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Autore: shellby    22/04/2013    3 recensioni
Raccolta di episodi inventati -o per meglio dire campati in aria- ed introspezioni sui fratelli Uchiha, soprattutto su Itachi (L'Itachi XD)
Il genere è vario, può andare dal fluff all'angst, quindi aspettatevi di tutto se decidete di leggerla. Inoltre lo stile cambia molto dall'inizio alla fine, io vi avvisai nel caso non vi potesse piacere.
Enjoy, if possible!
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fugaku Uchiha, Itachi, Mikoto Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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II.Collana

Le grida, il rumore delle spade affilate che si scontravano, il tonfo dei corpi feriti e boccheggianti che cadevano e morivano, i rantoli di dolore di chi era sopravvissuto ma si trascinava a fatica avanti, i pianti di chi non poteva più tornare indietro risuonavano nelle sue orecchie con una tale intensità da fargli credere che le sue orecchie – ed il suo cuore – non avrebbero più retto.
In quel caos infernale Itachi riconobbe però chiaramente una faccia, il volto di un ninja, un Uchiha come lui. Era un uomo gioviale che aveva chiacchierato volentieri con lui al villaggio, un amico del padre. Non ricordava esattamente il suo nome in quel frangente, ma solo che era una figura alta, con dei lineamenti gentili sul volto, i capelli leggermente mossi e gli occhi vispi e del nero caratteristico del loro clan.
L'unico altro dettaglio che riusciva a venirgli in mente era una collana che aveva portato con sé prima di partire. Un regalo per la moglie, gli aveva sussurrato ad un certo punto mentre correvano verso il campo di battaglia sorridendogli con un'espressione dolce, la stessa che neanche la morte era riuscita a strappargli.
Vagando infatti per quella landa desolata, ricolma soltanto di cadaveri dopo che la furia mostruosa della guerra aveva spazzato via tutto, qualcuno aveva richiamato la sua attenzione. Era sdraiato pancia a terra, con innumerevoli shuriken e kunai conficcati nella schiena, coperta dalla divisa ormai piena di sangue.
Si era affrettato a raggiungerlo, chinandosi davanti a lui e chiedendogli delle sue condizioni.
Aveva però capito da solo che le sue possibilità di sopravvivenza erano nulle, convinzione che era stata confermata dal cenno di testa negativo dell'uomo.
«Hanno colpito la colonna vertebrale, le mie gambe sono paralizzate» sussurrò lui con una fatica immane, sentendo la sua coscienza venire a poco a poco risucchiata nel buio.
Itachi chiuse per un attimo gli occhi, oscurando quella triste, orrida visione.
Sapeva che niente sarebbe cambiato dopo averli riaperti. Lo sapeva, eppure pregò che invece accadesse un miracolo una volta che la luce avrebbe riflesso l'immagine dell'uomo davanti a lui nei suoi occhi.
«Posso...» riprese l'uomo respirando affannosamente e portando il braccio destro in avanti, «Posso chiederti... un favore...?».
Riaprì gli occhi neri come la pece, richiamato dalla sua voce flebile. Con le lacrime che già scendevano giù per il viso, acconsentì in un soffio.
«Potresti...» un colpo di tosse troncò la sua frase a metà, facendogli sputare sangue.
Itachi si piegò ancora di più per sentire anche solo il minimo sospiro, continuando a piangere in silenzio, la vista offuscata dalle gocce d'acqua salata.
Il silenzio riempì l'aria, creando un'angoscia opprimente.
«... dare questa... a mia moglie?» finì lui tempo dopo, aprendo il suo pugno per lasciar cadere sulle dita del bambino quella collana con tre piccoli anelli che gli aveva visto indosso in precedenza.
La sua mano tremò nel separarsi da quell'oggetto, così come le sue labbra. E, nonostante il fatto che stesse morendo tra atroci sofferenze, sorrise.
«Puoi anche dirle...» articolò per l'ultima volta, gli occhi ormai grigi che si chiudevano adagio «... che io...».
Le parole furon portate via dalla morte, che sopraggiunse proprio in quel momento a prenderlo.
Itachi però aveva compreso cosa aveva voluto dire il morente.
Lo aveva capito dal suo sguardo sereno, dal modo in cui aveva proteso la mano, come se andasse in cerca di qualcuno, dal tono di voce, appena udibile, ma infinitamente dolce, un po' tremolante per l'emozione.
Raccolse con lentezza la collana, fissandola a lungo, per poi stringerla nel suo pugno, mentre la pioggia cominciava a scendere.
L'altra mano andò a posarsi sugli occhi ancora semi aperti del ninja. Li chiuse, e finalmente, dopo tanto indugiare, si allontanò.

Una volta tornato al villaggio, il che successe due giorni dopo, quando tutti i superstiti furono riportati nel modo più veloce e sicuro possibile al quartiere Uchiha, andò a cercare quella persona.
Sapeva bene la strada per casa sua, ci era stato un paio di volte insieme ai suoi genitori.

La trovò sulla soglia, probabilmente in attesa che il marito tornasse da lei spuntando improvvisamente da un vicolo e salutandola con quel suo fare gioioso. Capelli lisci lunghi fino alle spalle, occhi scuri ma vivaci, un vestito estivo indaco fino alle ginocchia. Un'espressione di speranza.
Ma invece del suo uomo vide solo un piccolo bambino di 4 anni, che si avvicinò con estrema lentezza a lei. Quando lei mise bene a fuoco il suo volto, si ricordò immediatamente di lui.
«Itachi-kun?» tentennò la signora Shizuka avvicinandosi sicura.
Lui si fermò ed annuì, salutandola mestamente. Strinse i pugni mentre cercava di parlare, ma non ci riuscì. Aprì e chiuse la bocca tante volte, ma ne uscì solo un straziante silenzio.
La giovane ed appena sposata Uchiha fu assalita dall'ansia.
«Itachi-kun... ma... mio marito?»
Alle sue parole, vide gli occhi di quel bambino assottigliarsi in un'espressione addolorata, fissati su qualcosa di indefinito per terra.
Poi lui alzò la mano sinistra, afferrò una delle sue e con l'altra fece scorrere il filo d'argento nel suo palmo.
La donna sgranò gli occhi, passando le dita sui tre piccoli anelli di metallo analizzandone la fattura.
«Questa...?» pronunciò con un soffio, guardando confusa ed al contempo spaventata il piccolo davanti a sé.
«Un regalo» disse, senza trovare la forza di alzare la testa per guardarla negli occhi.
«Un regalo d'addio» ripeté, notando che lei non aveva colto il senso della sua frase.
La vedova intese subito ciò che voleva insinuare Itachi.
«È vero dunque...» disse piano, mentre le lacrime le salivano rapidamente agli occhi.
Cercò  di trattenersi, di mantenere un contegno, portandosi invano le mani sulla faccia in un gesto protettivo verso sé stessa.
«Mi ha anche chiesto di dirle...» riprese poi con un filo di voce sentendola singhiozzare a tratti, «... che l'ha sempre amata e la amerà per sempre».
Lei a quel punto lo guardò con le lacrime agli occhi, cadde in ginocchio e, abbracciandolo, scoppiò a piangere di un pianto straziante, stringendo la collana con una tale forza che se fosse stata acuminata le avrebbe perforato la pelle. Itachi non poté far altro che ricambiare il gesto.
Le stette vicino per molto tempo, finché lei non si riprese un attimo dalla sua disperazione. La accompagnò in casa, facendola sedere nella cucina spaziosa e ben illuminata, e quindi si recò a casa dei suoi genitori per avvisarli di andare subitaneamente a visitare la figlia.
Non ritornò più in quella casa, se non per il funerale, ma in realtà non abbandonò mai quella signora, né con lo sguardo e né col cuore.
Alcune volte si ritrovava a passeggiare nelle vie che portavano a casa sua, dove la si vedeva spesso passare per andare a fare la spesa al mercato. La seguiva con gli occhi, giudicando ogni suo movimento, ogni espressione che le si dipingeva in volto quando parlava qualcuno, ed anche quando era sola ai suoi pensieri. Spesso lo sguardo finiva sulla collana che aveva allacciata al collo, portata con dolore ed al contempo con orgoglio, per poi distoglierlo subito dopo.

Non parlò con nessuno di quei ricordi, nemmeno col padre o con Shisui, il quale, dopo averlo beccato due volte piangere da solo in un luogo appartato, aveva intuito qualcosa ma aveva preferito aspettare che fosse l'amico a prender parola, liberamente, quando e dove avesse voluto lui.
Ma aspettò per nulla, perché gli anni passarono, il paesaggio rinnovò di continuo il suo aspetto, le persone crebbero ed il bambino di 4 anni diventò di colpo un adulto, con missioni, responsabilità, preoccupazioni. Ed infine giunse anche il fatidico giorno dello sterminio.
Quella notte, Itachi si era preparato mentalmente per compiere la sua missione senza fallo, ma nonostante ciò, il cuore vacillò nel suo petto quando varcò la soglia di quell'abitazione.
Entrando, vi trovò la signora Shizuka seduta sulla stessa sedia di quel giorno lontano, con una foto incorniciata del marito in mano ed una candela appoggiata in mezzo al tavolo ad illuminare la stanza.
Era l'anniversario della morte di Daiki-san, realizzò lui assistendo a quella scena.
Si avvicinò dunque senza il minimo rumore, notando non appena le fu dietro che la donna teneva fra le dita una collana che in quel momento brillava intensamente alla luce della luna. La collana che il marito, quella che l'ormai morto coniuge le avrebbe voluto regalare di persona, ma che in realtà fu lui stesso a recapitarle.
Serrò gli occhi per l'ultima volta di fronte a loro, stringendo forte il manico della sua spada, e dunque procedette trafiggendole il petto.
Un tremito lo scosse forte, e la voglia di piangere lo invase con una violenza inaudita.
Le parole dell'uomo gli ritornarono in mente, invadendola prepotentemente, mentre la guardava cadere e sentiva il suono della collana sbattere contro il duro pavimento.
Puoi anche dirle... che io...
Si voltò, lanciando un ultimo sguardo verso la figura esanime della donna, ed uscì rapidamente da quel posto. Non lasciò il minimo spazio ai suoi sentimenti, che altrimenti sarebbero esplosi dentro di lui travolgendolo come un fiume in piena.
«E tu, tu potresti dire al mio fratellino che io lo amerò per sempre?» sussurrò apparentemente al vuoto, sicuro però che il diretto interessato stesse ascoltando, da qualche parte sopra di lui, sebbene non avrebbe mai potuto dargli la risposta che aspettava.
Sorrise amaramente e continuò a correre, portandosi dietro la consapevolezza dell'ennesima vita infranta.
Qualche anno dopo, Itachi si trovò ad essere a Konoha sotto mentite spoglie.
Aveva fatto le sue scelte, giuste o meno che fossero, ed era andato avanti.
A fatica, trascinandosi, consumato dalla malattia, era andato avanti.
Quel giorno però fece un incontro inaspettato per le strade del mercato.
No, non si imbatté in una vecchia conoscenza, ma con la coda dell'occhio scorse un oggetto scintillante al sole, che quel giorno brillava intenso nel cielo azzurro e terso.
Gli sembrò vagamente famigliare, così voltò il capo in sua direzione, e spalancò impercettibilmente gli occhi.
Si avvicinò alla bancarella dove la collana affidatagli tantissimi anni prima da un consanguineo morente giaceva riposta con estrema cura su un tessuto di stoffa rossa.
“Non può essere” pensò lui sorpreso nel profondo, sebbene il suo volto non mostrasse che una minima parte del suo sbalordimento.
Guardò il prezzo, una cifra esorbitante, che però non esito a sborsare.
Non avrebbe mai immaginato che avrebbero rubato quel cimelio, quell'effetto personale così caro ad una persona, morta oltretutto, per rivenderla chissà dove.
Si chiese inoltre perché, dopo tanto tempo, fosse ancora senza proprietario, dato il suo notevole valore.
"Daiki-san..."
Non volendo che cadesse ancora in mani sconsiderate, del tutto ignare del vero significato esistenziale di quel gioiello, lo prese con sé, e dopo averlo fatto, gli venne spontaneo guardare verso il cielo.
Dapprima la luce lo accecò, cosicché non vide niente, però gli sembrò di poter ancora udire quelle parole sussurrategli dal ninja morente nelle orecchia, e di percepire nel sole il calore di quel sorriso dolce e malinconico comparso sulle sue labbra prima di spengersi per sempre.
Se la allacciò al collo e dunque si voltò per continuare il suo cammino nel più totale silenzio, confortato e dal contempo crucciato dai suoi stessi ricordi.
Dall'alto, i coniugi Uchiha lo guardavano con un misto di tenerezza e malinconia, tenendosi per mano in una dimostrazione di immortale amore.
Si allontanarono senza fretta dal bordo del cielo e ritornarono verso i loro parenti, amici, fratelli, congiunti a vivere la loro vita ultraterrena in pace.
L'unica cosa che li legava ancora al mondo terreno era ormai in mani sicure, e loro non avrebbero dovuto fare altro che buttare un occhio sul suo portatore di tanto in tanto, giusto per assicurarsi che stesse bene e se la cavasse in qualche modo, certi che alla fine ce l'avrebbe fatta.


Note dell'autrice:
Come al solito il mio orario è off, sempre per il rotto della cuffia XD
Chiedo scusa a chiunque stia leggendo questo capitolo... è veramente angst, Itachi centric, sebbene alla fine io abbia cercato di aprire uno spiraglio... Non so se ci son riuscita XD
Visto che non c'era nessun riferimento alla collana di Itachi nel manga, ne ho preso spunto per scrivere qualcosa... Purtroppo è così che me lo immagino, anche perché Itachi difficilmente avrebbe comprato di sua spontanea volontà qualcosa per sé (questo è il mio pensiero, poi non so XD). Inoltre il signor Daiki funge un po' da "modello" al giovanissimo Itachi, che già a 4 anni ha sperimentato la guerra e di sicuro ha avuto un pessimo contraccolpo.
Grazie comunque a tutti coloro che hanno letto fino alla fine!
Inoltre un ringraziamento speciale va alle 4 persone che hanno recensito il capitolo precedente.
Thank you!


 
  
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