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Autore: kashia    08/11/2007    5 recensioni
"Strawberry ha 30 anni e racconta quello che è stato il suo unico e grande amore e di come la vita, a volte, ci porta via l'unica cosa senza la quale diventa impossibile andare avanti..."
Genere: Romantico, Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Seconda parte

Seconda parte

 

 

 

 

 

 

Lory si sentì molto ferita dal mio comportamento e non mi parlò per quasi un mese. Infondo non aveva tutti i torti. Io le avevo tolto l’unico ragazzo di cui si era mai innamorata, e questo non si può certo definire un comportamento da vera amica. Anche se Ryan mi aveva sempre consolato dicendomi che lui non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti.

Lui poteva amare solo me, così mi diceva.

 

Quello fu il periodo più bello della mia vita.

 

 Io e Ryan trascorrevamo ogni minuto disponibile insieme. Parlavamo, ridevamo e facevamo l’amore.

Adoravo fare l’amore con lui, era come se al mio corpo venisse aggiunta quella parte che mancava.

Con il passere del tempo, superato l’imbarazzo iniziale, cominciai ad essere meno timida e più ardita, cosa che rese Ryan davvero molto contento. Mi diceva che non dovevo vergognarmi di nulla quando ero con lui, che dovevo lasciarmi andare e che se non le facevo con lui determinate cose con chi le dovevo fare?

 

Il cuore mi batte ancora fortissimo quando ripenso a vecchi episodi: quando andammo tutti insieme in montagna per trascorrere il week end ed io e Ryan passammo due giorni rinchiusi nella nostra stanza; quando per lui ho improvvisato un timido spogliarello; quando siamo rimasti bloccati nell’ascensore e anche li non abbiamo saputo resistere alla passione…

Era questa la cosa speciale nel nostro rapporto. Oltre ad amarci profondamente a livello spirituale sentivamo anche una travolgente passione fisica nei confronti dell’altro.

Solitamente si dice che dopo i primi anni la passione si affievolisce. Beh, almeno per noi questo non è mai accaduto.

 

Io e Ryan abbiamo continuato ad amarci allo stesso modo per i successivi 7 anni…

Eh già, io e lui eravamo inseparabili. Certo non è stato facile sopravvivere alle litigate furiose in cui ci abbattevamo ogni tanto e, ancora meno, sopportare tutte quelle ragazze che non perdevano occasione di fare le stupide con lui. A meno che non lo costringevo ad andare girando con un sacchetto in testa, Ryan attirava più di uno sguardo e, di ragazze che hanno cercato di dividerci ad ogni costo ce ne sono state parecchie. Ma il nostro amore era così forte che mai nessuno è riuscito a dividerci.

 

Ma facciamo un salto avanti.

 

Era l’estate dei miei 22 anni, Ryan ne aveva 25.

 

Avevamo deciso di passare le vacanze a New York. Ryan non faceva altro che ripetermi che voleva tornare nella sua terra d’origine così decidemmo di partire. Per lui era una cosa importantissima, infondo non era più ritornato in America dalla morte dei suoi genitori e io sapevo quanto difficile sarebbe stato per lui affrontare tutto quello.

Era la prima volta che salivo sull’aereo e non ne ero alquanto entusiasta. Vomitai per tutto il viaggio e Ryan, come al solito, non fece altro che prendermi in giro. L’avrei strangolato ogni volta che mi affrettavo a prendere il sacchetto e lui cercava in ogni modo di trattenere una risata.

Dopo un volo interminabile, finalmente atterrammo nella Big Apple. Ryan fu un cicerone impeccabile. In una settimana mi fece visitare tutto quello che c’era di importante a New York.

 

Arrivò il giorno in cui avevamo deciso di andar a fare visita alle tombe dei suoi genitori. Durante l’intero tragitto ci scambiammo solo poche parole. Ryan aveva la mente immersa nei suoi  pensieri e io aveva deciso di restarmene zitta per evitare dire qualche idiozie delle mie.

Quando arrivammo al cimitero ci avvicinammo a due lapidi di marmo grigio dove vi era una fotografia che ritraeva un uomo e un donna.

 

Lei era bellissima.

 

I lunghi capelli biondi identici a quelli di Ryan gli cadevano morbidi sulla schiena, e gli occhi erano di un azzurro incredibile, sembravano finti.

 

Lui invece era un’ uomo dall’aspetto imponente, ma dai suoi occhi verdi traspariva una dolcezza infinita.

 

Ovviamente, erano in genitori di Ryan.

 

Io rimasi un po’ indietro, non volevo intromettermi in quelli che sicuramente non erano affari miei, ma vedere Ryan con il capo chino e le mani strette a pugno mi procurò una stretta al cuore.

 

Dio solo sa quanto stava soffrendo in quel momento.

 

Cercando di essere il più discreta possibile, mi avvicinai a lui e poggiai la fronte sulla sua schiena, abbracciandolo da dietro.

Volevo che sapesse che io c’ero, che non sarebbe stato più solo.

Lui portò le sue mani sulle mie e cominciai a sentire il suo corpo tremare.

 

Quella è stata l’unica volta che ho visto Ryan piangere.

 

Tornammo in albergo.

Anche se Ryan possedeva ancora la casa in cui era cresciuto da bambino, aveva preferito alloggiare in un hotel. Il giorno dopo saremmo tornati in Giappone quindi, preparammo le nostre valige in silenzio. Scendemmo per la cena e poi andammo direttamente a dormire.

 

Quella notte ci amammo in un modo che non credevo fosse possibile. Con i suoi gesti, con le sue parole, con i suoi respiri, Ryan mi trasmise tutte le sue emozioni e i suoi sentimenti. Mi stringeva così forte come se avesse paura che potessi scomparire improvvisamente. E io, per rassicurarlo, per fargli capire che ci sarei stata sempre e per sempre, lo stringevo a mia volta, non lasciando un minimo di spazio tra il mio corpo e il suo.

 

Tornati in Giappone, quasi un mesetto più tardi, mi resi conto che quella notte Ryan mi aveva fatto il regalo più bello che potessi ricevere.

 

Ero incinta.

 

Ero in bagno, al caffè Mew Mew.

Ricordo che era già qualche giorno che avvertivo uno strano senso di nausea e il ritardo del mio ciclo, solitamente puntualissimo, mi fece preoccupare un po’. Avevo comprato in farmacia un test, e ritornando al caffè, decisi di farlo lì. Non sarei riuscita ad aspettare di tornare a casa.

 

Quando sul blister comparve il risultato positivo, non riuscivo a credere ai miei occhi.

 

 Ero incinta sul serio.

 

Rimasi in bagno per circa 30 minuti, non sapendo cosa fare, infine, muovendomi come un automa e con la mente completamente vuota, mi diressi verso il piano inferiore con il test stretto in mano. Il caffè era ancora chiuso al pubblico ma le ragazze e Kyle erano già arrivati. Quando mi videro entrare in cucina con la faccia stravolta, tutti mi chiesero cosa mi fosse successo, ma io non li sentivo. Il mio viso era rivolto unicamente a Ryan che mi guardava seriamente preoccupato.  Mi avvicinai a lui e lo abbracciai scoppiando a piangere. Dopo qualche istante mi allontanò delicatamente e mi chiese cosa fosse successo. Io non dissi nulla, gli porsi soltanto il test che stringevo in mano. In un primo istante non capì cosa fosse, poi, come se avesse ricevuto un’improvvisa illuminazione, sgranò gli occhi e mi guardò cercando una conferma di quanto sospettava sul mio viso. Mi limitai ad annuire e, nel giro di pochi istanti mi ritrovai stretta tra le sue braccia mentre sentivo chiaramente il suo cuore battere impazzito.

Io e Ryan rimanemmo in quella posizione per un tempo infinito mentre gli altri, capendo la loro presenza in quel momento era di troppo, lasciarono la stanza.

 

Ci volle qualche giorno per abituarci all’idea, era accaduto tutto troppo in fretta.

 

I nostri amici furono felicissimi della notizia e già facevano progetti sul nome e sull’aspetto del nascituro.

 

La mia più grande preoccupazione invece era di dirlo a mio padre.

 

Lui, un uomo profondamente religioso, non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere dalla sua bambina, o almeno, non prima del matrimonio. Sapevo che gli avrei dato una profonda delusione.

 

E così fu.

 

Non mi guardò in faccia per giorni, poi, con il tempo, anche lui divenne curioso di conoscere il suo nipotino.

 

Ryan mi chiese di sposarlo e io, beh…rifiutai.

 

So già che non ci crederete ma è andata proprio così.

 

Ovviamente Ryan ci rimase malissimo.

 

Vi starete sicuramente chiedendo per quale motivo ho fatto una cosa simile.

Il motivo è semplicissimo. Non volevo che Ryan si sentisse in qualche modo “obbligato” a sposarmi solo perché aspettavo un figlio da lui. Non volevo che lui lo facesse solo perché tutti si aspettavano che lo avrebbe fatto.

 

Non fraintendete, sin da quando avevo 15 anni non ho desiderato altro che diventare sua moglie ma non volevo che accadesse così.

 

Mi rifiutai di vederlo per una settimana circa, e oltre a lui, anche tutto il resto del gruppo.

 

Solo Pam è riuscita a intrufolarsi nella mia casa cogliendomi di sorpresa. Mi trovò rannicchiata sul letto in preda a una crisi di pianto. Così le raccontai tutto, le mie ansie e le mie preoccupazioni e lei seppe capirmi come nessuno avrebbe fatto. Gli feci promettere che non ne avrebbe parlato con nessuno, soprattutto con il diretto interessato, e ovviamente, Pam non mantenne la promessa.

 

Due giorni dopo mia madre bussò alla porta della mia camera e quando mi voltai per chiedere cosa volesse, mi ritrovai d’avanti Ryan con un enorme mazzo di rose che mi guardava in modo così dolce che credevo che le gambe non avrebbero retto.

 

Sei proprio un stupida…solo a te poteva venire in mente una cosa simile! E forse è proprio per questo che ti amo, perché sei unica, perché anche se cercassi per mille anni non riuscirei mai a trovare una persona come te. Sei solare, sei allegra, sempre piena di vita, e poi sei bella…Dio quanto sei bella, e io ti amo…non puoi lontanamente immaginare quanto. Hai ragione però su una cosa. E’ vero che ti ho chiesto di sposarmi per via del bambino, ma per me è stata una scusa. Non sai da quanto desideravo chiedertelo ma poi mi frenavo sempre, pensavo che fosse troppo presto e che tu non avresti mai accettato di legare per sempre la tua vita alla mia. Ma credimi, la cosa che desidero di più al mondo è che tu diventi mia moglie.

 

Mi sentì di morire. Quelle parole fecero crollare tutte le mie paure e incertezze.

 

Con le lacrime che scendevano copiose sul mio viso mi lanciai tra le braccia di Ryan e lo baciai con tutto l’amore di cui ero capace.

 

Ero la persona più felice del mondo.

 

La cerimonia fu molto semplice. Sia io che Ryan decidemmo che non era il caso di fare una feste in grande stile . Preferimmo passare il giorno del matrimonio con le persone più care.

 

Comprammo, o meglio, Ryan comprò una villetta accanto a quella dei miei genitori, in modo che mia madre potesse starmi vicino visto lo stato avanzato della mia gravidanza.

 

Ryan fu un vero campione di pazienza.

 

Nelle ore più strane del giorno e della notte mi venivano le voglie più svariate, tutte cose che ovviamente non avevamo in casa. Così quel poveretto era costretto a setacciare mezza Tokyo per cercare di accontentare le mie assurde richieste.

 

Al pensiero della sua espressione contrariata mentre usciva di casa mi viene ancora da ridere.

 

Qualche mese più tardi nacque Nathan Shirogane.

 

Preferisco evitare di raccontare il tragico travaglio che ho affrontato, ma una cosa devo dirvela per forza.

 

Non potrò mai dimenticare quando il medico porse a Ryan quello che era suo figlio. Lui lo teneva in braccio come se fosse qualcosa di fragilissimo che si potesse rompere da un momento all’altro e lo guardava come se non avesse mai visto un neonato in vita sua. Fu un’emozione troppo grande per riuscire a descriverla come si dovrebbe.

 

La stessa emozione la provammo nuovamente due anni dopo quando venne al mondo il nostro secondo bambino: Ethan Shirogane.

 

La notizia dell’arrivo di Ethan fu meno sconvolgente di quando scoprì di aspettare Nathan. Io e Ryan eravamo ormai entrati a pennello nel ruolo di genitori e l’idea di avere un altro bambino per casa non ci fece paura. Io e Ryan stavamo costruendo la nostra famiglia ed era quella che desideravamo entrambi.

 

Eravamo felici come pochi, ma purtroppo, non lo saremmo stati ancora per molto.

 

 

 

 

 

FINE SECONDA PARTE

 

 

 

 

  
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