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Autore: AnnieLeto22    21/04/2013    1 recensioni
La nostra Annie, per inseguire il suo sogno di attrice, si trasferisce a Los Angeles con la sorellina Sophie, amante di una band, i 30 Seconds to Mars, che Annie non conosce. Ma quando sua sorella la convincerà ad andare un giorno in montagna a sciare, un incontro cambierà la sua vita....Prima in peggio, ma poi decisamente in meglio ;D ... Ricco di colpi di scena, alternanza di momenti felici e tristi, vi consiglio di leggerla ;) Spero vi piaccia!!! :D
Queste sono alcune frasi che ritroverete nella mia prima FF che abbia mai scritto.
*- Però ricorda…Segui i tuoi sogni, non importa cosa, puoi fare tutto se lo vuoi. Buona fortuna Annie -
*…Quando si voltò, il mio cuore saltò un battito. Era lui. Era proprio lui.
*- Scusate, mia sorella Sophie è una vostra grandissima fan e…-
- Echelon, non fan…Siamo una famiglia -
*- Ecco, Annie, io ti ho invitato a ballare ma devo ammettere che…sono una frana -
- Non importa, lascia che la musica ti guidi -
*- Quando vi ho ascoltato…Ho provato delle emozioni forti…Non so come spiegartelo…-
- Così? - e appoggiò le sue morbide labbra sulle mie.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so che era da tanto che non pubblicavo niente, ma essendo gli ultimi capitoli avevo bisogno di pensare bene!! Scusatemi, spero di farmi perdonare con questo capitolo!! Buona lettura :D

 

CHAPTER 33 – RETURN TO LIVE

 

Quando atterrammo fui orgogliosa di me stessa per essere riuscita a fare un viaggio in aereo da sola. Presi in fretta le valigie e mi incamminai verso l’uscita dell’aeroporto. Mi bloccai improvvisamente.

No, oh no. Mi ero scordata di chiedere il nome della via dove abitava Jared! Sono proprio una stupida, come ho fatto a dimenticarmelo?.

Mandai un messaggio a Shannon. “Potresti dirmi l’indirizzo di Jay della sua casa a New York?”

Andai fuori e pensai di chiamare un taxi, ma poi pensai che non aveva senso non conoscendo la via da indicare all’autista. Così mi sedetti su una panchina e attesi; il mio cellulare vibrò qualche minuto dopo e lo presi con foga, ansiosa. Sul display però apparì una schermata: “Batteria restante: 5%”, questo voleva dire che avevo ancora pochi minuti prima che si spegnesse. Maledizione, non avevo proprio notato che fosse scarico, ero troppo presa a pensare al viaggio che mi aspettava, avevo deciso tutto così in fretta…

Non mi persi d’animo e inviai velocemente un altro sms a Shannon. “E’ urgente!! Ho il cellulare quasi scarico”. Pochi secondi dopo, però, si spense definitivamente. Emisi un grugnito di rabbia seguito da un “Noooo!!” disperato. E ora? Cosa avrei potuto fare?! Non potevo comunicare con nessuno, avevo imparato solo qualche parola con il linguaggio dei segni, non potevo neanche chiamare qualcuno per il mio problema alle corde vocali o mandare un messaggio per contattare mia sorella, Shannon o i Milicevic in quanto il mio cellulare era fuori uso. L’unica speranza era ricaricare il cellulare, così optai per cercare un hotel dove passare anche la notte. Decisi di non prendere un taxi sia perché avrei impiegato troppo tempo a spiegare dove volevo andare sia perché avrei dovuto pagare, e non era il caso visto che non avevo portato molti soldi con me. Verso le due pranzai in un bar e poco dopo trovai un hotel non troppo lussuoso e prenotai una camera singola per la notte successiva. Quella sera fu una sera piuttosto triste, mi sentivo molto sola così iniziai a scrivere qualcos’altro a Jared su dei fogli come avevo fatto in aereo. Poi controllai i messaggi sul cellulare finalmente carico e vidi quello di risposta di Shannon. Mi aveva scritto l’indirizzo di casa di Jay e poi questo: “Ho capito dove sei e sono contento di quello che stai facendo. Vi meritate di non soffrire più e stare insieme come è giusto che sia. Lui ti ama davvero e credo sia lo stesso anche per te se sei partita per rivederlo. Vi auguro il meglio. Vi voglio bene.”

Che dolce che era Shan con noi, anche io gli volevo molto bene.

Spensi la luce e mi addormentai quasi subito col sorriso sulle labbra, sperando che il giorno seguente avrei rivisto l’uomo che amavo.

 

Quel mattino mi svegliai presto, mi feci una doccia e, mentre mi asciugavo, notai il mio display del cellulare che si illuminava. Era di nuovo Shannon.

 

Annie, rispondi appena hai finito di leggere il messaggio. Jay ha deciso di partire per il tour stamattina, ho tentato di convincerlo a rimanere e gli ho pure detto che tu eri qui per lui ma non mi ha voluto credere, pensando che fosse una scusa. Ci ha chiamati stanotte e siamo partiti subito. Ora siamo a venti minuti dall’aeroporto di New York, spero che tu sia sveglia e che faccia in tempo a venire almeno a salutarci. Ci tenevo a dirtelo.         Shan ”

 

Mi saltò il cuore in gola. Controllai immediatamente l’orario: le 9:10. Secondo quanto mi aveva detto Shannon la band sarebbe arrivata all’aeroporto alle 9:30 circa, ce la potevo fare. Mi vestii in trenta secondi, presi le mia borsa al volo (la valigia la lasciai perché decisi che sarei ritornata dopo), chiusi la porta e corsi giù alla reception, dissi ad una signorina vestita elegante dietro ad un bancone che sarei uscita solo per qualche ora e uscii fuori. Cercai di chiamare un taxi con un cenno della mano ma nessuno di essi sembrava vedermi, così fui costretta a gettarmi in mezzo alla strada quando ne passò uno, agitai le braccia e il taxista suonò più volte il clacson prima di doversi fermare per non investirmi. Salii rapidissima, tirai fuori dalla borsa il biglietto aereo che avevo usato il giorno prima e gli indicai la parola “airport”; lui capì e ripartì veloce. Durante il tragitto scrissi gli ultimi messaggi a Jared su dei fogli che avevo in borsa e dove tenevo tutti gli altri che avevo fatto. Meno male che ho fatto in tempo a prenderli…

Purtroppo non riuscii a spiegare all’uomo che avevo parecchia fretta e così dovetti attendere pazientemente (sebbene il mio livello di pazienza fosse molto limitato in quella situazione) che l’autista si facesse strada tra le numerose macchine che sfrecciavano per le vie trafficate della città americana. I minuti passavano, i semafori rossi aumentavano e così anche la mia paura di arrivare troppo tardi.

Finalmente intravidi in lontananza l’aeroporto e una serie di dubbi mi invase la mente. Non avevo considerato il fatto che non sapessi dove fossero esattamente loro né se fossero già sull’aereo. E poi, ne avevano uno privato? Forse sì.

Appena fui a destinazione pagai velocemente il taxista e corsi più veloce che potei all’interno dell’edificio. Vagai con lo sguardo alla ricerca della band o di qualche bodyguard, di questi ultimi ne vidi moltissimi ma erano solo agenti che si occupavano della sicurezza all’interno dell’aeroporto. Della band nessuna traccia. Stavo già cominciando ad allarmarmi e a perdere tutte le speranze, quando vidi in fondo sulla mia sinistra un gruppo di ragazzi che svoltavano dietro ad un angolo e tenevano in mano macchine fotografiche, penne e fogli. Il mio primo pensiero fu che fossero fans perché non avevano nessuna valigia con loro e quindi non potevano essere passeggeri di qualche volo. Risolvetti di seguirli e, quando anche io svoltai l’angolo, mi trovai in un lungo corridoio e potei constatare che le mie ipotesi erano veritiere. Infatti un omone vestito in nero stava rassicurando il gruppetto di una ventina di persone: - Sì, tranquilli, stanno arrivando. Ricordate che potete stare con loro solo pochi minuti, un autografo, qualche foto e via. Chiaro? – Il suo tono era scocciato, come se ripetesse quella frase ogni volta, tuttavia nessuno lo stava ascoltando, erano troppo impegnati a guardare verso una porta a vetri dove altri due bodyguard stavano facendo il loro ingresso. Il quel preciso istante sperai con tutto il cuore che la band in questione fosse quella che mi interessava, anche perché altrimenti non avrei fatto in tempo a salutarli…o meglio, ad impedirli di partire.

Subito il gruppo di fans, o meglio di Echelon, corse verso di loro, chiedendo un autografo o una foto, tutti commossi alla vista dei loro idoli, tre ragazzi che conoscevo bene. I miei occhi invece erano rapiti solo da lui.

Jared.

Superò la porta a vetri dopo Shannon e Tomo e sorrise ad ogni macchina fotografica che emetteva flash in continuazione, però io sapevo che la sua bocca sorrideva ma i suoi occhi, quelli in cui ero ormai abituata a vedere l’infinito, erano tristi, spenti.

Jared, Shannon e Tomo avanzò piano piano mentre i bodyguard iniziavano ad allontanare il gruppo di giovani, che si aggregarono di nuovo a me, incapace di muovere muscolo da quando li avevo visti arrivare. Confusa tra gli altri, mi vidi passare vicino la band, allungai un braccio e riuscii a toccare il cappotto di pelle di Jared ma lui non si girò nemmeno, troppo distratto dalla confusione che si era venuta a creare. Non potei urlare per farmi notare, così iniziai a sbracciarmi, tuttavia neanche in questo modo riuscii ad attirare la loro attenzione. Le mie speranze iniziarono a vacillare: il disordine era totale e i bodyguard ci tenevano a distanza. Non ce l’avrei fatta…Se non mi venne d’istinto l’idea di piegarmi sulle ginocchia, intrufolarmi in un piccolo spazio tra due uomini della sicurezza e correre come mai avevo fatto nella mia vita verso la rock band, che nel frattempo stava svoltando l’angolo che dava in un tunnel collegato all’aereo.

Uno della sicurezza mi braccò proprio all’entrata del tunnel e mi tirò indietro, mentre io cercavo di urlare che li conoscevo e che dovevano lasciarmi passare. Sbattei i piedi per terra e mi dimenai come una pazza che stavano cercando di rinchiudere in un manicomio…E fortunatamente servì.

Continuavo a urlare “Ti prego, giratevi, sono qui, perché non vi accorgete di me?” nonostante solo io potessi sentirlo, quando all’improvviso Jared si voltò. Forse fu un miracolo, forse udì il bodyguard gridarmi di stare indietro o forse il battito dei miei piedi per terra, ma di fatto si voltò.

Mi guardò intensamente negli occhi, incredulo, e rimase immobile per qualche secondo, incapace di muoversi. Poi, con voce strozzata, si rivolse all’uomo che mi teneva per le braccia: “Lasciala andare, la conosciamo”. La guardia esitò. “Ne è sicuro?”. Le seguenti parole di Jared mi fecero saltare un battito del cuore. “Sì. E’ la mia ragazza”.

Appena fui lasciata andare presi a correre verso Jay e lui fece lo stesso. Quando i nostri corpi poterono toccarsi di nuovo in un abbraccio intenso, sentii che avevo ritrovato la mia metà, avevo ricolmato quel vuoto che mi opprimeva da più di un mese, avevo finalmente ripreso a vivere.

  
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