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Autore: E m m e _    23/04/2013    2 recensioni
Per secoli è stata tramandata l’esistenza di un’entità buona e di una malvagia.
Ed una volta era così:
Lucifero e Dio, l’eterna lotta tra il Bene ed il Male.
Ma ora non più.
Eravamo abituati a parlare di Dio come una presenza buona, genuina.
I nostri genitori, i nostri amici, preti e suore
ce lo hanno presentato come la Salvezza.
Ma si sbagliavano, si sbagliavano tutti.
Perché è a causa sua che la più grande di tutte le guerre si è abbattuta sulle nostre terre, sulla nostra gente.
E sta cercando i suoi Angeli, tra noi, quelli che lo hanno tradito, che lo hanno oltraggiato nel nostro mondo…
E se anche tu pensavi che Dio ti avrebbe risparmiato, ti sbagliavi.
Ora né Dio né nessun altro potrà salvarci.
STORIA SCRITTA A DUE MANI DA MIRIANA (ME) E ANGELICA (ENGI)
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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(SCRITTO DA ENGI) 
 
Mikael
 
Il buio era intriso dell’odore metallico del mio sangue, che oramai aveva preso il posto dell’ossigeno all’interno dei miei polmoni. Le tenebre erano diventate la mia luce.
Avevo la mente annebbiata e dolorante; sentivo le tempie pulsare copiosamente, alla stessa velocità, da troppi giorni. 
Tenaglie di ferro affondavano nelle mie caviglie, tenendomi sospeso dal soffitto e lasciando ricadere il corpo all’ingiù, dove anche i polsi erano circondati da pesanti catene, che mi impedivano i movimenti delle braccia.
Tentai di far forza sugli spessi bracciali, ma l’unico risultato fu un rumoroso tintinnio. Digrignai i denti e cominciai a dimenarmi furiosamente. Possibile che esistessero catene in grado di contrastare la forza di un Caduto?
- Non riuscirai a liberarti, Mikael.
La voce, arrochita dai millenni, fu seguita dalla comparsa della luce chiara del giorno. Troppo chiara per il buio che riempiva i miei occhi. Chiusi le palpebre, sicuro di aver sentito uno sfrigolio e la puzza di bruciato.
- Tu dici? 
La mia voce mi stordì. Non ricordavo nemmeno quale ne fosse il tono. Quasi sentii dolore nel pronunciare quelle parole, come se le corde vocali fossero state addormentate fino a quell’istante.
- Sono troppo spesse persino per te.
Ribatté l’uomo dai lunghi capelli biondo-rossicci. Somigliava ad un irlandese, con quella sua barbetta incolta, a cui avrei tanto voluto dar fuoco, se solo ne avessi avuto la possibilità. Ce l’avrei visto con un’accetta in spalla, in mezzo agli alberi di un bosco, e le bretelle.
Sorrisi tra me, a quell’assurdo pensiero.
- Riderei ancora per poco, se fossi in te.
Lo ignorai, sapendo che l’avrei irritato e cominciai a girare e rigirare i polsi, sperando di allentare le morse di ferro. Non sarei rimasto lì ancora a lungo, non ne avevo alcuna intenzione.
- Non perderci troppo tempo.
Fece lui, le labbra incurvate in un sorriso divertito, indicando le catene. Finsi di sentirlo, ancora, e il suo sorriso morì immediatamente, abbandonò la sua bocca, come il respiro abbandona quella di un morto.
- Sai una cosa, continua pure!
I suoi occhi mi ricordarono le braci di un incendio nel pieno della sua furia.
- Ma ti avverto, il corpo di un ragazzino non è stata una gran scelta, non resisterà…
- Abbi fede.
Lo interruppi, sfoggiando un mezzo sorriso provocatorio. L’uomo scoprì i denti come un lupo potrebbe fare contro la canna di un fucile da caccia.
Lasciò la stanza, borbottando qualcosa di incomprensibile, e tornai a tirare le catene con ostinazione.
Sentii un leggero scatto, ma prima che potessi accertarmene, qualcuno spinse l’interruttore della luce. 
Anche se a testa in giù, riuscii comunque a riconoscere l’alta figura appena entrata. Una fitta mi prese il petto, un dolore interiore.
- Nelchael…
Ma quel nome rimase sospeso nell’aria. Dopo tutto non mi sorprendeva più di tanto.
- Cosa ti hanno promesso? Un posto assicurato di fianco al Divino?
Quelle parole non sembrarono nemmeno sfiorarlo, e la sua risposta fu solo una risata, secca e tuonante, che rimbalzò tra le pareti della misera stanza spoglia, come un eco sempre più distante.
- Quello è sicuro.
Disse con un sorriso, tutt’altro che amichevole.
Nelle sue mani si materializzarono due pugnali. L’elsa di entrambi era in oro bianco e le lame di un cristallo lucidissimo, tanto trasparente da sembrare acqua.
Un brivido gelido mi percorse il corpo intero.
- Ed è sicuro che se non risponderai alle mie domande, di quel tuo corpo rimarrà davvero poco.
Mi costrinsi a sorridere, ma sapevo che non scherzava, lo sapevo benissimo. Non c’era nulla che Nelchael non fosse in grado di fare. Era temuto anche agli Inferi, famoso per le sue torture che difficilmente fallivano, sempre che l’obiettivo non fosse fin dall’inizio ridurre in pezzetti lo sfortunato.
In meno di due falcate mi fu davanti. Il suo corpo era enorme. Dalla mia posizione non riuscivo a scorgere nemmeno il soffitto, per quanto imponente fosse.
Si chinò, ancora con quel suo sorriso arcigno dipinto in volto.
- Te lo chiederò solamente una volta, e se la tua risposta non mi soddisferà…
La sua voce era un sussurro agghiacciante, ma il mio sputo gli fece perdere la voglia di concludere la frase, e si raddrizzò. L’irlandese e l’altro sgherro trattennero il respiro, curiosi di vedere la reazione dell’imponente Angelo, che però rimase in silenzio e, pulendosi il volto con la manica della lunga giacca, girò attorno al mio corpo.
- Quanti siete?
Domandò da dietro la mia schiena.
- Cosa?
- Risposta sbagliata.
E uno dei pugnali affondò in una delle cicatrici che percorrevano, come lunghi e dritti fiumi, il mio dorso. Sbarrai gli occhi, sorpreso. Come faceva a sapere che quello era il punto più sensibile dei Caduti?
Gridai. Per la prima volta, dopo torture di ogni tipo, sentii il vero dolore. 
- Chi vi guida?
Strinsi i denti, concentrandomi su tutto ciò che non fosse quello che sentivo.
- Non ho idea di chi tu stia parlando.
Dissi a fatica, strascicando le parole attraverso i miei respiri affannati.
- Sbagliato, ancora.
L’altro pugnale penetrò all’altezza della scapola, il punto principale dove, un tempo, la mia ala andava a contatto con la pelle, fondendosi in profondità con lo spirito. E ancora urlai d’angoscia. Sentivo solo la presenza estranea dei pugnali nelle carni e il dolore che essi provocavano.
- Adesso…
L’irlandese si avvicinò, rigido nella sua postura. Mi lanciò un’occhiata, un mix di dispiacere e disgusto, e poi i suoi occhi si posarono sul lungo ferro appuntito che teneva stretto nelle mani tremanti. Deglutì e sparì dalla mia visuale, raggiungendo il suo capo.
- Dimmi, come faccio per Vedere?
E lo giuro, in quel preciso istante, la voce di Nelchael mi fece davvero paura per ciò che mi sarebbe successo.
Tossii e un fiotto di sangue mi sfuggì dalle labbra, macchiandomi la fronte di altro sangue.
- Tu sei pazzo.
La mia voce si trasformò in un ululato quando passarono lungo tutta la spina dorsale il ferro rovente. La punta incandescente sfrigolava contro la mia pelle. La sentii come se si stesse sciogliendo, tanto che il caldo raggiunse le vertebre.
Le mie grida si accavallavano tra di loro nella stanza, finché, come fossero una ninnananna, scortarono i miei occhi al buio totale.
 
 
Tu-tum. Tu-tum. 
Il battito del mio cuore era assordante, troppo grande per essere contenuto nel mio cranio.
E poi due voci confuse lo sovrastarono.
Parlavano tra di loro, si facevano domande ma non si davano risposte.
- Loro non sanno, ma conosciamo il loro segreto.
La voce sgradevole dell’Irlandese fu nuovamente coperta dal martellare pulsante e frenetico all’interno della mia testa.
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Il dolore alla schiena tornò insieme ad un’altra voce.
- … Sangreal.
Nient’altro, ma quella singola parola mi risvegliò, una forza ormai quasi estinta, riprese a scorrermi nelle vene, insieme al sangue.
Spalancai gli occhi e con un movimento secco dei polsi, le catene cedettero e tintinnarono a terra, pensati.
Mi sollevai con la schiena, ignorando le fitte, e le tenaglie alle caviglie cedettero. Il corpo ricadde a terra, in tutto il suo peso. Ignorai l’impatto con il pavimento e mi rialzai velocemente. 
I due uomini, paralizzati e stupiti, non fecero in tempo a proferir parola che, con il semplice chiudersi della mia mano in pugno, le loro teste si scontrarono.
Sentii il rompersi dei loro crani tra loro e poi i loro corpi afflosciarsi al terreno, esanimi.
Una sirena si animò e avvisò l’intero edificio della mia fuga. Mi fiondai fuori dalla porta e passai lo sguardo sui due corridoi opposti.
In un attimo, a destra, comparvero uomini armati fino ai denti.
Urlarono qualcosa e corsero verso di me, impugnando i loro fucili.
Partirono i primi proiettili e cominciai a correre dalla parte opposta.
Dovevo uscire. 
Corsi e imboccai i primi corridoi che incontrai, senza nemmeno pensare a dove mi avrebbero portato. Riuscivo solo a pensare all’uscita.
Arrivai all’estremità e mi ritrovai bloccato da un muro. Mi guardai indietro e le voci dei soldati mi raggiunsero, sempre più forti e chiare.
Tornai con gli occhi alla parete e sollevai lo sguardo.
Sorrisi. La luce fioca del giorno filtrava dal vetro della finestra.
Lanciai un’altra occhiata alle mie spalle e, nel momento in cui il primo uomo comparve da dietro l’angolo della parete, presi la rincorsa e saltai con tutta la forza che mi rimaneva nelle gambe.
I vetri si infransero intorno a me, mentre rotolavo fuori dalla struttura. Rami e sassi mi penetrarono nelle ferite della schiena, ma non avevo tempo per pensare al dolore, non in quel momento.
Prima che potessero raggiungermi, mi rialzai in fretta e, con il respiro affannoso, mi addentrai nel bosco. Non passò molto tempo perché le voci degli uomini tornassero a farsi sentire. 
- Per di là!
Gridò uno. Riuscivo a udire i loro passi pesanti sul fogliame. Erano sempre più vicini e io sempre più debole.
Caddi a terra, stremato. Perdevo sangue e forza da ogni ferita.
Strisciai dietro una grossa pietra.
I soldati superarono il mio nascondiglio e continuarono a correre, convinti di raggiungermi poco più avanti.
Aspettai in silenzio, trattenendo anche il respiro, temendo di essere sentito. 
Ma, quando provai a rimettermi in piedi per andarmene lontano da lì, il buio mi inghiottì.
   
 
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