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Autore: MedusaNoir    23/04/2013    3 recensioni
A Roma Giovanni e Matteo gestiscono un negozio di fumetti, ma sono anche soci di un'associazione ludica dove spesso alcuni ragazzi dell'Eur si ritrovano per giocare di ruolo. Marta, goffa e testarda, cerca di seguire più serie tv possibili, finendo così per pensare per citazioni; Leonardo è timido, ma gli basta parlare di "Game of Thrones" per dimenticare di avere davanti un'altra persona; Stefania, ventun'anni, è la più piccola del gruppo e cerca di mascherare con un atteggiamento scostante l'insicurezza che deriva dall'avere un corpo massiccio e troppo lontano dai canoni della bellezza; Roberto è manipolatore e detesta essere battuto, che si tratti di giochi da tavola o di scommesse.
Tra feste nel negozio di fumetti, giochi e vacanze di ruolo - ma senza dimenticare la vita universitaria o domestica che scorre intorno ai protagonisti, divorzi, esami e amori inaspettati - i sei ragazzi si troveranno ad affrontare le loro paure e, chissà, forse anche a superarle.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dobbiamo ampliare la nostra cerchia di conoscenze




Lasciare una campagna era sempre stato difficile per Leonardo – che non era mai riuscito a terminarne una, a causa degli impegni che gli altri partecipanti usavano come scuse – però, per la prima volta in otto anni, non gli dispiacque la notizia che il gruppo del martedì sera si sarebbe sciolto. Se non importava a lui, figurarsi ai suoi compagni, che nel gruppo Facebook risposero al lungo avviso di Matteo sulle motivazioni che avevano portato alla fine della campagna con un semplice e sbrigativo: “Meglio, stasera avevo una partita di calcetto. Qualcuno di voi vuole venire?”

Il Matteo che Leonardo conosceva si sarebbe arrabbiato ed era così che credeva di trovarlo ancora, quando arrivò alla sede dell’associazione ludica, ma inaspettatamente il suo game master era raggiante, tanto entusiasta per l’inizio della nuova avventura da avere perdonato in soli tre giorni l’indifferenza dei giocatori precedenti.

«Ciao» lo salutò non appena ebbe varcato la soglia: com’era prevedibile, lui e Matteo erano stati i primi ad arrivare.

«Ehi, Leo!»

Una pacca sulla spalla – così poco da Matteo – e il continuo gesticolare del game master fecero capire a Leonardo che probabilmente l’indifferenza totale riguardo la chiusura della campagna non lo aveva neppure sfiorato. Lo vide chino su alcune schede, poi gliene passò una.

«Vi ho chiesto di venire presto così possiamo cominciare subito a giocare, dopo aver preparato le schede» gli disse. «Sai già che personaggio interpretare?»

Era una domanda retorica. Leonardo sorrise e afferrò il foglio, la matita già pronta in mano.

Elfo mago, scrisse immediatamente.

In molti gli avevano fatto notare che giocare lo stesso personaggio lo faceva apparire un power-player, ma a Leonardo non interessava: gli elfi erano potenti e serviva sempre un mago in una compagnia di avventurieri. E anche un barbaro, ma lui sperava che ci avrebbe pensato qualcun altro.

A Leonardo piaceva tenersi al sicuro, lontano dalla mischia, lanciando magie e creando elementali; inoltre giocare da anni la stessa classe gli aveva fatto apprendere ormai ogni singolo incantesimo, evitandogli di consultare in continuazione il suo manuale, che comunque portava sempre con sé.

«Come pensi di chiamarlo?» gli chiese Matteo, dopo che Leonardo ebbe distribuito i punti. Il 20 in Intelligenza troneggiava sulle altre caratteristiche, soprattutto sul 9 in Forza.

«Jerle.»

«Shannara?»

«Esattamente.»

«Voli basso come al solito!»

A parlare era stato Roberto, apparso sulla soglia della stanza con il consueto sorriso beffardo sul volto. Un paio di occhiali da sole celava i suoi occhi verdi.

«Sono le otto e mezza, come puoi andare in giro così?»

Roberto si tolse gli occhiali e ammiccò a Leonardo. «Sono stato in giro tutto il giorno, perdonami.»

«Il tempo non è stato tanto bello da indossare gli occhiali da sole.»

«E avrei dovuto mostrare i miei occhi? Impossibile, non sarei riuscito a venire stasera, contornato da ragazze adulanti.»

Leonardo non riusciva a capire se Roberto gli piacesse o meno. Di certo non era un ragazzo comune, riusciva anche a essere simpatico e la sera della festa lo aveva incoraggiato ad avvicinarsi alla pazza, però gli bastava davvero poco per rendersi insopportabile ai suoi occhi: quell’atteggiamento di uomo di mondo era tanto prevedibile in un bel ragazzo di venticinque anni da ricordare a Leonardo le enormi differenze tra di loro.

«Elfo mago, non mi dire!» esclamò Roberto, scrutando oltre le sue spalle.

«Preferirei che non facciate tutti gli elfi,» disse Matteo, porgendo una scheda anche a lui, «l’ambientazione richiede soprattutto umani.»

«D’accordo, farò l’umano» si arrese Roberto. «Non che avessi intenzione di crearmi un elfo, non è proprio il mio genere. Ed è effemminato

«Non è vero» protestò Leonardo.

«E allora perché saresti arrossito?»

No, Roberto non riusciva proprio a piacergli del tutto.

«Uhm, vediamo… Un personaggio alla ricerca di gloria e onori… Paladino? Naaa, non mi piace fare il Legale Buono, preferisco un allineamento Neutrale… Ma sì, mi faccio un guerriero!»

«Ci serve un barbaro.»

Leonardo aveva sperato che fosse lui a farlo. Non sapeva in quanti sarebbero stati, ma era essenziale avere un barbaro nel gruppo – oltre a un chierico pronto a curare le ferite e a un ladro per disattivare le trappole e scassinare le serrature. I guerrieri potevano attendere, anche se forti.

«Ce l’abbiamo, un barbaro.» Roberto gli rivolse un sorriso compiaciuto, che Leonardo non riuscì a comprendere.

«A chi ti riferisci? Marta

«Marta fa il ladro» si inserì nella conversazione Matteo.

«Giovanni?»

«Non verrà.»

«E chi…?»

«Uh,» lo interruppe Roberto, «ecco la risposta che cammina soavemente verso di noi.»

Leonardo si voltò e fu costretto a sgranare gli occhi. Davanti a lui, nel cortile che precedeva l’ingresso all’associazione, Marta si avvicinava a passo svelto, reggendo una borsa a tracolla di Star Trek che minacciava di scivolarle dalla spalla; salutò i suoi futuri compagni d’avventura, ma Leonardo era concentrato sulla ragazza dietro di lei, che sembrava non averlo ancora visto. Roberto gli diede una gomitata nello stomaco.

«Marta! Come stai?» Si mosse subito verso la ragazza e l’abbracciò. Leonardo notò che quel gesto fu inaspettato per lei.

«Bene, grazie. Ciao, ragazzi! Ho portato un’amica, alcuni di voi la conoscono già.»

Fu a quel punto che Stefania si accorse della presenza di Leonardo. Probabilmente si sarebbe limitata a fulminarlo con lo sguardo – come se lui avesse qualche colpa, era stato lei ad aggredirlo! – ma il ragazzo si lasciò fuggire un: «Tu!»

«Rettifico: tutti.»

«Che cavolo ci fai qui?» gli chiese Stefania, invece di salutarlo.

«Ecco il barbaro che cercavi» disse Roberto. «Ehi, bellezza, come stai?»

Ma Leonardo, ferito nell’orgoglio per quel tentativo di approccio che gli era costato così tanto, parlò sopra di lui.

«Questa è la mia associazione ludica» rispose, tenendo il mento alzato nella speranza di sembrare più alto.

«L’hai fondata tu?»

Quella domanda lo colse di sorpresa. «Beh, no… ma…»

«Allora non è tua.» Senza aggiungere altro, Stefania si sedette e afferrò una scheda vuota.

«Ehm… Qualcuno ha bisogno di aiuto?» chiese Matteo, nel disperato ed evidente tentativo di placare gli animi e mantenere l’euforia della nuova campagna.

«Sì,» si fece immediatamente avanti Marta, «ho provato a fare la scheda da sola, ma non sono sicura di…»

«Ti aiuto io» la interruppe Roberto.

«Ah… Va bene, grazie.»

Leonardo si tolse il giacchetto e lo posò sulla sedia più distante da Stefania, anche se in tal modo era costretto a starle di fronte. La bella serata minacciava presto di rivelarsi un fallimento.

 

 

Marta aveva sperato che l’espressione raggiante di Matteo di qualche sera prima, alla festa, fosse riservata a lei e solo a lei. O che perlomeno ne fosse la causa. Invece Lui non aveva fatto altro che rivolgere sorrisi ebeti a tutti i clienti del Vecchio Mangaka e sospirare davanti agli scaffali; il lato positivo di quella piccola delusione era stato finalmente l’inizio di una nuova campagna che rappresentava la possibilità di vederlo con certezza almeno una volta a settimana.

Si erano conosciuti un anno prima, in quella stessa stanza tappezzata di poster dedicati a D&D e di giochi da tavola impilati uno sopra l’altro. Dopo che la campagna giocata con Stefania si era interrotta, Marta aveva scoperto l’esistenza di quella associazione ludica, Il Sotterraneo del Drow, e si era presentata lì carica di speranze e aspettative; ad attenderla, però, era stato un gruppo di dodicenni impegnati in un torneo di Yu-Gi-Oh! e l’eccessivo chiasso l’aveva convinta ad andare via. Stava per mettere un piedi fuori dalla porta quando qualcuno le aveva posato una mano sulla spalla, facendola sussultare.

«Ehi» le aveva detto. «Abbiamo già mangiato.»

Battuta pessima, aveva pensato Marta, ma forse il suo interlocutore non aveva avuto tempo di pensarne un’altra, troppo impegnato a fermare una delle poche ragazze che si vedevano da quelle parti. Parlando con lui aveva scoperto che si chiamava Giovanni, che gestiva un negozio di fumetti poco lontano da lì e che l’età media degli iscritti all’associazione si alzava la sera, quando cessavano le lezioni all’università e il giorno seguente si poteva mettere la sveglia alle dieci.

«Oggi non posso allontanarmi da loro.» Con un cenno del capo Giovanni aveva indicato i giocatori. «Ma puoi tornare qui alle nove, ti parlerò dell’associazione.»

E Marta l’aveva fatto, si era presentata al Sotterraneo quella stessa sera, meno motivata però del pomeriggio. Almeno fino a quando non aveva visto Matteo. Era in corso una sessione di Pathfinder e Giovanni era uno dei giocatori; si sarebbe volentieri preso una pausa per spiegarle ogni dettaglio sull’associazione ludica, ma il game master aveva insistito affinché Marta prendesse temporaneamente il posto di un giocatore mancante. Le era stata data la scheda di uno gnomo bardo e per mezz’ora lei si chiese chi mai avrebbe potuto scegliere un personaggio del genere, fino a quando non arrivò il ritardatario.

«Ciao, ho cambiato sesso?»

Altra battuta scontata, ma d’altra parte Marta già aveva iniziato a covare dei pregiudizi per chi gestiva un tale personaggio; si ritrovò però ad ammettere che quel Matteo fosse un ragazzo – un uomo – molto carino, nonostante la maglietta di Mazinga. Si stupì inoltre nel vederlo interpretare il suo bardo, era l’attrazione più interessante della sessione: non importava quante viverne stessero combattendo, i gesti spettacolari e avventati dello gnomo riuscivano ad alleggerire la tensione.

Dalla settimana seguente Marta era entrata ufficialmente nel gruppo con il suo chierico, ma l’avventura volgeva già verso la fine e lei aveva potuto approfittare della compagnia di Matteo – che stava scoprendo esserle sempre più gradita – solo per altri tre mesi. E ora, a diverso tempo di distanza, dopo piccole one-shot e partite a La Città dei Ladri, Marta aveva finalmente l’opportunità di vedere Matteo senza doversi inventare una scusa per recarsi al negozio di fumetti o all’associazione. Gli rivolse un fugace sguardo soddisfatto, prima di tornare a concentrarsi sul suo personaggio.

Amy, umana ladra.

Lesse il nome che aveva scritto sulla scheda e sorrise. Dopotutto doveva creare un personaggio umano, no? E cosa le impediva di usare un nome inglese? Marta amava le serie tv, stava ancora soffrendo alla prospettiva di non vedere più Karen Gillan e sapeva che Matteo avrebbe apprezzato quel riferimento a Doctor Who. Perché lo avrebbe capito, ne era sicura: Matteo capiva tutto, tranne le cose più evidenti.

Sentì Stefania sbuffare alla sua sinistra e si voltò verso di lei. Aveva lasciato andare la matita e fissava la sua scheda dopo essersi assegnata uno spadone come arma.

«Hai quasi finito i soldi» notò Marta da ladra amante del denaro qual era. «Sicura che ne valga la pena?»

«Non me lo chiederai più quando avrò falciato in due il ghoul che ti attaccherà.»

«Piacere, io sono Amy.» Ma Matteo non l’aveva sentita, impegnato a scorrere le prime pagine del manuale per ripassare l’avventura.

«Ygritte. E la mia spada è Jhiquireah.»

«Ma dai, hai dato un nome alla spada?» si intromise Roberto, affacciandosi sopra la spalla di Marta.

Gli occhi di Stefania dardeggiarono nella sua direzione. «E avrei fatto male?»

«No, macché, hai fatto benissimo: la trovo una scelta molto sensata, per un personaggio – immagino – che da sempre se la porta dietro. E tu, Marta, hai dato un nome alla tua fionda?»

Una fionda. Stefania aveva speso cinquanta monete d’oro per uno spadone, Roberto vantava una spada lunga e Leonardo poteva usare la magia; lei, però, possedeva solo una fionda.

“D’altronde è quello che vuoi, no?” si disse. “Sei un ladro, l’importante è rimanere fuori dalla mischia e disattivare le trappole.”

Avvertiva il fiato di Roberto sul collo mentre parlava con Stefania. Lo avrebbe volentieri cacciato via, ma si era dimostrato molto gentile in quei giorni, prima ad accompagnarla a casa e poi ad aiutarla con la creazione del personaggio, e Marta non voleva essere scortese.

«E il tuo nome quale sarebbe?» sentì chiedere Stefania.

«Robert.»

«Ti chiami Roberto e il tuo personaggio… Robert?»

«Sì, perché? È un bel nome.»

«Fa schifo.»

«E non vuoi sapere che nome ho dato alla mia spada?»

Dal rossore inaspettato sul volto di Stefania, Marta intuì che Roberto doveva averle rivolto un sorriso ambiguo.

«E tu, Leo?» Roberto cambiò interlocutore prima che Stefania trovasse il modo migliore per ribattere. «Come va il tuo… come si chiamava?»

«Jerle» rispose Leonardo.

Marta notò che cercava di non essere coinvolto nella conversazione, ma Roberto – per dispetto o per aiutarlo a combattere l’evidente timidezza – non sembrava volerlo lasciare in pace.

«Jerle… Jerle… Non è un elfo?»

Stefania aggrottò le sopracciglia. «Un elfo?»

«Beh, sì.»

“Tentativo sprecato” pensò Marta. “Uno prova a farlo sentire accettato… e l’altra lo accetta direttamente.”

«Che schifo gli elfi.»

«Perché?»

«Sono spocchiosi, effemminati e credono di poter essere la roba migliore che si trova sulla piazza.»

Marta non riuscì a sentire le motivazioni di Stefania, nella sua mente risuonava solo un meccanico “EXTERMINATE!”

Leonardo avvampò e già Marta lo immaginava soccombere, mingherlino, di fronte a Stefania. «Non è vero! Gli elfi… beh, non sono rozzi come voi barbari!»

«Aggiungi: e usano motivazioni abbastanza scadenti» sussurrò Roberto all’orecchio di Stefania, abbastanza forte da essere certo che anche gli altri lo udissero.

“No, qui entrambi vogliono farlo a pezzi.”

E poi Matteo parlò. Due semplici parole che in un altro contesto non sarebbero significate molto, ma giunte per chiudere la discussione, per placare gli animi e infondere serenità a tutti. Marta poteva vederlo mentre sollevava il cacciavite sonico e liberava l’universo dai Cybermen, mentre usciva illeso da una pira funeraria con tre uova di drago tra le braccia, mentre con l’intelligenza e la scaltrezza di due fratelli in una mente sola ricacciava un demone all’Inferno.

«Possiamo cominciare?»

Già, rifletté Marta, Matteo era un eroe in carne e ossa.

 

 

Avevano avuto poco tempo per giocare, ma l’avventura richiedeva uno scontro con dei goblin la prima notte della loro permanenza a Sandpoint, in Varisia. Nonostante Roberto fosse ben attento a ciò che stava accadendo nella realtà – cercando di cogliere ogni sguardo che Marta lanciava a Matteo – riusciva nel contempo a immedesimarsi con l’umano varisiano che doveva interpretare.

Il gruppo si era conosciuto quel pomeriggio alla Festa della Coda di Rondine, che si teneva in città negli ultimi giorni di settembre. Amy e Jerle erano del posto, mentre Robert veniva dalla più grande Magnimar in cerca di onori – e come non fermarsi a Sandpoint con una festa in corso? – e Ygritte era una Shoanti delle Kodar Mountains, fuggita dal suo paese natio dopo che un’influenza mortale ne aveva colpito gli abitanti. Si stavano chiedendo dove avrebbero potuto alloggiare, quando delle urla provenienti dal centro della città li avevano messi in guardia.

«Sono goblin!» esclamò Leonardo, accorso a vedere insieme agli altri.

«Davvero, Sherlock? Mi sembravano viverne.»

«Non dovresti… Sei un barbaro, non dovresti parlare in questo modo!»

«Ah, giusto, allora ti prendo direttamente a botte!»

Roberto sorrise, ascoltandoli litigare. Aveva un sorriso per ogni occasione: per sedurre una ragazza, per provocare un rivale, per lanciare una frecciatina pungente e poi addolcirla perché il destinatario non si rendesse conto di venire deriso, perfino per ordinare il gelato al bar; e ovviamente aveva un sorriso tutto speciale per Giovanni e Matteo, quando arrivava alla cassa con una scorta di hentai appena usciti.. Poi c’era il sorriso sincero, divertito, molto simile a una contrazione involontaria delle labbra, ma preferiva mostrare un sorriso sardonico invece di quello. Tutto ciò che era autentico non faceva per lui.

“Alla faccia di Ciccio Wall!”

I giocatori tirarono l’iniziativa: Roberto fu il primo ad agire. Si lanciò sul primo goblin e con un solo colpo lo debellò; Stefania seguì il suo esempio, mentre Leonardo – deciso a mostrare quanto valesse, ma rendendosi conto all’ultimo momento di non impugnare alcuna arma – si avvicinò al goblin rimasto e lo distrusse con un dardo incantato. Marta credeva che il combattimento fosse finito senza che nessuno si facesse del male o la rimproverasse perché il suo unico attacco era fallito, ma un goblin minacciò di prenderla di sorpresa, alle spalle; minacciò e basta, perché Roberto con un tiro di Percezione se ne accorse e si lanciò in suo aiuto, uccidendo il nemico prima che potesse farle del male.

“Ottima opportunità. Grazie, Matteo, fai il mio gioco senza rendertene conto.”

Roberto allungò un braccio fino a toccare la mano di Marta, dall’altro lato del piccolo tavolo. «Tutto bene, Amy?» chiese con un’espressione preoccupata.

Probabilmente lei avrebbe preferito ritrarre la mano, ma parve ricordarsi che il ragazzo stava solo interpretando, perché mosse le dita e poi rimase ferma.

«Sì, Robert… La ringrazio.»

Roberto sfoggiò il sorriso seduttore. «Dammi del tu, mia cara.»

«Per Gorum, che schifo!» esclamò Stefania, rivolgendo gli occhi al soffitto.

Non importava, lui aveva ottenuto l’effetto desiderato. Allontanò la mano e lasciò che il game master continuasse a raccontare.

Ma quanto poteva essere cieco? Al suo posto si sarebbe accorto dei sentimenti di Marta, ne sarebbe stato perfino onorato… E avrebbe mandato una viverna a mangiarsi Robert in un sol boccone. Pensandoci bene, Roberto si rese conto che Matteo non lo avrebbe mai fatto: lui giocava lealmente. Erano diversi e questo rendeva la faccenda ancor più interessante.

Contava di aprire Word non appena fosse tornato a casa, già colto dall’ispirazione, ma aveva ancora poche cose da scrivere. Fino a quel momento aveva solo riaccompagnato Marta dopo la festa e flirtato con il suo personaggio, ma non sapeva come sarebbe andata avanti. La bella ragazza – sì, era carina – dai capelli rossi avrebbe accettato le avances di un venticinquenne atletico e assurdamente attraente? Matteo avrebbe lasciato correre o finalmente, colto dalla gelosia, si sarebbe reso conto di quanto avesse fatto male a lasciarsi sfuggire Marta?

“Scrivi su ciò che conosci.” Non ricordava chi lo avesse detto, ma gli sembrava un ottimo consiglio. E per sapere come sarebbe andata avanti c’era un solo modo.

«Ci sono altri goblin… Sono sette!» sentì esclamare Matteo. «Tirate l’iniziativa!»

Era davvero euforico: Roberto si chiese quanto lo sarebbe stata Marta quando il game master l’avrebbe strattonata via da lui, dichiarandole amore eterno. O l’avrebbe lasciata andare? Sarebbe stata un’interessante svolta nella storia.

Il combattimento durò diversi round e rischiò di proseguire quando il personaggio di Stefania si aizzò contro quello di  Leonardo, che già stava depredando i “poveri” malcapitati.

«Sono goblin! Cosa speri di trovare nelle loro mutande, un libro di incantesimi?!»

«Potrebbero avere qualche indizio!»

«E poi dovrebbe essere Marta a perquisirli, è lei la ladra!»

«Ehi, non tiratemi in mezzo, adesso!»

Roberto notò con piacere che Leonardo era riuscito finalmente ad aprirsi: forse Stefania non era la migliore delle compagnie – anche se per qualche motivo di cui era ignaro lui era interessato ad approfondire la sua conoscenza – ma era stata capace di far dimenticare al piccolo Leo, almeno per una sera, la sua insicurezza. Forse voleva dimostrarle che gli elfi non erano ridicoli e inutili come pensava lei.

Lui li guardava. Amava osservare da lontano, ma non si sarebbe mai definito un “ragazzo da parete” – accidenti a Viola, che lo portava a vedere certi film. Osservava, ascoltava e riusciva a comprendere prima degli altri ogni singolo comportamento, per quello voleva capire cosa nascondesse il passato di Stefania per averla fatta diventare così… interessante, più che insopportabile; al contrario dei ragazzi da parete, però, Roberto amava agire nel momento in cui la situazione rischiava di rimanere statica. Faceva il suo gioco, si faceva anche odiare, ma almeno contribuiva a rendere le cose molto più divertenti.

Gli piaceva questo nuovo gruppo – la scorbutica Stefania, il timido Leonardo, i due inconsciamente innamorati Marta e Matteo. Forse era ora di fossilizzarsi su di loro, almeno per un po’, invece di continuare ad allargare le sue cerchie. Sentiva che lo avrebbero soddisfatto, almeno in quanto a ispirazione.

«… lo sceriffo si sta congratulando con voi,» narrava Matteo, «e la signorina Ameiko vi ha offerto l’alloggio per una settimana nella sua locanda, come ringraziamento per aver debellato tutti i goblin che avevano assalito la città. Congratulazioni, siete gli eroi di Sandpoint!»



TERZO CAPITOLO

 

NOTE

 

Il titolo è una citazione di The Big Bang Theory.

 

LEONARDO

- power-player: termine, con accezione negativa, designante un giocatore che conosce a memoria le regole per utilizzarle a proprio vantaggio/gioca sempre gli stessi personaggi perché sa nei minimi dettagli come sia migliore agire.

- elementali: creature governate da chi le ha invocate e che si basano sui quattro elementi.

- Jerle Shannara: personaggio elfo del ciclo di Shannara di Terry Brooks.

 

MARTA

- Drow: elfo scuro.

- Yu-Gi-Oh!: gioco di carte basato sull’omonimo anime.

- viverna: drago dell’immaginario collettivo.

- one-shot: partite di una sola sessione (giornata).

- La Città dei Ladri: gioco da tavola.

- Karen Gillan: interprete di Amy Pond in Doctor Who.

- ghoul: non morto capace di paralizzare con il morso.

- Ygritte: donna del popolo libero (bruti) de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R. R. Martin.

- Jhiquireah: dalla fusione dei nomi di due personaggi della stessa saga (Jhiqui e Doreah).

- “EXTERMINATE!”: riferimento ai Dalek di Doctor Who.

- le ultime immagini che Marta ha di Matteo sono riferimenti a Doctor Who, Game of Thrones e Supernatural.

 

ROBERTO

- Ciccio Wall: personaggio de Il seggio vacante di J. K. Rowling.

- iniziativa: a seconda dei punteggi del dado, si decide l’ordine di azione dei personaggi.

- Gorum: divinità della guerra nell’universo di Pathfinder.

- “ragazzo da parete”: riferimento al film Noi siamo infinito, il cui libro nella prima traduzione italiana si intitolava Ragazzo da parete.

 

GIOCO DI RUOLO

- Ogni personaggio ha una razza (umano, elfo, halfling, gnomo, nano) e una classe (barbaro, mago, ladro, guerriero, bardo…).

- Gli allineamenti che un personaggio può avere sono nove e vanno da Legale Buono a Caotico Malvagio, secondo le associazioni di Legale, Neutrale e Caotico con Buono, Neutrale e Malvagio.



SPAZIO AUTRICE

 

Un buon pomeriggio a tutti voi!

C’è il sole dalle vostre parti? Finalmente un briciolo di primavera!

Mi dispiace avere aggiornato così tardi, ma ho cominciato a lavorare e non ho avuto molto tempo per scrivere. Ci si metta anche il Writing day… Ah, non sapete cos’è? Allora volate su LJ a leggere le storie partecipanti :D Spam a parte per questa splendida iniziativa, sono felice di vedere che questa storia è seguita (sia per il numero di, appunto, “seguite” che per le recensioni). Mi fa piacere che vi stia piacendo!

Dovevo introdurre il gioco di ruolo, ma non disperate, la storia non sarà tutta così; mi è servito però un intero capitolo per “avvicinare” tutti i personaggi (o quasi, ma Giovanni per il momento è “relegato” al Vecchio Mangaka!) e dar loro almeno una possibilità per frequentarsi, volenti o nolenti. Volevo chiedervi una cosa: secondo voi, è meglio che io continui ad andare avanti con piccoli riferimenti all’avventura che i protagonisti stanno giocando o volete che approfondisca, che descriva una parte degli eventi, come una determinata incursione in un dungeon o un combattimento? Ho pensato, finora, di non descrivere fisicamente i quattro personaggi per evitare di confondervi, ho dato loro solo dei nomi, ma se siete d’accordo ogni tanto potrei inserire delle scene più approfondite “all’interno del gioco” (si tratta comunque di farlo ogni tot capitoli e non per l’intero capitolo).

Volevo poi dirvi che continuerò a taggare su Facebook, ogni volta che condividerò un capitolo nuovo, anche tutti quelli che hanno la storia nelle seguite; se a qualcuno dovesse dar fastidio, scrivetemelo in un commento su Facebook, così eviterò :)

Chiudo augurandomi che questo terzo capitolo vi sia piaciuto!

 

Medusa

   
 
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