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Autore: TurboLisbeth    23/04/2013    3 recensioni
Un pericoloso quanto scaltro assassino, una delirante e malvagia Setta di Confratelli, un’ audace giovane donna, un uomo tanto ingenuo quanto onesto che si ritrovano invischiati in un’appassionante storia dall’intreccio mozzafiato.
Il ritmo della storia è serrato, nuovo, frutto della mente (perversa se volete) di due giovani autrici.
Cosa vi riserverà la storia? Aprite la pagina … il racconto vi attende!
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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15.Trasferta:andata e ritorno





Δίκη


[Micol]

Tutto quello che è successo, mi ha portato a prendere una decisione, l’unica decisione possibile. Non ho intenzione di informare Firas di quello che voglio fare, né posso dirlo a Riccardo, è troppo pulito… per capire quello che ho dentro, non posso sporcarlo con quello che macchia adesso la mia stessa anima.

Partecipare al suo funerale, è stato come toccare il fondo, non mi bastava sapere che era tutto finto, il ghigno che aveva Sofia sul viso, sotto la finta espressione contrita, mi ha mandato fuori di testa, letteralmente fuori di testa.

Quando finalmente abbiamo informato anche Anna, sono tornata a casa, rimanendo stretta a Ric per un tempo indefinito, più tardi sarei uscita, dicendo loro che devo tornare nel mio appartamento, organizzare un po’ le cose, per poi prevedere anche il mio trasferimento nel nascondiglio di Ric e Anna.

Quando Riccardo si è addormentato, sono uscita dal letto senza fare rumore, mi sono infilata dei vestiti comodi e me ne sono andata. Prima di addormentarsi mi sembra di avergli letto negli occhi la preoccupazione, qualcosa sta per cambiare e lui lo sa, lo ha percepito.

 

[Riccardo]

Non l’ho sentita uscire, ma sapevo che l’avrebbe fatto e sapevo che lei sapeva che io sapevo.

Forse sto impazzendo.

Avrei voluto chiederle di restare con me per sempre, di non lasciarmi, di non andarsene a fare ciò che doveva (e ciò che doveva fare non era certo sistemare le cose per poi raggiungerci, per lo meno non nel senso tradizionale della frase ‘sistemare le cose’).

Non sono riuscito a essere tanto egoista da chiederle di rinunciare al suo piano: ognuno deve avere la sua libertà.

Allora perché mi sembra che questa sia una visione troppo semplicistica della vita???

 

[Micol]

Prendo l’unica cosa di cui ho bisogno, il mio fedele coltello.

Ho memorizzato tutto quello che c’è da sapere, ho controllato, nei giorni precedenti all’attacco a Riccardo, molto attentamente la sua abitazione, i suoi modi, le sue abitudini.

Senza far scattare l’allarme apro una macchina, ed estraggo i fili che mi serviranno per farla partire, ho fatto un po’ di ricerche e questa macchina non dovrebbe essere cercata nelle prossime ore.

Ore di cui io ho un immenso bisogno.

M’infilo rapida nel suo appartamento, dal punto d’acceso che avevo trovato qualche giorno fa, entro silenziosa in casa, tutti i miei colleghi hanno sempre invidiato la mia capacità di essere invisibile. Sento il rumore delle lenzuola e mi avvicino alla stanza da letto.

Lei sta dormendo, non potrebbe rendermi il compito più facile, verso un’abbondante dose di etere su di un fazzoletto e glielo spingo tra naso e bocca, apre gli occhi per pochi istanti prima di chiudere gli occhi, per perdere di nuovo conoscenza.

La porto fuori di casa senza essere notata, la carico nella macchina che ho scelto, e mi dirigo verso il mare.

In questa stagione, in una zona come quella dei cancelli non dovrebbe esserci nessuno, ed io ho tutto il tempo del mondo per fare quello che è giusto.

La baracca del bar nel quale andavo da ragazzina è ancora lì, leggermente più rovinata dal tempo, evidentemente in disuso da qualche anno, la trascino dentro e ci chiudo la porta alle spalle, ora devo solo aspettare che faccia buio.

Le tappo la bocca dopo averle legato i polsi e i piedi, quando lentamente riprende conoscenza, mi fissa basita.

- Tu non hai idea di chi io sia, e purtroppo per te, lo scoprirai troppo tardi.

La trafiggo con il mio coltello tra la sesta e la settima costola, senza far entrare il coltello troppo in profondità, non voglio che il mio gioco finisca troppo presto. È appena cominciato e il dolore nei suoi occhi è la giusta risposta, forse comincia a capire che io non scherzo.

Mi allontano da lei, e ripulisco il coltello dal suo sangue, non voglio che il veleno che le scorre nelle vene possa avvelenare anche la mia lama.

La sento mugugnare qualcosa, sta parlando, vuole sapere chi sono.

- Tu non ne hai idea vero?

Scuote la testa.

- Credi ancora che sia solo una studentessa?

Scuote ancora la testa.

- Mi chiamo Micol Kruczel, sono un agente del Mossad, sono sulle tracce della Confraternita e dello Scheletro, ma ancora di più ero sulle tue tracce. – la vedo spalancare gli occhi - Ero la promessa sposa di Rabi, la donna di Riccardo Seri. Adesso sono il tuo peggiore incubo.

Chiude gli occhi come se capisse cosa la aspetta, per farglielo meglio capire mi avvicino di nuovo a lei e faccio un taglio sulla gamba, ben attenta a non colpire l’arteria femorale, questa donna non avrà di certo il pregio di morire velocemente.

- Dimmi chi è il Principe? – le chiedo dopo un po’ di tempo in cui siamo state in assoluto silenzio.

Lei scuote la testa ed io mi avvicino di nuovo a lei, le prendo i capelli tra le mani e tiro con forza.

- Non uscirai viva da qui, ma potrei essere buona e accelerare i tempi, dimmi – chi – è – il -Principe!- le dico scandendo lentamente l’ultima parte, ma lei in barba al dolore, e ai miei capelli ancora tra le mani, scuote la testa con più energia.

- Verrà il momento in cui non avrai più tutta questa decisione, tutta questa forza, tutta questa lealtà – e mentre le dico questo le faccio un taglio sulla guancia – ed io sarò lì, pronta a raccogliere tutto quello che mi darai, felice di averti fatto soffrire un po’ di più.

Scuote la testa e fa il gesto quasi di volermi sputare addosso, le rido in faccia mentre torno nel mio angolo privilegiato, mentre la lascio sola nel fiume del suo sangue, che scende sempre copioso.

La vedo come illuminarsi, dopo un po’ di tempo, la speranza di vivere ancora ben salda in lei.

- Il tuo localizzatore te l’ho tolto a casa tua, ed è rimasto nel tuo letto. Ho inviato una mail all’università dal tuo account, dove dicevi che avevi bisogno di stare sola, per riprenderti di quanto successo a Riccardo.

Nei suoi occhi ora leggo solo la certezza della sua fine, e la tremenda consapevolezza che questa non arriverà tanto presto.

Mi lascio scappare un ghigno a questa sua espressione e lei mi guarda sempre più spaventata.

 Distolgo lo sguardo da lei, e mi perdo a guardare il mare, penso a Riccardo, non riesco a impedirmelo, sono innamorata e anche lui lo sa ormai …

- Lo hai mai amato?

Chiedo tornando a rivolgermi alla mia ospite, lei mugugna qualcosa che non capisco, scuoto le spalle e lei si abbandona alla verità, scuotendo la testa.

- Mi fai schifo. – le dico sputando nella sua direzione, mugugna, mi sta rigirando la domanda.

- Ho amato e amo entrambi, in modi che tu non puoi nemmeno capire o immaginare. Se solo tu fossi stata … che ne so … furba … e avessi lasciato Riccardo in pace, ora non saresti qui a morire, ma in una poco confortevole prigione israeliana con il mio superiore.

Scuote la testa, quasi arresa ed io la incalzo ancora.

- Ti hanno ordinato di ucciderlo? – tentenna, non sa se cedere alla verità, poi annuisce.

- Perché? – e lei scrolla le spalle, come se ormai fosse inevitabile, e poi m’indica, come se il fatto che Riccardo stesse con me e non più con lei, sia stato un motivo in più.

- Volevate la sua ricerca? – lei annuisce, forse non mi darà dei nomi, ma potrà farmi capire meglio la mentalità di questi pazzi.

- Lo volevate tra le vostre fila? – lei annuisce di nuovo.

- Non avete chiamato lo Scheletro per lui perché è stato un tuo fallimento? – il lampo di odio nei suoi occhi è una risposta più che sufficiente.

- L’ingresso di Riccardo nella Confraternita ti sarebbe valso una promozione? – nei suoi occhi vedo il desiderio di strozzarmi, un’ottima risposta in effetti.

- François è morto perché voleva mollarvi? - Lei annuisce convinta, con un ghigno di pura soddisfazione sul viso, non doveva stargli troppo simpatico.

- Dimmi chi è il Principe? – lei mi guarda e mi fa capire che si porterà quel nome nella tomba.

Mi avvicino a lei per infilzarla di nuovo tra le costole, la carne adesso è più arrendevole, e il coltello scivola dentro, come stessi tagliando morbido burro. Vorrebbe gridare, ma la bocca tappata le concede solo un gemito soffocato.

Restiamo a lungo in silenzio, la vedo sudare per il dolore provocato dai colpi che le ho inferto, attendo solo la notte per terminare quello che ho cominciato.

 

[Oliver]

Questa ragazzetta mi piace sempre di più: è organizzata, decisa, efficiente. Non sono proprio sicuro che abbia percepito la mia presenza, ma se così non fosse rimarrei profondamente deluso.

Intimamente mi compiaccio proprio della piega che hanno preso gli eventi: la giovane libellula ha messo da parte la sua grazia per mostrare la sua ferocia nella sua interezza e per questo io la apprezzo. So cosa vuol dire essere nei suoi panni ed io, come lei, ho fatto giustizia, badate bene, giustizia, non vendetta.

L’ho sempre detto che Sofia non è una criminale abile, anzi non era una criminale abile, perché, è chiaro, Micol la ucciderà alla fine e sono sicuro che per Sofia la morte arriverà sempre troppo tardi, mentre per Micol quel momento arriverà fin troppo presto.

Sono affascinato dalla perizia con cui Micol maneggia il suo coltello, è brava, davvero.

Click Click Click

Chissà se dirà a Sofia che non è neanche riuscita a uccidere quello sbarbatello del suo ex? Mah, secondo me questo renderebbe il tutto più saporito.

So perché sta facendo tutto questo, ma non riesco a capire perché ha dato la precedenza a Sofia piuttosto che a me, io sono colpevole quanto lei della morte del suo promesso sposo e più non capisco più la mia frustrazione cresce.

Sono quasi tentato di uscire dalla penombra in cui mi sono rifugiato per chiederlo direttamente a lei, in fondo questo è il giorno dedicato a Sofia, non a me, sono certo che mi lascerà andare indenne.

 

[Micol]

Quando finalmente il buio ha avvolto il giorno della mia vendetta, ho preso Sofia e l’ho trascinata fuori, sulla spiaggia, è caduta in ginocchio un paio di volte, stremata dalle ferite e dal digiuno, la sabbia che le entra nelle ferite le fa chiudere gli occhi dal fastidio.

Quando arriviamo sulla battigia, la getto malamente sula riva, dove l’acqua del mare acuisce il dolore delle sue ferite.

Mi metto cavalcioni su di lei, e riprendo la mia lenta tortura.

Fronte contro fronte mi godo il dolore nei suoi gelidi occhi chiari quando un movimento alle mie spalle mi fa tirare su, la vedo speranzosa.

- Sparisci, so che eri qui, ma questa cosa non ti riguarda. – dico senza voltarmi per guardarlo.

- Non mi aspettavo nulla di meno da una come te.

- Se sei qui per salvarle la vita perdi il tuo tempo, se vuoi spararmi fallo pure, ma credimi, lei morirà con me.

- Non m’importa di lei. –

Vedo il disappunto passare nei suoi occhi, che si erano appena velati di speranza per quell’insperata interruzione.

 - Cosa diavolo vuoi?

- Vederti in azione, mia cara libellula e capire perché non dedichi a me tante attenzioni.

- Perché tu senza il suo veleno non avresti mai ucciso Rabi con tanta facilità. – mi prendo una pausa – Sparisci, mio Scheletro, e temi il giorno in cui cercherò te!

- Accoglierò il tuo invito, mia cara, dimmi solo un’ultima cosa, glielo hai già detto?

Vedo il dubbio e la confusione più totali negli occhi di Sofia.

- Glielo dirò, presto. Ora dimmi quanto vuoi per non comunicare questa informazione alla Confraternita?

- Mi fai così venale?

- Sono dei poveri sciocchi per te, il loro unico fascino ai tuoi occhi sono i loro tanti tanti soldi.

- L’informazione al momento non è in vendita, per nessuno.

Lo sento allontanarsi, e mentre cerco di capire se sono di nuovo al sicuro, vedo Sofia fissarmi, la testa ormai imperlata di sudore, sono certa che le ferite più vecchie e più sporche stanno già facendo infezione, e le causano la febbre, peccato che non ho il tempo per farla morire così.

- Riccardo è vivo. – le dico mentre le infilo il coltello nel costato.

- Abbiamo sintetizzato un antidoto al tuo veleno – aggiungo mentre rigiro il coltello nella ferita. - Sono riuscita a somministrarglielo in tempo.

La vedo guardarmi con tutto l’odio di cui è capace, odio che evidentemente sta zittendo anche il dolore. Le infilo di nuovo il coltello nel costato, adesso dalla parte opposta e lo rigiro, finalmente tutta la sua attenzione è di nuovo dedicata al dolore che le sto dando.

- Ora basta. – le dico mentre le infilo il coltello nello stomaco e lentamente comincio a salire.

- Addio – le soffio sulle labbra.

E resto su di lei finché non vedo i suoi occhi spegnersi nei miei.

 

Mi tiro su e getto lo sguardo al cielo, giustizia è fatta, ora devo solo ripulire le mie tracce.

 

Metto il corpo di Sofia, ormai senza vita, in macchina, getto un po’ di benzina nella vecchia capanna e la accendo, prenderà fuoco lentamente, dandomi la possibilità di allontanarmi.

Arrivo al cimitero di Prima Porta in piena notte, mi dirigo spedita verso il forno crematorio, e ne esco poco dopo con il corpo di Sofia in un vaso, conosco persone che non hanno fatto domande e mi hanno fatto entrare senza problemi.

La riporto a casa sua, e metto il microchip che avevo lasciato sul letto, dentro l’urna, quando la Confraternita verrà a cercarla troverà solo cenere.

Mi allontano dalla zona, e faccio esplodere l’auto che ho rubato, sporca del sangue di Sofia, e dove sicuramente ci sarà qualche traccia di me.

Il fuoco è qualcosa di unico per cancellare il passaggio di qualcuno. Il fuoco cancella il passaggio di qualsiasi cosa.

 

Mi avvicino a una vetrina e vedo il mio viso sporco di sangue e gli abiti macchiati, chiudo la zip della felpa e mi tiro su il cappuccio.

Mi dirigo al ghetto, anche se so, perfettamente, di non essere degna nemmeno un po’ dell’uomo che mi attende, ho lasciato libera la bestia che è in me, permettendole di prendersi la peggior vendetta possibile.

Quando apro la porta, sento il vuoto dentro, e ho tanto tanto freddo.

Riccardo mi viene incontro, chiedendo agli altri di lasciarci soli, mi fa scudo con il suo corpo, impedendo agli altri di vedere il mio viso sporco di sangue e mi spinge fino in bagno, dove si chiude con me. 

 

[Riccardo]

Chiudendoci in bagno, ho messo una barriera fisica tra noi e gli altri perché sento che questo momento deve essere solo nostro.

So che ha fatto qualcosa di terribile e non c’è disgusto in me, solo tanta pena. Per lei. La vedo svuotata, è una bambola di pezza, che si lascia spogliare mentre la vasca da bagno si riempie di acqua calda e bagnoschiuma profumato. La sollevo a forza, non vuole che io la tocchi, sa che io intuisco che quello che ha addosso è sangue umano, è come se si vergognasse di ciò che è diventata facendo ciò che ineluttabilmente doveva fare.

- Micol, ascoltami …

- Ric, vattene, tra noi non funzionerà mai. Per me sei stato solo un trastullo, niente di più.

Sono queste le prime parole che mi rivolge, cioè l’esatto contrario di ciò che dicono i suoi occhi. Vuole allontanarmi da lei, ma non ci riuscirà.

- Se vuoi che io mi allontani da te, dovrai uccidermi! Io non ti lascio.

Sembra una bimba spaventata quando mi dice: - Tu non sa cosa sono io, non devi starmi vicino, io ti sporcherei … - dice sollevando le mani ancora rosse sangue, mentre l’acqua troppo lentemente lava via i suoi gesti.

- Micol, tu non sei una cosa, sei un chi e non sei sporca, affatto.

Tenta di divincolarsi dalla mia stretta, mentre comincia a dirmi che ciò che ha fatto l’ha resa un animale della peggior specie.

È in fondo ad un baratro profondissimo, dal quale non vuole essere tirata fuori.

- Lasciami in pace, Ric, è tutto ciò che voglio ora, un po’ di pace – mi dice urlandomi.

Alle sue urla accorrono gli agenti di protezione, che mi fanno uscire a forza dal bagno, il quale è ormai dotato di una porta scardinata. Mi fanno allontanare, mentre si fa largo in me una strana sensazione, un potente quanto oscuro presentimento.

Che cosa avrà fatto mai il mio povero angelo per ridursi in questo stato??

L’unica soluzione che mi viene in mente è: Sofia! Lei c’entra, non so in che modo, ma lei c’entra, è l’unica in grado di alterare Micol in questo modo. Ma come fare a scoprire? Da Micol non saprò nulla e non sapendo non posso aiutarla, perché io la aiuterò, che lei lo voglia o no (per quanto non so, se ora lei sappia esattamente cosa vuole).

 

[Oliver]

Se ho fatto bene il profilo alla giovane libellula (e l’ho fatto bene, credetemi), a quest’ora sarà alla casa protetta, dove hanno rinchiuso il suo bello, a struggersi per il mostro che è diventata.

Non tutti sono capaci di accettare di buon grado la bestia che c’è dentro ognuno di noi, alcuni la temono, alcuni la celano, altri la zittiscono con l’etica, quando questa però esce, ci vuole coraggio ad abbracciarla e sposarla; ahime la libellula ora non ne ha l’intenzione.

Voglio che torni sana e intera, per molti anni a venire, ora che ho trovato un’avversaria degna dello Scheletro Danzante non voglio lasciarmela sfuggire e tutto per quei dannatissimi principi morali che va tanto di moda inculcare ai propri figli Ergo manderò a lui le foto di Micol mentre uccide Sofia.

Se riuscirà a comprendere la giovane guerriera, la riporterà sulla retta via, allontanandola dalla via della perdizione, che è contornata da una seducente follia. Se non riuscirà a comprenderla, se ne andrà scappando da lei, ma questo non è un male, perché scuoterà Micol da quello stato di torpore in cui i sensi di colpa l’hanno spedita.

In entrambi i casi io riavrò la mia guerriera … e con lei il brivido della caccia.

Ecco fatto. Tutto spedito. E non chiedetemi come ho fatto a rintracciare il numero di Riccardo, poiché lo considererei un insulto alla mia professionalità.

- Riccardo, non mi deludere, altrimenti ti scanno - mormoro sottovoce.

Ora non mi resta da fare altro che attendere e sperare.

Già, attendere e sperare.

Null’altro.

Non è proprio il mio forte.

 

[Riccardo]

Il mio cellulare vibra, lasciandomi di stucco. Nessuno dovrebbe avere questo numero, che mi è stato dato per le emergenze, nel caso in cui qualcuno volesse uccidermi di nuovo.

Lentamente vedo che ho ricevuto una serie d’immagini raccapriccianti.

Riguardano Micol.

E Sofia.

Inorridisco solo guardandole, non riesco nemmeno a dare di stomaco. Riesco solo a pensare a quanto grande debba essere lo strazio di Micol in questo momento e comincio a pensare di non essere normale io, perché qualsiasi altra persona dotata di cervello e di buon senso scapperebbe via da questo manicomio di pazzi per andare a rifugiarsi a Timbuctoo o in qualsiasi altro posto, sperduto, esistente in questo mondo.

Mi tornano in mente stralci della conversazione con Firas, quando tentava di allontanarmi da Micol, mi torna in mente Rabi, il suo promesso sposo, e capisco che ha ucciso Sofia soprattutto per lui e forse anche un po’ per me.

Mi ritrovo a bussare lievemente alla porta della stanza in cui si è rinchiusa, dicendole piano: - Micol, apri. So tutto. - Tanto so che lei è dietro la porta, intenta a guardare il vuoto davanti a sé.

Aspetto per un tempo che mi sembra infinito, e forse lo è, ma, quando questa maledetta porta che ci divide si apre, posso finalmente vedere il terrore nei suoi occhi.

Terrore per il mio giudizio.

- So cosa hai fatto a Sofia. Ne conosco il motivo. E non ti odio, né ti giudico in malo modo.

Mi ascolta silenziosamente, sempre più impaurita, quasi tremante.

La abbraccio, sfiorando leggermente le sue labbra con le mie. Tenta di divincolarsi, di mandarmi via, blaterando un qualcosa tipo ‘’sono sporca, sono un essere immondo, non voglio insudiciarti ’’.

- Micol, hai fatto ciò che andava fatto, quello che avrei commesso anch’io se qualcuno ti avesse anche solo sfiorato con l’intento di farti del male, fosse stata anche Sofia, la donna che ho amato per anni.

- Ric, tu non capisci – singhiozza lei tra le mie braccia – io sono un mostro.

- No, non lo sei. Sei una persona splendida.

- Io sono un’assassina, devo pur pagare per la mia vita passata, questo non finirà mai… – afferma, mentre vedo il riflesso della lama di un coltello tra le sue mani.

- Pagare? Con la tua vita? Non credo proprio. Se decidi di andartene, io ti vengo appresso, Micol, ovunque tu vada, qualunque cosa ci sia dopo la morte.

- Non dire così, non dire così. Io ho ucciso, io ho goduto nel farlo, io ero felice nel vedere il suo sangue.

- No, tu hai salvato me, mia madre, tantissime persone innocenti e persino te stessa. Chi salva una vita salva, il mondo intero, ricordi? Dovrebbe averlo detto qualcuno dalle tue parti.

 

 

- Se non avessi ucciso Sofia, avresti portato dentro di te questo demone per anni finché questo demone non avrebbe vinto. Io sono dalla tua parte, Micol, ora e sempre.

- Ma io… io… Ric …

- Micol, basta. Non tormentarti più oltre. Non permettere a Sofia di manipolarti anche da morta. Già il fatto che provi orrore per ciò che hai fatto è indice che non sei un mostro, anzi, sei tutt’altro. Ti prego, ti prego, ti prego. Ti ripeterò quale persona magnifica sei, ogni giorno della mia vita, finché non ti convincerai che ho ragione.

Mi avvicino piano a lei, che finalmente non indietreggia più.

- Ho bisogno di te, Micol, non abbandonarmi proprio ora. Torna alla vita e permettimi di amarti. Ora e sempre.

Si stringe a me, lasciandosi andare a un fiume di lacrime.

L’oscuro presagio di morte che mi attanagliava le viscere sta scomparendo.

Dio ti prego, fa che lei viva, sana e felice per tutti gli anni a venire”   mi ritrovo a pensare, mentre la stringo più forte a me.

Mi avvicino alla porta stringendola ancora al petto, lei ha smesso di singhiozzare, ora le sue lacrime sono silenziose e leggere, chiudo a chiave la porta della stanza, e prendo Micol in braccio, è completamente arresa, non si ribella a niente, e detesto saperla così fragile e vulnerabile. La adagio sul letto e lei alza il viso spaesata, verso di me, i suoi mi chiedono di non lasciarla sola con tutto il buio che sente dentro, ed io non ho intenzione di fare nulla del genere, voglio farle sentire la vita, voglia farla sentire di nuovo mia, e conosco un solo modo.

La spingo dolcemente a sdraiarsi, e lei non oppone resistenza, ma segue ogni mio movimento, le sfilo l’enorme maglietta che indossa per poi liberarmi anche della mia, le sfilo i pantaloni della tuta e gli slip, per poi fare lo stesso con i miei pantaloni, m’inginocchio tra le sue gambe aperte e comincio a baciarle il viso, accarezzando la sua pelle calda, mi compiaccio della pelle d’oca che le provoco, le bacio le guancie umide di pianto, mentre lei timidamente posa una mano sul mio petto, indecisa se accarezzarmi o no.

È ancora distante, è ancora preda di quel suo senso di colpa, per giustizia ha colpito e quello stesso senso di giustizia adesso la sta soffocando.

Le alzo il mento con le mani e mi prendo le sue labbra, posso farle quello che voglio e comincio a stuzzicarla alternando morsi leggeri a baci più avidi, la sento piano piano tornare a galla, comincia a partecipare e a rispondere al mio bacio, mentre le mie mani si spostano sul suo seno e lo stuzzicano in ogni modo possibile, quando scendo a lambirle collo seno e petto con la lingua, porto una mano in mezzo alle gambe, e la scopro umida, le mie carezze non la lasciano certo indifferente.

Inarca la schiena, completamente confusa, vuole di più e vuole fermarmi ma non posso certo permetterglielo, non adesso che sta lentamente tornando da me. Le blocco i polsi sopra la testa, mentre la bacio lasciandola senza fiato, le allargo le gambe e mi metto più comodamente tra le sue, mi porto una sua gamba al fianco e incatenando il mio sguardo al suo entro in lei.

Non cerco il mio piacere, non questa volta, anche se lo ammetto che fare l’amore con lei è un’esperienza alla quale non potrei rinunciare nemmeno fra cinquanta anni, voglio solo farla sentire viva, farla sentire mia.

La sento spingere il bacino contro di me, e continua a fissarmi, ha capito quello che voglio fare e mi permette di amarla come merita.

Mi muovo con studiata lentezza, alternando le spinte a movimenti circolari del bacino, e la sento vicina all’orgasmo si sforza di non chiudere gli occhi, per continuare a guardarmi, ma quando raggiunge il culmine, si stringe di più a me, affondando il viso sulla mia spalla.

- Ti amo… - mi dice con il fiato corto, mentre io vorrei cessare ogni movimento per perdermi di nuovo nei suoi occhi.

- Non fermarti… vieni da me! – mi dice ancora con il fiato corto, e si viene a prendere le mie labbra.

Non posso resistere a questo suo invito e aumento l’intensità delle mie spinte, quando ormai sto per venire, la sento attaccarsi ai miei capelli e perdersi, questa volta insieme con me, in un altro orgasmo.

Rotolo sul letto, portandomela sopra, non sono pronto per uscire da lei ancora, e lei sembra d’accordo con me, poggia la testa sul mio petto, mentre cerchiamo di riprendere fiato.

- Grazie. – mi dice senza alzare lo sguardo.

- Micol ti amo, e forse sono stato solo molto egoista, ma non posso perderti, non posso vederti soffrire. Hai fatto quello che era giusto. Non colpevolizzarti per questo.

- Farai l’amore con me tutte le volte che il buio tornerà? – mi chiede lei ora cercando il mio sguardo.

- Farò sempre l’amore con te.

Ci infiliamo sotto le lenzuala e ci addormentiamo così, l’uno tra le braccia dell’altra!

 

 

 

 

 

  


 



 

 


NdA: 

Il capitolo è un po' lunghetto, ma non avrebbe avuto senso dividerlo in due, o almeno non per noi, tutto quello che accade ha senso se letto insieme.

Micol fa una scelta drastica, con la quale dovrà convivere tutta la vita, e fortunatamente non è sola. Quando questa storia è nata avevamo una consapevolezza, una cosa ci è sempre stata chiara, ovvero non esiste il male e il bene assoluto, i buoni non sono poi così buoni e va bene la divisa, ma le mani sono sempre sporche di sangue, i cattivi poi conoscono la pena e possono diventare anche loro vittime. 

Niente ha confini netti e precisi, perciò abbiamo così deciso di giocare con il grigio, dove le sfumature la fanno da padrone, forse esiste solo un personaggio i cui colori non sono così sfumati, ma più definiti...

Ora, passiamo di palo in frasca! Se c'è una cosa che noi adoriamo è Criminal Minds e quindi con questo capitolo abbiamo voluto rendere omaggio a Foyet, uno dei più efferati SI incontrati sullo schermo, ispiratore di tante avventure, uno psicopatico vero, e ci andava di omaggiarlo con Micol e il suo coltello.

Basta, mi sa che abbiamo parlato troppo stavolta...


Sempre grazie a chi ci legge e continua a seguirci.

Perdonate la nostra lentezza nel rispondere alle vostre recensioni, ma sappiate che lo facciamo per poter rispondere in modo adeguato ad ognuno di voi. Rispondere frettolosamente è un po' come insultare il tempo che ci dedicate, prima leggendo e poi recensendo. 

Vi ricordiamo il link al nostro gruppo... per spoiler, foto, e noi due autrici... Otherwise-good's Corner

 

  
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