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Autore: Janis Hush    26/04/2013    1 recensioni
Stiles e Derek sono l'uno l'opposto dell'altro. Però,in profondità,le loro anime sono più simili di quanto le loro menti confuse possono pensare. Se solo riuscissero ad uscire dalle loro nubi di dolore e diffidenza potrebbero scoprirlo...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Sono di nuovo qui con il secondo capitolo.
Ovviamente questa storia è scritta senza nessun scopo di lucro e i personaggi non mi appartengono assolutamente.
Buona lettura.

Una strana notte-parte2

Un muscoloso ragazzo moro era seduto sul davanzale della finestra, gli occhi verdi puntati verso il cielo buio.
Anche quella sera non potè fare a meno di pensare a quanto la luna fosse meravigliosa.
La luna.
La sua consigliera, la sua traditrice, la sua compagna di tante sere e la sua nemica per molte notti.
Ciò che più lo capiva e riassumeva il suo essere, la sua anima.
Ma stranamente proprio quella sera la luna non bastava a tenergli compagnia.
E questo era motivo di tormento per Derek Hale. Si era sempre beato nella sua solitudine, si era sempre sentito capito e appagato dal silenzio ed era orgoglioso di non avere bisogno di nessuno. Il riuscire a cavarsela sempre da solo, il non essere dipendente da qualcuno e soprattutto il non essere legato sentimentalmente a una persona erano per lui motivo di vanto. Tutto ciò per lui era una dimostrazione di forza, di carattere, l’unico modo per proteggersi e non venire sconfitti.
Ma in quel momento sentiva un grande vuoto al di sopra dello stomaco, il respiro era irregolare e il cuore sembrava impazzito.
E sapeva perfettamente la causa: mancava poco all’arrivo del giorno che lui temeva sopra ogni altra cosa.
La data nata per ricordare le sue colpe, per fargli tornare alla mente ogni singolo dettaglio della morte dei suoi famigliari.
Era quella la sua debolezza più grande.
Alpha, cacciatori, kanima: niente di tutto questo sarebbe riuscito a farlo sentire così impotente e insicuro. Così profondamente disperato e indifeso.
Ma tutto questo era giusto, perché la colpa della loro morte era solo ed esclusivamente sua. Avevo concesso la sua fiducia alle persone sbagliate. Alla persona sbagliata.
Aveva capito troppo tardi il suo errore e,a farne le spese,era stata la sua famiglia.
Lui ora era lì, stava respirando, sentiva il petto alzarsi e abbassarsi, avvertiva il freddo metallo della finestra, il sibilio del vento che passava tra le fessure.
Loro invece?.
Ognuno di loro, dal più grande e potente al più piccolo ed indifeso giaceva sotto la nuda terra, con gli insetti che deturpavano le loro carni ormai marcite.
Lui poteva ancora sentire il suono delle onde, ammirare la maestosità dell’oceano e l’azzurro del cielo. Poteva sentire le narici riempirsi di buoni profumi, l’acqua fresca scendergli giù per la gola o il vento scompigliargli i capelli.
Poteva sorridere al suono cristallino delle risate, accompagnare il ritmo della musica, inondarsi gli occhi di colori, camminare a piedi nudi nell’erba fresca.
Poteva estasiarsi per il profumo dell’inchiostro o del  cioccolato.
Era ancora in grado di fare fatica, di piangere, di dormire, aveva ancora progetti e si rendeva conto dello scorrere del tempo.
I loro sogni invece erano svaniti, le loro speranze si erano infrante crudelmente. Erano morti di una morte orribile e crudele accompagnati dalle urla delle persone a cui volevano
bene, con il terrore negli occhi.
Ora giacevano  fermi, immobili e freddi con le palpebre abbassate, persi nel buio vuoto…
Derek si alzò di scatto portandosi le mani alla testa: non poteva sopportarlo.
Si guardò intorno, provando a distrarsi, ma l’immagine di ognuno di loro compariva nella sua testa: il sorriso di sua madre,la forza di suo padre, gli occhi luminosi della sua cuginetta…
Quest’anno neanche Laura avrebbe potuto aiutarlo a sopportare il peso della sua colpa. Anche lei se ne era andata e lo aveva lasciato solo.
Gli sembrava di impazzire.
Rivedeva le fiamme lambire le pareti della casa, sentiva il suono di passi che corrono disperati, le urla dei bambini, la disperazione dei genitori e le grida di aiuto. Poi si scontrava con l’immagine delle macerie e delle mura annerite.
Tutto questo lo avvolgeva come un vortice e gli faceva girare la testa.
Stava crollando, ne era consapevole. Doveva fuggire da quello scrigno di ricordi dolorosi immediatamente.
 
 
 
Stiles camminava a passo veloce per il bosco. Dopo avere vagato senza meta per un po’, l’istinto gli aveva suggerito che era quello il posto giusto dove dirigersi.
Ma doveva ammettere che ora se ne stava pentendo amaramente: strani rumori echeggiavano fra gli alberi e lo spingevano a voltarsi di scatto ogni due minuti, le braccia tese in avanti e lo sguardo terrorizzato, pronto ad ogni pericolo.
Senza contare il fatto che si era irrimediabilmente perso. Ormai era palese, anche se faceva di tutto per non ammetterlo.
Inciampò per l’ennesima volta in una radice, ma non riuscì ad aggrapparsi ad un ramo e cadde faccia in avanti.
-Maledizione!- esclamò con rabbia, ripulendosi il viso dalla terra con la manica della felpa.
-Oddio!- disse con voce piagnucolosa -Sono un deficiente, un completo idiota!-
Si lasciò cadere di nuovo a terra e rimase steso al suolo.
-Stiles Genim Stilinski, sei un pezzo di cretino, ormai è accertato e scientificamente dimostrato- cominciò a parlare da solo con la voce che si disperdeva fra i rami secchi e privi di foglie.
-Non solo hai avuto la brillante idea di dirigerti nel bosco, ma ti sei anche perso e ora sei qui, steso su delle foglie morte, solo come un cane, al buio, senza sapere assolutamente cosa fare per risolvere la situazione, con mille probabilità di venire ucciso in mille modi diversi e tutti tremendamente dolorosi. E come se non bastasse, ti stai facendo la ramanzina da solo, segno inequivocabile che la tua sanità mentale sta andando a baldracche!-
Mentre si stava preparando a riempirsi di nuovi insulti tutti meravigliosamente fantasiosi, sentì un fruscio e dei passi attutiti dalle foglie.
Si alzò in piedi di scatto, gli occhi sbarrati. Rimase immobile, trattenendo il respiro, poi prese coraggio e mosse qualche passo verso la direzione dove proveniva il rumore, ma lo scalpiccio sempre più vicino lo fece indietreggiare.
Si rannicchiò vicino ad un albero, tenendo gli occhi fissi verso la provenienza del suono.
-Sto per morire, sto per morire, sto per morire! E non ho neanche scritto uno straccio di testamento! Chissà dove finiranno il mio fedele pc e i miei preziosissimi cd! Oh mio padre mi ucciderà se muoio! Non posso lasciarlo solo! E Scott? È troppo rincretinito per cavarsela da sè, è il mio migliore amico, non posso abbandonarlo. E Lydia? Lydia! Ci sono troppe persone a cui tengo ormai: Isacc,Boyd,Erica...Jackson. Massì anche lui e poi…Derek! Non posso lasciare Derek, assolutamente, Derek è ...-
Si fermò un attimo, stupito ,rendendosi conto che lo scorbutico lupo mannaro era diventato veramente importante per lui e non se ne era mai reso conto.
Ma i passi erano sempre più vicini, li sentiva ,ormai era troppo tardi.
Aveva le mani sudate, il corpo immobilizzato dal terrore, la lingua immobilizzata dal terrore!
Poi un ramo venne spostato e davanti a lui si presentò la fonte di quel rumore.
-Ahhhhhhhhh!- l’urlo di Stiles si perse nel cielo notturno.

 
Angolo autrice:
Bene,spero di non avervi deluso. Ovviamente se lasciaste un commentino mi rendereste molto molto felice. :)
P.S. Chi ha visto Iron man 3 (<3) ha per caso notato una piccola comparsata di circa 2,3 secondi dello sceriffo Stilinski? Oppure il mio cervellino bacato ha preso un abbaglio colossale?

  
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