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Autore: Crypto    26/04/2013    3 recensioni
Alex, un ragazzo che ama l'avventura, decide di perlustrare il paese in cui si è trasferito da poco, e si incammina in un bosco, da cui emerge un'antica casata,
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre si avviava verso casa, camminando sul lungo manto di foglie arancioni e gialle, Alex si voltò per vedere Teresa. Stava ancora lì, all’ingresso della casa, immobile come le statue che circondavano la villetta, gli occhi persi nel vuoto. Ritornò sulla sua prospettiva, anche se non voleva lasciare la ragazza da sola, in un posto strano come quello. Però Alex non poteva riempire di preoccupazioni la madre, a pochi giorni dall’arrivo a Rancerco.
Non di nuovo, no.

Mentre attraversava il manto bagnato di foglie autunnali, come se fosse un lungo tappeto, Alex fu assalito da un turbine di pensieri che si scontravano tra loro per conquistare l’egemonia sulla mente del ragazzo. Rimembrò tutto ciò che aveva visto quel giorno nella strana casata dell’ex sindaco del paesino: inizialmente le sei statue, poste ai lati della villetta, tre a sinistra, tre a destra; lo strano pilastro dai cerchi concentrici, unione di tutti i colori esistenti; il codice intagliato nel legno delle librerie, una sequenza che doveva avere necessariamente un significato, un certo indizio che avrebbe portato da qualche parte; la sequenza di freccette che lo avevano portato al pacco verde smeraldo; la lettera del proprietario stesso. Tutti questi elementi dovevano incastonarsi, eppure Alex non riusciva a trovare un collegamento. Accantonò queste riflessioni per aumentare il passo. ‘Mamma si starà decisamente preoccupando’, pensò con una nota d’angoscia. Mentre il vento ululava noncurante, uscì finalmente da quel sentiero di alberi-sentinelle,arbusti secolari, e attraversò la strada che inizialmente aveva percorso, finché arrivò di fronte alla porta di casa sua.
Era una mini-villetta, con due piani, composta da una piccola scala con tre gradini, e ai lati stavano dei piccoli orti, che Teresa curava ogni giorno.
Sembrava tutto tranquillo. Alex salì gli scalini che lo separavano da sua madre, bussò e attese. Non molto, perché Angela si riversò in un batter d’occhio sulla maniglia della porta, aprendo quest’ultima con molta ira e ferocia.
-Amore mio! Ma dove sei stato?! Mi stavo preoccupando, seriamente!-, gridò, avvolgendo Alex in un candido abbraccio materno.
-Scusa, mamma, ma la libreria era chiusa e poi ho deciso di girare per le strade di Rancerco.-, fantasticò il giovane, mentendo. Non voleva che alla madre venisse un colpo, se le avesse raccontato tutto ciò che era accaduto realmente. Teresa era una donna fragile, iperprotettiva verso l’unico suo figlio.
L’unica cosa che le restava.
-Mannaggia a te!-, disse Angela, scompigliandogli i capelli arruffati, poi entrambi si avviarono in casa.
Nell’aria aleggiava un buon profumino: di certo la madre aveva cucinato ad Alex la sua ciambella preferita, la torta con le mele, per immortalare i primi giorni del loro arrivo in quel paesino sconosciuto e per passarli serenamente, cosa che non era accaduta.
Dopo aver mangiato la pasta al forno, una cotoletta alla milanese affiancata da una montagna di patatine fritte e quattro pezzi della sua torta preferita, si recò nella sua stanza. Era perfettamente in ordine, non una cosa fuori posto. L’ossessione di Angela per l’ordine era terribile. Si tolse le scarpe Nike blu e le depose nella scarpiera, dopodiché si avviò verso la libreria, per scegliere un nuovo libro da leggere. Dopo pochi secondi, si accorse che non era dell’umore giusto per leggere, per la precisione dopo gli eventi accaduti, restava improbabile riuscire a distrarsi. Si stese sul letto, gli occhi rivolti sul soffitto, e restò assorto nei suoi pensieri, cercando di trovare una soluzione alle stramberie di quella mattinata-pomeriggio. Come scene di un film, quegli strani elementi sfilavano sul tappeto rosso della sua mente, come tante piccole modelle. La testa gli martellava, era davvero stanco, ma Alex non poteva mettere da parte quegli ‘indizi’.
Si ricordò che aveva dato appuntamento a Teresa alle 17:30, in quella stessa casata. Non poteva darle buco.
Affinché non si dimenticasse, nell’eventualità che si sarebbe addormentato da un momento all’altro, Alex prese la famosa sveglia post-sbornia adolescenziale, disponendola per quell’orario fissato. Il ragazzo poggiò di nuovo l’aggeggio sul comodino di legno, e cercò di concentrarsi per pescare una calamita che attirasse verso di sé gli indizi.
Alex ripensò per prima cosa alle statue poste ai lati della casata, dipinta di un rosa che in quel momento era sbiadito.
‘Tre a sinistra, tre a destra.’, si disse tra sé. ‘Tre più tre fa’ sei. Sei…’
Alex si maledisse, per la sua stupidità. Quando aveva scoperto il codice intagliato nel legno, non aveva cercato in alcun modo di memorizzarlo o scriverlo da qualche parte, inoltre non aveva portato con sé lo zainetto delle avventure, nel quale il ragazzo aveva depositato anche un blocnotes con una penna. Ricordava solo la prima lettera, X. Una lettera dell’alfabeto che sembrava insensata, insignificante.
Ritornò alle statue. Non erano così alte, al disotto dei due metri: i personaggi rappresentati stavano su dei piedistalli di marmo dalla forma quadrangolare, bianchi. Erano indubbiamente opere di un artista grandioso, per l’attenzione con cui erano state scolpite, proprio per la ricchezza di particolari, come l’illusione costruita sul movimento delle vesti o l’acconciatura.
Cercò di collegare ciò che aveva visto. ‘L’ex proprietario della casa ed ex sindaco di Rancerco era un uomo di enorme cultura, cosa evidenziata dal fatto che una delle stanze della villa trabocca di libri, la maggior parte di autori classici. Quindi forse una statua rappresenta Giove, Zeus, il dio dell’Olimpo.’ Eppure Alex aveva sempre visto Zeus rappresentato in maniera imponente nei libri di storia dell’arte. Un semplice uomo non si sarebbe mai fatto scolpire Zeus sul marmo per collocarlo nel suo giardino. ‘Nah, è impossibile.’
Mentre cercava di trovare un nesso, fantasticando con la mente, si addormentò…

***


Drin, drin.
Quella sveglia ancora una volta lo fece sussultare. –Cazzo, cazzo, cazzo! Teresa mi aspetta!-, Alex squarciò il silenzio che regnava indisturbato nella sua stanzetta. Già, Teresa lo aveva contagiato fortemente con la sua volgarità, aveva partecipato alla mensa dove si distribuiva gratis past’e cazzi. Vide l’orario che lampeggiava sulla sveglia.
17:51. ‘Non posso farla aspettare, no.’, si diceva tra sé mentre si allacciava le scarpe velocemente. Questa volta Alex prese il suo zainetto delle avventure, posto sulla sua scrivania piena di libri. Indossò un giubbotto marrone un po’ più pesante, poiché il vento autunnale cominciava a farsi sentire, dopodiché scese le scale per andare in cucina, quasi fosse una belva eccitata alla vista della sua preda.
-Madreee, io escooooooooo.-, gridò Alex ad Angela, intenta a rilassarsi sul soffice divano rosso a punta, mentre guardava un documentario sull’Australia.
-Ma dove vai ogni volta, si può sapere?-, si issò la madre, catapultandosi ai piedi di Alex.
-Vado a vedere se la libreria è aperta e poi faccio un giretto per il paese. Ho già trovato un amico.-, rispose il giovane, sfoggiando un sorriso a trentadue denti. ‘Su, non divagare’, pensò, spaventato all’idea di non trovare Teresa lì, nella casa di suo zio.
-Okkay, ma torna entro le 19, intesi?-
-Sì, madre cara, a dopoooooo.-, e si precipitò verso la porta. Nel suo modo di parlare sembrava un futuro principe medievale costretto a ripetere epiteti per non mettere in discussione le parole della madre, presumibilmente una regina vanesia di fama e potere. Per intenderci, Joffrey Baratheon e quella vipera di Cersei.
Alex sorrise mentre ripercorreva lo stesso percorso per la terza volta in quella giornata, correndo all’impazzata, il cuore che cominciava a martellargli in petto. Le nuvole grigiastre del primo pomeriggio erano sparite, ed il sole stava avviandosi al tramonto. Alex calpestava le foglie, le quali producevano uno strano “gracchiare”. Quel bosco di alberi-sentinelle era infinito, sembrava una sorta di gabbia chiusa. Finalmente arrivò al cancello della casa, dove si stagliava il demone dai capelli arruffati. Entrò e bussò alla porta della casata. Aspettò un paio di secondi e la porta, malridotta, si aprì.
Teresa sorrise, i capelli rossi che le ricadevano sulle spalle. –Entra, Alex.-
Il ragazzo, le guance che stavano acquistando un colorito rosso, avanzò e, munito di coraggio, le diede un bacio sulla guancia. E lei ricambiò, con passione e determinazione. Terminati i saluti, si avviarono nella stanza dei libri, attenti al buco che si era formato poche ore fa, quando Alex, al buio, era precipitato giù, mentre il parquet crollava sotto i suoi piedi. Attraversarono le scale ed arrivarono nella sala. La prima cosa alla quale Alex pensò fu quella di prendere velocemente il block notes dallo zainetto, in modo da copiare il codice intagliato nelle libreria su un foglio, e anche la sequenza di freccette di fianco alla sequenza.
-Scusa, ma voglio cercare di risolvere questo mistero, se così si può definire. Sai, sono un amante dell’avventura.-, si rivolse verso la ragazza, che sorrise, evidentemente entusiasta per qualcosa che evidentemente non le importava più di tanto, evidentemente.
-Ti aiuterò anche io. Volevo bene a mio zio, e voglio scoprire dove se n’è andato. Non ho più sue notizie da molto tempo.-, disse Teresa, mentre il tono della sua voce cominciava ad incrinarsi. –E poi nella lettere compare il mio nome.-
-Saremo una squadra perfetta.-, Alex le fece l’occhiolino, dopodiché si avviò verso il tavolo. Si tolse lo zainetto e prese il block notes con una penna, quella con cui scriveva racconti, fantasticando e inventando mondi utopici ed ideali…
-Ok, ora scrivo la sequenza del codice e delle freccette.-
 Il ragazzo si avviò verso le librerie, felice di essersi immerso in un’avventura che sembrava abbastanza intrigante ed intrisa di mistero. Le sue mani cominciarono a muoversi sul foglio: XTAE8645QM723.
Poi passò alla sequenza delle frecce. Nelle due librerie che si trovavano nella parte sinistra della piccola reggia, una freccia puntava a destra, l’altra in basso. Alex annotò e si avviò nell’ala destra della stanza: trascrisse la sequenza, due frecce che puntavano ambedue a sinistra, ma di fronte al ragazzo erano puntate verso destra.
-Ti sei mai soffermata ad osservare le statue che si trovano in giardino?-, chiese Alex a Teresa. Qualcosa gli sussurrava che lì avrebbe trovato un indizio che lo avrebbe aiutato nella ricerca.
-No. Mio zio voleva che nessuno andasse a disturbarlo durante i suoi momenti di “pace”, nemmeno i suoi familiari. Da quando ha abbandonato il paese, io mi reco qui molto spesso, ma non mi sono mai interessata a quelle opere.-
-C’è sempre una prima volta. Vieni, andiamo.-, incoraggiò il giovane.
Ritornarono “in superficie”, e si avviarono nel giardino. L’oscurità stava per avvolgere Rancerco, quindi dovevano sbrigarsi. –Tu osserva quelle a destra, io vado a sinistra.-, annunciò Alex.
Ed ognuno si dedicò al proprio compito. Il giovane notò che nella sua parte torreggiavano solo statue rappresentati uomini. Passarono nemmeno due minuti, e la voce di Teresa si fece sentire.
-Ale, qui ci sono solo statue di donne.-, disse la ragazza.
-E qui sono uomini.-, disse di rimando Alex. Doveva esserci un collegamento con quel dettaglio, ma il ragazzo non riusciva a trovarlo. Volse nuovamente lo sguardo verso i tre monumenti, e cercò di riordinare.
‘Tre a destra, tre a sinistra….. A sinistra tre maschi, a destra tre femmine… Tre più tre uguale a sei…
Estrasse il block notes e lesse il codice. Nella sequenza comparivano il numero due e il numero sei. Sembravano numeri gettati lì, senza alcun significato…
Alex squadrò i tre uomini raffigurati: al centro c’era un uomo con una lunga tunica, sulla faccia un lungo naso, pochi capelli in testa. Si piegò e lesse il riquadro scolpito sul rialzo di marmo: CICERO. E sotto: SPQA.
SPQA… Senatus Populusque Arcturi…
Cicero… Senatus… -Ma certo! Il grande oratore di Roma, Cicerone!-, esultò Alex. Aveva studiato un po’ di latino dal primo anno alle scuole medie, e la sua prof, al terzo anno, aveva cominciato a parlare di Cicerone, una personalità illustre nell’antica Urbs, acerrimo nemico di Catilina, contro il quale pronunciò le famose Catilinarie, che Alex aveva cominciato a tradurre.
-Hai trovato qualcosa?-, disse Teresa, dall’altra parte del cortile.
-Sì! Penso che tuo zio sia stato un fan accanito di un oratore dell’antica Roma, nulla di emozionante. E tu?-
-Certo. Le donne qui rappresentate sono: Giovanna D’Arco, che non so chi sia, e altre due soldatesse, suppongo dal loro abbigliamento bellico. Ci sono scritti i loro nomi sotto, sulla tavoletta marmorea.-
-Bene! Giovanna D’Arco!-, sorrise Alex. Aveva sentito molte volte quel nome: era famosa perché aveva condotto l’esercito francese durante un’importantissima guerra combattuta tra Francia ed Inghilterra che durò più di cento anni, definita eretica dagli inglese e giustiziata. ‘Che donna!’, pensò Alex.
-Se trovo qualcos’altro, ti dico.-, annunciò Teresa.
Alex si dedicò alla scultura alla sinistra di Cicerone. La faccia, espressione quasi rabbuiata, dell’uomo era avvolta dalla stoffa, e, intorno alla testa, era stato scolpita una corona d’alloro. Lo scialle di stoffa scendeva fino al petto, dopodiché il corpo era avvolto in una tunica lunga. Alex lesse sulla targhetta del piedistallo: FRANCESCO PETRARCA.
Petrarca… anche quel poeta aveva studiato. La sua prof lo aveva definito un depresso, ma ad Alex i suoi scritti erano piaciuti. ‘Sfoggio di cultura’, pensò il ragazzo, mentre si avviava verso l’ultima statua. Era rappresentato un vecchio, il volto caratterizzato da barba e rughe, portava un espressione quasi afflitta, mentre il corpo era circondato anch’esso da una tunica. La targhetta diceva: ESIODO.
Esiodo… sì, il poeta greco. Aveva studiato epica, e alle scuole medie Alex aveva letto il prologo della Teogonia.
Cicerone… Petrarca… Esiodo… Per certo gli autori preferiti dell’ex sindaco Arturo. Eppure gli sembrava troppo strano che un uomo si facesse scolpire in giardino personaggi così importanti…
Lo colpì un dettaglio, anzi due: su ogni targa comparivano la sigla SPQA,già notato sulla statua di Cicerone, sotto ciò il codice, e sotto ancora le solite freccette.
Sul piedistallo di Cicerone compariva una freccia rivolta verso il basso, scolpita sulla targhetta di Petrarca la freccia che puntava a destra, mentre al disotto di Esiodo la freccia puntava a sinistra.
Destra… Basso…Sinistra… Le due poste agli estremi puntavano a quella di Cicerone.
-Alex!! Ci sono le stesse frecce della libreria, solo che hanno direzioni diverse. Le statue poste ai lati di Giovanna D’Arco puntano al centro, nella quale è rappresentata una freccia che punta verso sud, verso il basso. Dev’esserci qualcosa sotto le statue, o ai piedi dei piedistalli…!-, gridò Teresa, sopraffatta da un sentimento indefinibile.
-Anche qui, la stessa cosa!-, disse Alex, il quale, preso dall’intuito, spinse una mano sulla targhetta di Cicerone.
Un meccanismo scattò improvvisamente. Il marmo stava ritirandosi all’interno della base quadrata di marmo su cui poggiavano le statue, e intanto un pezzo di terreno cominciava a dilatarsi, una scena vista tante volte nei film d’avventura.
-Qui c’è qualcosa, Teresa!-, annunciò il ragazzo alla donna, entusiasta. –Prova anche tu! Spingi la mano sulla targa di Giovanna D’Arco! Vicino alla base dovrebbe estendersi un’apertura!-
Teresa fece il procedimento descritto da Alex, ed ottenne lo stesso risultato: la terra cominciò a dilatarsi un po’, mentre la targa di marmo si “restringeva”, come una lumaca che ritorna nel suo guscio, spaventata.
-Ecco, anche qui è comparsa un’apertura!-, esclamò Teresa. La luce solare stava affievolendosi, mentre l’oscurità cavala su Rancerco.
Alex guardò verso l’apertura e vide un bigliettino. Lo prese senza alcuna difficoltà e lesse:

“Se questo bigliettino prenderai,
il tesoro troverai,
scaltro avventuriero.
Se nel mio studio ti recherai,
un bell’e bellino indizino troverai,
bel giovanottino.”


E sotto compariva la sequenza.

“XTAE8645QM723.
Chissà, potresti scoprire di cosa si tratta,
scaltro avventuriero.”


-Tuo zio sta veramente fuori di testa!-, rise Alex, rendendosi conto della stupidità di quel bigliettino, fatica spesa per trovare tracce di ironia del signor Arturo. –Si sta prendendo gioco di noi!-
-Decisamente. Su, non c’è un minuto da perdere! Andiamo nel suo studio privato!-
-Okkay, baby-, rispose seccato Alex.
‘Ti farò vedere io di che pasta sono fatto, bel giovanottino Arturino.”, pensò con tono di sfida il giovane.
Il muschio verde, macchie sparse sulle statue dei tre uomini, sembrava guardasse di malocchio Alex.
Lo scricchiolio delle foglie raggiunse le orecchie dei due giovani. Qualcuno li stava osservando, da lontano…



















Eccomi con il nuovo capitolo, che, so, non è un granché. Sì, descrizioni spicciole, lo so. Ma ho troppo sonno.
Mi scoppia la testa, quindi recensite, su!
A presto.
Crypto.
  
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