Cara Eleuthera, grazie per la tua bella recensione. Sei molto abile
nel mettere in evidenza degli aspetti del lavoro e soprattutto dell'emotività
dei personaggi. E' un grande piacere scrivere per lettori come te. Quanto
al personaggio di Pao Chai, direi che è l'unica del gruppo a presentare
un atteggiamento così marcatamente regressivo, però tutte
loro sono preda di momenti di rimpianto che determinano quello che sono,
e che talvolta emergono nelle pieghe della trama.
Cara Melisanna, grazie per il tuo continuo incoraggiamento e per i suggerimenti. So che esaminare le bozze del mio lavoro ti costa sacrificio visti i tuoi ritmi attuali, e spero proprio che tu possa trovare presto il tempo di proseguire il tuo Terra magica. Quanto al disegno, immagino che tu ti riferisca allo sfondo. Per scelta, lo ho fatto un po' sbiadito per far risaltare i personaggi in primo piano. Volendo, potrei fare degli ingrandimenti anche delle comparse. Il disegno di Terry a corpo pieno mi sembrerebbe venuto bene, purtroppo la posizione ha poco senso se avulsa dal contesto in cui si appoggia alla porta vetrata. Approfitto per ringraziare ancora kb_master, che mi sta dando molti suggerimenti importanti, soprattutto a livello di soggetto di parecchi capitoli. Come al solito, c' è la possibilità di discutere più
in dettaglio al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3.
In questo capitolo, il gruppo delle gocce svolge la sua prima missione importante, commettendo un errore clamoroso e potenzialmente gravido di conseguenze. |
PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima . Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni. Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata. La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda. Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian. Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi. In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia, ma senza particolari conseguenze. Finchè... |
Cap. 23
Immagine di un fantasma
Midgale, zona artigianale ed industriale
L’orologio segna quasi le due di una calda notte di agosto. La luce
arancione dei lampioni al sodio dipinge di piatti colori marroncini un
capannone in fondo ad un cortile. Per contrasto, il cielo notturno sembra
avere una intensissima tonalità blu scuro.
Le anonime facciate delle costruzioni della zona artigianale ed industriale
di Midgale celano miniere di tecnologia terrestre. Di quella tecnologia
banale, scontata su questo mondo, che invece può cambiare la vita
degli abitanti di un altro.
Questa è la grande sera, quella che le gocce hanno sognato per
due mesi. Per le prima volta entrano in azione sul serio. Le 007 di Meridian!
Vera comunica mentalmente, senza pronunciare una parola: ‘Tutte
in posizione. Io e Wanda entriamo’ .
Le due si avvicinano al recinto. Non c’è bisogno di sforzarsi
per individuare il cane da guardia: appena arrivano a contatto con il cancello,
risuona il suo ringhio.
Il mastino emerge da una zona d’ombra. Arriva vicino al cancello emettendo
un verso molto basso, più spaventoso del latrato che si sarebbero
aspettate. Ma è un attimo. Mentre Vera lo fissa, il cane si
irrigidisce sulle sue zampe come un inquietante fantoccio.
La serratura del cancello scatta. Le due ragazze entrano indisturbate.
Anche la porta metallica chiusa del capannone non è un ostacolo:
a Vera basta pensarlo, e il tamburo gira sbloccando la serratura.
Appena entrate, Wanda accosta la porta alle spalle, e guarda fuori
attraverso una finestrella.
Vera si avvicina ad una macchina che sembra un grosso bancone metallico.
‘Questo è un tornio, Wanda. Una macchina semplice, tradizionale,
che richiede l’abilità manuale di un artigiano’.
‘A che serve?’.
‘Per costruire pezzi meccanici scolpendo un cilindro di metallo.
Però per costruire un buon tornio è necessario, tra le altre
cose, un altro tornio’.
‘Ma Vera, allora come hanno fatto a costruire il primo tornio del
mondo?’.
‘Sinceramente non lo so. Forse lo hanno scolpito nella pietra. Comunque
noi prenderemo una scorciatoia. Questo sarà il capostipite di tutti
quelli di Meridian’.
Vera tende le mani e le fa oscillare sopra la macchina. Questa inizia
a restringersi lentamente, ma si intuisce che qualcosa non funziona.
Vera rafforza il suo incantesimo. Cos’è che non va?
La risposta arriva come il fragore di quattro spari. Alcuni oggettini
metallici tintinnano sul pavimento di cemento. Il tornio era ancorato al
suolo da quattro viti, che si sono spezzate con fragore.
Un allarme acustico suona. Vera tende la mano, e lo zittisce immediatamente.
‘Che
sfortuna!’.
‘Continua, non si vede nessuno ’, suggerisce tranquillizzante
il pensiero di Wanda.
Vera continua ad oscillare le sue mani sulla macchina. Questa continua
a rimpicciolirsi lentamente, con rumore di strofinio sul pavimento.
Quando l’oggetto è ridotto alle dimensioni di un giocattolo,
lo prende sul palmo della mano sinistra, e lo accarezza con la destra.
Sente un pensiero impaziente. ‘Non perdere tempo, Vera. Portiamolo
via’
‘Non voglio rubarlo. Lo sto scandendo con le mani per ricrearlo’.
Ormai sono passati più di cinque minuti da quando l’allarme ha
suonato. Appoggiato a terra l’oggettino, vi tende sopra le mani, iniziando
la sequenza di operazioni mentali per ripristinarne la grandezza originale.
La ripete più e più volte, sempre più veloce…
D’improvviso le risuona in testa: ‘Arriva il guardiano!’
‘Viene verso di voi’ ‘Dov’è?’ ‘Ormai è
lì’ ‘Lì dove?’.
Voltandosi verso la porta, Vera fa in tempo a vedere il vuoto dove
avrebbe dovuto esserci Wanda.
Nel cortile
Ha sceso le scale, trafelato. In più di trent’anni di lavoro
come custode, non è la prima volta che qualcuno tenta di introdursi
nell’officina. Balordi, teppisti, mai veri ladri. Qualcuno ha lasciato
pantaloni e brandelli di pelle tra le zanne di Wolf. Ma spari, mai prima
d’ora.
Teme di trovare il cane disteso in un lago di sangue. Invece è
in piedi accanto al cancello aperto, innaturalmente fermo, e sembra fare
la guardia solo alla propria immobilità.
“Wolf…”. Lo tocca con la mano. Il cane sembra impagliato.
Cosa diavolo succede? Mette il colpo in canna alla pistola.
Apre la porta metallica, defilandosi per metà dietro il battente,
e protende il braccio armato e la torcia elettrica nella sinistra..
“Chi c’è qui dentro?”.
Il fascio della torcia squarcia la penombra e rivela, per un momento,
una donna di spalle che si volta, sorpresa quanto lui. Poi attraversa il
vuoto.
“Ehi, bionda… dove sei andata?”. Entra circospetto, guardandosi in giro
e puntando la pistola verso la semioscurità del resto del capannone.
“Chi c’è qui?”. Silenzio.
Senza voltare le spalle, cerca a tentoni il quadro elettrico a lato
della porta, e, dopo qualche tentativo alla cieca, tutto il capannone è
illuminato.
Cosa succede? Avanza verso l’interno. Accanto a dove ha visto
la donna c’era un tornio… ma ora è sparito. I quattro tiranti
di fondazione che sporgono dal pavimento, spezzati e distorti, sembrano
le tracce del gioco malvagio di un gigante.
E quello per terra cos’è? Un giocattolo?
Dopo qualche secondo sente la porta metallica richiudersi alle sue
spalle.
Mi hanno giocato. Ma come?
Corre a riaprirla per guardare fuori. Nessuno! Forse dietro
l’angolo… neppure!
Per la prima volta, questo posto gli mette i brividi.
Dieci minuti dopo, in strada.
Il reporter Darker vede l’auto con i lampeggianti rossi e blu fermarsi
accanto al capannone. Due agenti in divisa scendono e vanno incontro ad
un uomo anziano con una pistola ancora in pugno.
Il reporter scambia un’occhiata d’intesa con il fotografo Peeper, seduto
al suo fianco nell’automobile. “Quel confidente alla centrale di polizia
è prezioso”.
Fino a questo punto la serata è stata vuota, ed anche la notizia
di un furto in un’officina può servire a tappezzare un angolino
di una pagina di cronaca che, in certe occasioni, sembra disperatamente
vasta e vuota. Certo, se fossero fortunati, più tardi nella nottata
potrebbe saltare fuori la notizia di un bell’omicidio, ma per ora neanche
queste notiziole da poco si possono gettare via.
“Scendiamo anche noi?”, chiede il passeggero, accennando ad aprire
la custodia della macchina fotografica.
“Certo, Harold. Siamo qui per questo”.
I due uomini scendono dall’auto e seguono i poliziotti entrati nel
capannone, passando accanto ad un mastino alla catena stranamente mansueto.
Li trovano tutti attorno ad uno spazio nel quale sembra mancare qualcosa
che ha lasciato un’impronta rettangolare sul pavimento. “Salve, sergente
Grinder”.
Il sergente risponde con un cenno distratto. La deposizione del guardiano
è già iniziata.
“Lo hanno portato via nei tre minuti che ho impiegato ad arrivare.
Ho trovato solo quell’affarino lì”. Indica il minuscolo tornietto
sul pavimento.
L’altro agente chiede: “Quel coso scomparso può essere sollevato
a mano?”.
“Scherza?”, risponde il guardiano. “Per collocarlo qui, più
di trent’anni fa, fu necessario far entrare nel capannone un autocarro
con una gru!”.
Il sergente alza incredulo un sopracciglio, smettendo di scrivere.
“E in tre minuti, lei non ha trovato più né il coso, né
un autocarro e neppure il portone grande aperto?”.
“Ho ben trovato il cane intontito. E, soprattutto, ho visto una ladra!”.
Indica un punto sul pavimento. “Era ancora lì accanto al giocattolo!”.
“Che aspetto aveva?”.
“Aveva una coda…”.
“La ladra, non il cane”, lo interrompe l’altro agente.
“Ovvio”, chiarisce indispettito il custode. “Aveva i capelli a coda
di cavallo. Era una bionda sui venticinque anni, alta…non so, meno di un
metro e settanta. Vestiti qualsiasi, gonna e maglietta blu scuro”.
L’altro agente ridacchia. “E quante zampe?”.
Il custode si morde il labbro per non rispondere a tono.“Non ricordo
altro”. Meglio non dire parola degli scintilli che, per un attimo, gli
era sembrato di vedere attorno al giocattolo appoggiato sul pavimento.
Il sergente dà un calcetto discreto al suo collega. “Agente
Tobbs, mi vada a cercare un’altra penna in auto, casomai questa dovesse
esaurirsi”.
Mentre l’altro si allontana sbuffando, lui continua a prendere
nota diligentemente: “…. Gonna e maglietta blu scuro…capelli biondi a coda...
Ed è scappata?”.
Il custode esita prima di rispondere. “Sì… o meglio è
svanita… Puff!”.
“Svanita?” “Puff?”.
Il sergente Grinder lo guarda di storto. “Hanno rubato solo una macchina
vecchia di trent’anni? Non avevate niente di più appetibile?”.
L’uomo si stringe le spalle. “Sì, veramente sì. Molte
cose”. Indica, riluttante, delle macchine simili a grandi scatoloni arancioni
con portelli sfinestrati. “Quei centri di lavoro a controllo numerico,
per esempio, hanno meno di dieci anni”.
Il sergente si guarda in giro, poi torna a studiare il viso del custode.
“Scusi signor… Dumper, vero? L’officina è assicurata contro
i furti?”.
Da come prosegue il discorso, è chiaro che i poliziotti non credono
più alle parole del custode.
Dopo un po’, il sergente gli chiede diplomaticamente di soffiare in
un palloncino.
Mentre Peeper scatta alcune foto al gruppo, il cronista si è
ormai reso conto che la storia non sta in piedi. Se non fosse per l’incubo
della pagina vuota, se ne sarebbe già andato.
Finite le fotografie, l’altro gli si accosta e bisbiglia: “Non
ti sembra che perdiamo tempo?”.
Il reporter risponde con un’impercettibile alzata di spalle. “Può
sempre venire fuori un pezzo curioso, basterà romanzarlo un
po’”.
Midgale, sala riunioni delle gocce
Un tremolio, una debole luminosità. Poi il buio.
D’improvviso si sente lo scatto di un interruttore, e l’oscurità
lascia il posto all’immagine rassicurante del tavolo del loro soggiorno.
“Commenti?”, chiede Vera al gruppo, appena riemerso dal baluginio della
dislocazione.
“Abbiamo appena risparmiato altri sei biglietti di autobus”, propone
Irene.
“Siamo state bravissime. Entrate e scappate senza possibilità
di cattura!”, propone entusiasta Pao Chai.
Terry scuote la testa. “Siamo state delle frane. Abbiamo lasciato un
sacco di tracce. Questa volta prenderanno per pazzo il custode, ma se dovesse
tornare a succedere…”.
“Due minuti di più, ed il tornio sarebbe tornato come prima”,
ammette Vera con disappunto. “Purtroppo, è indispensabile che stia
sul palmo della mano perché io lo possa scandire”.
“Dovremo perfezionare i piani”, propone Wanda. “Non ripeteremo gli
stessi errori”.
“Almeno, sei riuscita a copiare quell’aggeggio?”, chiede Carol.
Vera va a sedere al tavolone, e comincia a passarsi le mani l’una sull’altra.
“Adesso lo vedremo”.
Poi il movimento cambia, come se accarezzasse un oggetto invisibile.
Si sente una corrente d’aria provenire dalle spalle. Ad un certo punto
si vede un angolo di un oggetto grigio avvolto da una vaga luminescenza.
Le ragazze hanno l’impressione che venga come estratto dal palmo della
mano di Vera.
Un momento dopo, una specie di giocattolo lungo dieci centimetri si
trova appoggiato sul tavolo. Nessuna ha fiatato.
Dopo un lungo silenzio, Pao Chai chiede: “Elyon riuscirà ad
ingrandirlo?”.
“Sì, ha preparato un’installazione fissa per fare questo. La
ha chiamata ‘arco di crescita’ ”.
Pao cinguetta, rigirandosi il tornietto tra le mani: “Se questo arco
non dovesse funzionare, prenoto questo aggeggio per le mie bambole!”.
Midgale, sala riunioni delle gocce, la mattina dopo
Sono le nove e due minuti di una radiosa mattina di agosto. O, quanto
meno, le schegge di cielo luminoso che si intravedono attraverso i tendoni
e le persiane suggeriscono questa idea.
Il soggiorno, invece, è ancora semibuio dopo che il debole alone
opalescente è svanito.
Sono le nove e cinque.
Come altre volte, nessuna delle gocce si è ancora presentata.
L’ora del caffelatte si sta lentamente prolungando, ed erode il tempo lavorativo
come le onde erodono una riva sabbiosa.
Sono le nove e otto minuti.
Come altre volte, si sente un tamburellio di dita sul grande tavolo
di legno.
Elyon sta contenendo la sua impazienza, seduta nella stanza. Non è
più abituata, da molto tempo, a fare anticamera. Ci vuole un bello
scherzo… Potrei farle rimproverare da un frollino! Che idea! Sorride
immaginandosi la faccia di Irene, apostrofata dal biscotto che sta per
addentare.
Sono le otto e nove minuti.
La prima ad entrare è Pao Chai, con il giornale in mano. Si
tratta del Midgale Herald, un giornale locale.
“Ciaooo, Elyon. Sei venuta a complimentarti perché siamo diventate
famose?”.
Elyon si acciglia per un attimo. “Ehi, Pao, stai scherzando, non è
vero? Non farmi prendere certi colpi…”.
“Ecco il giornale. Giudica tu!”. Le apre il giornale sulla pagina della
cronaca locale.
Appena Elyon focalizza un articoletto, la sua espressione si fa sorpresa
e contrariata.
Pao Chai le fa l’occhiolino. “Non rovinare la sorpresa! Stanno arrivando”.
Si sente aprire la porta d’ingresso. Una Vera in vestaglia, seguita
da quattro ragazze sbadiglianti, entra con un sorriso soddisfatto. “Ciao
Ellie. Scusa, ma abbiamo fatto gli straordinari per questo coso”.
Estrae dal cassetto il minuscolo tornio. Il suo sorriso sembra chiedere:
‘siamo
brave?’.
Elyon prende in mano l’oggettino, lo rigira, muove delicatamente le
leve.
“Stupendo! E’ venuto benissimo!”. Alza gli occhi verso Vera. “A proposito,
cara, anche tu sei venuta benissimo”.
“Grazie Ellie…”. Per un attimo Vera lo ha preso come un complimento,
ma poi qualcosa le dice che il senso della frase è un altro. Elyon
le indica il giornale già aperto sul tavolone.
A Vera cade subito l’occhio su un articoletto corredato da una fotografia
in bianco e nero. ‘Donna invisibile ruba un vecchio tornio’.
Appena vede la foto, le si gela il sangue.
Terry parla per lei. “Vera, quella lì sei tu…sullo sfondo, tra
il custode ed il poliziotto!”.
“Cosa?” “Ma non eri invisibile?” “Come
hanno fatto?”.
La smorfia di sorpresa si vena sempre più di disappunto “Ma
come! Nessuno mi ha guardata, nessuno si è voltato verso di me.
Ed invece…eccomi qui!”. Cade a sedere sulla sedia. “Non ho ingannato la
macchina fotografica!”.
“E questo cosa implica?”, chiede Wanda.
“Se il custode vedrà questa foto, mi riconoscerà immediatamente,
e questa farà da identikit. Inoltre i poliziotti gli crederanno
per quando affermava che sono svanita di colpo”.
“Possiamo evitarlo”. Un luccichio brilla in fondo alle pupille di Elyon.
“Andrò immediatamente a fare visita a questo custode per confondergli
le idee”.
“Come farai?”, chiede Carol.
“Basterà un po’ di cortesia”. Strizza l’occhio. “Chi lo ha visto
in faccia, oltre a Vera?”
“Io”. L’alzata di mano di Wanda precede tutte le altre. “Ho anche visto
dove abita”.
“Bene, andiamo… fammi strada”.
Le due spariscono in un tremolio luminoso.
Midgale, casa del custode
Decisamente non è giornata. Dopo quell’allarme a tarda sera,
non è quasi più riuscito a prendere sonno. Un tornio sparito…
una ragazza misteriosa svanita davanti agli occhi… quel giocattolo, che
sembrava la firma beffarda dell’atto di un teppista folle… E poi, le domande
degli agenti, le insinuazioni, i palloncini… Umiliante. Inspiegabile ed
umiliante.
E poi, all’alba, il suo dormiveglia è stato interrotto dal trillo
crudele della sveglia.
E il titolare… tra mezz’ora dovrà affrontarlo faccia a faccia,
la conversazione di stamattina al telefono è riuscita solo a farlo
imbestialire.
Quella donna misteriosa, svanita così… Deve averlo ipnotizzato.
Lo ha ipnotizzato, ha finito il furto con comodo e fatto sparire ogni traccia.
Sì, è l’unica spiegazione che sta in piedi.
Ora che conosce il trucco, non funzionerà più.
‘Signor Dumper’.
Cos’era? Chi lo chiamava? Davvero qualcuno ha parlato? Forse sua moglie…
“Helen, sei ancora in casa?”.
Silenzio. E’ già andata a lavorare.
‘Signor Dumper… Jacob, venga allo specchio ’
Di nuovo! Lo ho sentito! No, non lo ho sentito davvero. Era nella testa!
‘Allo specchio ’.
Si dirige esitante verso il bagno.
Vede la sua immagine nello specchio sopra il lavello, la stessa immagine
che lo guarda assonnata ogni mattina presto appena alzato, e che gli fa
smorfie quando si rade.
Ma oggi quest’immagine ha qualcosa di più strano.
Si avvicina per osservarla. Ha come una lucetta in fondo agli occhi.
Non sa quanto tempo la ha osservata. Non sa quanto a fondo. Ma ora è
sicuro: non c’è nessuna luce strana negli occhi. E’ la faccia di
sempre.
E’ stanco, solo stanco. Ha avuto una serataccia, una nottataccia. Chissà
cos’avevano da insistere quei poliziotti, ieri sera, su una donna che lui
dovrebbe avere visto… l’unica che ricorda è quella passante che
è entrata per curiosare alle spalle del cronista.
Midgale, sala riunioni delle Gocce
Nella stanza si nota nuovamente un baluginio, dal quale emergono le
figure di Elyon e Wanda.
“Tutto a posto”, rassicura la Luce . “I ricordi del custode non sono
più un problema per noi. Vera, tu sei ufficialmente solo una passante
curiosa, senza relazione con quanto è successo”.
Un’espressione di sollievo si dipinge sul viso di Vera. “Grazie, Ellie.
Ora nessuno oserà contraddire l’evidenza delle foto”.
Terry ha appena finito di rileggersi l’articolo per la terza volta.
“Per prudenza, bisognerebbe fare una visitina anche al cronista e al fotografo”.
Wanda scuote il viso. “Ragazze, anche così, il problema non
è ancora risolto. L’articolo è lì, la foto è
lì”. Batte l’indice sul giornale. “ ‘Donna invisibile ruba un vecchio
tornio’.”
“Ma è un titolo ironico”, protesta Therese. “Se leggi tutto
il testo…”
“L’ho già letto”, risponde Wanda perentoria. “E’ scritto come
una barzelletta. Ma chi ha occhi per leggere, e interesse per capire, può
farlo”.
Tutte sono gelate. “Cosa vuoi dire?”.
“Che, all’inizio dell’anno scorso, io sono già stata arrestata
ed interrogata dall’Interpol al posto di Will. Lì c’è qualcuno
che ha interesse per chiunque abbia poteri paranormali”. Chiude il giornale.
“Elyon, tutto è partito dalle indagini sulla tua scomparsa. Anche
se hanno dimenticato Will Vandom, forse sono ancora alla ricerca di soggetti
simili”.
Tutte le gocce ricordano ancora quell’incubo trascorso dalle guardiane.
“Dovremo essere più attente”, dice Vera impressionata. “Innanzitutto
dobbiamo riflettere bene sui limiti dell’invisibilità”.
Elyon si siede. “Ragazze, avremmo dovuto immaginarlo, noi due”. Guarda
la sua vice. “L’incantesimo dell’invisibilità rientra nella categoria
delle suggestioni, cioè non agisce sulla persona che si rende invisibile,
ma sulle percezioni di chi guarda”.
“Perciò non influenza le pellicole, le telecamere e neppure
le persone che osservano da lontano”, completa Vera dandosi una pacca sulla
fronte. “Che scema…”.
Wanda si acciglia. L’incidente della fotografia, quindi, non era affatto
imprevedibile.
Elyon riprende la sua parte in questa spiegazione a due voci. “La suggestione
dell’invisibilità copre anche piccoli rumori, ma si spezza se la
persona vi tocca, o se urlate”.
E’ il turno di Vera: “Se succedesse, potete ripetere l’incantesimo
per sparire nuovamente”.
“Ma ormai ci avranno viste”, osserva Pao Chai.
“Potremmo cambiare aspetto”, suggerisce Therese.
“Già”. Elyon sbircia l’orologetto che porta al polso. “Dovete
sapere un’altra cosa. Il sistema che vi ho già spiegato per cambiare
aspetto funziona esattamente come l’invisibilità. Gli altri sono
suggestionati a vedervi diverse, ma voi siete come sempre”.
Irene sorride. “L’ideale per far passare inosservata una macchia sul
vestito!”.
Carol le tira un lembo della canottiera. “Allora comincia adesso, Polpetta”.
“Non si può trovare un vero metodo di invisibilità?”,
chiede Wanda.
Elyon scuote la testa. “No. Si diventerebbe ciechi”.
“Oh!”. Irene fa uno scongiuro incrociando le dita.
“Perchè la luce attraverserebbe indisturbata una persona davvero
invisibile”, spiega la regina. “Non verrebbe focalizzata dal cristallino
degli occhi, né assorbita dalla rètina”.
“Ma Will era ben capace di rendersi invisibile”, insiste Wanda.
“Io mi sono trovata faccia a faccia con Will invisibile”, ricorda Vera.
“Ho notato che le si vedono ancora le pupille, e attorno al contorno le
immagini tremolano”.
Elyon riflette un attimo. “Forse le guardiane usano qualche sistema
diverso”. Tamburella sul tavolone. “Chissà cosa… forse curvano i
raggi di luce attorno al corpo”.
Wanda scuote la testa. “Il come non lo sanno neanche loro, ve lo assicuro.
Hanno imparato a farlo, e basta”.
Vera annuisce. Riapre il giornale sul tavolone, e si riguarda nell’immagine.
“Resta ancora irrisolto il problema delle pellicole fotografiche e delle
telecamere”.
“E dei sistemi d’allarme”, aggiunge Wanda. “Le fotocellule, i sensori
volumetrici, i sensori di peso… non possono essere ingannati da questo
tipo di invisibilità”.
“Ma non vogliamo mica entrare nel caveau di una banca!”, dice preoccupata
Irene. “O sì?”.
Vera la ignora. “Ellie, esiste un rimedio, anche se è molto
costoso come consumo di potere”.
“Già!”, conviene Elyon perplessa. “La trasformazione materiale
del corpo. Anche se vi fotografassero con un aspetto fasullo, poi non potrebbero
più riconoscervi”. Si tira le trecce, persa per un attimo nel ricordare
i suoi impegni a Meridian. Poi, con un vago tono di rimpianto: “Vera, ti
senti di insegnare tu questo metodo?”.
La sua vice sorride. “Ci puoi contare, Ellie”. Sta arrivando anche
il suo momento di fare la maestrina.
“Trasformazione materiale…” . Irene è a disagio. “Ha a
che fare con la pietra filosofale o Re Mida?”.
Vera la guarda con un sorriso paziente. “No, Irene. E’ una cosa come
quella che avete fatto a Kandrakar. Il corpo cambia come lo volete voi”.
“Ah…”. Si sfiora i fianchi un po’ troppo pieni. “Mi piace”.
Elyon riguarda l’orologietto da polso. Ormai non c’è scusa, le
lancette hanno superato il pezzetto di nastro adesivo colorato, attaccato
sul quadrante, che le ricorda qualche impegno reale.
“Ragazze, devo tornare di fretta in un posto da sogno dove tutti mi
chiamano ‘altezza’. Alla prossima”.
Il suo cenno di saluto è appena percepibile nella sagoma che
tremola e svanisce.
Le gocce tornano a voltarsi verso Vera. Restano completamente interdette
a vedere, al suo posto, una donna di mezza età.
“Bene, ragazze”, dice con un sorriso inquietante la sconosciuta. “Come
si chiama quel cronista?”.