gente? Persino i ragazzi non scelti per le guerre degli orchi – come aveva sentito – pregavano le guardie di portarli al fronte, pur di non essere coinvolti dell’addestramento delle guardie reali della regina.. e questo lei, proprio non lo capiva.
Voleva dire che per la guardia personale della regina, i soldati facevano a pugni per non diventarlo, quindi il suo arrivo doveva essere gradito, giusto?
Invece si sbagliava, e stava per apprenderlo nel peggiore dei modi, per lei, in quel momento.
Le torri del palazzo si stagliavano quasi prepotenti nel cielo, davanti a lei; attorno ad esse svolazzavano tranquilli decine di uccelli neri, forse corvi, che tuttavia non producevano alcun suono.. o forse, era ancora troppo distante per sentirli.
Fortunatamente, il punto in cui si trovava era più in alto del palazzo – si trovava infatti in mezzo ad una valle, circondato da montagne altissime e dalla punta ben delineata – e poteva vedere benissimo le mura di cinta, i giardini curati, le guardie che trottavano su e giù in gruppetti più o meno forniti.. e poi, più in là, sulla sinistra, quello che stava cercando: le scuderie, i capannoni improvvisati, i carri, le armi ammucchiate di lato.. e i soldati, le reclute, i ragazzini che si guardavano attorno spaventati.
Per il tempo che si trovò lì, comprese di aver già saltato il pranzo che avevano ormai distribuito da tempo; era appena arrivata in quel piccolo campo di allenamento con fantocci, spade di legno, armature vecchie ed elmi trafitti quando due guardie dall’aspetto più importante la raggiunsero
«Che ci fai qui? Non è un posto per le bambine.» la squadrarono dall’alto in basso, soffermandosi sulle sue mani, i vestiti sporchi, il suo viso scavato e il corpo smilzo ed infreddolito
«Ho tredici anni, non sono una bambina.. ho la loro stessa età.» ribatté lei, accennando con il mento ai ragazzini distesi per terra, muti, lo sguardo basso e vuoto, ricoperti da armature molto più grandi di loro
«E con questo?» ridacchiò uno di loro
«Con questo voglio essere una recluta anche io.» rispose semplicemente. «Voglio diventare una guardia della regina.» i due soldati si guardarono con espressione perplessa, ci fu un minuto di silenzio prima che entrambi scoppiassero a ridere
«Sentitela! Questa bambina ha sicuramente il senso dell’ironia!» le pose una mano sulla spalla e la rivoltò senza troppa fatica «Gira i tacchi e torna da dove sei venuta.»
«Ma io..»
«Davvero pensavi che saresti potuta diventare una recluta? Sei una femmina, non puoi far parte dell’esercito!»
«Alla mia età c’era chi andava al fronte per la guerra degli Orchi! E di certo i soldati non si facevano scrupoli a prendere “bambine” come me!»
«Erano altri tempi e non c’erano altre soluzioni.. ora, se non ti dispiace, noi avremmo da fare.» le puntò contro la spada, l’espressione era seria.
La ragazza indietreggiò qualche passo, capendo che non sarebbe mai potuta entrare con quei ragazzini indifesi.. non così, almeno.
Non disse nulla, non promise loro che un giorno sarebbe tornata.. perché non lo avrebbe fatto, non come la vedevano oggi; purtroppo.. sapeva esattamente cosa fare e dove andare e, quando sarebbe stata pronta e avrebbe fatto ritorno nel medesimo luogo con il medesimo scopo, nessuno l’avrebbe mai più riconosciuta.. e l’avrebbero accettata nell’esercito, tra le guardie.. con le buone o le cattive.
Si girò, il mento alto e le spalle dritte, immergendosi di nuovo nella foresta, senza seguire il sentero battuto; li sentì sghignazzare ancora per un po’ finchè lei – o loro – non si allontanò a sufficienza. Doveva andare a Nord, sapeva quello, ma non era esattamente sicura da che parte fosse il Nord.. immaginò che il castello fosse rivolto a Nord.. tutti i castelli lo erano.. però.. quel palazzo in particolare era stato creato per la regina Eva.. doveva essere il suo palazzo estivo. Prediligeva l’inverno.. ma si ricordava che i costruttori avevano invertito le entrate, in modo che la sua stanza fosse rivolta ad Est, dove nasceva il sole e, se le sue stanze erano quelle più grandi, rivolte ad Est.. sapeva benissimo da che parte andare.
Si compiacque di se stessa, prendendo la direzione con rinnovato spirito: sapeva ancora ragionare, nonostante tutto quello che era successo.
Camminò ancora a lungo, ma ormai i suoi piedi viaggiavano da soli, non sentiva nemmeno più il freddo. Era fradicia, stanca,, ma motivata, incredibilmente motivata
«Hey!» gridò a pieni polmoni, non appena giunse al luogo stabilito. La sua voce fece eco per alcuni istanti, poi calò di nuovo il silenzio.
Il ponte diroccato davanti a lei era immobile, avvolto dalla nebbia, nessun segno di vita.. nessuno. Avanzò un altro po’, fermandosi appena in tempo prima di precipitare lungo la voragine a pochi centimetri dai suoi piedi: il piano del ponte era completamente sfondato da quella parte, solo le due sponde erano intatte.
Prese un respiro, arrampicandosi su una di esse – quella che sembrava più stabile – e strisciò cautamente nella nebbia fitta, fino ad arrivare al centro del ponte, dove scese a piedi pari, sulla pietra solida. «Loro lo sentono.» mormorò a se stessa, l’orecchio teso ad ogni rumore che si diffondeva in quel luogo sinistro.
Si tastò le vesti, in cerca di qualsiasi cosa che potesse andare bene.. non aveva niente.. eccetto..
Prese il ciondolo reale che aveva al collo, lo sfilò con lentezza, rigirandolo tra le dita arrossate dal freddo: da un lato un albero, dall’altra l’iniziale del suo nome.
Lo lanciò a terra.
Il metallo tintinnò un paio di volte, prima di fermare la sua corsa tra due pietre.
La ragazza trattenne il fiato, girando il capo più volte, chiedendosi da dove potessero arrivare, come potessero sentire, come potessero raggiungerla da ogni direzione, circondarla e tagliarle ogni via di fuga, come aveva sentito.
Fu istintivo: alzò le mani in vista, quando scorse il primo di quei loschi esseri che scalavano i lati del ponte ed atterravano pesantemente attorno a lei. Il più grosso di loro la squadrò, annusò l’aria, si chinò e prese il ciondolo, esaminandolo con occhi attenti
«Sei una reale?»
«Non proprio.» il ciondolo passò di mano in mano fino all’ultimo troll
«È autentico.» concluse l’ultimo, lanciandolo in aria per farlo arrivare a quello che doveva essere il capo, il primo che aveva parlato
«Certo che lo è! Sono morte delle persone per quello!» esclamò la ragazza
«Non vogliamo problemi con la regina.» borbottò diffidente uno di loro, facendo grugnire gli altri in assenso
«Hai a che fare con la regina?» domandò nuovamente il capo
«No. Per ora no.»
«Per ora no?»
«Voglio che mi alleniate.» li guardò uno ad uno «Otterrete il ciondolo reale.. vale molto. E l’indennità da ogni sentenza della regina..» i trolls si guardarono fra di loro, cominciarono a borbottii confusi, a gesti, poi il capo prese la parola
«Allenarti?»
«Voglio diventare la guardia personale della regina.»
«E perché mai.»
«Questi sono fatti che non vi riguardano.. sappiate solo che vi assicuro l’indennità da ogni possibile ira o vendetta senza senso della regina.» si guardarono ancora
«Accettiamo.» concluse il capo, infilandosi il ciondolo nella scarsella che portava alla cintura. Lo vide solo fare un cenno col capo e, prima che se ne potesse accorgere, il troll alle sue spalle l’aveva colpita e ad uno ad uno, tutti loro tranne il capo davano il proprio contributo.. non erano colpi forti, ma nemmeno troppo deboli
«Avremo molta strada da fare…» il troll le si avvicinò, tirandola su per un braccio e rimettendola in piedi come se nulla fosse «Non mi ricordo il tuo nome.»
«Non l’ho detto.» ribatté stizzita l’altra, toccandosi il viso che ancora pulsava
«Dovremo pur chiamarti in qualche modo.» la ragazza fece spallucce. Il capo dei troll le serrò le dita sulla mandibola, costringendola a guardarlo negli occhi «Guerriera.» grugnì poi «Lo sei.. lo sarai.» lasciò bruscamente la presa, tanto da farla barcollare.
Gli altri trolls si presentarono con nomi improbabili e sorprendentemente si rivelarono amichevoli.
 
Archibald Hopper andò tremando verso la porta. Guardò distrattamente Armida, per poi decidersi a rispondere a quell'incessante e deciso bussare, aprendo la porta.
Aveva già ignorato un paio di volte il cellulare ed in entrambi i casi il nome del sindaco era apparso sullo schermo... se fosse stata lei, non avrebbe esitato a far buttar già la porta dello studio pur di vedere la figlia. Avrebbe detto di non aver sentito il cellulare.. o altre scuse.. il problema però, non era quello, bensì i fatti.. e quelli erano piuttosto eloquenti.
«Archie!» sbuffò sollevata Ruby, abbassando la cerniera del suo giubbotto rosso fiammante
«Ruby.» sospirò sollevato il dottore, impedendole però di entrare
«Credevo ti fossi dimenticato! Senti dovevo parlarti di quel fatto di Billy, credo che mi piaccia seriamente e-» la ragazza cominciò a parlare concitatamente, ma l'uomo non si tolse dalla porta
«Io direi di andarci piano Ruby, sai come la penso. E poi.. questo non è il momento più adatto, davvero..» lei si alzò sulle punte, cercando di sbirciare palesemente oltre la spalla del dottore. I suoi occhi si spalancarono stupiti quando videro Armida stesa sul divano, gli occhi strizzati, che dimenava il volto a destra e sinistra, come in preda ad un incubo
«Dida??» Ruby si fece largo entro lo studio, spintonando l'uomo di lato che, dal canto su, non fece molto per opporsi
«È sotto ipnosi.» spiegò il dottore, lasciandosi cadere sulla poltrona - dopo aver serrato la porta a chiave
«Sicuro che stia bene?»
«Fisicamente.. sì.» sospirò gravemente «Ma non sembra star vivendo ricordi.. o sogni subconsci molto tranquilli..»
«Beh ma che aspetti? Svegliala!!» la cameriera del Granny's si sedette accanto all'amica, gli occhi fissi sul suo volto agitato
«Non posso!»
«Non puoi o non vuoi?»
«...Non ci riesco.» confessò infine, gli occhi spaventati in quelli di Ruby come in cerca di aiuto
«Non basta schioccare le dita o roba del genere?!»
«Armida è come.. intrappolata nei suoi ricordi, nessun intervento esterno sembra in grado di svegliarla. Non.. non so che fare.» Archie si passò una mano fra i capelli, abbassando lo sguardo «Ho sbagliato tutto con lei. E il Sindaco mi toglierà tutto.. o mi ucciderà.. no, mi toglierà tutto.. e.. sai cosa? Non me ne frega niente! So solo che una mia paziente è imprigionata nel limbo dei suoi ricordi, dei suoi incubi, e io non so come aiutarla.»
«Sono certa che tu volevi solo aiutarla..» la ragazza cercò di consolarlo, anche se sapeva che non sarebbe servito a molto.. i fatti erano evidenti. La soluzione - se così si poteva definire - una sola.
 
«Non ci riesco!»
«Sì che ci riesci!» Armida guardò ancora quell'albero che le chiedevano di scalare. A cosa le sarebbe servito poi, quello era un mistero. Non c'erano rami, la corteccia era liscia.. e ne era certa: le lezioni di fioretto erano molto più interessanti e costruttive di quelle di arrampicata. Certo, doveva salire e scendere per il ponte mezzo rotto per importunare ignari viaggiatori con i trolls, ma era temporaneo, non sarebbe rimasta lì per sempre.
«Usa la testa, guerriera!» il capo dei trolls l'aveva presa più in simpatia di quello che voleva e questo sembrava dargli l'autorizzazione di spintonarla quando gli pareva
«Piantala Ciril!» borbottò la ragazza, cercando l'equilibrio. Lo faceva per scherzo e anche per il suo bene, certo.. ma poteva lui capire che non stava parlando con uno dei suoi corpulenti ragazzi con le abilità di una scimmia - nonostante tutto quello che portavano addosso - e il corpo possente?
Il troll ridacchiò mentre la ragazza estraeva il pugnare che aveva legato al fianco
«Così si ragiona.» si compiacque lui, vedendola salire sul tronco con l'aiuto di quell'unico appiglio. Il suo corpo si stava scolpendo come quello di un ragazzo della sua età, i muscoli delle braccia erano forti come quelli delle gambe, ogni giorno era più veloce e più agile con la spada. Si impegnava a fondo e quasi i trolls erano dispiaciuti di star allenando qualcuno con quelle capacità, che sarebbe scomparso appena pronto.
«Contento?» urlò dalla cima la ragazza, con espressione scocciata, lanciando ai suoi piedi la freccia che lei avrebbe dovuto raggiungere alla fine dell'albero.
«Sì.» rispose lui atono, prendendo la freccia con indifferenza. La ragazza sbuffò, scese  dal tronco velocissima, scivolando su di esso ed atterrò in piedi.
«Ora che mi fai fare?» chiese la ragazza mettendo le mani ai fianchi.
Ciril si fermò ad osservarla. Le braccia e le gambe potevano essere quelle di un ragazzo, quel vitino stretto era inconfondibile.. forse perché aveva indosso delle pelli arrangiate, forse perché non aveva indosso un'armatura reale, ma come l'avrebbe camuffata? Forse aveva preso un accordo che non era in grado di soddisfare, tuttavia, doveva almeno provarci.. per la sua gente e anche per quella ragazzina così apparentemente fragile ed invece determinata.
«Beh?» lo incalzò lei
«Spada.»
«Finalmente qualcosa che mi piace.»
«E lezioni di trollese.» la ragazza lo guardò stranita, lui rise
«Come, prego?»
«Appunto, ti servono.» grugnì qualcosa e sopraggiunse un troll dall'aspetto decisamente burbero, avvicinandosi baldanzoso. Guardò la ragazza e sputò per terra, per poi rivolgerle un grugnito in segno di saluto; la ragazza storse la bocca
«Devi parlare come un ragazzo.. cambiare la voce, il modo di esprimerti. Un po' di tempo con lui non ti farà male. Saluta Jork.» ridacchiò divertito mentre guardava come la ragazza squadrava il troll
«Te la farò pagare.» borbottò lei, mentre si allenava con la spada e Jork la seguiva come fosse stata la sua ombra.
 
«Da quanto tempo è così?»
«Un paio d'ore.»
«Archie dobbiamo fare qualcosa!» Ruby si alzò dal divano e prese a camminare su e giù per lo studio
«Whale?»
«Per quanto la cosa non ti aggradi, bisogna chiamare il Sindaco, Archie!»
«Sì, hai ragione.» convenne il dottore, respirando pesantemente. Conoscendo il sindaco Mills, doveva essere al municipio a scribacchiare sulle sue scartoffie, nessuno osava mai disturbarla durante l'orario non attribuito al ricevimento dei cittadini e il telefono non veniva preso in considerazione se non era la scuola di Henry a chiamare.. e dopo aver controllato le tasche di Armida, si resero conto che non avevano cellulari per poterla contattare.
Ma Regina doveva pur sapere dove si trovava la figlia, con tutte le spie che aveva in città, giusto? E se non aveva notizie di lei da più di due ore.. doveva essere disponibile a ricevere chiunque, giusto?
«Vado a prenderla!» esclamò Ruby, richiudendosi il giaccone. Il dottor Hopper guardò la ragazza distesa sul divano: era decisamente stanca e quel viaggio la stava sfiancando ogni secondo di più. Era nel passato con la mente e sembrava essere là anche con il corpo.. mai un esperimento di ipnosi era riuscito tanto bene. Tanto bene da rischiare la vita di una paziente.
«Sbrigati.»
 
Era pronta. Il grande giorno. Un anno intero passato dai trolls, quella che alla fine era diventata la sua famiglia, quelli che l'avevano addestrata per tutto quel tempo.. per quel giorno.
Davanti al palazzo estivo della Regina, ancora una volta, ora con i capelli tagliati corti, il viso sporco di cenere, lo sguardo fiero e il suo corpo da ragazza nascosto sotto una blusa larga.
«Buona fortuna guerriera.» la ragazza salutò il capo e il piccolo gruppetto che li aveva accompagnati con un sorriso riconoscente, prima di vederli sparire nel bosco.
Prese un respiro, dirigendosi ancora verso il lato del castello, oltre alle mura di cinta, dedicato all'addestramento delle reclute; quella vola non storsero il naso, con il suo portamento abbastanza convincente, la fronte corrucciata e lo sguardo deciso le permisero di andare avanti, di passare tra le altre reclute fino alle guardie
«Carne fresca.» commentò la guardia seduta al tavolino. In mano aveva una penna ed una pergamena su cui erano scritti tantissimi nomi ed accanto ad essi il verdetto arruolato nell'esercito reale della regina oppure scartato. «Sei molto smilzo, ragazzo. Nome?»
«Lo deciderà la sovrana.» disse dopo una breve esitazione. Le guardie si scambiarono una rapida occhiata per poi scoppiare a ridere
«Senza nome non si entra nell'esercito.»
«Datemi una spada, sfiderò chiunque. Mi guadagnerò il mio posto.» l'uomo si alzò con espressione truce, estraendo la spada; con un cenno del capo convinse il suo compagno ad estrarre la propria e tenderla alla nuova recluta.
La ragazza saggiò il peso della spada, mettendosi poi in posizione. Attorno a loro si fece un cerchio di guardie, soldati, persino reclute.
La guardia attaccò per prima, la ragazza intercettò il fendente diretto al suo addome con il piatto della spada, per poi tornare in posizione difensiva. Quel soldato voleva solo finire presto quello scontro e rimandarla a casa ma lei promise a se stessa che ciò non sarebbe mai accaduto.
Spronato dagli altri, attaccò una, due volte ma l'agilità della ragazza rese nulli  tutti i suoi tentativi. Ben presto da un avversario divennero due e i fendenti che riceveva sempre più forti e mirati ma, anche a quello, non servì a molto: la spada della  nuova recluta, intercettava le loro, e certe volte aveva anche occasione di attaccare.
Più riusciva a sostenere l'attacco, più uomini si intromettevano, più lei dava cenni di stanchezza, più le guardie incitavano i loro ad attaccare, mentre i soldati e le altre reclute assistevano in silenzio. Ora non si trattava più di resistere all'attacco, si trattava di fermare la minaccia che incombeva su di lei e se questo significava voler ferire - come del resto sembravano fare loro - beh, allora li avrebbe accontentati. Non stavano più cercando di scacciare una recluta, volevano divertirsi, volevano sangue, volevano il sangue del ragazzino che li aveva sfidati e li stava umiliando.
Un affondo. Colpì il soldato alle sue spalle. Una ferita superficiale alla coscia, che però lo fece ritirare.
Un altro colpo. Il soldato alla sua sinistra perse la spada dalla mano.
La ragazza si girò per guardarlo nella confusione e, in quella frazione di secondo, il terzo soldato.. il primo che l'aveva attaccata, preparò il suo affondo.
La ragazza fece appena in tempo a schermare la spada avversaria e ferirlo al braccio, ma la punta la colpì comunque, tingendo in poco tempo la blusa di rosso. La ragazza deglutì, lasciò la spada e si inginocchiò al suolo, la mano sul fianco. Non pensava di esser stata ferita in modo così grave, ma in effetti.. non era mai stata ferita e sentiva le forze defluire con il sangue caldo che scorreva tra le sue stesse dita
«Scartato.» disse la guardia con affanno e soddisfazione, guardandosi distrattamente il graffio che la ragazza le aveva procurato.
«No.» lei conosceva quella voce.. come conosceva il silenzio che portava. La ragazza riuscì solo a sollevare di poco lo sguardo.. la vista divenne opaca ma la riconobbe: la regina.
Non era cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista: bella e spaventosa, affascinante ed autoritaria.
«Questo sbruffoncello ci ha insultati.»
«Vi ha tenuto testa.» corresse la sovrana, squadrando la ragazza con indifferenza, per poi andarsene via com'era venuta «Fatelo curare e dategli un'armatura: il guerriero resta.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
angolo autrice:
non mi ammazzate, chiedo clemenza. Spero che l'attesa non sia stata inutile e questo capitolo vi sia piaciuto!
Ora abbiamo due storie, proprio come nella prima stagione (il fatto della doppia storia mi piaceva tantissimo, cosa che si è mantenuta molto relativamente nella seconda), StoryBrooke e il Fairy Tale Land.. spero che la cosa non vi dispiaccia :'3
Detto ciò, alla prossima, grazie a tutti
syriana94
   
 
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