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Autore: Halloween_    17/04/2013    3 recensioni
Due gemelle che si adorano e non possono stare divise.
Due capitani che si odiano e non possono stare vicini.
Il loro futuro deciso da una monetina; una monetina in mano a due pirati.
Fan Fiction scritta con: Portuguese D Vanessa.
Attenzione: il racconto è dal punto di vista di una delle due gemelle. Vanessa racconta dal punto di vista dell'altra sorella.
Possibili OOC per alcuni personaggi -non ne sono sicura però lo inserisco comunque per precauzione-, spero nessuno se la prenda. ^^
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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~Sola con il Capitano.
Parlo troppo! Sempre e comunque!
Mi hanno sentito di sicuro, non sono mica sordi.
«Come?»
Appunto, lo sguardo indagatore di Trafalgar mi fa sudare freddo; devo tirarmi fuori da questo impiccio.

«Ops... Ho parlato troppo!»
Mi metto a sedere per terra e tappo la bocca con le mani.


«Ma no! Sorellina, tu non parli mai troppo... O forse si…» Merodi ha uno sguardo così coccoloso che vorrei abbracciarla!
«Puccia sorellina! Io parlo sempre troppo!
Accidenti alla mia boccaccia!»




 «Andiamo! Sono stufo di questo posto!» Kidd esce dalla stanza con Merodi in spalla che urla il mio nome disperata mentre il rosso le intima di stare zitta. Però sono fermi sulla porta ancora.
«Sorellina!!!!!! Brutto maniaco se scopro che le hai fatto qualcosa me la paghi!» Non riesco ad alzarmi quindi urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni.





 Poi mi rivolgo a Trafalgar, «Senti occhi a panda! Moriremo se ci separate! Quindi nessuno dei due deve superare i confini dell'isola! Per nessun motivo!» la mia voce ha un accenno di disperazione, nonostante abbia tentato di nasconderlo.






 «Spiegati meglio!» Ragazzo panda insistente!




 «Eh che cazzo! Se ci separate io e mia sorella crepiamo! Capito?» Merodi gli risponde per me.
«Non posso! Infrangerei un tabù, gli stranieri non devono sapere!» Scuoto la testa che mi gira ancora.




«Ma che peccato!» Kidd invece non sembra così interessato, però mai dire mai.
«Sorellina, non preoccuparti! Finche staremo assieme, andrà tutto bene!» Merodi sorride mentre si sporge dalla schiena del rosso. Anche se non ci arriva allunga una mano verso di me.
«Giusto! A presto sorellina!» Faccio lo stesso ma non riesco a toccarla.








 «Ti voglio bene!» Le tre paroline. 








«Anch'io! Tanto, tanto!» Le sorrido mentre la vedo sparire, dalla mia vista chi lo sa per quanto tempo.
«Tabù? Di che parli?» Gli ficcherei qualcosa in bocca pur di farlo tacere.








«E quante, cazzo di volte, dobbiamo ripeterlo!»
la pazienza dopo un po’ se ne va. Respiro un paio di volte per calmarmi e provo a sviare il discorso: «Mi sa che devo cambiare bende...»
«Non cambiare discorso.»








«Non te lo dico! È proibito!»








«Sì!» Forse ha capito, oppure è solo una tattica per farmi parlare.








 «E allora cosa chiedi?! Poi ho bisogno davvero di bende nuove.»







 «Allora vieni che ti sistemo.» Nonostante la freddezza è un gesto inaspettatamente gentile, secondo me.



«Tu? No, voglio un dottore!» Su questo sono categorica.








 «Io sono un dottore.» Non l’avrei mai detto.



«Sicuro?» M’ispira poco.

«Sì.» 







«Hmmm... Non mi fido... Però... Va bene...?»
Convinzione pari a zero però non ho molte alternative.





«Forza, vieni!» Indica il letto, mi sa che devo rimettermi lì.








 «Guai a te se metti le mani dove non devi!» Gli intimo mentre mi rialzo, spero tanto non sia un maniaco come l’altro.








«Tranquilla.» Certo che parla davvero poco mentre in quanto a espressività potrebbe fare concorrenza a un muro.
«Almeno per cambiarmi le bende, me le togli le manette?» Sfodero l’espressione più indifesa che ho nel mio armamentario e sollevo appena i polsi bloccati.
Mi scruta giusto qualche secondo, con i suoi occhi grigi, la bocca seria, «No.» un monosillabo, deciso che non lascia spazio a repliche.
Però io adoro provocare la gente, specialmente quelli che non mi danno corda, quieti e seriosi. Quando una persona del genere suscita la mia curiosità, lo stuzzico e lo provoco, in ogni modo, finché non ottengo una reazione, che sia rabbia, rassegnazione o un tentativo di uccidermi o mettermi le mani addosso. Tanto alla fine l’ho sempre e comunque vinta io.
«Ma… Ma sto uno schifo!» Beh, almeno questo è vero, anche se non si nota. Sbatto un paio di volte gli occhioni con fare innocente.
«Allora aspetta…» Tira fuori alcune chiavi dalla sua felpa, ne sceglie una e la infila nel buco di una manetta. Gira la chiave lentamente, un ghigno beffardo sul viso.
Cos’è vuol farmi capire che comanda lui?
Mi spiace ma sono dura di comprendonio, io!
Finalmente l’anello sinistro si apre e almeno un polso è libero.
«Contenta?» Mi è difficile fissarlo negli occhi per più di alcuni secondi.
«Meglio di niente, va!» Abbasso gli occhi e mi siedo sul letto morbido.
Trafalgar si para davanti a me. Che brutta situazione, diciamo che avere il cavallo dei suoi pantaloni proprio davanti alla faccia, non è il massimo, per me.
Sento il suo sguardo, probabilmente mi sta studiando, quindi abbasso il mio a terra.
Mi accorgo che le sue mani, grandi e affusolate, mi stanno sollevando la maglia bianca. Avvolgo subito il braccio libero sotto il seno, bloccando la maglia.
Con cura il dottore toglie le bende macchiate di sangue che mi avvolgevano la pancia, disinfetta una ferita, non credo mi lascerà cicatrici è abbastanza superficiale, e sostituisce le bende.
Almeno ci prova, perché le sue mani che mi sfiorano la pelle sono fredde come ghiaccio ma non è questo il problema: «Puff… Io… Soffro il solletico…» Provo con ogni mezzo a trattenermi ma è inutile. Scoppio a ridere come una pazza, il corpo scosso da fremiti.
Ho esagerato, la testa ricomincia a farmi male come se qualcuno si divertisse a infilarci un pugnale ed estrarlo, tante volte.
Mi lamento del dolore portando una mano dove sento male, mentre Law m’intima di stare ferma.
«E tu non farmi il solletico!» Gli rispondo stizzita, però in fondo non è colpa sua.
«Ci proverò.» Eh? Tutto qui? Pensavo mi avrebbe minacciato oppure messo a tacere e invece!
«Hm, sei inaspettatamente gentile... Non sei come quel maniaco dai capelli rossi, vero?» Parlo più con me stessa che con lui. «La mia adorata gemella nelle sue mani... Non posso sopportare questa situazione!» Sono furiosa al solo pensiero; se il rosso tocca la mia adorata sorella, io lo faccio pentire di essere diventato un pirata!
«Non confondere la gentilezza. Lo faccio solo perché mi sarai utile.» Ah, mi pareva strano. Un freddo calcolatore che pensa solo al proprio tornaconto.
«Ah… Cavolo, vuoi farmi?!» M’irrigidisco come un pezzo di legno.
«Ti sto medicando. Me lo hai chiesto tu.» Non si degna nemmeno di alzare lo sguardo, è troppo impegnato a cambiare le fasciature del braccio destro, quello ammanettato.
«Scemo!» Questa volta mi guarda, anzi mi fa a pezzi con uno sguardo. Un po’ di paura l’ho poca però! «Intendevo, cosa volevi dire sul fatto, che ti sarò utile?»
«I tuoi poteri sono interessanti.» Che bello, sprizzo felicità da tutti i pori! Se, come se fosse possibile.
«Mi spiace ma, rendono meglio se usati con quelli di mia sorella, quindi sono inutile. Posso tornare a casa?» Lo torturerò fino a che dalla sua bocca non uscirà: sì!
«No.» Uhm, non è andata come speravo. Mi parla senza staccare gli occhi dalle medicazioni ma che bravo dottore.
Proviamo così, «Se sono inutile non hai motivo di tenermi qui! Aspetta...» ci penso un attimo, devo trovare qualcosa per importunarlo un po’. «Non sarai un maniaco come il rosso?! Però se siete una coppia sposata...» una piccola pausa, «Siete carinissimi, insieme!» gli sorrido e mi guadagno un’occhiataccia che avrebbe terrorizzato chiunque.
Se vado avanti così, potrei avere io la peggio, questa volta. Divertente.
«Non dirlo nemmeno per scherzo. Io ed Eustass-ya siamo nemici.» La voce tagliente e il tono duro mi trafiggono ma io non cedo.
«Certo, certo.» lo liquido con un gesto della mano libera che avevo riappoggiato sul letto quando aveva finito di medicare la pancia, «Poi, io sono serissima!» «Smettila.» ecco, se c’è una cosa che detesto, è proprio prendere ordini.
«Altrimenti?» lo stuzzico.
«Saranno guai.»
«Come se mi facessi paura ragazzo panda-ya! Spostato con Eustass-ya!» l’ultima frase non ha molto senso però, finché lo irrita, va bene. Poi è divertente aggiungere “-ya”, lo trovo buffo.
«Smettila, o tua sorella farà una brutta fine.» Ghigna soddisfatto nel vedere la mia espressione farsi seria, il sorrisetto che svanisce.
Gli ripeto di stare lontano da mia sorella, altrimenti qui la brutta fine tocca a lui; quasi annoiato mi risponde che ridotta così e con le manette non posso fare nulla.
«Io anche mezza morta difenderei mia sorella!» gli sbraito contro. Il furbastro, appena finite le medicazioni, mi ha bloccato subito anche l’altro polso; quindi sono immobilizzata e senza poteri, che ingiustizia.
«Non puoi è andata via, con lei ora c’è Eustass-ya.» Trafalgar si rialza, osservandomi dall’alto in basso. Che fastidio mi dà la sua aria da superiore.
«E allora?!»
«È un tipo noto per la sua cattiveria. Non ti garantisco che Merodi sia in buone mani.»
Questo l’avevo capito già! Poi dice così, ma nemmeno Law mi sa tanto di santarellino, mah sarà l’aura che lo circonda o la nodachi che si porta sempre dietro, o non so, il semplice fatto che è un pirata?!
Scoppio a ridere, «Si vede che non conosci mia sorella!» sorrido sbruffona «Al massimo è il tuo amorino che è finito nei guai!»
«Non hai mai visto un tipo come Eustass arrabbiato, vero?»
Io mi sento trattata come una perfetta idiota; ormai è un po’ che parliamo ma nessuno dei due accenna a muovere un passo.
«Non hai mai visto Merodi arrabbiata?» posso garantire che se la mia sorellina si arrabbia è terrificante «O me, eh?»
«Non potrai raggiungerli in ogni caso. Prenderanno una rotta diversa.»
«Sbagli, non possono. Se il tuo amichetto vuole, deve lasciare qui Merodi e tu me.» l’aria di sfida che si respirava poco fa è svanita.
«Non credo sarà d’accordo.»
«Peccato non ci siano altre soluzioni.» la bocca si piega in un ghigno, «Sempre che non vogliate trovarvi due cadevi al nostro posto.»
Direi che ho suscitato il suo interesse.
«Raccontami un po’ questa storia.»
«Non posso, non voglio e non lo farò. Non ne ho motivo.» lo dico con tono di sufficienza, mi auguro desista presto.
«Sì. Se me lo dici può darsi che tua sorella ritorni.» stronzo! Mi ricatta, anche se sta bleffando con tutta probabilità.
«Lo capisci o sei stupido?! NON POSSO!» scandisco le ultime due parole, «Non che voglia raccontarti qualcosa, comunque.» ho già infranto un po’ di leggi dell’isola, meglio stare all’occhio.
«Perfetto. Allora tu e tua sorella morirete.» ghigna divertito, Trafalgar.
Maledetto! Non m’importa della mia di vita ma, Merodi è tutt’altra storia! Se dovesse morire anche lei a causa mia… Scuoto la testa con forza trascurando il male, sono pensieri che è meglio eliminare alla radice.
«Grrrr! Va bene! Appena sarò in grado di muovermi portami a casa mia e di mia sorella, ovviamente deve esserci anche lei.» che umiliazione dovergliela dare vinta, purtroppo però in questo momento il coltello dalla parte del manico è in mano sua.
Cambio approccio, faccio gli occhioni dolci, magari-
«Le manette non te le tolgo, smettila di guardarmi così.»
Mi legge nel pensiero questo?!
«E allora diventerai donna!» sentenzio, almeno le gambe sono libere, ne alzo una e poggio il piede tra coscia e bacino. Ha capito cosa intendo ma non sono così, ehm sfacciata, diciamo, da mettere il piede “lì”.
Uhm, che belli i pantaloni maculati!
Il dottore osserva il piede e lo sposta come se nulla fosse, poi però mi lancia l’ennesima occhiataccia.
«Smettila di fare la forte, ragazzina!» dal suo tono è un po’ irritato, probabilmente non gli sta bene il mio modo di fare; perfetto, posso fare anche di peggio.
«Toglimi ste manette! Prometto che faccio la brava!» cambio approccio; fermi tutti.
«Ragazzina a chi?! Ho ventun anni, io!» sbotto, offesa. Va bene che non li dimostriamo però non siamo certo “ragazzine”. Però credo sia più grande di me Trafalgar ma non di molto, magari giusto due o tre anni.
«Le manette le tieni per sicurezza. Ora vado ad avvertire Eustass.» si avvia alla porta con tranquillità ma si volta un ultima volta, «Sta buona con Bepo.»
«Bepo?» e adesso chi è questo “Bepo”?! Un altro omaccione che si divertirà a sbeffeggiarmi perché non posso reagire?!

Poco dopo l’uscita del dottore entra… Oh, mio! Amore! Bellissimo! Come se fossi senza ferite, mi alzo dal letto e mi butto addosso alla magnifica creatura in tuta arancione appena arrivata. Cade a terra con un tonfo e Trafalgar si affaccia ancora, attirato dal rumore.
Sono certa che la scena vista da fuori sia davvero buffa.
Una ragazza, piena di bende, vestita con t-shirt e pantaloncini –ora che ci faccio caso, sono quelli che avevo messo su l’ultima volta che ero stata a casa- cavalcioni di un gigantesco orso polare bianco, come il latte, con indosso una tuta arancione, e sdraiato sul pavimento.
Il mio amore per gli animali è immenso, nonostante l’impaccio delle manette cerco di abbracciarlo.
«Amore! Sei bellissimo!» alzo gli occhi su Trafalgar che assiste alla scena, fermo sulla porta, imperturbabile, «Io amo gli animali.»

«Occupati di lei Bepo.» se ne va, ignorandomi per l’ennesima volta. Così come ignora l’orso che chiede aiuto.
Tossisce un poco «S-soffoco…» la voce dell’orso mi arriva flebile.
Poverino, gli sto comprimendo i polmoni, che idiota che sono!
Mi rialzo subito scusandomi come una forsennata, sono così dispiaciuta.
L’orso si lascia andare a un sospiro di sollievo, «Me la sono vista brutta!»
«Scusa…» mi sembra di essere una bambina piccola.
«Ah!» un flash improvviso m’illumina il cervello.
«Dov’è andato ragazzo panda?!»
Bepo è colto alla sprovvista e risponde con un impacciato «Non lo so…»
«È uscito dalla porta… Aveva detto che doveva chiamare Eustass-ya…» sto parlando più con me stessa finché non volto la testa e chiedo, «Il tuo capitano ha uno studio?!»
L’orso, spaesato, mi risponde con un incerto sì.
«Perfetto!»
Esco dalla porta ancora aperta e vago nel lungo corridoio, osservando le porte di metallo rigorosamente chiuse.
Decido che è il caso di affidarmi al mio proverbiale “istinto” così afferro una maniglia e apro, o meglio, spalanco la porta che si apre silenziosa e leggera come se non avesse peso.
Sgrano gli occhi stupefatta è come se fossi finita ovunque e da nessuna parte in particolare. Lascio vagare lo sguardo sull’enorme quantità di libri, tutti ordinatamente riposti in librerie di legno che prendono buona parte della parete e alte fino al soffitto della stanza. Ce ne sono tre ricolme di volumi, alcuni notevolmente impegnativi, viste le dimensioni.
Noto la scrivania di legno anche quella direi, invasa da fogli e alcuni libri aperti altri chiusi, molto ordinata comunque.
Al centro dello studio un tavolo con dei libri poggiati anche lì, un bel divano color mattone a due posti e una poltrona della medesima tonalità.
Muovo qualche passo all’interno. Dopo poco una sensazione di morbidezza mi solletica la pianta del piede nudo; abbasso lo sguardo, interdetta, e mi accorgo di essere sopra un tappeto, bianco a macchie nere, –praticamente identico al capello del dottore- e morbido come un animale di pezza. Spero non abbia scuoiato qualche innocente bestiola per questo coso.
Ho la sensazione di essere osservata così ne cerco la causa; eccolo, Trafalgar è seduto sulla poltrona con le gambe accavallate che legge un libro, o almeno lo stava facendo prima del mio ingresso, perché ora studia ogni mia mossa con quei suoi magnifici occhi.
Oh, è la prima volta che formulo complimenti per qualcuno all’infuori di mia sorella o gli animali che tanto adoro. Io per prima sono stupita per questa novità, devo ammettere però che è da quando l’ho visto poco prima che mi dà una strana sensazione quel dottore. Che cosa potrebbe essere? Mi è sconosciuta ma, spero di riuscire ad assegnarle un nome più in là.
Pronuncio il suo nome “Trafalgar” piano come a non voler disturbare la tranquillità nella stanza.
.«Che ci fai tu qui, non dovevi stare con Bepo?» mi risponde senza guardare verso di me, almeno finché non vado verso la scrivania, sposto qualche foglio e mi siedo lasciando le gambe a penzoloni e muovendole piano, prima avanti e poi indietro.
«Mi sono dimenticata di dirti delle cose importantissime!» rispondo facendo passare i pezzi di carta pieni di una scrittura ordinata e perfettamente leggibile, molto bella, quelli più in sotto sono caotici e pieni di parole messe insieme o sovrapposte, incomprensibili a dir poco, che li abbia scritti un pazzo? O una persona piena di tormenti interiori?
«Cosa?» La voce Law mi richiama il suo sguardo indaga ogni mio movimento freddo come un iceberg.
È meglio fare come ogni volta, cercare di provocarlo, infastidirlo e stuzzicarlo in ogni modo; lo trovo divertente –come ho detto prima- e, anche se mi procura un mare di guai, questo sistema porta all’esasperazione chiunque abbia a che fare con me, oppure appena abbassano la guardia è la fine. L’ho “brevettato” nel corso degli anni, tra pirati, marines, spadaccini, semplici viaggiatori, sull’isola, ne sono passate di persone e tante altre sarebbero venute.
«Allora,» prendo un respiro profondo, «non dovete andare nel bosco! Né tu o la tua ciurma né quella del tuo amorino,» sottolineo l’ultimo termine, «quindi diglielo.»
Assaporo il leggero stupore comparso sul viso di Trafalgar per un secondo, poi riprendo con sufficienza, «Ovviamente le cose cambiano se ci siamo io o Merodi, gli animali sono aggressivi ma non con noi.»
«Credi che mi lasci intimorire da un animale?» dal suo tono è quasi disgustato alla sola idea di essere spaventato da “un paio di animaletti selvaggi”.
Con un piccolo slancio scendo dalla scrivania ma solo per riaccomodarmi sul bracciolo della poltrona dov’è seduto Trafalgar.
A giudicare dall’immagine schifosa d’interiora e simili che mi trovo a fissare posso affermare che il libro che legge il mio interlocutore è di anatomia o medicina. Sinceramente mi hanno fatto un po’ schifo queste cose fin da bambina però lui è un dottore quindi gli piacciono per forza.
«No, però se alzi un dito a qualcuno dei miei piccoli poi te la faccio pagare con gli interessi.» quando minaccio, lo faccio con il sorriso ma non per questo sto scherzando.
«Che cosa stai cercando di dirmi? Anzi, di nascondermi?» cerca di nuovo di estorcermi informazioni, che noia!
Non è facile ma pianto i miei grandi occhioni blu cobalto nei suoi piccoli e taglienti di quel colore così particolare e bello, indecisa se rispondergli o no; i capelli mi ricadono ai lati del viso e arrivano a pochi millimetri dal suo. Magari qualche piccolo particolare tanto per confonderlo e incuriosirlo un po’, potrei anche decidermi a fornirglielo.
Sospiro fintamente rassegnata e inizio con un paio di avvertimenti, «Sai, io porto sfortuna, se fossi in te me ne andrei prima di essere troppo coinvolto nelle faccende di Twins Island.» per sua sfortuna non sto scherzando, se l’isola fosse una persona, avrebbe tanti scheletri nell’armadio da far invidia a un cimitero.
Law è perplesso, almeno credo, però non intende demordere.
«Smettila di girarci intorno, cosa mi nascondi?» a giudicare dal tono è infastidito dal mio modo di fare, adesso ne sono quasi certa. Sarà perché non è facile fregarmi? Mah, chi lo sa.
Ridacchio divertita.
«Tante cose! Però se te le dicessi tutte adesso poi dove sarebbe il divertimento?» inclino un poco la testa e gli domando tutta sorridente, «Non credi?»
«Sarà ma io voglio sapere tutto.» le sue labbra sottili si aprono in un ghigno, «Adesso.» il suo tono di comando non mi piace.
Passo al contrattacco sospirando drammatica, «Davvero? Se ti racconto qualcosa che ricevo in cambio?»
«Dipende da quello che mi racconti.»
«Sì? Peccato che io non possa dirti nulla…» Rispondo al suo ghigno divertito con un sorriso triste e abbasso lo sguardo fissando le macchie nere del tappeto, «Ho infranto troppi tabù in questi anni…» a ripensarci, ne ho combinate talmente tante che avrò infranto almeno la metà delle regole cui sono soggetti gli isolani ma, siccome io e Merodi siamo “speciali”, le ripercussioni non ci sono state in un certo senso. Meglio non rischiare comunque, quindi ho deciso di “darmi una calmata” e fare la brava.
Lascio vagare la mente nei ricordi e una frase, riletta mille volte, che mi rimbomba nella testa: “È vietato raccontare agli stranieri i segreti di Twins Island. Per coloro che infrangono questa regola, la pena è…”.
«Se me lo dici, potrai parlare con Merodi.» la voce tagliente di Trafalgar mi riporta con i piedi per terra. Sporco ricattatore adesso tira in ballo anche mia sorella! In ogni caso me l’aspettavo quindi ho già una contro proposta pronta ad essere usata.
«Facciamo così: chiama il tuo amorino, fammi parlare con mia sorella e appena sarò in grado di muovermi senza iniziare a sanguinare come una fontana andremo a casa nostra e ti consegnerò un libro dove c'è tutto quello da sapere, leggenda sull'origine dei gemelli qui compresa.» Faccio una piccola pausa, credo stia prendendo in considerazione le mie parole, «Ci stai?»
I suoi occhi sono sospettosi, infatti, me lo dice senza tanti giri di parole, «Non mi fido, ma infondo è solo una chiamata.» si alza dalla poltrona e da un cassetto della scrivania tira fuori una strana lumaca con un capello simile a quello di Law e un apparecchio per telefonare sul guscio, con tanto di pulsantiera e ricevitore.
Mi avvicino, deve essere quello che usano per tenersi in contatto.
Lo guardo di sottecchi e gli faccio gli occhioni più dolci che riesco, «Non ti fidi di questa dolce e bellissima fanciulla che hai davanti a te?» cerco di non ridere però la voglia mi passa del tutto nell’istante in cui mi liquida con un freddo “No”.
«Cattivo! Però, sono bellissima!» fare l’offesa mi riesce benissimo, anche se serve a poco, poiché m’ignora completamente.
Con le mani afferro la lumaca dalle sue e la rigiro, studiandola incuriosita.
I polsi mi fanno malissimo e sento le braccia così pensati che potrebbero cadermi, quindi gli porgo di nuovo l’apparecchio, «Chiama!» non mi piace ricevere ordini però se si tratta d’impartirne è un’altra storia.
«Okay.» la semplice e telegrafica risposta di Law; mi auguro di non restare a lungo in questo posto, parla eccessivamente poco per i miei gusti il ragazzo però devo ammettere che è magnifico e seducente, sotto quest’aspetto non ho nulla da dire.
Le dita affusolate di Trafalgar compongono veloci e precise un numero sulla pulsantiera.
Interessante non mi ero ancora accorta che sulle dita della mano sinistra ha tatuato la parola “D-E-A-T-H” una lettera per ogni dito partendo dal pollice.
“Morte” davvero carino, rassicurante soprattutto.
Il mio sguardo si sposta ai tatuaggi sulle mani e sulle braccia ma non ho il tempo di fermi un’idea precisa di cosa siano perché qualcuno ha risposto dall’altro capo.
«Che c’è?!» La voce incazzata di un poco felice Eustass-ya, peccato.
Spero vada tutto bene, anche se ho i miei dubbi soprattutto perché da quanto ho visto Kidd è una testa a dir poco calda, poco male a me interessa sapere come sta la mia sorellina.
Sarà una lunga telefonata.



Angolo dell'Autrice.
Finalmente anche il terzo capitolo! *^*
Grazie a tutti i visitatori, spero tanto che arrivi qualche buon anima a recensire sono davvero curiosa di sapere che ne pensate. ^w^
Nel frattempo mi auguro vi piaccia il capitolo. :3
Alla prossima. ♥
   
 
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