[Micol]
Tutto
quello che è successo, mi ha portato a prendere una
decisione,
l’unica decisione possibile. Non ho intenzione di informare
Firas di quello che
voglio fare, né posso dirlo a Riccardo, è troppo pulito… per capire quello che
ho dentro, non posso sporcarlo con
quello che macchia adesso la mia stessa anima.
Partecipare
al suo funerale, è stato come toccare il fondo, non mi
bastava
sapere che era tutto finto, il ghigno che aveva Sofia sul viso, sotto
la finta
espressione contrita, mi ha mandato fuori di testa, letteralmente fuori
di
testa.
Quando
finalmente abbiamo informato anche Anna, sono tornata a casa, rimanendo
stretta a Ric per un tempo indefinito, più tardi sarei
uscita, dicendo loro che
devo tornare nel mio appartamento, organizzare un po’ le
cose, per poi
prevedere anche il mio trasferimento nel nascondiglio di Ric e Anna.
Quando
Riccardo si è addormentato, sono uscita dal letto senza fare
rumore,
mi sono infilata dei vestiti comodi e me ne sono andata. Prima di
addormentarsi
mi sembra di avergli letto negli occhi la preoccupazione, qualcosa sta
per
cambiare e lui lo sa, lo ha percepito.
[Riccardo]
Non
l’ho
sentita uscire, ma sapevo che l’avrebbe fatto e sapevo che
lei sapeva che io sapevo.
Forse
sto impazzendo.
Avrei
voluto chiederle di restare con me per sempre, di non lasciarmi, di non
andarsene a fare ciò che doveva (e ciò che doveva
fare non era certo sistemare
le cose per poi raggiungerci, per lo meno non nel senso tradizionale
della
frase ‘sistemare le cose’).
Non sono
riuscito a essere tanto egoista da chiederle di rinunciare al suo
piano: ognuno
deve avere la sua libertà.
Allora
perché mi sembra che questa sia una visione troppo
semplicistica della vita???
[Micol]
Prendo
l’unica cosa di cui ho bisogno, il mio fedele coltello.
Ho
memorizzato tutto quello che c’è da sapere, ho
controllato, nei giorni
precedenti all’attacco a Riccardo, molto attentamente la sua
abitazione, i suoi
modi, le sue abitudini.
Senza
far scattare l’allarme apro una macchina, ed estraggo i fili
che mi
serviranno per farla partire, ho fatto un po’ di ricerche e
questa macchina non
dovrebbe essere cercata nelle prossime ore.
Ore
di cui io ho un immenso bisogno.
M’infilo
rapida nel suo appartamento, dal punto d’acceso che avevo
trovato
qualche giorno fa, entro silenziosa in casa, tutti i miei colleghi
hanno sempre
invidiato la mia capacità di essere invisibile. Sento il
rumore delle lenzuola
e mi avvicino alla stanza da letto.
Lei
sta dormendo, non potrebbe rendermi il compito più facile,
verso
un’abbondante dose di etere su di un fazzoletto e glielo
spingo tra naso e
bocca, apre gli occhi per pochi istanti prima di chiudere gli occhi,
per
perdere di nuovo conoscenza.
La
porto fuori di casa senza essere notata, la carico nella macchina che
ho
scelto, e mi dirigo verso il mare.
In
questa stagione, in una zona come quella dei cancelli non dovrebbe
esserci nessuno, ed io ho tutto il tempo del mondo per fare quello che
è
giusto.
La
baracca del bar nel quale andavo da ragazzina è ancora
lì, leggermente
più rovinata dal tempo, evidentemente in disuso da qualche
anno, la trascino
dentro e ci chiudo la porta alle spalle, ora devo solo aspettare che
faccia
buio.
Le
tappo la bocca dopo averle legato i polsi e i piedi, quando lentamente
riprende conoscenza, mi fissa basita.
-
Tu non hai idea di chi io sia, e purtroppo per te, lo scoprirai troppo
tardi.
La
trafiggo con il mio coltello tra la sesta e la settima costola, senza
far entrare il coltello troppo in profondità, non voglio che
il mio gioco
finisca troppo presto. È appena cominciato e il dolore nei
suoi occhi è la
giusta risposta, forse comincia a capire che io non scherzo.
Mi
allontano da lei, e ripulisco il coltello dal suo sangue, non voglio
che
il veleno che le scorre nelle vene possa avvelenare anche la mia lama.
La
sento mugugnare qualcosa, sta parlando, vuole sapere chi sono.
-
Tu non ne hai idea vero?
Scuote
la testa.
-
Credi ancora che sia solo una studentessa?
Scuote
ancora la testa.
-
Mi chiamo Micol Kruczel, sono un agente del Mossad, sono sulle tracce
della Confraternita e dello Scheletro, ma ancora di più ero
sulle tue tracce. –
la vedo spalancare gli occhi - Ero la promessa sposa di Rabi, la donna
di
Riccardo Seri. Adesso sono il tuo peggiore incubo.
Chiude
gli occhi come se capisse cosa la aspetta, per farglielo meglio
capire mi avvicino di nuovo a lei e faccio un taglio sulla gamba, ben
attenta a
non colpire l’arteria femorale, questa donna non
avrà di certo il pregio di
morire velocemente.
-
Dimmi chi è il Principe? – le chiedo dopo un
po’ di tempo in cui siamo
state in assoluto silenzio.
Lei
scuote la testa ed io mi avvicino di nuovo a lei, le prendo i capelli
tra le mani e tiro con forza.
-
Non uscirai viva da qui, ma potrei essere buona e accelerare i tempi,
dimmi – chi – è – il
-Principe!- le dico scandendo lentamente l’ultima parte,
ma lei in barba al dolore, e ai miei capelli ancora tra le mani, scuote
la
testa con più energia.
-
Verrà il momento in cui non avrai più tutta
questa decisione, tutta
questa forza, tutta questa lealtà – e mentre le
dico questo le faccio un taglio
sulla guancia – ed io sarò lì, pronta a
raccogliere tutto quello che mi darai,
felice di averti fatto soffrire un po’ di più.
Scuote
la testa e fa il gesto quasi di volermi sputare addosso, le rido in
faccia mentre torno nel mio angolo privilegiato, mentre la lascio sola
nel
fiume del suo sangue, che scende sempre copioso.
La
vedo come illuminarsi, dopo un po’ di tempo, la speranza di
vivere
ancora ben salda in lei.
-
Il tuo localizzatore te l’ho tolto a casa tua, ed
è rimasto nel tuo
letto. Ho inviato una mail all’università dal tuo
account, dove dicevi che
avevi bisogno di stare sola, per riprenderti di quanto successo a
Riccardo.
Nei
suoi occhi ora leggo solo la certezza della sua fine, e la tremenda
consapevolezza che questa non arriverà tanto presto.
Mi
lascio scappare un ghigno a questa sua espressione e lei mi guarda
sempre più spaventata.
Distolgo lo sguardo da lei,
e mi
perdo a guardare il mare, penso a Riccardo, non riesco a impedirmelo,
sono
innamorata e anche lui lo sa ormai …
-
Lo hai mai amato?
Chiedo
tornando a rivolgermi alla mia ospite, lei mugugna qualcosa che non
capisco, scuoto le spalle e lei si abbandona alla verità,
scuotendo la testa.
-
Mi fai schifo. – le dico sputando nella sua direzione,
mugugna, mi sta
rigirando la domanda.
-
Ho amato e amo entrambi, in modi che tu non puoi nemmeno capire o
immaginare. Se solo tu fossi stata … che ne so …
furba … e avessi lasciato
Riccardo in pace, ora non saresti qui a morire, ma in una poco
confortevole
prigione israeliana con il mio superiore.
Scuote
la testa, quasi arresa ed io la incalzo ancora.
-
Ti hanno ordinato di ucciderlo? – tentenna, non sa se cedere
alla verità,
poi annuisce.
-
Perché? – e lei scrolla le spalle, come se ormai
fosse inevitabile, e poi
m’indica, come se il fatto che Riccardo stesse con me e non
più con lei, sia
stato un motivo in più.
-
Volevate la sua ricerca? – lei annuisce, forse non mi
darà dei nomi, ma
potrà farmi capire meglio la mentalità di questi
pazzi.
-
Lo volevate tra le vostre fila? – lei annuisce di nuovo.
-
Non avete chiamato lo Scheletro per lui perché è
stato un tuo fallimento?
– il lampo di odio nei suoi occhi è una risposta
più che sufficiente.
-
L’ingresso di Riccardo nella Confraternita ti sarebbe valso
una
promozione? – nei suoi occhi vedo il desiderio di strozzarmi,
un’ottima
risposta in effetti.
-
François è morto perché voleva
mollarvi? - Lei annuisce convinta, con un
ghigno di pura soddisfazione sul viso, non doveva stargli troppo
simpatico.
-
Dimmi chi è il Principe? – lei mi guarda e mi fa
capire che si porterà
quel nome nella tomba.
Mi
avvicino a lei per infilzarla di nuovo tra le costole, la carne adesso
è
più arrendevole, e il coltello scivola dentro, come stessi
tagliando morbido
burro. Vorrebbe gridare, ma la bocca tappata le concede solo un gemito
soffocato.
Restiamo
a lungo in silenzio, la vedo sudare per il dolore provocato dai
colpi che le ho inferto, attendo solo la notte per terminare quello che
ho
cominciato.
[Oliver]
Questa
ragazzetta mi piace sempre di più: è
organizzata, decisa, efficiente. Non sono proprio sicuro che abbia
percepito la
mia presenza, ma se così non fosse rimarrei profondamente
deluso.
Intimamente
mi compiaccio proprio della piega
che hanno preso gli eventi: la giovane libellula ha messo da parte la
sua
grazia per mostrare la sua ferocia nella sua interezza e per questo io
la
apprezzo. So cosa vuol dire essere nei suoi panni ed io, come lei, ho
fatto
giustizia, badate bene, giustizia, non vendetta.
L’ho
sempre detto che Sofia non è
una criminale abile, anzi non era
una criminale abile, perché, è
chiaro, Micol la ucciderà alla fine e sono sicuro che per
Sofia la morte
arriverà sempre troppo tardi, mentre per Micol quel momento
arriverà fin troppo
presto.
Sono
affascinato dalla perizia con cui
Micol maneggia il suo coltello, è brava, davvero.
Click
Click Click
Chissà
se dirà a Sofia che non è neanche
riuscita a uccidere quello sbarbatello del suo ex? Mah, secondo me
questo
renderebbe il tutto più saporito.
So
perché sta facendo tutto questo, ma non
riesco a capire perché ha dato la precedenza a Sofia
piuttosto che a me, io
sono colpevole quanto lei della morte del suo promesso sposo e
più non capisco
più la mia frustrazione cresce.
Sono
quasi tentato di uscire dalla penombra
in cui mi sono rifugiato per chiederlo direttamente a lei, in fondo
questo è il
giorno dedicato a Sofia, non a me, sono certo che mi lascerà
andare indenne.
[Micol]
Quando
finalmente il buio ha avvolto il giorno della mia vendetta, ho preso
Sofia e l’ho trascinata fuori, sulla spiaggia, è
caduta in ginocchio un paio di
volte, stremata dalle ferite e dal digiuno, la sabbia che le entra
nelle ferite
le fa chiudere gli occhi dal fastidio.
Quando
arriviamo sulla battigia, la getto malamente sula riva, dove
l’acqua
del mare acuisce il dolore delle sue ferite.
Mi
metto cavalcioni su di lei, e riprendo la mia lenta tortura.
Fronte
contro fronte mi godo il dolore nei suoi gelidi occhi chiari quando
un movimento alle mie spalle mi fa tirare su, la vedo speranzosa.
-
Sparisci, so che eri qui, ma questa cosa non ti riguarda. –
dico senza
voltarmi per guardarlo.
-
Non mi aspettavo nulla di meno da una come te.
-
Se sei qui per salvarle la vita perdi il tuo tempo, se vuoi spararmi
fallo pure, ma credimi, lei morirà con me.
-
Non m’importa di lei. –
Vedo
il disappunto passare nei suoi occhi, che si erano appena velati di
speranza per quell’insperata interruzione.
- Cosa diavolo vuoi?
-
Vederti in azione, mia cara libellula e capire perché non
dedichi a me
tante attenzioni.
-
Perché tu senza il suo veleno non avresti mai ucciso Rabi
con tanta
facilità. – mi prendo una pausa –
Sparisci, mio Scheletro, e temi il giorno in
cui cercherò te!
-
Accoglierò il tuo invito, mia cara, dimmi solo
un’ultima cosa, glielo hai
già detto?
Vedo
il dubbio e la confusione più totali negli occhi di Sofia.
-
Glielo dirò, presto. Ora dimmi quanto vuoi per non
comunicare questa
informazione alla Confraternita?
-
Mi fai così venale?
-
Sono dei poveri sciocchi per te, il loro unico fascino ai tuoi occhi
sono
i loro tanti tanti soldi.
-
L’informazione al momento non è in vendita, per
nessuno.
Lo
sento allontanarsi, e mentre cerco di capire se sono di nuovo al
sicuro,
vedo Sofia fissarmi, la testa ormai imperlata di sudore, sono certa che
le
ferite più vecchie e più sporche stanno
già facendo infezione, e le causano la
febbre, peccato che non ho il tempo per farla morire così.
-
Riccardo è vivo. – le dico mentre le infilo il
coltello nel costato.
-
Abbiamo sintetizzato un antidoto al tuo veleno – aggiungo
mentre rigiro
il coltello nella ferita. - Sono riuscita a somministrarglielo in
tempo.
La
vedo guardarmi con tutto l’odio di cui è capace,
odio che evidentemente
sta zittendo anche il dolore. Le infilo di nuovo il coltello nel
costato,
adesso dalla parte opposta e lo rigiro, finalmente tutta la sua
attenzione è di
nuovo dedicata al dolore che le sto dando.
-
Ora basta. – le dico mentre le infilo il coltello nello
stomaco e
lentamente comincio a salire.
-
Addio – le soffio sulle labbra.
E
resto su di lei finché non vedo i suoi occhi spegnersi nei
miei.
Mi
tiro su e getto lo sguardo al cielo, giustizia è fatta, ora
devo solo
ripulire le mie tracce.
Metto
il corpo di Sofia, ormai senza vita, in macchina, getto un
po’ di
benzina nella vecchia capanna e la accendo, prenderà fuoco
lentamente, dandomi
la possibilità di allontanarmi.
Arrivo
al cimitero di Prima Porta in piena notte, mi dirigo spedita verso
il forno crematorio, e ne esco poco dopo con il corpo di Sofia in un
vaso,
conosco persone che non hanno fatto domande e mi hanno fatto entrare
senza
problemi.
La
riporto a casa sua, e metto il microchip che avevo lasciato sul letto,
dentro l’urna, quando la Confraternita verrà a
cercarla troverà solo cenere.
Mi
allontano dalla zona, e faccio esplodere l’auto che ho
rubato, sporca
del sangue di Sofia, e dove sicuramente ci sarà qualche
traccia di me.
Il
fuoco è qualcosa di unico per cancellare il passaggio di
qualcuno. Il fuoco
cancella il passaggio di qualsiasi cosa.
Mi
avvicino a una vetrina e vedo il mio viso sporco di sangue e gli abiti
macchiati, chiudo la zip della felpa e mi tiro su il cappuccio.
Mi
dirigo al ghetto, anche se so, perfettamente, di non essere degna
nemmeno un po’ dell’uomo che mi attende, ho
lasciato libera la bestia che è in
me, permettendole di prendersi la peggior vendetta possibile.
Quando
apro la porta, sento il vuoto dentro, e ho tanto tanto freddo.
Riccardo
mi viene incontro, chiedendo agli altri di lasciarci soli, mi fa
scudo con il suo corpo, impedendo agli altri di vedere il mio viso
sporco di
sangue e mi spinge fino in bagno, dove si chiude con me.
[Riccardo]
Chiudendoci
in bagno, ho messo una barriera fisica tra noi e gli altri
perché sento che
questo momento deve essere solo nostro.
So che ha
fatto qualcosa di terribile e non c’è disgusto in
me, solo tanta pena. Per lei.
La vedo svuotata, è una bambola di pezza, che si lascia
spogliare mentre la
vasca da bagno si riempie di acqua calda e bagnoschiuma profumato. La
sollevo a
forza, non vuole che io la tocchi, sa che io intuisco che quello che ha
addosso
è sangue umano, è come se si vergognasse di
ciò che è diventata facendo ciò che
ineluttabilmente doveva fare.
- Micol,
ascoltami …
- Ric,
vattene, tra noi non funzionerà mai. Per me sei stato solo
un trastullo, niente
di più.
Sono
queste le prime parole che mi rivolge, cioè
l’esatto contrario di ciò che
dicono i suoi occhi. Vuole allontanarmi da lei, ma non ci
riuscirà.
- Se vuoi
che io mi allontani da te, dovrai uccidermi! Io non ti lascio.
Sembra una
bimba spaventata quando mi dice: - Tu non sa cosa
sono io, non devi
starmi vicino, io ti sporcherei … - dice sollevando le mani
ancora rosse
sangue, mentre l’acqua troppo lentemente lava via i suoi
gesti.
- Micol,
tu non sei una cosa, sei un chi e non sei sporca, affatto.
Tenta di
divincolarsi dalla mia stretta, mentre comincia a dirmi che
ciò che ha fatto
l’ha resa un animale della peggior specie.
È in
fondo
ad un baratro profondissimo, dal quale non vuole essere tirata fuori.
- Lasciami
in pace, Ric, è tutto ciò che voglio ora, un
po’ di pace – mi dice urlandomi.
Alle sue
urla accorrono gli agenti di protezione, che mi fanno uscire a forza
dal bagno,
il quale è ormai dotato di una porta scardinata. Mi fanno
allontanare, mentre
si fa largo in me una strana sensazione, un potente quanto oscuro
presentimento.
Che cosa
avrà fatto mai il mio povero angelo per ridursi in questo
stato??
L’unica
soluzione che mi viene in mente è: Sofia! Lei
c’entra, non so in che modo, ma
lei c’entra, è l’unica in grado di
alterare Micol in questo modo. Ma come fare
a scoprire? Da Micol non saprò nulla e non sapendo non posso
aiutarla, perché
io la aiuterò, che lei lo voglia o no (per quanto non so, se
ora lei sappia
esattamente cosa vuole).
[Oliver]
Se
ho fatto bene il profilo alla giovane libellula (e l’ho fatto
bene,
credetemi), a quest’ora sarà alla casa protetta,
dove hanno rinchiuso il suo
bello, a struggersi per il mostro che è diventata.
Non
tutti sono capaci di accettare di buon grado la bestia che
c’è dentro
ognuno di noi, alcuni la temono, alcuni la celano, altri la zittiscono
con l’etica,
quando questa però esce, ci vuole coraggio ad abbracciarla e
sposarla; ahime la
libellula ora non ne ha l’intenzione.
Voglio
che torni sana e intera, per molti anni a venire, ora che ho trovato
un’avversaria degna dello Scheletro Danzante non voglio
lasciarmela sfuggire e
tutto per quei dannatissimi principi morali che va tanto di moda
inculcare ai
propri figli Ergo manderò a lui le foto di Micol mentre
uccide Sofia.
Se
riuscirà a comprendere la giovane guerriera, la
riporterà sulla retta
via, allontanandola dalla via della perdizione, che è
contornata da una
seducente follia. Se non riuscirà a comprenderla, se ne
andrà scappando da lei,
ma questo non è un male, perché
scuoterà Micol da quello stato di torpore in
cui i sensi di colpa l’hanno spedita.
In
entrambi i casi io riavrò la mia guerriera … e
con lei il brivido della
caccia.
Ecco
fatto. Tutto spedito. E non chiedetemi come ho fatto a rintracciare il
numero di Riccardo, poiché lo considererei un insulto alla
mia professionalità.
- Riccardo, non mi deludere,
altrimenti ti scanno - mormoro sottovoce.
Ora
non mi resta da fare altro che attendere e sperare.
Già,
attendere e sperare.
Null’altro.
Non
è proprio il mio forte.
[Riccardo]
Il
mio cellulare vibra, lasciandomi di stucco. Nessuno dovrebbe avere
questo numero, che mi è stato dato per le emergenze, nel
caso in cui qualcuno
volesse uccidermi di nuovo.
Lentamente
vedo che ho ricevuto una serie d’immagini raccapriccianti.
Riguardano
Micol.
E
Sofia.
Inorridisco
solo guardandole, non riesco nemmeno a dare di stomaco. Riesco
solo a pensare a quanto grande debba essere lo strazio di Micol in
questo
momento e comincio a pensare di non essere normale io,
perché qualsiasi altra
persona dotata di cervello e di buon senso scapperebbe via da questo
manicomio
di pazzi per andare a rifugiarsi a Timbuctoo o in qualsiasi altro
posto,
sperduto, esistente in questo mondo.
Mi
tornano in mente stralci della conversazione con Firas, quando tentava
di allontanarmi da Micol, mi torna in mente Rabi, il suo promesso
sposo, e
capisco che ha ucciso Sofia soprattutto per lui e forse anche un
po’ per me.
Mi
ritrovo a bussare lievemente alla porta della stanza in cui si
è
rinchiusa, dicendole piano: - Micol, apri. So tutto. - Tanto so che lei
è
dietro la porta, intenta a guardare il vuoto davanti a sé.
Aspetto
per un tempo che mi sembra infinito, e forse lo è, ma,
quando
questa maledetta porta che ci divide si apre, posso finalmente vedere
il
terrore nei suoi occhi.
Terrore
per il mio giudizio.
-
So cosa hai fatto a Sofia. Ne conosco il motivo. E non ti odio,
né ti
giudico in malo modo.
Mi
ascolta silenziosamente, sempre più impaurita, quasi
tremante.
La
abbraccio, sfiorando leggermente le sue labbra con le mie. Tenta di
divincolarsi, di mandarmi via, blaterando un qualcosa tipo
‘’sono sporca, sono
un essere immondo, non voglio insudiciarti ’’.
-
Micol, hai fatto ciò che andava fatto, quello che avrei
commesso anch’io
se qualcuno ti avesse anche solo sfiorato con l’intento di
farti del male,
fosse stata anche Sofia, la donna che ho amato per anni.
-
Ric, tu non capisci – singhiozza lei tra le mie braccia
– io sono un mostro.
-
No, non lo sei. Sei una persona splendida.
-
Io sono un’assassina, devo pur pagare per la mia vita
passata, questo non
finirà mai… – afferma, mentre vedo il
riflesso della lama di un coltello tra le
sue mani.
-
Pagare? Con la tua vita? Non credo proprio. Se decidi di andartene, io
ti
vengo appresso, Micol, ovunque tu vada, qualunque cosa ci sia dopo la
morte.
-
Non dire così, non dire così. Io ho ucciso, io ho
goduto nel farlo, io
ero felice nel vedere il suo sangue.
-
No, tu hai salvato me, mia madre, tantissime persone innocenti e
persino
te stessa. Chi salva una vita salva, il mondo intero, ricordi? Dovrebbe
averlo
detto qualcuno dalle tue parti.
-
Se non avessi ucciso Sofia, avresti portato dentro di te questo demone
per anni finché questo demone non avrebbe vinto. Io sono
dalla tua parte,
Micol, ora e sempre.
-
Ma io… io… Ric …
-
Micol, basta. Non tormentarti più oltre. Non permettere a
Sofia di
manipolarti anche da morta. Già il fatto che provi orrore
per ciò che hai fatto
è indice che non sei un mostro, anzi, sei
tutt’altro. Ti prego, ti prego, ti
prego. Ti ripeterò quale persona magnifica sei, ogni giorno
della mia vita,
finché non ti convincerai che ho ragione.
Mi
avvicino piano a lei, che finalmente non indietreggia più.
-
Ho bisogno di te, Micol, non abbandonarmi proprio ora. Torna alla vita
e
permettimi di amarti. Ora e sempre.
Si
stringe a me, lasciandosi andare a un fiume di lacrime.
L’oscuro
presagio di morte che mi attanagliava le viscere sta scomparendo.
“Dio ti prego, fa che lei viva, sana
e felice per tutti gli anni a venire” mi
ritrovo a pensare, mentre la stringo più forte a me.
Mi
avvicino alla porta stringendola ancora al petto, lei ha smesso di
singhiozzare, ora le sue lacrime sono silenziose e leggere, chiudo a
chiave la
porta della stanza, e prendo Micol in braccio, è
completamente arresa, non si
ribella a niente, e detesto saperla così fragile e
vulnerabile. La adagio sul
letto e lei alza il viso spaesata, verso di me, i suoi mi chiedono di
non
lasciarla sola con tutto il buio che sente dentro, ed io non ho
intenzione di
fare nulla del genere, voglio farle sentire la vita, voglia farla
sentire di
nuovo mia, e conosco un solo modo.
La
spingo dolcemente a sdraiarsi, e lei non oppone resistenza, ma segue
ogni mio movimento, le sfilo l’enorme maglietta che indossa
per poi liberarmi
anche della mia, le sfilo i pantaloni della tuta e gli slip, per poi
fare lo
stesso con i miei pantaloni, m’inginocchio tra le sue gambe
aperte e comincio a
baciarle il viso, accarezzando la sua pelle calda, mi compiaccio della
pelle
d’oca che le provoco, le bacio le guancie umide di pianto,
mentre lei
timidamente posa una mano sul mio petto, indecisa se accarezzarmi o no.
È
ancora distante, è ancora preda di quel suo senso di colpa,
per giustizia
ha colpito e quello stesso senso di giustizia adesso la sta soffocando.
Le
alzo il mento con le mani e mi prendo le sue labbra, posso farle quello
che voglio e comincio a stuzzicarla alternando morsi leggeri a baci
più avidi,
la sento piano piano tornare a galla, comincia a partecipare e a
rispondere al
mio bacio, mentre le mie mani si spostano sul suo seno e lo stuzzicano
in ogni
modo possibile, quando scendo a lambirle collo seno e petto con la
lingua,
porto una mano in mezzo alle gambe, e la scopro umida, le mie carezze
non la
lasciano certo indifferente.
Inarca
la schiena, completamente confusa, vuole di più e vuole
fermarmi ma
non posso certo permetterglielo, non adesso che sta lentamente tornando
da me.
Le blocco i polsi sopra la testa, mentre la bacio lasciandola senza
fiato, le
allargo le gambe e mi metto più comodamente tra le sue, mi
porto una sua gamba
al fianco e incatenando il mio sguardo al suo entro in lei.
Non
cerco il mio piacere, non questa volta, anche se lo ammetto che fare
l’amore con lei è un’esperienza alla
quale non potrei rinunciare nemmeno fra cinquanta
anni, voglio solo farla sentire viva, farla sentire mia.
La
sento spingere il bacino contro di me, e continua a fissarmi, ha capito
quello che voglio fare e mi permette di amarla come merita.
Mi
muovo con studiata lentezza, alternando le spinte a movimenti circolari
del bacino, e la sento vicina all’orgasmo si sforza di non
chiudere gli occhi,
per continuare a guardarmi, ma quando raggiunge il culmine, si stringe
di più a
me, affondando il viso sulla mia spalla.
-
Ti amo… - mi dice con il fiato corto, mentre io vorrei
cessare ogni
movimento per perdermi di nuovo nei suoi occhi.
-
Non fermarti… vieni da me! – mi dice ancora con il
fiato corto, e si
viene a prendere le mie labbra.
Non
posso resistere a questo suo invito e aumento
l’intensità delle mie
spinte, quando ormai sto per venire, la sento attaccarsi ai miei
capelli e
perdersi, questa volta insieme con me, in un altro orgasmo.
Rotolo
sul letto, portandomela sopra, non sono pronto per uscire da lei
ancora, e lei sembra d’accordo con me, poggia la testa sul
mio petto, mentre
cerchiamo di riprendere fiato.
-
Grazie. – mi dice senza alzare lo sguardo.
-
Micol ti amo, e forse sono stato solo molto egoista, ma non posso
perderti, non posso vederti soffrire. Hai fatto quello che era giusto.
Non
colpevolizzarti per questo.
-
Farai l’amore con me tutte le volte che il buio
tornerà? – mi chiede lei
ora cercando il mio sguardo.
-
Farò sempre l’amore con te.
Ci infiliamo sotto le lenzuala
e ci addormentiamo così, l’uno tra le
braccia dell’altra!
NdA:
Il capitolo è un po' lunghetto, ma non avrebbe avuto senso dividerlo in due, o almeno non per noi, tutto quello che accade ha senso se letto insieme.
Micol fa una scelta drastica, con la quale dovrà convivere tutta la vita, e fortunatamente non è sola. Quando questa storia è nata avevamo una consapevolezza, una cosa ci è sempre stata chiara, ovvero non esiste il male e il bene assoluto, i buoni non sono poi così buoni e va bene la divisa, ma le mani sono sempre sporche di sangue, i cattivi poi conoscono la pena e possono diventare anche loro vittime.
Niente ha confini netti e precisi, perciò abbiamo così deciso di giocare con il grigio, dove le sfumature la fanno da padrone, forse esiste solo un personaggio i cui colori non sono così sfumati, ma più definiti...
Ora, passiamo di palo in frasca! Se c'è una cosa che noi adoriamo è Criminal Minds e quindi con questo capitolo abbiamo voluto rendere omaggio a Foyet, uno dei più efferati SI incontrati sullo schermo, ispiratore di tante avventure, uno psicopatico vero, e ci andava di omaggiarlo con Micol e il suo coltello.
Basta, mi sa che abbiamo parlato troppo stavolta...
Sempre grazie a chi ci legge e continua a seguirci.
Perdonate la nostra lentezza nel rispondere alle vostre recensioni, ma sappiate che lo facciamo per poter rispondere in modo adeguato ad ognuno di voi. Rispondere frettolosamente è un po' come insultare il tempo che ci dedicate, prima leggendo e poi recensendo.
Vi ricordiamo il link al nostro gruppo... per spoiler, foto, e noi due autrici... Otherwise-good's Corner