Dobbiamo
ampliare la nostra cerchia di
conoscenze
Lasciare
una campagna era sempre stato difficile per Leonardo – che
non era mai riuscito
a terminarne una, a causa degli impegni che gli altri partecipanti
usavano come
scuse – però, per la prima volta in otto anni, non
gli dispiacque la notizia
che il gruppo del martedì sera si sarebbe sciolto. Se non
importava a lui,
figurarsi ai suoi compagni, che nel gruppo Facebook risposero al lungo
avviso
di Matteo sulle motivazioni che avevano portato alla fine della
campagna con un
semplice e sbrigativo: “Meglio, stasera avevo una partita di
calcetto. Qualcuno
di voi vuole venire?”
Il
Matteo che Leonardo conosceva si sarebbe arrabbiato ed era
così che credeva di
trovarlo ancora, quando arrivò alla sede
dell’associazione ludica, ma
inaspettatamente il suo game master era raggiante, tanto entusiasta per
l’inizio della nuova avventura da avere perdonato in soli tre
giorni l’indifferenza
dei giocatori precedenti.
«Ciao»
lo salutò non appena ebbe varcato la soglia:
com’era prevedibile, lui e Matteo erano
stati i primi ad arrivare.
«Ehi,
Leo!»
Una
pacca sulla spalla – così poco da Matteo
– e il continuo gesticolare del game
master fecero capire a Leonardo che probabilmente
l’indifferenza totale riguardo
la chiusura della campagna non lo aveva neppure sfiorato. Lo vide chino
su
alcune schede, poi gliene passò una.
«Vi
ho chiesto di venire presto così possiamo cominciare subito
a giocare, dopo
aver preparato le schede» gli disse. «Sai
già che personaggio interpretare?»
Era
una domanda retorica. Leonardo sorrise e afferrò il foglio,
la matita già
pronta in mano.
Elfo
mago,
scrisse immediatamente.
In
molti gli avevano fatto notare che giocare lo stesso personaggio lo
faceva
apparire un power-player, ma a
Leonardo non interessava: gli elfi erano potenti e serviva sempre un
mago in
una compagnia di avventurieri. E anche un barbaro, ma lui sperava che
ci
avrebbe pensato qualcun altro.
A
Leonardo piaceva tenersi al sicuro, lontano dalla mischia, lanciando
magie e
creando elementali; inoltre giocare da anni la stessa classe gli aveva
fatto
apprendere ormai ogni singolo incantesimo, evitandogli di consultare in
continuazione il suo manuale, che comunque portava sempre con
sé.
«Come
pensi di chiamarlo?» gli chiese Matteo, dopo che Leonardo
ebbe distribuito i
punti. Il 20 in Intelligenza troneggiava sulle altre caratteristiche,
soprattutto sul 9 in Forza.
«Jerle.»
«Shannara?»
«Esattamente.»
«Voli
basso come al solito!»
A
parlare era stato Roberto, apparso sulla soglia della stanza con il
consueto
sorriso beffardo sul volto. Un paio di occhiali da sole celava i suoi
occhi
verdi.
«Sono
le otto e mezza, come puoi andare in giro così?»
Roberto
si tolse gli occhiali e ammiccò a Leonardo. «Sono
stato in giro tutto il giorno,
perdonami.»
«Il
tempo non è stato tanto bello da indossare gli occhiali da
sole.»
«E
avrei dovuto mostrare i miei occhi? Impossibile, non sarei riuscito a
venire
stasera, contornato da ragazze adulanti.»
Leonardo
non riusciva a capire se Roberto gli piacesse o meno. Di certo non era
un
ragazzo comune, riusciva anche a essere simpatico e la sera della festa
lo
aveva incoraggiato ad avvicinarsi alla pazza,
però gli bastava davvero poco per rendersi insopportabile ai
suoi occhi:
quell’atteggiamento di uomo di mondo era tanto prevedibile in
un bel ragazzo di
venticinque anni da ricordare a Leonardo le enormi differenze tra di
loro.
«Elfo
mago, non mi dire!» esclamò Roberto, scrutando
oltre le sue spalle.
«Preferirei
che non facciate tutti gli elfi,» disse Matteo, porgendo una
scheda anche a
lui, «l’ambientazione richiede soprattutto
umani.»
«D’accordo,
farò l’umano» si arrese Roberto.
«Non che avessi intenzione di crearmi un elfo,
non è proprio il mio genere. Ed è effemminato.»
«Non
è vero» protestò Leonardo.
«E
allora perché saresti arrossito?»
No,
Roberto non riusciva proprio a piacergli del tutto.
«Uhm,
vediamo… Un personaggio alla ricerca di gloria e
onori… Paladino? Naaa, non mi
piace fare il Legale Buono, preferisco un allineamento
Neutrale… Ma sì, mi
faccio un guerriero!»
«Ci
serve un barbaro.»
Leonardo
aveva sperato che fosse lui a farlo. Non sapeva in quanti sarebbero
stati, ma
era essenziale avere un barbaro nel gruppo – oltre a un
chierico pronto a
curare le ferite e a un ladro per disattivare le trappole e scassinare
le
serrature. I guerrieri potevano attendere, anche se forti.
«Ce
l’abbiamo, un barbaro.» Roberto gli rivolse un
sorriso compiaciuto, che
Leonardo non riuscì a comprendere.
«A
chi ti riferisci? Marta?»
«Marta
fa il ladro» si inserì nella conversazione Matteo.
«Giovanni?»
«Non
verrà.»
«E
chi…?»
«Uh,»
lo interruppe Roberto, «ecco la risposta che cammina
soavemente verso di noi.»
Leonardo
si voltò e fu costretto a sgranare gli occhi. Davanti a lui,
nel cortile che
precedeva l’ingresso all’associazione, Marta si
avvicinava a passo svelto,
reggendo una borsa a tracolla di Star
Trek che minacciava di scivolarle dalla spalla;
salutò i suoi futuri
compagni d’avventura, ma Leonardo era concentrato sulla
ragazza dietro di lei,
che sembrava non averlo ancora visto. Roberto gli diede una gomitata
nello
stomaco.
«Marta!
Come stai?» Si mosse subito verso la ragazza e
l’abbracciò. Leonardo notò che
quel gesto fu inaspettato per lei.
«Bene,
grazie. Ciao, ragazzi! Ho portato un’amica, alcuni di voi la
conoscono già.»
Fu
a quel punto che Stefania si accorse della presenza di Leonardo.
Probabilmente
si sarebbe limitata a fulminarlo con lo sguardo – come se lui
avesse qualche
colpa, era stato lei ad aggredirlo! – ma il ragazzo si
lasciò fuggire un: «Tu!»
«Rettifico:
tutti.»
«Che
cavolo ci fai qui?» gli chiese Stefania, invece di salutarlo.
«Ecco
il barbaro che cercavi» disse Roberto. «Ehi,
bellezza, come stai?»
Ma
Leonardo, ferito nell’orgoglio per quel tentativo di
approccio che gli era
costato così tanto, parlò sopra di lui.
«Questa
è la mia associazione ludica» rispose, tenendo il
mento alzato nella speranza
di sembrare più alto.
«L’hai
fondata tu?»
Quella
domanda lo colse di sorpresa. «Beh, no…
ma…»
«Allora
non è tua.»
Senza aggiungere altro,
Stefania si sedette e afferrò una scheda vuota.
«Ehm…
Qualcuno ha bisogno di aiuto?» chiese Matteo, nel disperato
ed evidente
tentativo di placare gli animi e mantenere l’euforia della
nuova campagna.
«Sì,»
si fece immediatamente avanti Marta, «ho provato a fare la
scheda da sola, ma
non sono sicura di…»
«Ti
aiuto io» la interruppe Roberto.
«Ah…
Va bene, grazie.»
Leonardo
si tolse il giacchetto e lo posò sulla sedia più
distante da Stefania, anche se
in tal modo era costretto a starle di fronte. La bella serata
minacciava presto
di rivelarsi un fallimento.
♠
Marta
aveva sperato che l’espressione raggiante di Matteo di
qualche sera prima, alla
festa, fosse riservata a lei e solo a lei. O che perlomeno ne fosse la
causa.
Invece Lui non aveva fatto altro che rivolgere sorrisi ebeti a tutti i
clienti
del Vecchio Mangaka e sospirare
davanti
agli scaffali; il lato positivo di quella piccola delusione era stato
finalmente l’inizio di una nuova campagna che rappresentava
la possibilità di
vederlo con certezza almeno una volta a settimana.
Si
erano conosciuti un anno prima, in quella stessa stanza tappezzata di
poster
dedicati a D&D e di giochi da tavola impilati uno sopra
l’altro. Dopo che la
campagna giocata con Stefania si era interrotta, Marta aveva scoperto
l’esistenza di quella associazione ludica, Il
Sotterraneo del Drow, e si era presentata lì
carica di speranze e
aspettative; ad attenderla, però, era stato un gruppo di
dodicenni impegnati in
un torneo di Yu-Gi-Oh! e
l’eccessivo
chiasso l’aveva convinta ad andare via. Stava per mettere un
piedi fuori dalla
porta quando qualcuno le aveva posato una mano sulla spalla, facendola
sussultare.
«Ehi»
le aveva detto. «Abbiamo già mangiato.»
Battuta
pessima, aveva pensato Marta, ma forse il suo interlocutore non aveva
avuto
tempo di pensarne un’altra, troppo impegnato a fermare una
delle poche ragazze
che si vedevano da quelle parti. Parlando con lui aveva scoperto che si
chiamava Giovanni, che gestiva un negozio di fumetti poco lontano da
lì e che
l’età media degli iscritti
all’associazione si alzava la sera, quando cessavano
le lezioni all’università e il giorno seguente si
poteva mettere la sveglia
alle dieci.
«Oggi
non posso allontanarmi da loro.» Con un cenno del capo
Giovanni aveva indicato
i giocatori. «Ma puoi tornare qui alle nove, ti
parlerò dell’associazione.»
E
Marta l’aveva fatto, si era presentata al Sotterraneo
quella stessa sera, meno motivata però del pomeriggio.
Almeno fino a quando non
aveva visto Matteo. Era in corso una sessione di Pathfinder
e Giovanni era uno dei giocatori; si sarebbe volentieri
preso una pausa per spiegarle ogni dettaglio
sull’associazione ludica, ma il
game master aveva insistito affinché Marta prendesse
temporaneamente il posto
di un giocatore mancante. Le era stata data la scheda di uno gnomo
bardo e per
mezz’ora lei si chiese chi mai avrebbe potuto scegliere un
personaggio del
genere, fino a quando non arrivò il ritardatario.
«Ciao,
ho cambiato sesso?»
Altra
battuta scontata, ma d’altra parte Marta già aveva
iniziato a covare dei
pregiudizi per chi gestiva un tale personaggio; si ritrovò
però ad ammettere
che quel Matteo fosse un ragazzo – un uomo – molto
carino, nonostante la
maglietta di Mazinga. Si
stupì
inoltre nel vederlo interpretare il suo bardo, era
l’attrazione più
interessante della sessione: non importava quante viverne stessero
combattendo,
i gesti spettacolari e avventati dello gnomo riuscivano ad alleggerire
la
tensione.
Dalla
settimana seguente Marta era entrata ufficialmente nel gruppo con il
suo
chierico, ma l’avventura volgeva già verso la fine
e lei aveva potuto
approfittare della compagnia di Matteo – che stava scoprendo
esserle sempre più
gradita – solo per altri tre mesi. E ora, a diverso tempo di
distanza, dopo
piccole one-shot e partite a La
Città dei
Ladri, Marta aveva finalmente
l’opportunità di vedere Matteo senza doversi
inventare una scusa per recarsi al negozio di fumetti o
all’associazione. Gli
rivolse un fugace sguardo soddisfatto, prima di tornare a concentrarsi
sul suo
personaggio.
Amy,
umana ladra.
Lesse
il nome che aveva scritto sulla scheda e sorrise. Dopotutto doveva
creare un
personaggio umano, no? E cosa le impediva di usare un nome inglese?
Marta amava
le serie tv, stava ancora soffrendo alla prospettiva di non vedere
più Karen
Gillan e sapeva che Matteo avrebbe apprezzato quel riferimento a Doctor Who. Perché lo avrebbe
capito, ne
era sicura: Matteo capiva tutto, tranne le cose più evidenti.
Sentì
Stefania sbuffare alla sua sinistra e si voltò verso di lei.
Aveva lasciato
andare la matita e fissava la sua scheda dopo essersi assegnata uno
spadone
come arma.
«Hai
quasi finito i soldi» notò Marta da ladra amante
del denaro qual era. «Sicura
che ne valga la pena?»
«Non
me lo chiederai più quando avrò falciato in due
il ghoul che ti attaccherà.»
«Piacere,
io sono Amy.» Ma Matteo non l’aveva sentita,
impegnato a scorrere le prime
pagine del manuale per ripassare l’avventura.
«Ygritte.
E la mia spada è Jhiquireah.»
«Ma
dai, hai dato un nome alla spada?» si intromise Roberto,
affacciandosi sopra la
spalla di Marta.
Gli
occhi di Stefania dardeggiarono nella sua direzione. «E avrei
fatto male?»
«No,
macché, hai fatto benissimo: la trovo una scelta molto
sensata, per un
personaggio – immagino – che da sempre se la porta
dietro. E tu, Marta, hai
dato un nome alla tua fionda?»
Una
fionda. Stefania aveva speso cinquanta monete d’oro per uno
spadone, Roberto
vantava una spada lunga e Leonardo poteva usare la magia; lei,
però, possedeva
solo una fionda.
“D’altronde
è quello che vuoi, no?” si disse. “Sei
un ladro, l’importante è rimanere fuori
dalla mischia e disattivare le trappole.”
Avvertiva
il fiato di Roberto sul collo mentre parlava con Stefania. Lo avrebbe
volentieri
cacciato via, ma si era dimostrato molto gentile in quei giorni, prima
ad
accompagnarla a casa e poi ad aiutarla con la creazione del
personaggio, e
Marta non voleva essere scortese.
«E
il tuo nome quale sarebbe?» sentì chiedere
Stefania.
«Robert.»
«Ti
chiami Roberto e il tuo personaggio… Robert?»
«Sì,
perché? È un bel nome.»
«Fa
schifo.»
«E
non vuoi sapere che nome ho dato alla mia spada?»
Dal
rossore inaspettato sul volto di Stefania, Marta intuì che
Roberto doveva
averle rivolto un sorriso ambiguo.
«E
tu, Leo?» Roberto cambiò interlocutore prima che
Stefania trovasse il modo
migliore per ribattere. «Come va il tuo… come si
chiamava?»
«Jerle»
rispose Leonardo.
Marta
notò che cercava di non essere coinvolto nella
conversazione, ma Roberto – per
dispetto o per aiutarlo a combattere l’evidente timidezza
– non sembrava
volerlo lasciare in pace.
«Jerle…
Jerle… Non è un elfo?»
Stefania
aggrottò le sopracciglia. «Un elfo?»
«Beh,
sì.»
“Tentativo
sprecato” pensò Marta. “Uno prova a
farlo sentire accettato… e l’altra lo
accetta direttamente.”
«Che
schifo gli elfi.»
«Perché?»
«Sono
spocchiosi, effemminati e credono di poter essere la roba migliore che
si trova
sulla piazza.»
Marta
non riuscì a sentire le motivazioni di Stefania, nella sua
mente risuonava solo
un meccanico “EXTERMINATE!”
Leonardo
avvampò e già Marta lo immaginava soccombere,
mingherlino, di fronte a
Stefania. «Non è vero! Gli elfi… beh,
non sono rozzi come voi barbari!»
«Aggiungi:
e usano motivazioni abbastanza scadenti» sussurrò
Roberto all’orecchio di
Stefania, abbastanza forte da essere certo che anche gli altri lo
udissero.
“No,
qui entrambi vogliono farlo a pezzi.”
E
poi Matteo parlò. Due semplici parole che in un altro
contesto non sarebbero
significate molto, ma giunte per chiudere la discussione, per placare
gli animi
e infondere serenità a tutti. Marta poteva vederlo mentre
sollevava il
cacciavite sonico e liberava l’universo dai Cybermen, mentre
usciva illeso da
una pira funeraria con tre uova di drago tra le braccia, mentre con
l’intelligenza
e la scaltrezza di due fratelli in una mente sola ricacciava un demone
all’Inferno.
«Possiamo
cominciare?»
Già,
rifletté Marta, Matteo era un eroe in carne e ossa.
♠
Avevano
avuto poco tempo per giocare, ma l’avventura richiedeva uno
scontro con dei
goblin la prima notte della loro permanenza a Sandpoint, in Varisia.
Nonostante
Roberto fosse ben attento a ciò che stava accadendo nella
realtà – cercando di
cogliere ogni sguardo che Marta lanciava a Matteo – riusciva
nel contempo a
immedesimarsi con l’umano varisiano che doveva interpretare.
Il
gruppo si era conosciuto quel pomeriggio alla Festa della Coda di
Rondine, che
si teneva in città negli ultimi giorni di settembre. Amy e
Jerle erano del
posto, mentre Robert veniva dalla più grande Magnimar in
cerca di onori – e
come non fermarsi a Sandpoint con una festa in corso? – e
Ygritte era una
Shoanti delle Kodar Mountains, fuggita dal suo paese natio dopo che
un’influenza mortale ne aveva colpito gli abitanti. Si
stavano chiedendo dove
avrebbero potuto alloggiare, quando delle urla provenienti dal centro
della
città li avevano messi in guardia.
«Sono
goblin!» esclamò Leonardo, accorso a vedere
insieme agli altri.
«Davvero,
Sherlock? Mi sembravano viverne.»
«Non
dovresti… Sei un barbaro, non dovresti parlare in questo
modo!»
«Ah,
giusto, allora ti prendo direttamente a botte!»
Roberto
sorrise, ascoltandoli litigare. Aveva un sorriso per ogni occasione:
per
sedurre una ragazza, per provocare un rivale, per lanciare una
frecciatina
pungente e poi addolcirla perché il destinatario non si
rendesse conto di venire
deriso, perfino per ordinare il gelato al bar; e ovviamente aveva un
sorriso
tutto speciale per Giovanni e Matteo, quando arrivava alla cassa con
una scorta
di hentai appena usciti.. Poi c’era il sorriso sincero,
divertito, molto simile
a una contrazione involontaria delle labbra, ma preferiva mostrare un
sorriso
sardonico invece di quello. Tutto ciò che era autentico non
faceva per lui.
“Alla
faccia di Ciccio Wall!”
I
giocatori tirarono l’iniziativa: Roberto fu il primo ad
agire. Si lanciò sul
primo goblin e con un solo colpo lo debellò; Stefania
seguì il suo esempio,
mentre Leonardo – deciso a mostrare quanto valesse, ma
rendendosi conto
all’ultimo momento di non impugnare alcuna arma –
si avvicinò al goblin rimasto
e lo distrusse con un dardo incantato. Marta credeva che il
combattimento fosse
finito senza che nessuno si facesse del male o la rimproverasse
perché il suo
unico attacco era fallito, ma un goblin minacciò di
prenderla di sorpresa, alle
spalle; minacciò e basta, perché Roberto con un
tiro di Percezione se ne
accorse e si lanciò in suo aiuto, uccidendo il nemico prima
che potesse farle
del male.
“Ottima
opportunità. Grazie, Matteo, fai il mio gioco senza
rendertene conto.”
Roberto
allungò un braccio fino a toccare la mano di Marta,
dall’altro lato del piccolo
tavolo. «Tutto bene, Amy?» chiese con
un’espressione preoccupata.
Probabilmente
lei avrebbe preferito ritrarre la mano, ma parve ricordarsi che il
ragazzo
stava solo interpretando, perché mosse le dita e poi rimase
ferma.
«Sì,
Robert… La ringrazio.»
Roberto
sfoggiò il sorriso seduttore. «Dammi del tu, mia
cara.»
«Per
Gorum, che schifo!» esclamò Stefania, rivolgendo
gli occhi al soffitto.
Non
importava, lui aveva ottenuto l’effetto desiderato.
Allontanò la mano e lasciò
che il game master continuasse a raccontare.
Ma
quanto poteva essere cieco? Al suo posto si sarebbe accorto dei
sentimenti di
Marta, ne sarebbe stato perfino onorato… E avrebbe mandato
una viverna a
mangiarsi Robert in un sol boccone. Pensandoci bene, Roberto si rese
conto che
Matteo non lo avrebbe mai fatto: lui giocava lealmente. Erano diversi e
questo
rendeva la faccenda ancor più interessante.
Contava
di aprire Word non appena fosse tornato a casa, già colto
dall’ispirazione, ma
aveva ancora poche cose da scrivere. Fino a quel momento aveva solo
riaccompagnato Marta dopo la festa e flirtato con il suo personaggio,
ma non
sapeva come sarebbe andata avanti. La bella ragazza –
sì, era carina – dai
capelli rossi avrebbe accettato le avances
di un venticinquenne atletico e assurdamente attraente? Matteo avrebbe
lasciato
correre o finalmente, colto dalla gelosia, si sarebbe reso conto di
quanto
avesse fatto male a lasciarsi sfuggire Marta?
“Scrivi
su ciò che conosci.” Non ricordava chi lo avesse
detto, ma gli sembrava un
ottimo consiglio. E per sapere come sarebbe andata avanti
c’era un solo modo.
«Ci
sono altri goblin… Sono sette!» sentì
esclamare Matteo. «Tirate l’iniziativa!»
Era
davvero euforico: Roberto si chiese quanto lo sarebbe stata Marta
quando il
game master l’avrebbe strattonata via da lui, dichiarandole
amore eterno. O
l’avrebbe lasciata andare? Sarebbe stata
un’interessante svolta nella storia.
Il
combattimento durò diversi round e rischiò di
proseguire quando il personaggio
di Stefania si aizzò contro quello di
Leonardo, che già stava depredando i
“poveri” malcapitati.
«Sono
goblin! Cosa speri di trovare nelle loro mutande, un libro di
incantesimi?!»
«Potrebbero
avere qualche indizio!»
«E
poi dovrebbe essere Marta a perquisirli, è lei la
ladra!»
«Ehi,
non tiratemi in mezzo, adesso!»
Roberto
notò con piacere che Leonardo era riuscito finalmente ad
aprirsi: forse
Stefania non era la migliore delle compagnie – anche se per
qualche motivo di
cui era ignaro lui era interessato ad approfondire la sua conoscenza
– ma era
stata capace di far dimenticare al piccolo Leo, almeno per una sera, la
sua
insicurezza. Forse voleva dimostrarle che gli elfi non erano ridicoli e
inutili
come pensava lei.
Lui
li guardava. Amava osservare da lontano, ma non si sarebbe mai definito
un
“ragazzo da parete” – accidenti a Viola,
che lo portava a vedere certi film.
Osservava, ascoltava e riusciva a comprendere prima degli altri ogni
singolo
comportamento, per quello voleva capire cosa nascondesse il passato di
Stefania
per averla fatta diventare così… interessante,
più che insopportabile; al
contrario dei ragazzi da parete, però, Roberto amava agire
nel momento in cui
la situazione rischiava di rimanere statica. Faceva il suo gioco, si
faceva
anche odiare, ma almeno contribuiva a rendere le cose molto
più divertenti.
Gli
piaceva questo nuovo gruppo – la scorbutica Stefania, il
timido Leonardo, i due
inconsciamente innamorati Marta e Matteo. Forse era ora di
fossilizzarsi su di
loro, almeno per un po’, invece di continuare ad allargare le
sue cerchie.
Sentiva che lo avrebbero soddisfatto, almeno in quanto a ispirazione.
«…
lo sceriffo si sta congratulando con voi,» narrava Matteo,
«e la signorina
Ameiko vi ha offerto l’alloggio per una settimana nella sua
locanda, come
ringraziamento per aver debellato tutti i goblin che avevano assalito
la città.
Congratulazioni, siete gli eroi di Sandpoint!»
TERZO CAPITOLO
NOTE
Il titolo è una
citazione di The Big Bang Theory.
LEONARDO
- power-player:
termine, con accezione negativa, designante un giocatore che conosce a
memoria
le regole per utilizzarle a proprio vantaggio/gioca sempre gli stessi
personaggi perché sa nei minimi dettagli come sia migliore
agire.
- elementali:
creature governate da chi le ha invocate e che si basano sui quattro
elementi.
- Jerle Shannara:
personaggio elfo del ciclo di Shannara
di Terry Brooks.
MARTA
- Drow: elfo scuro.
- Yu-Gi-Oh!:
gioco di carte basato
sull’omonimo anime.
- viverna: drago
dell’immaginario collettivo.
- one-shot:
partite di una sola sessione (giornata).
- La Città dei
Ladri: gioco da tavola.
- Karen Gillan:
interprete di Amy Pond in Doctor Who.
- ghoul: non morto
capace di paralizzare con il morso.
- Ygritte: donna
del popolo libero (bruti) de Le Cronache
del Ghiaccio e del Fuoco di George R. R. Martin.
- Jhiquireah:
dalla fusione dei nomi di due personaggi della stessa saga (Jhiqui e
Doreah).
- “EXTERMINATE!”:
riferimento ai Dalek di Doctor Who.
- le ultime
immagini che Marta ha di Matteo sono riferimenti a Doctor
Who, Game of Thrones
e Supernatural.
ROBERTO
- Ciccio Wall:
personaggio de Il seggio vacante di
J. K. Rowling.
- iniziativa: a
seconda dei punteggi del dado, si decide l’ordine di azione
dei personaggi.
- Gorum: divinità
della guerra nell’universo di Pathfinder.
- “ragazzo da
parete”: riferimento al film Noi
siamo
infinito, il cui libro nella prima traduzione italiana si
intitolava Ragazzo da parete.
GIOCO DI RUOLO
- Ogni personaggio
ha una razza (umano, elfo, halfling, gnomo, nano) e una classe
(barbaro, mago,
ladro, guerriero, bardo…).
- Gli allineamenti
che un personaggio può avere sono nove e vanno da Legale
Buono a Caotico
Malvagio, secondo le associazioni di Legale, Neutrale e Caotico con
Buono,
Neutrale e Malvagio.
SPAZIO AUTRICE
Un buon pomeriggio
a tutti voi!
C’è il sole dalle
vostre parti? Finalmente un briciolo di primavera!
Mi dispiace avere
aggiornato così tardi, ma ho cominciato a lavorare e non ho
avuto molto tempo
per scrivere. Ci si metta anche il Writing
day… Ah, non sapete cos’è?
Allora volate su LJ a leggere le storie
partecipanti :D Spam a parte per questa splendida iniziativa, sono
felice di
vedere che questa storia è seguita (sia per il numero di,
appunto, “seguite”
che per le recensioni). Mi fa piacere che vi stia piacendo!
Dovevo introdurre
il gioco di ruolo, ma non disperate, la storia non sarà
tutta così; mi è
servito però un intero capitolo per
“avvicinare” tutti i personaggi (o quasi,
ma Giovanni per il momento è “relegato”
al Vecchio
Mangaka!) e dar loro almeno una possibilità per
frequentarsi, volenti o
nolenti. Volevo chiedervi una cosa: secondo voi, è meglio
che io continui ad
andare avanti con piccoli riferimenti all’avventura che i
protagonisti stanno
giocando o volete che approfondisca, che descriva una parte degli
eventi, come
una determinata incursione in un dungeon o un combattimento? Ho
pensato,
finora, di non descrivere fisicamente i quattro personaggi per evitare
di
confondervi, ho dato loro solo dei nomi, ma se siete
d’accordo ogni tanto
potrei inserire delle scene più approfondite
“all’interno del gioco” (si tratta
comunque di farlo ogni tot capitoli e non per l’intero
capitolo).
Volevo poi dirvi
che continuerò a taggare su Facebook, ogni volta che
condividerò un capitolo
nuovo, anche tutti quelli che hanno la storia nelle seguite; se a
qualcuno
dovesse dar fastidio, scrivetemelo in un commento su Facebook,
così eviterò :)
Chiudo augurandomi
che questo terzo capitolo vi sia piaciuto!
Medusa