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Autore: _Char    22/04/2013    1 recensioni
Non avevo mai visto un ragazzo dai suoi stessi tratti. Erano ben delineati, che richiamavano quasi i tratti stranieri, come quelli degli spagnoli. Seducenti, ammalianti. Era uno di quelli per cui saresti uscita dalla classe fino al corridoio per vederlo. Uno di quelli che ti calamitano con lo sguardo. Con cui avresti voluto fare l’amore subito. No. Non amore. Sesso. Focoso, caldo, passionale, in cui s’intrecciavano gemiti e sospiri.
Sesso. Sesso puro.
Rimasi senza parole, sentendomi morire. Cosa stavo facendo?? Andavo a sbavare dietro a un tizio che non avevo mai visto in vita mia?
Ero confusa, troppo. Non ero abituata ad emozioni così forti. Nessun ragazzo fino ad allora era riuscito a risvegliarmi tutti gli ormoni in una sola volta, con un solo sguardo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                               CAPITOLO 9

 

Bianca POV

 

Capii di essere caduta nel sonno solo quando riaprii lentamente gli occhi, sentendo le palpebre pesanti come se mi avessero versato del collante. Mi guardai attorno, confusa e perplessa, ancora con gli occhi che dolevano.
-Ah, buongiorno milady- sentii dirmi dal fondo dalla stanza; il suono era un po’ ovattato, come se avessi del cotone nelle orecchie.
Mi sforzai di tirare su la testa, arricciando leggermente il naso e gli occhi; mi sentivo come se fossi appena passata in un campo di bombardamenti e avessi ancora addosso il fremito del terreno che senti tremare sotto i piedi quando esplode una bomba.
Avvertii di avere le gambe fresche, e tastandomi con le mani intuii di avere addosso solo l'intimo. Sopra indossavo solo il reggiseno e una canottiera, del vestito nessuna traccia. Mentre mi domandavo a chi appartenesse quella canotta Francesco comparve nella mia visuale, con indosso solo i pantaloni e i calzini; nella mano destra, abbandonata al suo fianco, portava una maglietta nera.
-Oh mio Dio…- mormorai, osservandolo, - dimmi che non l’abbiamo fatto-
-Cos…?- fu la sua prima reazione, unita ad uno sguardo perplesso, poi scoppiò a ridere, -no, ci mancherebbe altro… Anche se non mi sarebbe dispiaciuto…- ammiccò poi, con tono suadente.
Mi portai una mano alla fronte, chiudendo dolorante gli occhi. Si avvicinò e si sedette accanto a me sul letto:
-Come ti senti?- domandò, abbassando il tono stavolta.
Quando dischiusi gli occhi riuscii a mettere a fuoco la sua maglia nera addosso al suo torso, pochi istanti prima, nudo.
-Cosa… cosa è successo?- domandai, ancora stordita.
-Non ricordi niente?- continuò lui, senza mutare tono.
Scossi debolmente la testa, guardando la libreria sopra di me e realizzando di essere raggomitolata sotto delle coperte pesanti e un plaid che mi arrivava fin sopra il viso.
-Niente…- mormorai, stranita.
-… niente?- ripeté, cercando di farmi concentrare, -Mi sei sembrata lucida, per qualche momento…-
-Ricordo… ricordo solo un parcheggio- dissi, -ho iniziato a vedere tutto distorto… sfocato, come se mi stessero tirando le palpebre verso l’esterno… girava tutto…- riuscii a bofonchiare ancora, prima di immergermi nelle coperte.
-E non ricordi niente... di quello che è successo prima, o dopo?- incalzò, speranzoso in una mia improvvisa ripresa di lucidità.
-No- risposi, scuotendo la testa, -ho come... come un vuoto, non ricordo niente eccetto il fatto di aver riaperto gli occhi poco fa... Che è successo?-
Francesco mi guardò con un sorriso dolce, come se gli avessi fatto tenerezza.
-Ti ho presa in braccio e ti ho portata a casa mia- disse, al che mi venne spontaneo reagire stupita, -non potevo riportarti a casa o i tuoi te l’avrebbero fatte sentire, ricordi?- fece poi, quasi volendo trovare una scappatoia a ciò che aveva fatto.
Rimanemmo in silenzio per un po', il tempo di farmi riacquistare totalmente piena consapevolezza della realtà. Il tempo di far riaffiorare il mio risentimento, le mie debolezze e il mio dolore.
Lo guardai di sbieco:
-Perché sei venuto in quel bar?
Non mutai espressione nemmeno per gli istanti che seguirono, mentre dentro di me sentivo di voler urlare a squarciagola fino a quando non avrei avuto nemmeno più voce per emettere un minimo suono. Frustrata.
-Perché non meriti questo- rispose, dopo alcuni momenti.
-Cosa vuoi saperne tu??- non mi lasciai abbindolare, aumentando la fermezza nella voce, - hai anche il coraggio di fare l'eroe, dopo quello che è successo??-
-Lo so- disse, -hai ragione. Non dovrei essere io a parlare-
Lo fulminai con lo sguardo; uno sguardo freddo come il ghiaccio.
Si avvicinò a me e mi prese delicatamente il viso fra le sue mani:
-Sono stato uno stronzo, non lo nego- mormorò, guardandomi in viso, -Ma credimi, non volevo... non è come pensi...-
Sfuggii dalle sue mani, affranta.
Aspettò un po', forse cercando di capire se l'avessi interrotto ancora.
Mi sfiorai le gambe, scoperte sotto le lenzuola. Solo allora mi passò per la mente un pensiero preoccupante:
-Senti...- mormorai, guardando sulle coperte, -non è il momento opportuno per chiedertelo... ma... posso... posso chiederti come...?-
Lui ebbe una faccia perplessa.
-Mh?- fece, inducendomi a proseguire per spiegare meglio.
-Insomma... ecco, mi hai spogliata tu?- dissi infine, sentendomi sprofondare nell'imbarazzo non appena finii di dire velocemente le ultime parole, ancora gli occhi incollati al lenzuolo.
Riuscii a vedere con la coda dell'occhio che aveva un sorrisetto spontaneo all'angolo delle labbra, ma non rispose. “Dio, ti prego fa che non l'abbia fatto” supplicai.
Alla fine decise di porre fine alla tortura.
-No- rispose, con tono calmo, -non mi permetterei mai-
Lo guardai.
-Ho chiesto un favore a mia sorella, è tornata stamattina presto- continuò. Aveva il tono stanco.
Stamattina presto? Ma che ore erano?
-Che ore sono?- mormorai, un po' stranita.
-Le dieci e un quarto- rispose, dopo aver dato una rapida occhiata all'orologio sul polso. Ma non si soffermò molto a controllare l'orario, come se lo sapesse già orientativamente. Come se l'avesse controllato da poco.
-Da quanto tempo sei sveglio?- chiesi ancora, intuendo cosa fosse realmente successo.
Sorrise, ma non rispose. Rimanemmo un breve momento in silenzio.
-... Sei stato sveglio tutta la notte...vero?- mormorai infine, realizzando tutto.
Non disse niente.
Allentai l'espressione contratta sul mio viso, avendo intuito la risposta.
Era stato sveglio tutta la notte. Per me.
Fu come se il suo gesto mi avesse raddolcito: mi sentii immediatamente meno irata nei suoi confronti. E, improvvisamente, come se la mia rabbia si stesse lentamente sopendo, anche un po' in colpa.
-Non avresti dovuto- mormorai, scuotendo lievemente la testa, -non...-
-Ehi- mi bloccò lui, avvicinandosi, -va tutto bene. Va tutto bene-
Mi guardò negli occhi, con uno sguardo rassicurante.
-E poi sarebbe stato comunque quello che mi meritavo- sussurrò quasi poi, distogliendo lo sguardo.
Lo guardai incerta, perplessa delle sue parole.
-Bianca...- mormorò, tenendosi vicino a me, -non avresti dovuto farlo-
Mi guardò severamente negli occhi, con sguardo fermo.
Abbassai lo sguardo, timorosa. Non poteva dirmi cosa non potevo fare per colpa sua.
-Non farlo mai più. Chiaro?- mi sollevò il mento con la mano, cercando il mio sguardo.
Andava a rimorchiarsi una perfetta sconosciuta e poi pretendeva da me, dopo avermi spezzato il cuore, di non fare niente di stupido che lo riguardasse.
Non alzai gli occhi.
Mi guardò con rammarico in viso, spostando la mano dal mento sulla mia guancia, sfiorandomela con le dita. Lo guardai con tristezza, desiderosa soltanto che la smettesse. Mi tirai indietro.
-Non giocare con me- dissi soltanto, freddamente.
-Non voglio giocare con te- disse, con tono calmo.
Sentii le lacrime pungermi le palpebre.
Rimasi in silenzio, deviando soltanto il suo sguardo e spostandolo intorno per la stanza.
Sentii il calore della sua mano sotto la mia spalla nuda, scoperta come un uccellino indifeso agli artigli del predatore, e mi voltai quasi simultaneamente, con le lacrime agli occhi.
-Perché vuoi farti così male?- mormorò.
Aggrottai le sopracciglia, sforzandomi di non sbattere le palpebre per non far scivolare via le lacrime. Guardai il suo viso maledetto, che mi aveva attratto come una falena con la luna e che mi aveva perseguitata come un'aquila con un passerotto. Mi scesero le lacrime sul viso.
-Devo andarmene da qui- dissi quasi senza voce, facendo per alzarmi dalle coperte.
-No- disse lui con voce ferma, bloccando le coperte con le mani, -tu resti qui. Fino a quando non rispondi alla mia domanda-
Mi stava mettendo sotto pressione, e mi stava anche spaventando.
-Ti prego smettila- scoppiai in lacrime, portandomi una mano sugli occhi, -mi stai facendo paura...!-
Sentivo il suo sguardo su di me, nonostante mi stessi coprendo da lui con la mano.
-Hai ragione...- sussurrò, con voce dolce stavolta, avvicinandosi lentamente, -sono stato aggressivo... non volevo...-
Mi prese fra le braccia con dolcezza, mentre io continuavo a piangere.
-Scusami piccola...- sussurrò accanto al mio viso, -mi dispiace...-
Le sue mani mi scaldavano la vita e la spalla, e mi rifugiai istintivamente accanto a lui.
-Shh...- sussurrò dolcemente, -mi dispiace...-
Si scostò leggermente da me e mi portò una mano al viso, piegando l'indice della mano destra per spazzarmi via le lacrime.
-Non piangere...- mormorò, con voce morbida, -andrà tutto bene. Te lo prometto. Te lo prometto, piccola...-
Lentamente, smisi di singhiozzare, scaldandomi sulla sua spalla.
Mi teneva a sé con delicatezza, quasi fossi stata fatta di cristallo e avesse timore a toccarmi per non farmi rompere; sentivo il suo calore coccolarmi la schiena.
Il suo petto caldo trasmetteva sicurezza e cinta dalle sue braccia mi sentivo istintivamente più rilassata. Rimanemmo così per un po'; quando capì che non mi sarei più ribellata e che l'avrei ascoltato chinò lo sguardo e si scostò piano da me:
-Vogliamo ricominciare? Stavolta con calma, senza prenderci a mazzate, mh?-
Alla sua frase mi venne spontaneo sorridere e lasciarmi andare ad una breve risata, sollevata. Anche lui sembrava meno teso, e mi sorrise dolcemente.
-Mi ha chiamato Margherita, ieri sera- disse lentamente, restandomi vicino, -e mi ha messo al corrente di... una certa cosa. Ma voglio saperlo da te, e non da un portavoce- mi guardò negli occhi.
Mi sentii tremare.
Dovevo ragionare a mente fredda. Ma l'unica cosa fredda che sentivo era il mio cuore. La sua vicinanza in quel momento mi faceva sentire solo più confusa: lo amavo ancora. Sentii la rabbia crescere dentro di me, per me stessa: era questo il problema. Che nonostante mi avesse fatto soffrire e addirittura mi avesse condotto al bancone di un bar non riuscivo ad odiarlo. Avrei dovuto odiarlo, odiarlo a morte, sbattergli la porta in faccia ogni volta che avrebbe tentato di farsi rivedere e non permettergli nemmeno di guardarmi negli occhi. Perché me li aveva già rubati, tempo prima, ma non aveva voluto restituirmeli.
Rimasi in silenzio, guardando il pavimento.
-Perché stavi con quella ragazza?- domandai infine sollevando lo sguardo, quasi perdendo la voce.
-Lei non era niente per me- rispose Francesco in un mormorio, -libera di non credermi. La stavo liquidando-
Sviai lo sguardo prima di riportarlo su di lui, interdetta.
-Hai dei modi di fare piuttosto spinti, mentre liquidi una ragazza che non ti interessa- replicai, puntuta.
-Volevo togliermela di torno. È una cosa... è una cosa che non puoi capire se non sei...-
-Un ragazzo?- lo anticipai, senza smuovermi, -o forse è l'arte del seduttore, quella di baciarsi una ragazza per poi togliersela di torno?-
-Non l'ho baciata- si schermì, serio, -anche perché non sarei mai riuscito a farlo-
Mi guardava con occhi sinceri. E ogni volta che mi perdevo nei suoi occhi capii che stavo tornando nelle sue mani, incline a credergli. E ad amarlo ancora.
-Vuoi farmi credere che sai anche amare?- domandai gelida, sentendomi le lacrime tornare agli occhi. Non erano lacrime di dolore. Erano lacrime di speranza. Speranza e sconforto, insieme.
-Tu credi che sia solo un puttaniere, non è così?- rispose.
Abbassai lo sguardo.
-Non so più cosa sei... non l'ho mai saputo veramente...- dissi, con la voce che mi tremava.
Sentii prendermi ancora il viso sulla sua mano, in modo morbido. Mi guardò per un breve lasso di tempo, quasi a volersi stampare nella memoria il mio viso rigato dalle lacrime.
-Non sono quello che credi- mormorò, -Ti sei fidata di me ieri sera, sai che non c'è nulla di cui aver paura con me-
-Mi ero fidata dall'inizio- ribattei, sollevando lo sguardo, -ma tu hai deciso di giocare con i miei sentimenti. Mi hai trattata come una bambola di pezza, ero solo un giocattolo per te...-
-No- ribatté, -no, non lo eri. Non lo sei mai stata. Ero sincero, e lo sono ancora-
-Anche quando mi hai spezzato il cuore eri sincero?- replicai, cercando di ricacciare dentro le lacrime con rabbia.
Mi scostò i capelli dietro l'orecchio, guardandomi con amarezza.
-Mi dispiace...- sussurrò.
Scostai via il viso, respirando intensamente per non permettere alle lacrime di scendermi sul volto ed evitai di incrociare ancora il suo sguardo, affranta.
Ma lui mi riportò il viso davanti a sé, senza vacillare nello sguardo.
-È questo quello che vuoi nascondermi? Il tuo viso?- fece, assumendo un tono calmo e rassicurante nonostante l'intensità delle parole.
Chiusi gli occhi e provai a scostarmi via, ma la sua mano me lo impediva:
-Guardami Bianca. Guardami- disse, con voce ferma.
Con le sopracciglia aggrottate e le palpebre chiuse, mi sforzai di non dischiudere la bocca in un sospiro di dolore, pronta a lasciare che il pianto mi portasse ancora con sé.
-Non piangere...- sussurrò, con voce morbida, -non devi... Guardami...-
Le sue parole rassicuranti mi indussero a dischiudere leggermente le palpebre; Francesco mi guardava, con un'espressione... rassicurante. Come quando si assume un tono carezzevole con i bambini quando si sbucciano un ginocchio e non riescono a smettere di piangere, quei modi di fare sicuri e protettivi che ti infondono sicurezza, così era il suo viso, su cui era dipinta un'espressione ferma ma dolce allo stesso tempo, gli occhi che sembravano socchiudersi leggermente in una maschera di meravigliosa maturità.
-So che è per causa mia- continuò, senza staccare lo sguardo, -e devo assumermi le mie responsabilità-
-Quali responsabilità?- mormorai, con sguardo perplesso. Responsabilità? Ma che aveva fatto, era corso a 180 all'ora davanti all'Autovelox??
Scosse la testa abbassando lo sguardo, come per scollarsi un peso da dosso.
Mi sfuggì un sorrisetto.
-Che fine ha fatto il seduttore della scuola?- dissi, ironica.
Sorrise.
-Non se n'è mai andato- rispose stando al gioco, -ma ha capito che non può lasciare che una ragazza si ubriachi per colpa sua. Specialmente se... tiene a quella ragazza- rivelò infine.
Sgranai istintivamente gli occhi.
-Bianca- mormorò, accostandosi al mio viso, -da quando ti ho vista la prima volta ho capito che non sei fatta per farti mettere i piedi in testa- sostò un momento dal continuare, spostando lo sguardo sul mio viso; abbozzò un sorriso all'angolo destro delle labbra:
-Permettimelo di dire, hai le palle- fece scherzoso.
Sorrisi, e in quel momento nessun'altra frase avrebbe potuto eguagliare lo svolazzare incessante delle farfalle che mi vibravano nello stomaco, nemmeno se fosse stata romantica e sdolcinata come nei film, dove tutto è perfetto.
-Però...- mormorò poi, guardandomi con dolcezza, -hai bisogno di qualcuno accanto a te...-
Si fece più vicino, portandomi delicatamente l'indice sotto il mento, -qualcuno che possa proteggerti... Sei così spaventata...-
-Ti faccio compassione?- chiesi, mettendo alla prova la verità delle sue parole.
-La compassione è per chi è troppo oppresso dalla vita da non saper reagire. Tu invece reagisci, non ti fai mettere in testa i piedi da nessuno. E non sai quanto ti rendi attraente-
L'aveva detto così, all'improvviso. Sentii l'imbarazzo avvamparmi sul viso.
Distolsi lo sguardo dal suo viso, per non mostrargli la mia faccia presa alla sprovvista.
Francesco sorrise.
Dio, il suo sorriso. Sentivo sciogliermi ogni volta che vedevo le sue labbra sorridere e i suoi occhi ridere con esse. Era meraviglioso.
Mi ritrovai a guardare le sue labbra prima che potessi accorgermene.
-Non dire niente- disse, abbassando lo sguardo sulle mie labbra e sul mio corpo.
Lo guardai in viso e gli diedi un sorriso, un sorriso che era tutto per lui.
-Da quando ti ho vista arrivare in corridoio giorni fa... Credimi, non ho fatto altro che pensare a te, quella notte... Non sai quanto ti ho desiderato...-
La sua voce non suonava perversa. Sembrava quasi dolce. Una dolcezza che avrebbe eguagliato allo stesso modo un tono sensuale e suadente. Da una parte ero già persa nella sua voce, dall'altra ero ancora restia a tirarmi indietro. Non ero sicura di ciò che stava facendo. Chi gli impediva di fare il doppiogioco solo per avermi?
Aggrottai lievemente le sopracciglia.
-Sicuro che non sia solo...
-Sesso?- sorrise; ero quasi paonazza per l'imbarazzo, ci avrei scommesso. Sentirlo dire da lui faceva un certo effetto. Ma lui non mutò espressione.
-Se fosse così me ne sarei già andato in uno strip club o qualcosa del genere tempo fa... Io voglio te, Bianca- mi guardò negli occhi, - e so solo che non riuscire più a toccare nessun altro corpo e nessun altre labbra di qualsiasi altra ragazza, pensando a te-
Pose una mano accanto al mio orecchio, guardandomi con dolcezza.
-Credi che sia ancora un puttaniere, per te?- disse, continuando a guardarmi intensamente.
Feci un mezzo sorriso come per negare la sua affermazione e mi portai sulle sue labbra, chiudendo gli occhi nel momento in cui toccai la sua carne. Francesco mi tenne il viso sulla sua mano, con un gesto morbido e fermo allo stesso tempo. Il bacio che suggellava ogni parola detta fino ad allora; un bacio dolce, morbido. Niente a che vedere con la passione con cui mi aveva baciata la prima volta, colma di desiderio e sensualità. Quello era amore.
Si staccò dalle mie labbra lentamente, e sentii il suono della sua bocca che schioccava leggermente, quasi a volermi ricordare che pochi momenti prima ero persa sulle sue labbra. Lo guardai, sentendo come un fiume in piena la felicità scorrere nelle mie vene, e gli sorrisi di nuovo. Lui ricambiò il sorriso, per poi tornare a baciarmi con più tatto, portandomi una mano sulla vita e l'altra oltre il collo, inducendomi a stendermi dietro di me. Gli sfiorai il volto, accarezzandogli con le dita i capelli accanto all'orecchio, lasciandomi andare ad un altro sorriso quando si portò dalle mie labbra al lato della bocca, risalendo lungo la guancia lasciandomi un tratto di baci. Mi guardò ancora, facendo sorridere anche gli occhi. Gli accarezzai lievemente la spalla e la scapola.
Si accostò con il naso accanto al mio, senza staccare lo sguardo.
La punta delle mie dita si spostò sui suoi capelli, mentre gli sorridevo ancora.
Amore.
Ormai ne ero sicura. Non voleva il mio corpo solo perché ne era attratto; voleva anche ciò che il corpo nascondeva, voleva le emozioni che mi scorrevano nelle vene, voleva sentire l'incalzante battere del mio cuore quando vedevo il suo viso. E quella era forse la cosa più bella che avessi mai provato da quando avevo visto i suoi occhi e mi ci ero persa dentro.
Dopo avermi guardata per qualche istante Francesco riprese a baciarmi con dolcezza, lentamente, e sentii un brivido pervadermi dalla vita in giù; si portò sulle mie spalle, scendendo poco sopra i seni, stavolta dando alle labbra un trasporto più caldo e passionale, desideroso.
Il movimento sensuale della sua bocca mi rapì fin dentro le ossa.
Fece risalire desideroso una mano lungo la mia coscia, insinuandosi nelle coperte, tornando ad incollare le labbra sulle mie; la sua bocca si stava già spostando a lato del mio collo.
Le mie mani gli stavano già cingendo le spalle, sopraffatta dal piacere.
-Francesco...- sussurrai, presa da un calore incontrollabile.
-Sì...- sussurrò quasi senza voce, in una maniera tremendamente eccitante.
I suoi occhi, con quello sguardo incorniciato dalle sue sopracciglia mi fecero morire dentro di me.
Avrei potuto fargli qualsiasi cosa, in quel momento.
Letteralmente.
Potevo, in qualsiasi momento avessi voluto.
Mi scostai dalle coperte e feci per raggiungerlo a carponi, senza smettere di guardarlo con desiderio.
-Sei... sei così tremendamente eccitante- mi lasciai sfuggire, iniziando a perdere lucidità della mente.
Sorrise affabilmente, spostando lo sguardo sul mio corpo coperto solo da una misera canotta e dalle mutandine.
-Vieni allora...- sussurrò sensualmente, facendomi definitivamente perdere il controllo.
Il suo respiro caldo mi rapiva i sensi e realizzai di essere a pochi millimetri dalla sua bocca.
Mi cinse la vita con le mani, lasciando che mi mettessi a carponi su di lui, distendendosi sul letto.
Guardava con impazienza il mio corpo, mentre iniziava a far scivolare le mani sui miei glutei.
Fece per mordermi le labbra con desiderio quando lo fermai, ponendogli una mano sul petto.
-Ma voglio essere sicura di quello che faccio- ripresi con fatica la realtà in mano, al che lui si arrestò. Mi portai via dal suo corpo:
-Non so come tu abbia fatto a parlare con Margherita- dissi, -ma sappi che quello che ti ha detto era la verità. Io... voglio quello che vuoi tu- continuai, -ma non so se sia realmente quello che voglio-
-Che vuoi dire? Bianca, smettiamola con questa farsa... sappiamo entrambi cosa vogliamo- ribatté.
-Ti ho dato una seconda occasione. Ora tu dalla a me- feci.
Mi guardò, confuso. Stavamo quasi per fare l'amore e adesso chiedevo di ritirarmi per pensare. Dio, come sono strane le ragazze... stava sicuramente pensando. E non potevo che dargli ragione.
Ma avevo bisogno di capire. Capire se davvero era quello che dava a credere. O se stesse ancora fingendo. Ero sicura delle sue intenzioni, ma volevo metterlo alla prova un'ultima volta. Noi donne abbiamo bisogno di certezze, per lasciarci andare completamente. Non chiediamo altro che certezze, poi possiamo donarci con tutto il cuore. E io volevo donarmi a lui più di ogni altra cosa al mondo.
-D'accordo...- fece a bassa voce, senza perdere il suo tono passionale; si accostò al mio viso, quasi a volermi tentare ancora, -un momento per riflettere, uhm?-
-Smettila- lo rimbeccai, -perché potresti dissolvere anche le speranze che hai...- portai maliziosamente le labbra accanto al suo orecchio, per aumentare il suo desiderio.
-Allora consolidiamo queste speranze- fece, ma capii con soddisfazione dal suo tono destabilizzato che stava bruciando di passione per il mio gesto, -sai dove trovarmi- sussurrò sensualmente, guardandomi con quello sguardo da seduttore tremendamente sexy.
Feci un mezzo sorriso e mi rialzai dal letto, dirigendomi maliziosamente verso il bagno come se niente fosse.


-Dove sei stata??- fu la domanda lapidaria di mia madre, non appena misi piede sulla soglia di casa.
Era circa mezzogiorno della domenica mattina, non esattamente l'orario di tornare a casa.
Mi limitai ad alzare gli occhi al cielo.
-Te l'ho già detto- risposi con naturalezza, -ieri sera...
-Ieri sera sei andata via dicendo che dovevi andare da Carlotta, ti ho aspettato tutta la sera ma stanotte non ti seri ripresentata a casa! Ma a chi vuoi prendere in giro, Bianca?? Che cosa dovevi fare??- alzò il tono, senza quietarsi.
-Era una cosa seria- mi difesi, -e mi ha invitata a restare da lei. Si tratta di Luca... quel deficiente la sta facendo soffrire ancora. E non le andava di passare la notte da sola. Scusami se non ti ho avvisata che non sarei tornata, ma è successo tutto così in fretta. Non ne ho avuto il tempo. Mi spiace-
Sperai che credesse al mio tono abbattuto.
Mi guardò con cipiglio severo e poi indicò dietro di sé.
-Entra- disse freddamente, -e che non succeda mai più. La prossima volta che vuoi fare la piccola psicologa con le tue amiche avvisa il capo reparto che non torni a casa, è chiaro?-
Era andata bene, almeno.
Mi diressi in fondo al corridoio, per scapparmene finalmente in camera mia.
-A proposito, quei vestiti da dove saltano fuori?- la sentii dire, dall'altra parte.
-Sono di Carlotta- mi limitai a dire.
Sì. Carlotta.
Ero sgattaiolata via da casa di Francesco prendendo in prestito un jeans e una maglietta della sorella, dato che non potevo camminare per strada come se niente fosse con un vestitino da sera in pieno giorno. Fortuna che avesse una sorella, altrimenti ci sarebbero stati più di due inconvenienti.
A partire dal fatto che mi aveva spogliata.
Sentii avvamparmi il viso al solo pensiero che, non fosse stato per lei, avrebbe potuto farlo Francesco. Al solo pensiero che avrei potuto avere il suo corpo, le sue labbra e i suoi occhi guardarmi con quello sguardo meraviglioso che aveva mi sentii morire. Lo desideravo, Dio se lo desideravo. E adesso avevo la certezza che mi desiderava anche lui. Ma non volevo dargli l'impressione che ero caduta fra le sue braccia solo perché aveva un corpo desiderabile. Io lo amavo. Era diverso. Se ci fossi andata a letto sarebbe stato solo per amore.
Cosa che avrei realizzato molto presto.

 

 

 

Un doveroso grazie è per tutte voi ragazze che avete recensito i capitoli; vi ringrazio davvero siete dolcissime, mi avete detto delle cose meravigliose :)
Spero di non deludervi con i prossimi capitoli... un bacio a tutte e a chi segue questa storia
_Char

  
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