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Autore: FlyingEagle    19/04/2013    6 recensioni
Universo alternativo in cui Santana passa quasi tutte le sue serate per locali ad ubriacarsi, in compagnia del suo gruppo di cui fanno parte Puck e Quinn. La sua vita le sembra un vicolo cieco e soffocante. Ma forse non tutto è perduto. Forse c'è ancora qualcuno da incontrare e che può cambiarle la vita. Tutto il resto è da scoprire ;)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AUOOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 38






Non poteva certo dire di non essersi presa tempo per pensare.
Dopo tanto rimuginare aveva deciso di provare almeno a trovare una soluzione che non portasse a dividerle e che assicurasse ad entrambe buone possibilità di sopravvivenza.
Tutto sommato, però, Santana Lopez, si sentiva sconfitta mentre camminava verso il grosso palazzo apparentemente anonimo e inaspettatamente sobrio, non fosse per l'enorme scritta che indubitabilmente lo annunciava come sede dell'azienda "Ridley".
Non aveva preso un appuntamento, né aveva idea se l'uomo fosse davvero lì in quel momento, poteva solo sperare che fosse così e che non avrebbe fatto storie per riceverla.
Santana Lopez non era nervosa.
Il fatto che il suo stomaco fosse accartocciato e ridotto ad una tremolante pallina non significava proprio nulla.
Cercava di ripetersi questo mantra, ma sapeva bene quanto inefficace fosse.
Erano da poco passate le festività di Natale, un Natale molto migliore degli altri, a dispetto delle apparenze, si era presa fin troppo tempo per trovare la volontà di tornare da Ridley e tentare di trovare un accordo con l'uomo.
L'aria aveva ancora il tipico alone pungente dell'inverno, pulita e leggera, limpida come il cielo quella mattina.
Attraversò la strada ancora poco trafficata ed uno strano senso di Dejavu la investì.

Attraversava quella stessa strada, solo un paio di settimane prima, il freddo pungente e la neve ai lati della strada, ancora ghiacciata dal gran freddo della notte appena passata.
Camminava lenta e attenta sull'asfalto a tratti scivoloso, si guardava intorno scoraggiata, consapevole del poco tempo che le rimaneva per poter trovare un regalo decente per Brittany.
I problemi erano sostanzialmente due: la limitata - eufemismo - disponibilità economica e, problema ancor più grosso, il fatto che ogni possibilità veniva prontamente scartata e bollata come una scemenza dalla sua mente impietosa.
Ogni possibile dono non sembrava all'altezza di Brittany e lei voleva che il suo primo regalo “ufficiale” per l'altra fosse qualcosa di meraviglioso e memorabile, oltre che assolutamente non banale.
Guardava distrattamente dall'altro lato della strada quando, improvvisamente, il grande tabellone luminoso attirò la sua attenzione.
Non era mai stata nella zona "economica" della città, quindi non sapeva neanche che il “ quartier generale” di Ridley fosse da quelle parti.
Eppure, di fronte a lei, il suo nome era illuminato da un alone biancastro.
Le lettere risaltavano, artificiosamente illuminate, sullo sfondo nero lucido.
La scritta era imponente e, appesa lì in alto, sulla sommità del palazzo, quasi intimidatoria.
A quanto pare l'intero complesso grigiastro e anonimo apparteneva all'azienda.
Santana non ebbe problemi a far scorrere lo sguardo lungo la facciata del palazzo, quel giorno il cielo era coperto di nubi bianche e pesanti, e doveva ammettere che andava su per un bel po'.
Era talmente distratta, lo sguardo fisso di fronte a sé, che quando qualcuno si scontrò contro di lei, piantandole un gomito nella schiena e mormorando una veloce scusa, lei non fece in tempo a voltarsi, gli inevitabili insulti sulla punta della lingua, che l'altro era già sparito in lontananza.
Di fronte a sé, però, una volta giratasi, aveva una vetrina piena di cianfrusaglie, soprammobili e oggetti di ogni tipo.
Lo spazio era poco, ma affollato e pieno di caos.
Sopra la porta campeggiava un cartello che di certo aveva visto giorni migliori e che, come quasi tutta la roba esposta, sembrava essere stata recuperata da qualche vecchio magazzino e rimessa a nuovo parecchio tempo fa, ormai.
La vetrina del negozio esponeva vari oggetti d'antiquariato e offriva riparazioni di oggetti d'epoca - e “molto altro”, da quanto leggeva sull'insegna.
Un lampo passò sul suo viso, distendendo le rughe sulla fronte mentre un sorriso spontaneo nasceva dalle sue labbra.
Si avvicinò alla porta, afferrò la maniglia e spinse.


La porta era più pesante di quel che sembrava ad una prima occhiata e, una volta dentro, anche l'atrio sembrava più grande ed imponente di quanto avesse immaginato, avvolgente in una maniera minacciosa e soffocante, nonostante le impressionanti dimensioni della struttura.
Sul pavimento, sotto i suoi piedi, piastrelle di diversi colori andavano a formare il logo dell'impresa, enorme e impossibile da ignorare.
Dall'alto soffitto pendeva un enorme lampadario dall'aspetto fin troppo costoso, un'ostentazione che Santana non riusciva ad apprezzare.
Si avvicinò alla grande ma semplice scrivania, dietro la quale un impiegato, apparentemente troppo impegnato per prestarle attenzione, continuava a parlare attraverso l'auricolare ben fissata all'orecchio.
Sembrava avere una conversazione abbastanza concitata, camuffata dalla distanza e dalla fastidiosa eco provocata dalle dimensioni esagerate della stanza.
L'uomo sulla trentina, ora che si era avvicinata poteva distinguerne l'età senza problemi, smise di parlare e chiuse la chiamata non appena la mora si avvicinò.
<< Posso fare qualcosa per lei? >>, chiese in un tono freddo, un misto di professionalità e impazienza, come fosse abituato a ritmi ben più frenetici e il dover rallentare gli costasse un enorme sforzo.
<< Sì, vorrei vedere il signor Ridley, per favore. >>
<< Ha un appuntamento? >>, domandò, affrettandosi ad armeggiare con i diversi fogli di fronte a sé, sparsi in un inaspettato disordine, maneggiandoli e cercando, evidentemente, il suo nome sull'agenda che aveva tirato fuori da sotto la pila di documenti.
<< No... -, fece Santana, un po' titubante – ma- >>
L'altro sollevò di scatto la testa, l'espressione sul suo viso un misto di rabbia, noia e offesa.
La guardò incredulo per una frazione di secondo e l'altra pensò che fosse sul punto di urlarle una serie di insulti e cacciarla fuori dal ventre di quella balena di vetro e cemento ma, ricordandosi per un momento l'esigenza di rimanere strettamente professionale, prese un bel respiro e tornò a rivolgerle uno sguardo neutro.
<< Allora non posso farla passare, signorina. Mi dispiace ma deve prendere un appuntamento. Può chiamare il numero- >>
Il ragazzo aveva parlato così velocemente che Santana ci mise qualche secondo a registrare le sue parole.
Non aveva davvero tempo per tornare un altro giorno. Il coraggio che aveva racimolato quella mattina non era detto che sarebbe stato ancora lì, la prossima volta.
<< Aspetti, non può provare a chiamarlo e- >>
<< Mi dispiace , non è possibile. Ecco il biglietto da visita, come ho già detto deve prendere un appuntamento. >>
<< No, la prego, non posso aspettare, non ci metterò molto, devo solo fargli una domanda! Provi almeno a chiamarlo, - vide l'altro tentare di nascondere l'irritazione e frenarsi dal buttarla fuori con ben poca professionalità - gli dica che c'è Santana Lopez, sarà questione di un attimo! >>
Questo attirò la sua attenzione.
<< Santana Lopez? - disse all'improvviso, una luce indecifrabile gli balenò negli occhi e si alzò di colpo, nascondendo malamente l'impazienza - venga con me. >>
E senza aggiungere altro si incamminò verso i due ascensori in fondo.
Santana rimase lì, di stucco, a bocca aperta.
Come sarebbe “venga con me”?
Come poteva stare ad aspettarla quando era passato quasi un mese dall'ultima volta che si erano parlati?
Quell'uomo davvero non aveva nulla di meglio da fare, pensò Santana, affrettandosi a raggiungere l'usciere che già dava segni d'impazienza.
Entrando nell'ascensore si sentiva nervosa, un nervosismo che aveva poco a che fare con la chiacchierata che avrebbe dovuto sostenere di lì a poco e molto con le sue conseguenze in caso non avesse potuto ottenere ciò che chiedeva.
Il problema più grosso era che sapeva che quella di oggi sarebbe stata solo una battaglia, non la guerra.
Il problema più grosso non era ricevere il rifiuto di Ridley, ma ricevere quello di Brittany.
Sentì il suo stomaco sprofondare, cosa che non aveva nulla a che fare con la salita lenta e costante dell'ascensore.
Le luci, nella cabina, erano fioche e lasciavano il suo tormento nascosto tra le ombre del suo viso.
Sentì la familiare sensazione di vuoto nel ventre e sentì il familiare suono che annunciava l'apertura delle porte automatiche.
La luce proveniente dal corridoio inondò il cubicolo, accecandola per qualche secondo.

Sbatté le palpebre tentando di mettere a fuoco la scena di fronte a lei, aggiustando la propria vista a quel cambio di luce.
Fuori era buio pesto, lo spiazzo davanti alla porta della loro camera, come al solito, affatto illuminato, mentre all'interno la luce era accesa, segno della presenza confortevole della bionda.
Perché, pur non potendo vedere gli oggetti e il mondo che la circondava, la ragazza non amava essere immersa completamente nel buio.
Santana la capiva benissimo e non le dava fastidio lasciare una fonte di luce accesa a qualsiasi ora.
Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, forse, ma quando a notte fonda le paure e le insicurezze si infittivano, sentiva sempre di grande aiuto il poter distinguere i lineamenti sereni della bionda mentre, nella penombra, dormiva placidamente, i capelli sparpagliati ovunque, intrecciati ai propri.
Brittany doveva averla sentita mentre armeggiava con la serratura e le buste della spesa, perché non appena aveva aperto la porta, e i suoi occhi si erano abituati alla luce nella stanza, era stata accolta dalla vista più piacevole che avrebbe potuto chiedere: la bionda, davanti a lei, la aspettava sorridente, dondolando sui talloni.
Era la notte della vigilia di Natale e Santana, la cena appena rimediata in un take-away poco distante, era entusiasta.
Non si era mai sentita al proprio posto come in quel momento.
Il Natale era qualcosa di particolare quando si era in famiglia, quando si sentiva l'amore, ma poteva trasformarsi in un incubo di ipocrisia e nervosismo con le persone sbagliate e lei non aveva mai provato l'emozione di poter passare quella particolare festività con qualcuno importante quanto Brittany.
Tutto aveva un sapore decisamente diverso.
Sedettero a terra, le schiene appoggiate al materasso, e mangiarono, un sorriso che non sembrava voler lasciare le loro labbra.
Santana, davvero, era contenta così, semplicemente lì, nel silenzio rotto soltanto sporadicamente da qualche risata, a guardare Brittany tentare di mangiare con una sola mano.
Insisteva nel non voler mai lasciare la sua, voleva sempre mantenere un contatto e il modo più comodo, diceva, era tenere la sua mano.
La mora non poteva di certo lamentarsi ed era una fortuna che fosse mancina, questo risparmiava loro un bel po' di problemi.
Sentì la breve stretta della bionda e strinse a sua volta.
L'equivalente di un sorriso, di uno sguardo.
Si allungò verso la bionda, poggiando sulla sua guancia un lungo bacio, perché quella stretta non era sufficiente, non pensava fosse giusto che Brittany dovesse accontentarsi di tutto ciò, ma più di così non poteva fare e ne era amaramente consapevole.
Brittany non lasciò quasi che le sue labbra lasciassero la sua pelle, si voltò catturando le labbra dell'altra con le proprie, incapace di fermare il sorriso strabordante.
E ben presto i sorrisi si trasformarono di nuovo in risate sommesse, tutte le incertezze che sembravano impregnare gli ultimi giorni si dissolsero, lasciando soltanto lo stupore di quei sentimenti così inaspettati e la paura di non poter più goderne.
<< Vado a prendere il tuo regalo >>, bisbigliò la mora, le labbra che solleticavano appena l'orecchio dell'altra.
Brittany saltellava sul posto, impaziente e trepidante, un sorriso che valeva mille volte tutte le complicazioni che stavano attraversando.
Santana si chinò a rovistare in una delle buste che aveva poggiato a terra appena entrata, estraendone un contenitore quadrato ed anonimo e alzandosi in piedi mentre, l'oggetto al suo interno, emise un lieve tintinnio a causa del movimento.


Il trillo dell'ascensore anticipò l'apertura delle lucenti porte metalliche.
Santana scivolò silenziosamente fuori dall'ascensore, l'apprensione che le stringeva la gola, spietata.
Seguì l'uomo attraverso una lunga serie di corridoi tutti uguali e ben presto la mora perse il conto delle svolte e delle porte che attraversavano, lasciandola confusa e del tutto spaesata.
Finalmente il ragazzo si fermò di fronte ad una porta di legno scuro e bussò tre volte.
Santana attese, appena dietro il suo accompagnatore, le mani dietro la schiena a torcersi nervosamente le dita.
La situazione era surreale e la mente della mora non era riuscita a rimanere esattamente al passo.
Si sentiva stranamente intontita, come sott'acqua, e sempre un passo indietro.
Per questo, quando la porta si aprì e il ragazzo annunciò la sua presenza a Ridley, le ci volle più di qualche secondo per accorgersi che l'altro si era scansato dalla soglia e attendeva che entrasse nella stanza con una mano sul pomello della porta ed un sopracciglio sollevato interrogativamente.
Si riscosse e, tentando di mettere su una facciata sicura e spavalda, avanzò nell'ampio ufficio illuminato dalla luce grigia e insapore di Gennaio.
<< Signorina Lopez. La stavo aspettando da un po'... >>
Santana non ricambiò il saluto, né il tono caloroso dell'uomo.
Qualcosa nella sicurezza che l'altro ostentava la infastidiva.
Non voleva pensare di essere talmente prevedibile da risultare un libro aperto all'uomo che aveva di fronte, tanto da permettergli di anticipare con così largo anticipo le sue mosse.
Non che avesse davvero importanza, non nella situazione in cui si trovava, perché avrebbe comunque avuto bisogno del suo aiuto, pensò la mora, tentando di mettere da parte l'orgoglio.
Avrebbe dovuto rispolverare le sue doti da diplomatica.
<< Spero che l'attesa non l'abbia annoiata, altrimenti non so cosa farà la prossima volta oltre ad improvvisarsi stalker e seguire ogni mia mossa... >>
Santana Lopez: la Diplomazia in persona.
Le parole, però, erano volate via dalle proprie labbra prima che potesse fare alcunché per impedire il disastro.
In fondo se c'era una cosa che ancora non era riuscita a digerire, e non era una sola a pensarci bene, era proprio quello scavare irriverente nella sua vita, che Ridley non aveva avuto neanche la decenza di tentare di nascondere.
Fortunatamente il multimilionario non si fece intimidire dalle parole della mora e, cominciando a trafficare con vari cassetti, parlò come nulla fosse accaduto, con la calma di chi è abituato a fare affari e a non perderci troppo tempo.
<< Allora... immagino di sapere perché lei sia qui. Passiamo subito ai fogli da firmare- >>
<< Nonono! Aspetti! Non sono qui per sguazzare nella sua pietà o per assecondare qualche suo strano giochetto, che spero vivamente non voglia portare a nulla di erotico, – già, lei la trattativa ce l'aveva nel sangue... - ma per farle una proposta. >>
Ok, Lopez, questo è il momento di tirare fuori gli artigli, sii sicura di te, rapida, convincente e non mostrare il minimo dubbio.
<< Accetterò la sua offerta – riprese la ragazza appena l'uomo la adocchiò da sopra la manciata di fogli che teneva in mano - se lei farà in modo che anche Brittany possa venire con me dovunque debba trasferirmi. >>
Bene, bel lavoro, pensò la mora battendosi da sola un cinque, nella mente, non male, sicuramente non sarà troppo difficile fargli dire di-
<< No. >>
Non che non si aspettasse un rifiuto, soltanto non se lo aspettava così rapido e definitivo.
La prese decisamente alla sprovvista, lasciandola a boccheggiare come una perfetta idiota per qualche secondo.
<< Ma... perché?! In fondo non le cambierebbe molto- >>
<< Signorina Lopez, non mi sono forse spiegato bene. - la interruppe Ridley, lo sguardo che la appuntava al suolo serio e indecifrabile – non sono qui per fare il Babbo Natale della situazione, né per regalare caramelle. >>
Mise giù i fogli, lisciandoli delicatamente con la mano, senza alzare lo sguardo, come se fosse difficile anche per lui andare avanti e negarle ciò che stava chiedendo.
<< Posso darle del tu? - le chiese, sollevando sorprendentemente uno sguardo limpido e sincero, poi, senza attendere risposta, continuò imperterrito – quella che ti sto offrendo è un'occasione imperdibile, Santana. >>
Santana si sentiva troppo scioccata, confusa e, più di tutto il resto, sconfitta per convincere la propria mente a formare parole o anche solo per appuntare a l'altro che non gli aveva mai accordato il permesso di darle del tu.
<< E non sono qui per fare beneficenza, non sono mai stato il tipo. Il mio è un investimento. In te. Ma saresti un investimento troppo rischioso e poco sicuro se non fossi concentrata al 100% sul tuo futuro, su ciò che devi fare.
<< Mi piacerebbe aiutarti, Santana, ma non posso. So che tieni molto a quella ragazza, ma il tuo futuro viene prima, devi pensare a quello, poi a tutto il resto. Sei giovane, hai il tempo di fare entrambe le cose, ma non contemporaneamente. >>
Detto ciò si tirò indietro, reclinando la testa e poggiandola alla poltrona, senza lasciare che i suoi occhi si staccassero da quelli della mora per un momento, tornando ad assumere la stessa espressione professionale e distaccata di poco prima.
Dall'altra parte della scura e pesante scrivania Santana era bloccata.
Un “no” sospetto era una cosa. Un “no” sbattuto in faccia così era una catastrofe.
Soprattutto perché solo adesso si rendeva conto di quanto affidamento avesse fatto sulla riuscita di questo suo piano.
Certo, avrebbe potuto rifiutare, ma Brittany si sarebbe arrabbiata molto, avrebbe dovuto lottare con l'altra per restare e, comunque, nulla sarebbe stato come prima.
Inoltre, non le piaceva ammetterlo, ma se voleva prendersi cura di entrambe in modo vagamente decente avrebbe come minimo avuto bisogno di un piano alternativo.
E Lima non ne offriva molti.
Forse avrebbero dovuto addirittura cercare un'occasione in qualche altra città, ma Brittany, proprio adesso che aveva ritrovato sua madre, sarebbe stata disposta a seguirla?
La domanda era sempre la stessa, ma questa volta non aveva nessuna merce di scambio da offrire alla bionda, nessun: “andrò al college e appena avrò finito di studiare potremo tornare a Lima e vivere lì”.
Sentì la rabbia ribollirle lentamente dentro, troppo lentamente, anche quella parte di lei era stordita e completamente in stallo.
<< Non ho intenzione di lasciare Brittany qui! Quindi o entrambe o nessuna delle due. >>, concluse con una decisione e una forza che non la riempivano affatto, ma che si erano completamente consumate nell'estensione di quelle poche parole.
Stette lì, in piedi, a guardare Ridley restituirle lo stesso sguardo indecifrabile di poco prima, torcendosi le mani dietro la schiena e sperando, pregando, che il loro tremore non arrivasse fino alle spalle e non rendesse quella situazione ancora più patetica e insostenibile.
<< Mi dispiace, allora. Al momento non possiamo trovare un accordo, Santana. >>
E con quelle parole anche l'ultima scintilla di speranza morì nel petto della mora.
Di certo non era stupida, sapeva benissimo quale gigantesca occasione aveva appena buttato alle ortiche.
<< Ma se cambierai idea prima del termine di iscrizione per il college potremo parlarne di nuovo. Sai dove trovarmi. >>
<< Non cambierò idea, questo è sicuro. Come ho detto: o entrambe o nessuna delle due. >>, ripeté Santana, guardando l'altro rimettere i fogli al loro posto, in uno dei cassetti della scrivania.
<< Voi giovani... siete sempre sicuri di non poter cambiare. Se si rimanesse sempre così sarebbe più facile vivere in questo mondo... >>
La risposta di Ridley non era la risposta che Santana si aspettava di sentire, ma il suo corpo faticava a rispondere a qualunque sollecitazione esterna.
Era come in uno strano stato di intorpidimento, la calma prima della tempesta.
Non replicò ancora, si limitò a voltarsi e ad uscire dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle, restando poi lì, qualche secondo, nel corridoio vuoto e anonimo, lasciando che la situazione affondasse i suoi artigli in lei.
Aspettando la tempesta.
E quando cominciò a camminare, tentando di ricordare la strada verso gli ascensori, eccola la tempesta.
Era arrivata.
Una sensazione di costrizione le strinse la gola e le appesantì il petto.
La mora si aggrappò al colletto della giacca che indossava, tentando di allargarlo, tentando di attenuare la sgradevole sensazione che la attanagliava, di alleviare la sofferenza o almeno rallentare il battito impazzito del suo cuore.
Ma era, ovviamente, tutto inutile, perché era nelle profondità del suo petto che il dolore si faceva più acuto, che nasceva.
Cercò di calmarsi, di non lasciare che il panico la dominasse.

Il suo cuore è come impazzito, non c'è verso che rallenti.
Prende un respiro profondo, tentando di attenuare l'ansia che le si aggrappa alla gola.
Spera solo che a Brittany piaccia il suo regalo.
Non aveva molti soldi per prenderle qualcosa, quindi aveva deciso di puntare non sul valore economico, ma su quello affettivo.
<< Britt-Britt? Ho il tuo regalo. >>, le comunica con voce quasi tremante e decisamente emozionata.
Vede le sopracciglia dell'altra scattare verso l'alto.
È sorpresa, nota la mora, ma vede che un sorriso incerto si stende sul suo viso e lo prende come un buon segno.
<< Ma non avevamo detto- >>
<< Sì, lo so! Ma non prenderlo come un regalo di Natale, è soltanto qualcosa a cui ho pensato e che volevo fare. Ma aspetta: te lo mostro. >>
Brittany assunse un'espressione curiosa mentre sentiva i passi dell'altra avvicinarsi, poi allontanarsi, poi di nuovo avvicinarsi, e quando Santana le comunicò di star per spegnere la luce sul suo viso passò un'ombra di preoccupazione, subito lavato via dalla stretta della mano dell'altra sulla sua.
Annuì e la mora fece cadere la piccola stanza nell'oscurità, armeggiando poi con qualcosa di metallico, a giudicare dal rumore.
All'improvviso la luce tornò, ma più fioca e traballante, e una musica leggera e delicata riempì la stanza, facendone sparire le mura.
Gli occhi di Brittany si spalancarono nell'oscurità, naturale ed indotta, tentando di captare la danza di quella luce tremolante che, sì, non c'erano dubbi, si muoveva quasi a tempo di musica.
E la melodia, così garbata e familiare, le faceva tornare in mente ricordi della sua infanzia, di qualcosa di perduto, ormai, ma che le induceva nel petto una gioia impossibile da rovinare con pensieri cupi.
La gioia e la spensieratezza dell'infanzia.
Sentì la mano di Santana stringere di novo la sua e Brittany spostò le sue dita per intrecciarle a quelle dell'altra.
<< Ho trovato un carillon tra le cose che sono riuscita a recuperare da casa tua tempo fa e mi sono ricordata di quella specie di scatolina metallica con cui creavi quei giochi di luce e... >>, la voce della mora si spense nel silenzio emozionato di Brittany.
Rimaneva immobile, semplicemente ferma in mezzo alla stanza, tesa tra la luce tremula e morbida della candela e la melodia delicata.
E la luce si muoveva, più di un tremolio avvolgente, girava, come un unico corpo, dandole l'illusione di star osservando una scena dispiegarsi di fronte a lei.
Di colpo quelle ombre, più o meno definite, proiettarono Brittany in un'altra dimensione, una dimensione dove la vista non serviva affatto ed anche quei tenui giochi di ombre erano quasi percepiti attraverso un sesto senso.
Santana osservava attentamente l'espressione di Brittany, un sorriso folle disteso sul viso mentre le lacrime lasciavano scie lungo le gote su cui si rifletteva la luce calda della candela.
La musica arrivò al termine e anche il movimento circolare della scatolina intagliata si arrestò.
L'incantesimo era spezzato, ma Brittany portava ancora dentro i ricordi di quei momenti e sapeva di poterli replicare quando ne avrebbe avuto bisogno.
Era come un salvagente, quel regalo, da usare con parsimonia, quando la situazione lo richiedeva. Diede una lieve stretta alla mano della mora, tirandola verso di sé.
Non servì altro, perché Santana si allungò verso di lei, baciandola con dolcezza, con calma, come se avessero avuto
tutto il tempo del mondo.
Il cuore di Brittany annaspò nella consapevolezza di come quanto futile fosse quel pensiero.
Il suo nuovo regalo sarebbe stato per le emergenze, decise, per quando la consapevolezza dell'amore di Santana non sarebbe riuscita a tamponare la sofferenza del non averla accanto.
In quel momento era certa che il suo regalo, Brittany, l'avrebbe usato spesso.


Quella sensazione di casa non la sentiva da tanto.
L'odore era sempre lo stesso.
E non importava che non potesse fisicamente guardarsi intorno, perché la cucina di casa sua si dispiegava con dovizia di particolari davanti ai suoi occhi muti.
La voce di sua madre che le parlava dall'altra stanza evocò l'immagine della donna nella mente di Brittany, indossava il vestito con cui la bionda preferiva ricordarla, quello che le stava meglio e che suo padre amava tanto.
<< Brittany, tesoro, sono contenta che tu sia venuta a trovarmi. >>
Sentì la sedia strusciare leggermente il pavimento e nella sua cucina sua madre replicò il gesto, sedendosi con perfetto tempismo.
Sentì la vibrazione sul tavolino e vide sua madre poggiare i gomiti sul tavolo, giungendo le mani come in preghiera e adagiandovi il viso.
<< Speravo di poter parlare un po' con te. Ti devo delle spiegazioni, lo so. E mi sei mancata molto. >>
La voce di sua madre si incrinò, in modo lievissimo, ma non abbastanza da non essere captato dall'orecchio di Brittany e gli occhi della donna seduta di fronte a lei assunsero un riflesso liquido, sotto le luci gentili di casa sua.
<< Lo so. Anche tu mi sei mancata. >>








Ehilà! Guardate chi è resuscitata! xD
Vorrei scusarmi in modo appropriato, ma non ce n'è uno, quindi...
Vabé, una spiegazione la devo ai pochi che sono arrivati a leggere fin qui e nonostante tutto. Diciamo che il periodo non è stato dei migliori, diciamo che ho avuto bisogno di chiudermi per un po' in me stessa e diciamo che scrivere, per me, è il contrario di chiudere fuori il mondo.
Questo è il motivo per cui ho avuto bisogno di questa pausa, spero solo che qualcuno avrà ancora pazienza di finire questa storia che sta assumendo connotati sempre più maledetti xD.
Ad ogni modo, ho steso lo schema di come sarà la storia da ora fino alla fine, quindi tutto è stato deciso, quindi è un po' come se io abbia finito di scriverla.
Devo solo aspettare di vedere come sarà in ultima istanza, una volta stesa xD. Vi ringrazio per la pazienza, per chi ha commentato in passato o lo farà ancora, non preoccupatevi: questa storia avrà un finale! xD
Spero di cuore di risentirvi presto! E grazie, ancora.
  
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