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Autore: _Char    26/04/2013    1 recensioni
Non avevo mai visto un ragazzo dai suoi stessi tratti. Erano ben delineati, che richiamavano quasi i tratti stranieri, come quelli degli spagnoli. Seducenti, ammalianti. Era uno di quelli per cui saresti uscita dalla classe fino al corridoio per vederlo. Uno di quelli che ti calamitano con lo sguardo. Con cui avresti voluto fare l’amore subito. No. Non amore. Sesso. Focoso, caldo, passionale, in cui s’intrecciavano gemiti e sospiri.
Sesso. Sesso puro.
Rimasi senza parole, sentendomi morire. Cosa stavo facendo?? Andavo a sbavare dietro a un tizio che non avevo mai visto in vita mia?
Ero confusa, troppo. Non ero abituata ad emozioni così forti. Nessun ragazzo fino ad allora era riuscito a risvegliarmi tutti gli ormoni in una sola volta, con un solo sguardo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                        CAPITOLO 11 

 

 

Il mattino seguente mi diressi a scuola, abbattuta e amareggiata.
Mi ero svegliata alle sei e non ero riuscita più a riprendere sonno, troppo ansiosa e confusa per starmene placidamente nelle coperte.
Quando svoltai l'angolo e imboccai la salita verso l'edificio iniziai a sentire il timore prendermi le ginocchia, incerta.
Ogni passo portava alla scuola. E alla classe. Nonché ai banchi. Dove c'era Carlotta.
Riuscii ad arrivare ancora incolume da una crisi di nervi davanti all'ingresso, quasi trascinando i piedi.
La prima rampa di scale mi apparve come una condanna a morte. Cominciai a salire i gradini, sperando che Carlotta non fosse ancora arrivata, e finii di salire anche la seconda rampa.
Passai di fronte ai distributori senza accorgermi che stavo passando davanti a qualcuno.
-Ehi- una voce bassa e calda mi rapì le orecchie; mi girai istintivamente e mi ritrovai ad essere trasportata di schiena sul muro nel momento in cui un bacio dolce mi toccò le labbra, per attirarmi alla sua attenzione.
Solo un paio di labbra sapevano baciare così.
Mi sfuggì un lieve ridacchiare:
-Proprio non riesci a stare senza sbattermi su un muro ogni volta?-
-Shh...- bisbigliò lentamente, facendo durare il suono a lungo.
Mi lasciai andare, portando la punta delle dita sulla sua guancia, sentendomi via via sempre più rilassata ad ogni suo tocco. Si staccò lentamente, con ancora il calore delle sue labbra a sfiorare le mie, e riaprii gli occhi.
-Non si saluta?- fece a bassa voce, ironico.
Gli diedi uno sguardo, senza avere il tempo di nascondere l'espressione preoccupata che mi stavo portando avanti dall'intera mattina.
-Ciao- mormorai; mi costrinsi a fare un sorriso, per compensare il saluto senza troppa espressione.
Ma non gli sfuggì ugualmente la cosa.
Inclinò la testa di lato, socchiudendo lievemente gli occhi.
-Che c'è?- domandò, tenendomi per le braccia.
Scossi la testa, senza aggiungere altro.
-Sono solo un po' stanca- risposi, - non ho dormito bene stanotte-
-Perché non mi hai chiamato a dormire con te, mh?- disse tentando di farmi sorridere, avvicinandosi con il volto per darmi un altro bacio sui capelli.
-Non sapevo se avresti risposto- stetti al gioco, abbozzando un sorriso, spontaneo stavolta.
-Forse eri troppo impegnata con il libro di Monviso- disse lui.
-Forse- dissi, con tono vago.
-Dai, andiamo- sorrise, invitandomi a seguirlo in classe.
Mi pietrificai quando misi il piede sulla soglia, attenta ad ogni minima presenza in quella stanza.
Di Carlotta nessuna traccia.
Mi andai a sedere rapida accanto a Margherita, che era già al suo posto.
-Allora, come è andata?- volle sapere subito.
Non risposi, vaga.
Il professore entrò in classe:
-Seduti ragazzi, cominciamo-
-Non ci siamo ancora tutti prof- ribatté un ragazzo in fondo all'aula.
-La campanella è suonata, ergo si inizia a fare lezione- proseguì inflessibile l'insegnante.
Guardai tristemente tutti i ragazzi e le ragazze che andavano a prendere posto, cercando ancora Carlotta tra i loro visi.
Nessun segno di lei.
Il professore prese il registro:
-Allora, siete pronti? Barballi...
-Presente- rispose con voce assente un ragazzo.
-Barrocchio-
-Presente-
Si andò avanti così fino alla fine, il tempo scandito di tanto in tanto dalla penna del professore che appuntava sul registro le assenze. Carlotta era tra queste.

 

Il giorno prima..

 

-Rispondi cazzo, rispondi...-
Imploravo me stessa di chiudere la chiamata allo stesso tempo del convincermi a parlare in quel maledetto telefono.
Un altro squillo. Ancora. Finalmente rispose.
-Pronto?- la voce non particolarmente emozionata di Carlotta mi perforò il cuore come una lama; non avrei mai avuto il coraggio di dirle quando stavo per dirle.
-Car sono io- dissi, cercando di calmare la voce tremante per l'emozione. Non disse niente.
-Ascolta, ti prego, non riattaccare. Ho bisogno di parlare con te-
-Non iniziare a dire che ti manco e che vuoi che torni tutto come prima, non attaccherebbe- partì prevenuta, con tono secco.
-No, no, non lo direi- dissi senza mezzi termini, -voglio solo parlare-
-Di cosa?- continuò senza variare tono.
-Di te. E di me. Sopratutto di me, io... mi dispiace per quello che è successo-
-Già- commentò sarcastica senza pronunciarsi troppo.
-Voglio che le cose tornino apposto. So che non potrà essere come prima, non sono così ingenua. Però voglio che le cose si aggiustino- continuai con calma, cercando le parole giuste.
-Comincia col sparire di torno e siamo già un passo avanti- la sua lingua velenosa mi mandò acidamente una frecciatina.
Avrebbe voluto saltarmi al collo e sgozzarmi già quando non le avevo ancora detto niente, figuriamoci quando le avrei detto che avevo fatto l'amore con Francesco.
Non potevo dirglielo.
O sì? Era giusto che lo sapesse? O dovevo celarlo nell'ombra, sperando che un giorno le sarebbe passata la rabbia e non avrebbe accennato più a quello che era successo?
Le parole di Margherita mi tornarono in mente.
Puoi farcela, Bianca. Puoi farcela.
-Carlotta... io... so che sei arrabbiata con me... Ma devo dirti una cosa...- mi bloccai, incerta e spaventata. Spaventata.
-Che cosa?- sputò senza interesse.
-Ho fatto l'amore con Francesco- dissi, quando il secondo di incoraggiamento mi era partito a stimolarmi mente e cuore. Mi morsi le labbra, impaurita.
Non arrivò nessun suono dall'altra parte. Nemmeno un grido.
Capii che la situazione stava precipitando.
-Carlotta io...- dissi rapidamente, in cerca di spiegazioni, ma la sua voce mi bloccò.
-Non dirmi che ti dispiace, so che non è vero- disse soltanto, con tono amaro.
Amaro. Mi sarei aspettata un tono furioso, arrabbiato, ferito. Amaro.
-Spero che ti sia piaciuto farti scopare sopra e sotto dal tuo caro Francesco, perché è questo quello che fa: si scopa tutte, per poi mollarle-
-Non è vero- ribattei, cercando la forza per continuare, -lo stai dicendo solo perché sei arrabbiata-
-Oh sì, sono arrabbiata- confermò, inflessibile, -tanto anche. Vi amate? Bene, fate quello che volete, andate a fare i piccioncini, scopate pure. Ma non venire più a cercarmi-
-Carlotta io...-
Stop. Aveva riattaccato la chiamata.

 

Una lieve scrollatina da parte di Margherita mi riportò alla realtà, distogliendo lo sguardo dal banco vuoto di Carlotta. Capì che le cose non erano andate bene e mi guardò tristemente.
Non marcai nessuna espressione sul viso e tornai a guardare avanti, a seguire una lezione che non avrei ascoltato.

 

 

 

Francesco POV

 

Aspettai con pazienza quando sarebbe uscita, già attento a non perderla d'occhio nonostante non fosse ancora arrivata. Quando finalmente la vidi attesi il momento giusto prima di scivolare alle sue spalle e cingerle la vita con le braccia, una volta che fu fuori dal cancello.
Lei si lasciò coccolare, ma aveva un'espressione tirata in viso.
Mi scostai dal suo corpo, continuando a tenerla fra le braccia, un po' perplesso:
-È da stamattina che fai così. Che succede? - domandai.
Lei non rispose.
-È per qualcosa in classe?- provai, osservando la sua reazione.
Scosse la testa, senza guardarmi negli occhi.
-Ehi- la richiamai, portando il viso davanti al suo, -cosa c'è?-
Alzò lo sguardo, finalmente.
-Ti va di parlarne sotto le coperte?- mormorò, ma non c'era niente di perverso nella sua voce. Sembrava stanca. Aveva bisogno di me.
-Va bene- mormorai, portandola a me per la vita, -andiamo-

 

-Allora, si può sapere cos'hai?-
Feci quella domanda con un certo alleggerimento di tono, per indurla a parlare senza farle pesare la domanda. Si era accoccolata sul mio petto nudo, una mano che mi delineava le costole; lo sguardo ancora vago.
-È solo... è solo...- provò a parlare, ma si trattenne.
-Quando le donne dicono “solo” c'è da preoccuparsi- sorrisi, riuscendo a strapparle un sorrisetto, -Mi trascini sotto le coperte e non mi dici neanche perché sei così in ansia. Cercavi un calmante facile o ti mancavano i sonniferi?-
-E piantala- mi rimbeccò, un po' punta sul vivo stavolta.
-Sono solo preoccupato per te. Mi sembri strana- mormorai, scegliendo bene i termini. Unii al mormorio della mia voce una carezza lenta al lato del suo viso, e lei sorrise socchiudendo gli occhi, rilassata. Avevo una certa esperienza con il delicato equilibrio femminile. Bisognava trattarle con le pinze, le donne, quando erano nervose. Avrebbero potuto assalirti con un mitra per una sola parola fuori luogo, e volevo sinceramente evitare di arrivare a farmi sparare addosso a raffica.
Si rannicchiò ancora di più sul mio petto, cercando il calore delle coperte e l'appoggio del mio corpo.
-Si tratta di Carlotta...- disse infine, lasciandosi finalmente andare.
Mi tirai su con la testa:
-Carlotta?- ripetei.
-Il fatto è che lei... ha sempre avuto una... un certo...- smozzicò, continuando a parlare.
-... interesse?- la anticipai, cercando di assecondarla.
-Sì... per te- alzò gli occhi sul mio viso, quasi a cercarmi.
-E tu credi che possa allontanarmi da te?- intuii la situazione, guardandola intensamente.
Annuì, dopo qualche secondo.
-Senti piccola- mormorai, con tono caldo e rassicurante; mi portai più profondamente nelle coperte, cercando di farle avvertire la mia vicinanza, -non devi avere paura. Non pensare subito a male. D'accordo?-
Annuì, meno tesa stavolta.
-Perché hai paura?- feci, interessato. Non l'avevo mai vista così interdetta.
-Perché... perché lei ti vuole- rivelò tristemente, -e non posso impedirglielo. Ma io... amo te, non vuole farsene una ragione. Io...-
-Ehi- mormorai, interrompendola, -io ti amo. Ti amo, Bianca. Ti amo...- sussurrai, baciandola dolcemente sulla testa. Si strinse a me, in cerca di un appiglio sicuro, e si accoccolò nelle coperte.
-Non permettere che ti rovini la vita per causa sua. Non sei sottoposta a quello che fanno gli altri, e non lo sarai mai- le dissi accarezzandole la vita.
-Dai, adesso basta con questa storia. Hai ancora voglia di studiare o preferisci farmi compagnia?- feci poi, alleggerendo il tono.
Sorrise, rilassata questa volta, e mi stampò un bacio sulle labbra.

 

Qualche ora dopo ero tornato in strada, con il sole al tramonto che mi illuminava in pieno viso, creando un'ombra scura sul muro accanto a me; svoltai l'angolo e trovai Antonio proprio davanti a me, di spalle, mentre se ne stava a parlare con un altro del gruppo. Non sembrava essersi accorto del mio arrivo.
Mi venne spontaneo un sorrisetto malizioso e gli altri capirono immediatamente le mie intenzioni, non lasciando trapelare niente sui volti ad eccezione di un sorriso simile al mio, attendendo il seguito; aspettai qualche secondo e poi assalii Antonio direttamente da dietro la schiena, quasi facendolo cadere a terra. Non ci voleva nemmeno un sottotitolo per descrivere la sua faccia.
-Porca miseria, Francesco!- esclamò, scontroso sebbene colto di sorpresa, -la smetti di fare lo stronzo?-
-Scusa Antonio- dissi con tono per niente dispiaciuto, unito ad un sorrisetto bastardo, -me lo ricorderò la prossima volta-
Gli altri sghignazzavano senza ritegno.
-Piantatela voi- ringhiò Antonio nella loro direzione.
-Eddai- feci, passandogli bonariamente un braccio attorno alle spalle, -goditi la bella vita per un po', non ne avremo ancora per molto-
-Francesco Il Filosofo- mi schernì, mentre le risate di sottofondo andavano attenuandosi, -tu ne hai anche troppi di svaghi-
-So gestire il mio tempo- risposi con naturalezza, alzando le spalle, -tu invece dovresti uscire di più da quel cunicolo di casa tua-
-Ehi, solo perché non vado a rimorchiare ragazze come te non vuol dire che non mi goda la bella vita- fece, un po' seccato nonostante avesse capito che scherzavamo.
-Non sono io a rimorchiare ragazze- replicai, sfilando una sigaretta dal pacchetto che uno dei nostri mi porgeva, senza dire niente, lasciando parlare i gesti, -sono loro che cercano me-
-Ah, guardate signori, Francesco Il Magnifico Conquistatore- commentò Antonio con un gesto plateale del braccio, mentre io gli lanciavo uno sguardo da sotto le sopracciglia senza rialzare il viso dal livello a cui l'avevo portato, per far accendere la sigaretta sull'accendino, -dimmi, come te la passi con Bianca?- fece poi con un sorrisetto.
Mi bloccai di colpo.
-Che vuoi dire?- feci, abbandonando le vesti scherzose.
-Andiamo, sappiamo tutti che te la sei scopata- rispose, senza variare tono.
-E cosa te lo fa pensare?- lasciai trapelare una soffiata di fumo dalle labbra, guardandolo serio in volto.
-Sai com'è, voci che circolano... I corridoi sono pieni di malintenzionati che si lasciano volontariamente sfuggire qualcosa...- si finse vago, con ancora quel sorrisetto bastardo sulle labbra.
Sembrava divertirsi un mondo a prendermi per il culo. Ma io no.
-Ehi, stammi a sentire- lo richiamai, accennando fermamente un passo, -prova a ripetere quello che hai detto e giuro che ti sfondo il culo a calci, è chiaro?-
-La prendi sul serio allora- sorrise ancora, in quel modo che ti fa venire una dannata voglia di spazzargli via il sorriso con un pugno ben assestato.
Mi limitai a stare fermo, in silenzio, con uno sguardo assassino.
-Allora è vero- si rivolse agli altri, -se l'è davvero scopata. Ragazzi, abbiamo una nuova comparsa sulla lista delle sbattut...-
Non ebbe il tempo, né l'opportunità di finire la frase perché lo avevo già scaraventato sul muro con un pugno sulla spalla, assestandogli bene il colpo.
Lo bloccai sul muro con decisione:
-Senti stronzo- ringhiai quasi, in un sussurro sinistro, -vedi di chiudere quella cazzo di bocca se non vuoi che ti meni come si deve. Prova soltanto a chiamarla ancora con quel nome e io ti giuro, credimi, che non ti rivedrà nessuno più in strada, è chiaro??-
-Ma che cazzo fai?!- alzò la voce, dolorante per il mio colpo, -Si può sapere che cazzo t'importa di lei?? La stai solo usando, non dirmi il contrario. Lo sappiamo tutti qui-
-Ti sbagli- mollai violentemente la presa, provocandogli un dolore ai polsi, -e non sai quanto-
-Calmo Francesco- tentò di placarmi uno dei nostri, avvicinandosi; sentii la sua mano sulla mia spalla.
-Sai com'è Antonio... fa sempre a modo suo-
-Dovrebbe imparare a fare anche a modo degli altri, quando il suo non è richiesto- commentai sprezzante, lanciandogli un'occhiata prima di voltarmi di spalle.
-Insomma, si può sapere che ti prende?- chiese poi, dandomi tempo di sedermi su un muretto in pietra; gli altri mi osservavano incuriositi.
-Dovreste farvi i cazzi vostri- risposi gelidamente, chiudendo la questione sul nascere.
Antonio si massaggiava la spalla dolorante.
-Cazzo Francé, mi hai beccato proprio sull'osso...- si lamentò, buio in volto.
-Ti sta bene- dissi tagliente, -e sappi che questo è solo un assaggio se continuerai a dire quelle stronzate, è chiaro??-
I ragazzi mi fissavano in silenzio.
-Ti è caduta la sigaretta- commentò poi Lorenzo, che aveva parlato prima.
-Non mi frega- risposi, -non la voglio-
Dal silenzio che seguì capii di avere gli occhi di tutti incollati a me, ma non me ne curai: meglio essere stronzi che piegarsi alle dicerie altrui.
Dopo il giusto tempo che gli ci voleva per convincersi, Antonio riprese la parola.
-Ehi- disse, apatico. Mi limitai a sollevare lo sguardo.
-Non volevo fare lo stronzo della situazione- disse poi.
-È apposto. In questo periodo me la prendo con chiunque mi innervosisca più del dovuto- ribattei dopo un po', con tono risoluto ma di nuovo più cordiale.
-Fa niente- mi confortò; mi pose una mano sulla spalla.
-...ma te la sei davvero scopata?- fece poi, abbozzando un sorrisetto sghembo.
Stavolta gli avevo dato un sorrisetto.
-Senti, Francesco- mi richiamò poi, abbassando la voce, -forse non dovrei dirtelo... ma... beh è vero-
-Che cosa?- m'irrigidii, interessato ma provando un certo senso di allarme. Niente di buono.
-Quello che ho detto prima. Sai, le voci malintenzionate... È stata Carlotta. Ho sentito parlare le ragazze all'uscita del bagno, hanno fatto il suo nome. Da lì ho saputo che...-
Lasciò in sospeso il discorso; capii subito a cosa si riferisse, realizzando la situazione.
-È stata Carlotta?- ripetei.
Fece un cenno di testa, indicando la strada.
-Dovrebbe essere laggiù, al bar. L'ho vista entrare prima che tu arrivassi- continuò.
Zoccola che non è altro...”
Mi rialzai e mi diressi oltre di lui, sentendo la sua voce richiamarmi quasi subito:
-Non fare stronzate- mi disse, -torna qua-
Scordatelo”, pensai, “le zoccole vogliono essere pagate subito. E io sto andando a pagarla”
Entrai nel bar, cercando Carlotta quasi immediatamente con lo sguardo.
Eccola là.
Al tavolino del bar, con un'altra ragazza. Ridacchiava e chiacchierava con lei.
Hai fatto presto a dimenticare Bianca...” pensai.
Mi avvicinai a loro, calmo, senza fretta.
Quando si accorse della mia presenza Carlotta alzò gli occhi, guardandomi nel frattempo che mi avvicinavo al tavolino.
-Buongiorno ragazze- sfoderai un sorriso ammiccante, abbassandomi al loro livello.
-Ciao...- mormorò imbarazzata la ragazza di fronte a Carlotta, un po' disorientata. Carlotta al contrario sembrava disinvolta.
-Ciao Francesco- fece, sciolta, -come mai ci degni della tua presenza?-
Diedi un lieve sorriso alla ragazza prima di rivolgermi a Carlotta stessa.
-Un po' di tempo... tu invece? Niente libri oggi?-
-I libri possono aspettare...- ammiccò con un lieve sorriso.
-Mi dispiace chiedertelo- tornai a guardare per un istante la ragazza seduta di fronte a lei, -ma la tua amica potrebbe aspettare anche lei? Solo per un po'...-
Le sorrisi, come per farle intendere che in realtà non era davvero d'intralcio; mi sorrise a sua volta, con un sorriso di circostanza ma ancora imbarazzata.
-Perché?- fece Carlotta, girandosi per parlare a tu per tu.
-Andiamo...- sussurrai guardandola negli occhi, - ci metterò solo un minuto...-
Le portai l'indice sotto il mento, con fare malizioso.
Sorrise ammiccante, e tornò a guardare la ragazza.
-Puoi aspettarci un secondo?- chiese, alzandosi.
-Certo- rispose lei, chiedendosi forse ancora chi diavolo fossi.
Mi rialzai dal tavolo, facendole un leggero occhiolino prima di andarmene; sembrò imbarazzarsi ancora di più, mentre sorrideva cercando di nascondere gli angoli delle labbra piegate a scoprire i denti.
Uscii dal bar con Carlotta, fermandomi accanto al muro.
-Allora- si parò davanti a me, con aria di sufficienza, -che vuoi?-
-Niente- mormorai, spostando lo sguardo sul suo viso.
-Niente?- ripeté, beffarda.
-Beh- ammiccai, -in realtà c'è qualcosa che voglio chiederti...-
Mi feci più vicino a lei, riducendo notevolmente le distanze.
-Ah ha?- fece, inducendomi a parlare ancora, mentre mi osservava le labbra.
-Volevo sapere...- continuai a bassa voce, -se sei così dura come dai a vedere...-
-Che vuoi dire? “Dura”? Mi hai preso per un pezzo di cioccolato?- ridacchiò ironica.
-Forse... solo se decidiamo che il cioccolato non è così dolce e appagante quanto lo sei tu...- portai le dita fra i suoi capelli accanto al viso, giocherellando con la sua ciocca con lentezza.
-Appagante...?- ripeté, con uno strano sguardo.
-Ah ha...- sussurrai impercettibilmente.
-Sei piuttosto audace mentre parli con una ragazza...- mi fece notare.
-Solo perché so che la ragazza a cui sto parlando interesso... Allo stesso modo in cui lei interessa a me...-
Diedi peso a queste ultime parole, accostandomi al suo viso.
-Ti interesso?- fece, un po' stranita stavolta. La sicurezza sembrava che stesse lentamente svanendo.
Perfetto.
-Credi che non ti veda, in classe?- continuai senza smettere di tenere lo sguardo basso, inducendola a spalmare la schiena al muro mentre mi avvicinavo a lei con il corpo, -credi che non sappia cosa vuoi?-
-...che cosa voglio?- mormorò, persa nelle mie parole e nel mio tono sensuale.
Era facile da smuovere quanto avevo immaginato.
-Vuoi che ti sbatta su questo muro e che cominci a leccare ogni centimetro della tua pelle...- sussurrai con voce roca, soffiando le parole sul suo collo.
Il gesto ebbe l'effetto desiderato: sentii Carlotta cedere sotto di me.
-So che lo vuoi...- sussurrai ancora; portai le mani sui suoi fianchi, facendole scivolare sulla circonferenza del suo corpo e scendendo qualche centimetro più sotto.
-E tu cosa vuoi?- si sforzò di domandare, ma la sentivo già succube al mio corpo e alle mie parole.
La guardai intensamente negli occhi, per poi spostare lo sguardo sulle sue labbra.
Con un gesto quasi scattante portai le labbra sul suo collo, spostandomi su di esso a piccoli tocchi, quasi a farmi desiderare ancora; le sue mani si strinsero sulle mie spalle. Feci scivolare le mani sul suo sedere, stringendo i palmi attorno alle sue natiche, mentre mi permisi di stamparle un bacio languido sul suo collo. Stava cedendo.
-Teresa è rimasta dentro- mormorò, volgendo lo sguardo al bar, -non posso lasciarla lì da sola...-
Solo allora mi staccai da lei, riprendendo le distanze.
-È la stessa cosa che hai detto di Bianca?- feci, tornando ad avere un tono fermo e più incisivo, -è questo quello che hai provato quando l'hai abbandonata?-
Mi guardò perplessa, sorpresa e incerta allo stesso tempo.
-Cosa...-
-Cosa sto dicendo? Sai bene cosa sto dicendo- dissi, -Credi che non lo sappia? Credi di poterla trattare come un cagnolino come e quando cazzo ti pare? Puoi trattare lei così- accennai con il viso all'interno del bar, guardandola con disprezzo, -ma non Bianca-
-È così allora- disse, guardandomi con lo stesso disprezzo, -hai solo finto...-
-Sì- confermai, sentendomi come liberare da un peso non appena pronunciai quella parola, sicuro di aver rivelato infine le mie vere intenzioni, -e sarei pronto a rifarlo, se dovessi tornare indietro-
-Non ha le palle per parlarmi di persona? Ha mandato te, il suo scopatore notturno, per dirmelo?- si mostrò inflessibile, altezzosamente.
Il mio sguardo si fece più penetrante, come gli occhi di un rapace.
-Non mi sembra che hai dimostrato di avere le palle poco fa, quando di toccavo il culo- l'istigai, tagliente.
Mi guardò come un gatto a cui hanno pestato la coda.
-Prova a farle ancora qualcosa e giuro che sarà l'ultima cosa che farai- dissi con tono deciso.
La guardai freddamente negli occhi.
Dopo qualche istante mi tirai indietro.
-E se le dicessi che mi hai sedotta, credi che si fiderebbe ancora di te?- mi rispose a tono, mentre mi stavo già per allontanare.
-Io non ti ho sedotta- dissi freddamente, -sei tu che hai scelto di fare la puttana-
Detto questo me ne andai, tornandomene da dove ero venuto.

 

Poco dopo essermene tornato a casa, dopo aver passato il resto del tempo con i ragazzi, sentii qualcosa premermi dentro di me. Forse era dovuto a quanto mi aveva detto Antonio poco tempo prima; non appena ero ritornato da loro si era mostrato per primo, intercettandomi a pochi passi dagli altri.
-Ma che sei andato a fare di là?- volle sapere interessato, mentre raggiungevamo i ragazzi.
-Una ripassata ad una certa troietta...- risposi ammiccante, lasciandomi poi andare ad un breve ridacchiare per sdrammatizzare.
-No- aveva fatto incredulo, - non dirmi che ti sei fatto anche Carlotta-
-Nah, ho già la mia ragazza. Ma non volevo che gironzolasse ancora intorno- risposi, sorprendendomi di quanto fosse stato facile dire “la mia ragazza”. Anche troppo. Come se ormai fosse nella routine. Mi ero abituato ad avere il cuore legato solo ad un'altra persona.
-Ah già, dimenticavo, il tuo cazzo è già fidanzato- fece lui con naturalezza, al che gli diedi una leggera spinta sul braccio, ridacchiando con gli altri.
-Dovresti avere anche tu una ragazza- scherzai, restando a tono finalmente di nuovo allegro.
-Giada non mi fila da un po' ormai- alzò le spalle vago.
-Chiedile un'uscita allora-
-L'hai fatto anche tu?-
Sorrisi, ma non risposi. Più che un'uscita avevo intrecciato un rapporto con Bianca facendo sesso...
Bianca. Solo a pensare a lei desideravo che fosse con me in quel preciso istante, per poterla baciare, sfiorare ed accarezzare ancora una volta, prima che quella giornata avesse fine.
Afferrai rapido il cellulare e inviai un messaggio.
Dormi?”
Pochi momenti dopo mi comparve la risposta.
Non senza di te”
Sorrisi.
Vengo a farti compagnia?”
Stavolta la sua risposta aveva un non so che di più preoccupato.
Sai che non puoi... se qualcuno ci beccasse insieme ti farebbero fare un volo dalla finestra”
Correrò il rischio”
Francesco ti prego... non farlo”
“Va bene piccola. Stavo solo scherzando...” la rassicurai, senza smettere di sorridere.
Era adorabile quando si preoccupava.
Sei già in pigiama o sei abbastanza presentabile per scendere sotto casa tua?”
Non vado a letto con le galline”
Questo lo so”
Immaginai il suo viso imbarazzarsi a quella frecciatina.
Sei già qui?” chiese poi.
Ti manco?” feci scherzoso.
Dai, sbrigati... non ho molto tempo...”
Lasciai in sospeso la conversazione, tornando in strada.
Non mi ci volle molto tempo che ero già davanti casa sua. Non appena mi vide accennò qualche passo per raggiungermi, mentre la osservavo con un lieve sorriso stampato sulle labbra.
Mi abbracciò forte, stringendomi a sé, e quando sentii i suoi capelli sfiorarmi il viso non potei fare a meno di ripensare a quello che era successo con Carlotta. I capelli di Bianca mi riportarono alla realtà, mormorandomi come una carezza che era ormai finito.
-Voglio vederti in pigiama...- mormorai dolcemente accanto al suo orecchio, al che lei mi strinse ancora.
-Strano, dopo avermi visto senza adesso vuoi anche il pigiama?- disse lei.
-Cercavo di essere delicato... subito passi al sodo, eh?- la punzecchiai.
-Solo con te- disse con voce dolce, appoggiandosi alla mia spalla.
Le accarezzai la schiena con le mani, tenendola a me, e chiusi gli occhi per un momento, per ricordarmi quel momento così spontaneo.
-Sicura che non possa salire un momento?- chiesi poi, spostando la testa.
Mi accarezzò la clavicola, sorridendo leggermente.
-Non sono sola...- rispose.
-Allora farò in modo che ti ricorderai di me stanotte, anche se sei sola soletta in quel letto...- dissi affabilmente, avvicinandomi lentamente alle sue labbra.
Spostò lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra per qualche secondo prima di abbandonarsi su di esse; la baciai con un trasporto intimo, con molte riprese, senza mai staccare le labbra.
La portai sul muro accanto a lei e approfittai della posizione per intensificare il bacio, aspettando pazientemente il momento giusto per approfondirlo introducendo la lingua nella sua bocca, accarezzando la sua con dolcezza. Si staccò dalle mie labbra, ancora persa nel bacio.
-Voglio dormire con te...- mormorò, stringendosi al mio petto.
Le cinsi le spalle con un braccio.
Lo sguardo mi cadde sull'orologio: le sette e mezza quasi passate. Potevo avere ancora una possibilità.
-Se ti portassi nella mia macchina e ti tenessi sotto custodia per un po' i tuoi penserebbero che ti abbia sequestrata?- sorrisi, scostandomi da lei per guardarla in viso.
Le sfuggì un sorriso; bene, avevo la mia possibilità.

  
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