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Autore: moondance    06/11/2007    5 recensioni
Bella e Edward affrontano nuovi problemi e separazioni, il loro amore sarà davvero profondo ed eterno come dicono?
Cosa succederà a Bella nella sua nuova scuola? Chi saranno quei ragazzi dall'aspetto così splendido ed unico?
Dov'è Edward? Chi incontrerà sul suo cammino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con l'aggiornamento! Diciamo che in questo capitolo abbiamo un punto di svolta ecco. A livello interiore... beh scopritelo ^^
Ringrazio tutti coloro che continuano a leggere nonostante aggiorni ogni 1000 anni e un ringraziamento particolare a chi commenta, grazia a voi la voglia di continuare questa ff  non mi abbandona!
Spero che questo capitolo vi piaccia e vi entusiasmi come ha fatto con me (strano ma vero, solitamente non mi piace quello che scrivo... ma questo capitolo...boh... mi garba ihih)
Cap. 8
BELLA
 
Come previsto da Mara eravamo arrivate tardi all’appuntamento alla fine. E per fortuna!
Mich era stato davvero irritante. Per tutta la serata era riuscito ad avvicinarsi e toccarmi, prima mi aveva cinto le spalle, poi mi aveva preso la mano… era stato snervante dover mantenere la calma ed allontanarlo il più gentilmente possibile.
Nessun ragazzo, nessun uomo poteva toccarmi sperando che io… che io…
Era pura follia! Niente e nessuno avrebbe mai potuto prendere il posto di Edward!
Ma Mich era parecchio insistente, sembrava una dannata ape alle prese con del miele!
Nonostante Mara lo avesse avvertito parecchie volte di lasciarmi stare, lui continuava imperterrito.
Io ne avevo avuto veramente abbastanza, volevo andarmene e non aspettavo altro che l’occasione giusta, che non tardò ad arrivare.
Ad un certo punto della serata Mich si era seduto accanto a me, desideroso di intavolare un discorso, “Allora Bella, me lo sono sempre chiesto… come facevi ad abitare a Forks? Ho sentito dire che ha uno dei più alti tassi di piovosità del paese! Dev’essere molto deprimente…”.
Dal canto mio avevo respirato a fondo ed avevo risposto con calma sprezzante: “A Forks ci abita mio padre, mi era venuta voglia di passare del tempo con lui”, e con queste parole speravo di poter mettere fine alla conversazione.
Lui però continuò “ Ah, certo capisco. Allora te ne sei andata perché hai avuto da dire col paparino? Che cosa puoi mai aver combinato, mi chiedo. A vederti sembri una ragazza molto calma”.
“Beh questi credo che non siano affari tuoi” avevo sibilato minacciosa, i miei nervi erano al limite.
Ma quel ragazzo era davvero troppo stupido o troppo cieco e  mi disse, con un sorriso sornione “E dimmi, i ragazzi non sono carini come qui a Jacksonville, come me, vero?”.
A quel punto cominciai a vibrare per la rabbia e la voglia di colpirlo con un qualche oggetto contundente.
Ma non feci nulla, era semplicemente l’occasione che aspettavo.
Mi alzai, gli sorrisi amaramente e guardai Mara.
“Andiamo”, le intimai, non ammettevo repliche.
E fu così che rientrai a casa agitatissima, perché le parole di Mich avevano risvegliato in me il pensiero di Edward e perché… volevo soltanto che la gente mi lasciasse in pace, accidenti!
Renèe cercò di fermarmi mentre salivo in camera mia, ma le sbraitai contro di lasciarmi in pace per almeno una serata e richiusi la porta a chiave alle mie spalle.
Dopo essermi spogliata ed aver indossato il pigiama presi un libro dallo scaffale e mi misi a leggerlo sotto le coperte.
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Driiiiiiiiin driiiiiiin driiiiiiiiin
 
“Dannazione!”, saltai giù dal letto con il cuore che mi batteva forte nel petto e spensi il maledetto aggeggio scaraventandolo a terra.
Fece un ultimo rumore di protesta, un sommesso “Driiiin” e si spense definitivamente.
Guardai l’ora, erano le sei del mattino. Ma perché ero così sbadata da non staccare la sveglia la domenica mattina? Maledizione.
Il mio repentino balzo fuori dal letto aveva fatto cadere a terra il libro che stavo leggendo.
Lo raccolsi e tornai sotto le coperte per immergermi nuovamente nella lettura, ma prima lanciai un’ultima occhiataccia alla stupida sveglia.
 
Dopo l’orribile appuntamento ero tornata a casa talmente agitata da non riuscire a dormire.
Avevo passato tutta la notte insonne in compagnia di un romanzo.
Mi ero ritrovata improvvisamente nella Scozia del diciottesimo secolo a seguire le vicende amorose di un Highlander, Jamie, ed una donna, una straniera… Sassenach la chiamava lui.
 
Ritrovai la pagina che stavo leggendo prima che l’aggeggio infernale iniziasse a suonare e mi rituffai nel 1700.
 
 “Jamie si contorse sulla sella, per lanciare un’occhiata indietro. ‘Ho pregato tutto il tempo, mentre salivo quassù, ieri’, bisbigliò. ‘Non perché tu restassi con me: non lo ritenevo giusto. Ho pregato Dio perché mi desse la forza di mandarti via’. Scosse la testa, con lo sguardo che vagava ancora verso la collina, e un’espressione assente negli occhi. ‘Ho detto: Signore, se non ho mai avuto coraggio in vita mia, prima d’ora, fa che ce l’abbia adesso. Fa che io sia abbastanza coraggioso da non cadere in ginocchio e implorarla di restare.’ Distolse lo sguardo dal cottage e mi rivolse un breve sorriso. ‘La cosa più difficile che io abbia mai fatto, Sassenach’.”
 
Rimasi paralizzata osservando queste ultime righe.
Io ed Edward come Jamie e Sassenach. Ero stata coraggiosa a mandarlo via per il suo bene?
O ero stata semplicemente una stupida?
Non era certo il momento giusto per i rimorsi, era davvero troppo tardi. Non avevo idea di dove fosse lui… e soprattutto con chi fosse.
Quel pensiero mi penetrò dentro con tanto dolore, non potevo sopportare che ci fosse qualcun altro oltre me nel suo cuore.
Ero egoista, dopotutto l’avevo lasciato…ma…
Frenai queste inutili congetture e continuai a leggere…
 
Quel libro mi aveva completamente stregata, riusciva a tenermi la mente libera dal pensiero di Edward. Ma il mio stomaco reclamava a gran voce l’attenzione.
Verso mezzogiorno scesi in cucina per preparami un panino, e la mia mente privata dell’impedimento della lettura divagò.
 
I protagonisti del libro erano comunque rimasti insieme, nonostante lui avesse cercato di mandare via lei per il suo bene. Lei era rimasta. Lei lo amava davvero ed era rimasta nonostante tutto.
Edward no.
Forse… forse se davvero mi avesse amata sarebbe rimasto con me lo stesso. Doveva rimanere con me. La rabbia improvvisa mi travolse e capii che in realtà io… io ero infuriata con lui perché non aveva cercato di restare, non aveva cercato di farmi cambiare idea. Se ne era andato. Mi aveva dato ragione.
Dunque la storia d’amore che avevo vissuto era stata una farsa?
No. Per quanto si possa essere bravi a mascherare e cambiare i proprio stati d’animo, cento anni di pratica non possono renderti talmente bravo da poter fingere di provare intense sensazioni.
Le emozioni di Edward erano state lo specchio delle mie, quindi dovevano essere vere.
Un dolore tagliente al dito mi riportò alla realtà.
Non era decisamente la mia giornata, pensai. Prima la sveglia, ed ora il coltello.
Dopo aver trovato un cerotto, presi il mio panino e tornai in camera per continuare la mia lettura.
Avevo bisogno di sentirmi fuori dal mondo per alcune ore. L’uscita della sera precedente mi aveva totalmente privata di autocontrollo. Dovevo stare sola e riacquistare quella maschera di quiete che solitamente mi caratterizzava.
Lessi tutto il pomeriggio. Piansi con la protagonista quando Jamie venne rinchiuso in carcere per essere impiccato. Gioii con lei quando riuscì a liberarlo. Stetti in ansia durante la guarigione di lui e durante la gravidanza di lei.
Trascinata nel vortice della Parigi del 1700 tra balletti e congetture politiche, non mi resi conto del rientro di Renèe finché non sentii i suoi passi sulle scale.
Ebbi appena il tempo di ricomporre i miei lineamenti per dedicarle il più sincero dei sorrisi da quando avevo lasciato Edward. Quel romanzo era davvero miracoloso, pensai contenta in un angolo della mia mente.
Renèe parve rassicurata dal mio aspetto. Dopo avermi vista rientrare, la sera prima, furibonda si era preoccupata. Sapeva che il mio stato emotivo era precario. Aveva paura che cadessi nel baratro del dolore. Ma evidentemente aveva davanti ai suoi occhi la prova che la serata precedente era ormai acqua passata.
“Bella è quasi ora di cena”, mi disse, sorridendo per la mia espressione stupita. Non mi ero resa conto che fosse così tardi. Mi alzai dal letto per scendere a preparare la cena ma mi fermò.
“Tranquilla, se questo libro ti piace così tanto… io posso benissimo mangiare il piatto di pasta che c’è nel frigorifero da sola. Suppongo di poterlo riscaldare al microonde senza incendiare la cucina”, stava sogghignando evidentemente contenta nel vedermi tranquilla e rilassata. Se solo mi avesse visto nei momenti in cui pensavo ad Edward… avrebbe cambiato espressione sicuramente.
Accantonai subito il pensiero, “Beh… se proprio non ti dispiace”, in realtà non vedevo l’ora di tornare alla mia lettura. Ero rimasta nel bel mezzo di una guerra disastrosa durante la quale Jamie aveva appena ucciso lo zio per proteggere Sassenach!
“Tranquilla” e sempre sorridendomi richiuse la porta mentre usciva.
Aprii subito il libro e tornai ad essere una donna del 1700.
Ormai leggevo in modo frenetico, divorando pagine dopo pagine. Non potevo credere ai miei stessi occhi: lui ora la stava di nuovo mandando via per il suo bene… e lei aveva accettato, perché era incinta e non potevano mettere a repentaglio la vita del bambino.
Mentre continuavo e seguire le parole una dopo l’altra, venni presa dalla stessa passione che travolgeva i miei protagonisti nella loro ultima notte insieme. Sentivo la loro stessa angoscia, l’angoscia che accompagna i momenti che precedono l’addio.
L’avevo provata anch’io.
Palpitai come loro palpitavano… avevo desiderato anch’io di stringere forte a me Edward prima di lasciarlo. L’avevo persino richiamato indietro, ma lui se ne era andato… per sempre.
Pensavo tutte queste cose mentre leggevo, mi sentivo trascinare in un vortice dal quale sapevo che sarei uscita folle. Respirai a fondo e cercai di tenere a freno le emozioni.
Rallentai la mia foga e i miei occhi si fissarono su alcune righe, che rilessi due o tre volte.
 
“ ‘Ti troverò’, sussurrò Jamie, ‘te lo prometto. Se dovrò sopportare duecento secoli di purgatorio, duecento anni senza di te… allora vuol dire che sarà la punizione che mi sono meritato per i miei crimini: perché ho mentito, ucciso, rubato e tradito. Ma c’è un’unica cosa che ristabilirà l’equilibrio. Quando sarò al cospetto di Dio, ci sarà un’unica cosa che farà pendere la bilancia in mio favore, contro tutto il resto. Signore, mi hai dato una donna straordinaria e Dio! Io l’ho amata tanto’.”
 
Ero letteralmente scoppiata a piangere.
Mi sentivo una bambina, ma non riuscivo a fermarmi.
Mi strinsi il libro al petto, più forte che potei, e nella mia mente i pensieri si rincorsero.
“Stupida”, mi dicevo, “vivrai una sola volta, senza Edward che senso avrebbe questa vita? L’amore che provi per lui è quella passione così rara e preziosa che consuma gli amanti. Che li lega in modo indissolubile, sia che siano vicini, sia che siano lontani. Sia che siano vivi o morti. Per sempre. Vuoi vivere sapendo di avervi rinunciato spontaneamente senza nemmeno lottare?”
Avevo condannato Edward a questo tipo di vita. Una vita piena di sofferenza, perché se lui mi amava come io lo amavo, allora entrambi sapevamo che non ci sarebbe mai stato nessuno al mondo da amare in questo modo.
E Jamie aveva ragione: ci saremo trovati, sempre. Due anime sono legate sin dalla nascita.
In paradiso, prima di venire al mondo, le anime gemelle sono unite.
Al momento della nascita si separano e sulla terra iniziano a cercarsi. Questo è lo scopo della loro vita.
E poi si ritrovano, non importa quanto tempo ci vorrà, sono destinate a ritrovarsi sempre.
Io la mia anima gemella l’avevo trovata, dopo soli 17 anni. Lui per trovare me aveva dovuto aspettare un secolo, sopportare il lutto e la malattia, diventare vampiro, subire la solitudine, commettere omicidi, padroneggiare la sua natura più selvaggia e resistere all’istinto pur di non uccidermi. Aveva dovuto affrontare sofferenze e difficoltà che io non avrei mai potuto immaginare, a meno che…
E dopo cento anni infernali ci eravamo incontrati. E io? L’avevo lasciato.
Stupida.
Il libro sembrava prendere vita… essere caldo.
In realtà il mio cuore stava battendo all’impazzata contro la copertina, dura come il petto di Edward.
Stava battendo non per la sofferenza o per la rabbia, né per il rammarico o il ricordo… batteva per il puro amore che non avrei mai smesso di provare per Edward.
Ed allora mentre continuavo a piangere, non riuscendo a frenare le lacrime, lo chiamai… fu un semplice bisbiglio, “Edward…”, ma sapevo che era il richiamo della mia anima che gridava alla sua di tornare da me e di stare uniti per sempre.
Mi addormentai così, con il libro ancora stretto al cuore… e poco prima di cadere totalmente nell’oblio sentii un soffio d’aria accarezzarmi la nuca. Sognai che fosse il delicato bacio di Edward.
 
E’ strano come un libro possa cambiarti la vita, come possa farti raggiungere il tuo più profondo io.
  
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