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Autore: Tury    21/04/2013    1 recensioni
Una ragazza dal passato misterioso, un re in cerca di vendetta e un uomo che imparerà a conoscere la vita. Il tutto incorniciato da un gruppo di briganti in cerca di potere. Non so bene da dove sia nata l'idea di questa storia, ma ora è qui, tanto vale evolverla. Spero che la lettura possa piacervi, in caso contrario chiedo venia!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Si può sapere come ti è saltato in mente di andare contro quegli uomini da sola? E se ti avessero uccisa?”
Levinja alzò gli occhi al cielo, esasperata. Era tutta la mattina che la seguiva, ripetendole le stesse cose. Si abbandonò senza alcun garbo sulla sua poltrona, guardando negli occhi Orel.
“Ma così non è stato. Ti preoccupi troppo.”
Orel poggiò le mani sui braccioli della poltrona, riducendo la distanza tra di loro.
“Ricordati l'importanza che riveste colui che siede su questo trono. Tu non puoi permetterti il lusso di morire.”
“È solo una poltrona.”
“Ma sai il significato che ha per quegli uomini. Chi siede su questa poltrona è considerato il capo della brigata. Vedi di ricordartelo la prossima volta.”
“Orel...”
“E cercati un'arma! Non sarai sempre così fortunata come ieri sera.”
La ragazza scoppiò a ridere.
“Vedi la differenza tra un uomo e una donna? Per voi l'unica soluzione ad ogni problema è la violenza, mentre noi cerchiamo di utilizzare questo.” disse, battendosi due dita sulla fronte.
“Fai poco la spiritosa, ragazzina. Ricordati che quegli uomini vogliono la tua testa.”
“Ti ho già detto che non l'avranno. E poi ci sei sempre tu, il mio adorato fratellone.”
Orel rimase in silenzio, colpito dalle parole di Levinja. Non disse nulla, semplicemente uscì dalla stanza, avvolto da quel silenzio che sempre lo contraddistingueva. La ragazza lo guardò allontanarsi, con un peso sullo stomaco. Non voleva mentirgli, ma sapeva che se gli avesse detto la verità lo avrebbe perso per sempre.
Soffiava un vento leggero quella mattina. Orel era appoggiato sul ponte dove la sera prima aveva trovato Levinja. Guardava l'acqua scorrere sotto di lui, immerso nei suoi pensieri.
“A cosa pensi?”
L'uomo si voltò subito, incrociando lo sguardo della ragazza.
“A nulla di importante.”
“Nulla di importante. Orel, ti pregherei di non darmi della stupida.”
“Non lo sto facendo.”
“Sì invece, comportandoti in questo modo.”
L'uomo sbuffò.
“Pensavo a quale regalo farti. Tra poco è il tuo compleanno no? Dimmi, cosa ti piacerebbe? Un pugnale, un arco, una spada?”
Sul volto di Levinja comparve uno dei suoi famosi sorrisi e subito si mise in posizione di guardia. Orel la guardò perplesso.
“Prova a colpirmi.”
“Ti sei bevuta il cervello, ragazzina?”
“Voglio solo mostrarti che la taglia che pende sulla mia testa me la merito tutta. Avanti, colpiscimi!”
Orel, sbuffando, afferrò la lama, ma non ebbe il tempo nemmeno di fare un affondo che Levinja lo disarmò con un calcio, per poi afferrare il pugnale a mezz'aria e scappare via.
“Bastarda...Ridammi il pugnale!”
“Troppo tardi fratellone!”
L'uomo afferrò una pietra e la lanciò nel fiume, con tutta la forza che aveva. I comportamenti di quella ragazza cominciavano ad esasperarlo. Era una vera e propria mina vivente.
“Non si può dire che non meriti il titolo di regina.”
Orel si voltò e vide uno degli uomini della brigata venire verso di lui.
“Guardala, nemmeno il vento riesce a starle dietro. Incredibile come quella ragazzina sia riuscita ad abituarsi a questo tenore di vita, proprio lei che...”
“Lei niente.” ringhiò Orel.
“Andiamo Orel, vuoi mentirle per tutta la vita? Prima o poi dovrà tornare a casa, non è questo il suo destino.”
“Che ne sai tu del destino.”
Detto questo si allontanò, lasciando da solo il suo compagno.

Scappata dalla furia del fratello, Levinja si era rifugiata in una grotta, per non essere scoperta. Voleva fare un regalo a Orel, ovvero pulirgli quel pugnale che tanto amava.
“Se continui a sfregarlo in quel modo l'unico effetto che avrai sarà tagliarti le mani.”
La ragazza, presa di sorpresa, per poco non si feriva con la lama.
“Dì un po', hai deciso di uccidermi?”
“L'idea non sarebbe male, tornerei ad essere il re della brigata.”
“Sai che quel titolo spetta solo a chi ha la taglia più alta.”
“Grazie per avermi ricordato che la tua morte mi farebbe anche diventare ricco.”
Levinja gli sorrise e tornò a pulire la lama.
“Lascia fare a me, potresti tagliarti.”
La ragazza lo guardò.
“Posso farti una domanda?”
“Dimmi.”
“Perché ti preoccupi sempre per me?”
Orel la guardò, senza rispondere. Nemmeno lui sapeva bene il motivo per cui si era legato a quella strana ragazza.
“Sempre in silenzio, eh?”
Orel rise.
“Anche a mio padre dava fastidio il mio silenzio. Litigavamo spesso.”
Poi, comprendendo subito l'enorme sbaglio commesso, si corresse.
“Non preoccuparti, dopotutto è morto quando io ero troppo piccola per ricordarlo, quindi è come se fosse solo tuo padre.”
Per non far sorgere dubbi, Levinja gli regalò uno dei suoi sorrisi più belli e questo sembrò calmare leggermente l'uomo. Ogni volta che si toccava quel tasto, Orel si richiudeva sempre in se stesso, divenendo incredibilmente distante. La ragazza lo guardò, non sapendo bene cosa fare per poter distruggere quella distanza che li aveva improvvisamente divisi.
“Voglio un arco.”
Orel la guardò sorpreso, non aspettandosi una simile richiesta.
“Mi prendi in giro?”
“Assolutamente no. Dopodomani è il mio compleanno e io voglio che mi regali un arco.”
“Perché proprio un arco?”
La ragazza si alzò ed uscì dalla caverna, in silenzio. Orel la seguì, incuriosito dal suo comportamento.
"Lo senti questo vento, Orel? Per dei briganti come noi, l'unione con la natura è indispensabile per la nostra sopravvivenza."
"Lo so."
"E conoscerai anche la legge dell'equilibrio primordiale."
"La legge secondo la quale ognuno di noi è legato dalla nascita ad un elemento."
"Esattamente, fratellone. Il tuo pugnale è così efficace perché la tua mano è guidata dall'ardore del fuoco.”
“Levinja, cosa stai cercando di dirmi?”
La ragazza si impadronì nuovamente della lama di Orel e la lanciò contro un albero, facendo conficcare il pugnale nella corteccia fino all’elsa.
“Che la mia freccia verrà guidata dall’impetuosità del vento.”
  
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