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Autore: LonelyWolf    27/04/2013    2 recensioni
La protagonista della storia si chiama Basma, ed è una ragazza di 16 anni che vive in Arabia Saudita.
Basma, stanca dell'opprimente insistenza del padre, che vuole a tutti i costi organizzare la vita dei suoi sette figli, decide di scappare di casa, senza alcuna meta, affidandosi alla saggezza di Allah, che saprà guidarla verso le giuste direzioni. Non sarà però un viaggio semplice il suo, infatti si imbatterà in un soldato Italiano, Giuseppe, che riesce a fuggire dopo 2 anni di prigionia in Iraq, a cui Basma salva la vita. Insieme decidono di dirigersi in Egitto, in modo che Giuseppe possa raggiungere l'Italia e tornare a casa, mentre per Basma l'Egitto rappresenta un nuovo ambiente, molto stimolante, nel quale vivere. Tra i due ragazzi nasce del tenero durante il viaggio. Questo nuovo amore però risulterà possibile tra due persone così diverse?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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   Il beduino si alzò e si asciugò le guance, quelle di Basma erano ancora umide. Lo stomaco le faceva malissimo per il calcio che si era beccata un paio di minuti prima, mentre cercava di placcare il beduino, in preda ad una crisi omicida.
L’uomo si era allontanato a piedi, e a Basma non importava nemmeno dove fosse diretto, aveva lasciato il fucile per terra, quindi non sarebbe andato a uccidere quell’uomo.
Basma rimase in ginocchio per terra, a fissare un punto fisso tra le sue gambe, senza riuscire a capacitarsi di ciò che era successo. Voleva credere che si trattasse di un incubo, voleva risvegliarsi nella stanza del funduq, ma in cuor suo sapeva che tutto era realmente avvenuto.
Aveva passato le sue ultime ore in compagnia di un razzista omicida, che non si sarebbe fatto scrupoli ad uccidere un altro uomo anche di fronte un testimone, una donna.
Si chiese se veramente, in tutti i suoi sedici anni, non avesse vissuto in una campana di vetro. I suoi genitori l’avevano sempre tenuta fuori da questo genere di cose. Suo padre era un uomo burbero, che perdeva facilmente la pazienza, ma professava la pace in tutte le forme, mentre adesso, si era trovata faccia a faccia con la morte, si era trovata davanti a un uomo con gli occhi iniettati di sangue, ma la cosa peggiore era che tutto era stato causato da un colore, da uno stupido colore di pelle.
L’uomo è grande, e grosso, e domina la Terra, è la creatura più intelligente e sviluppata del mondo, si dice, eppure diventa minuscolo e insignificante quand’è schiavo delle paure, dei vizi, dei sentimenti. Per quanto la vista di un uomo possa essere perfetta, l’odio può accecarlo improvvisamente, e farlo diventare servo.
Ebbe paura. Paura perché non conosceva sé stessa, paura perché non sapeva di cosa era schiava.
Voleva diventare cittadina del mondo, e adesso lo era, solo che il mondo sembrava molto più sporco adesso. Quando le notizie si leggono, o si sentono da lontano, non si può minimamente immaginare la loro grandezza, solo sono una o due pagine di un quotidiano, e non esiste parola che possa descrivere il suo stato d’animo. Non è solo spaventata, o solo inorridita, non è solo schifata, non è solo delusa, non è niente di tutto ciò, ma è molto, molto di più.
E poi che buffa era la vita, impieghi nove mesi per nascere e poi basta incrociare la persona sbagliata per strada, per poter morire.
Il rumore di passi del beduino attirò la sua attenzione, riportandola alla realtà. I suoi occhi si aprirono come fari luminosi, quando lo vide condurre in braccio quello stesso uomo che aveva cercato di uccidere poco prima. Lo sdraiò per terra, era privo di sensi, ferito e sporco di sangue, gli abiti erano logori e strappati.
Senza sapere come, ritrovò la forza di alzarsi, di correre per prendere una borraccia d’acqua e gliela versò dolcemente sul viso per pulirlo, poi su un panno che gli avvolse sulla testa.
Poggiò il suo orecchio al petto di lui, temendo il peggio.
“Respira ancora, è vivo.”
Gracchiò il beduino, con aria di disprezzo.
Basma non gli rispose, non riusciva neanche a guardarlo in faccia, figurarsi se voleva parlargli.
Guardò attentamente l’uomo, aveva la carnagione abbronzata, ma i suoi corti capelli castano chiaro lo ingannavano. Le finissime sopracciglia erano diventate bionde, aveva il setto nasale rotto e le labbra ben definite rosee. Il suo bel viso era stato sfigurato da armi da taglio e pugni. Versò ancora acqua su un altro panno chiaro e lo passò attentamente e molto delicatamente sul viso, poi gli lavò le braccia e il petto.
Era molto magro, gli si vedevano le costole.
Si chiese come si fosse ridotto in quello stato, ma ogni ipotesi che poteva azzardare restava tale, solo un’ipotesi, niente di certo. Per quale motivo allora tentare di tirare a indovinare?
Cercò di spostare l’uomo bianco verso l’ombra generata dalla carrozza, ma era troppo pesante per lei. Il beduino la guardava faticare, ma non si era mosso di un centimetro.
“Potresti aiutarmi?”
Gli chiese infine, con tono acido e seccato. Si aspettava una negazione o una risata di scherno, ma l’uomo si alzò senza fiatare e prese nuovamente  il ferito in braccio, poi lo poggiò sopra una coperta che Basma aveva disposto per terra all’ombra.
“Credo sia meglio lasciarlo riposare. Non puoi fare niente.”
Basma annuì, in silenzio.
“Non immagini quanto mi dispiaccia.”
“No, non lo immagino.”
Le sue fredde parole lo spiazzarono.
“Tu non puoi capire, non sai…”
“Non so cosa?”
E questa volta Basma lo stava guardando, e provò un’immensa rabbia, una rabbia che non aveva mai provato prima.
“E chi è Aidha?”
Chiese, senza neanche un motivo. Gli occhi del beduino diventarono lucidi.
“E’ mia figlia. La mia unica figlia.”
Disse singhiozzando, combattendo con sé stesso per non piangere.
“Ero sposato, e avevamo una figlia, Aidha. Lei era bella, più che bella, e molti ragazzi mi chiesero la sua mano, ma lei non accettava nessuno, nessuno. Solo un giorno, era Maggio, lei venne da me e mi disse che si era innamorata, ed io ero pieno di gioia, la mia bambina si era finalmente innamorata e… E quello era un ragazzo francese. Io non volevo che lo sposasse, io sapevo che me l’avrebbe portata via, ma lei mi promise che non sarebbe mai accaduto. E poi invece un giorno venne da me e mi disse che voleva andare con lui a Parigi. A Parigi! Mi disse che sarebbe tornata a trovarci presto, ma non la vidi più. Mi scriveva ogni mese, ma le lettere non bastavano. Mia moglie poi si ammalò e morì. Ma io lo so che l’unica cosa che la uccise fu il dispiacere, morì di crepacuore. Mi ritrovai improvvisamente solo, e allora in preda alla rabbia le scrissi l’ultima lettera, dicendo che sarei partito, che non avrei mai più fatto ritorno in Egitto, le dissi che per me non significava più nulla, che era morta. E non c’è giorno in cui io non pensi a lei, a lei e a mia moglie. Se solo quel pallido non me l’avesse portata via, lei sarebbe con noi, e mia moglie sarebbe ancora viva! Tutta colpa di quel francese. Ogni volta che vedo un uomo bianco ripenso a lui, all’uomo che ha distrutto la mia vita, e convertito la mia bambina. E’ diventata cristiana, capisci? Ha abbandonato ogni nostro ideale, ha dimenticato il suo passato, ha dimenticato noi. La mia Aidha.. Che però, ironicamente, non ha fatto più ritorno…*”
Basma era spiazzata dalla triste confessione che quell’uomo le aveva fatto. Chi avrebbe mai detto che un uomo burbero come quello in realtà celasse un’anima in pena?
Si sentì un’idiota per tutte le cose brutte che aveva pensato di lui, e, anche se quella storia non giustificava il suo comportamento, decise che era arrivato il momento di dargli un po’ di tregua.
Gli si avvicinò e gli porse un panno per farli asciugare occhi e naso.
“Ti va di parlarmi di Aidha?”
Gli chiese con un dolce tono di voce, e poté vedere illuminarsi gli occhi di quell’uomo che non se lo fece ripetere due volte, e cominciò a raccontare della nascita di Aidha, delle sue prime parole, dei suoi ottimi voti a scuola, della sua passione per la sartoria, di come si cuciva da sola i vestiti e di tutto ciò che gli passava per la mente. Basma non poté fare a meno di chiedersi se non aveva inflitto al padre lo stesso dolore che Aidha aveva arrecato al padre dopo essere scomparsa dalla sua vita.
Si sentì triste al pensiero, e decise di scrivere una lettera ai genitori, giusto per far sapere loro che stava bene e che non dovevano preoccuparsi.
Il discorso del beduino fu interrotto da alcuni gemiti dell’uomo bianco.
“Credi che stia riprendendo conoscenza?”
Chiese Basma al beduino, che però alzò le spalle.
Basma si avvicinò all’uomo e gli sedette affianco, aiutandolo a sedersi.
Quando l’uomo aprì gli occhi indietreggiò istintivamente, parandosi il viso con le mani, aveva un’espressione di terrore dipinta in viso.
“Izzayak*?”
Gli chiese Basma, porgendogli un panno umido, ma l’uomo per tutta risposta le allontanò la mano, facendo cadere il panno per terra.
Basma si voltò a guardare il beduino, a cui era tornata la solita espressione seria e severa.
“Ismi Basma, ismak e*?”
Chiese nuovamente all’uomo, confuso e spaventato.
“Enta betekallem Arabi?”
Chiese ancora, cercando di farsi capire per poter instaurare un dialogo con lo sconosciuto.
“E’ inutile, non credo capisca la nostra lingua.”
Affermò Basma alzandosi, dirigendosi verso il beduino, ma prima che potesse muovere il primo passo si sentì tirare la veste. Guardò l’uomo che le faceva cenno di abbassarsi.
“She… Shewaya*.”
Aveva detto infine, con voce roca, poi tossì e Basma si affrettò a versargli dell’acqua. L’uomo la prese per le spalle e l’abbassò di forza fino alla sua altezza e cercò i suoi occhi dietro il velo. Basma lo capì e si voltò di scatto, imbarazzata. Suo padre le aveva insegnato che poteva mostrare il suo aspetto solo ai familiari più intimi, ovvero al padre, ai fratelli, al marito e ai figli. Nessuno doveva vedere il suo corpo, se anche i cittadini più moderni permettevano alle figlie di indossare veli più scoperti come il Niqab che lascia scoperti gli occhi o lo Shayla e l’Hidjab che lasciano scoperto tutto il viso, suo padre era irremovibile, ogni donna della sua famiglia doveva portare il burqa, dovevano preservare ogni centimetro del loro corpo.
“Ismi Giuseppe,  ana Itali. Elhauny*”
Gli occhi di quel ragazzo erano diventati lucidi, la sua voce era strozzata, lasciò andare Basma e si portò le mani al viso, cercando di nasconderlo.
“Hai sentito? E’ un italiano.”
“Ho sentito. Cosa ci fa qui allora?”
“Vuoi che glielo chieda adesso? E’ piuttosto scosso e credo capisca solo metà delle cose che dico…”
“Soldato… Prigioniero… Iraq”
Disse Giuseppe improvvisamente, alzandosi in piedi e aggrappandosi alla carrozza per non cadere.
Basma lo afferrò e guardò il beduino.
“Hai capito la stessa cosa che ho capito io?”
Gli chiese disperatamente, sperando di aver frainteso.
“Hai capito che è un soldato Italiano fatto prigioniero in Iraq? Perché io ho inteso questo. Se qualcuno ci scopre pagheremo delle conseguenze, Basma, devi subito lasciarlo andare.”
“Ma vuoi scherzare? E’ solo, non parla bene la nostra lingua ed è lontano da casa. Dobbiamo aiutarlo!”
“Io non devo fare proprio niente, e neanche tu…”
Gli occhi di Giuseppe balenavano da Basma al beduino, cercando di capire qualcosa di ciò che si stavano dicendo.
“Come puoi abbandonarlo qui? E se avesse una famiglia? Chissà da quanto è prigioniero qui, magari lo credono morto, abbiamo il dovere morale di dargli asilo.”
“No, no, no, no, non mi convincerai. Io adesso prendo il mio cammello e la mia carrozza e mi dirigo nuovamente verso Hafar Al Batin, ho già perso troppo tempo. Ti conviene spiegargli la situazione e riprendere tutte le tue cose, prima che faccia buio, oppure…”
“Io non verrò con te.”
Calò immediatamente il silenzio, sia il beduino che Giuseppe stavano guardando la ragazza, al centro tra i due.
“Te l’ho già detto, è Allah che mi sta guidando, se mi ha fatto incontrare questo pover’uomo e mi ha dato la forza di convincerti a non ucciderlo, adesso so per certo che il mio ruolo è quello di assisterlo. Tu va pure se devi, ma io resterò qui con Giuseppe, e so che troverò un modo per riaccompagnarlo a casa.”
“Vuoi andare in Italia con lui? E’ questo che vuoi?”
“No, ma da solo non può farcela. Lo accompagnerò fin dov’è necessario.”
“Egitto.”
Sibilò Giuseppe, guardando Basma.
“Devo andare Egitto. Alessandria.”
Basma lo guardò attentamente. Egitto…
“Egitto.”
Ripeté a bassa voce. Poi sorrise.
“Chiamami pazza, ma se questo non è un segno divino allora non so davvero cos’è.”
“Basma non andare! Come sai di poterti fidare?”
“Non lo so. Non lo sapevo neanche con te, chiamalo istinto.”
“Non è la stessa cosa, probabilmente ci sono soldati Iracheni che gli stanno dando la caccia, se vi troveranno… Non oso immaginare cosa ti faranno.”
L’istinto paterno di quel beduino era di nuovo uscito fuori, cercava di proteggerla, lo sapeva, ma sapeva anche che andare con Giuseppe era la cosa giusta da fare.
“Apprezzo il tuo interesse, ma ho preso la mia decisione. Ti ringrazio di tutto, ma le nostre strade si dividono qui.”
“No, devo trovarti almeno un passaggio. Non ti lascerò sola con questo tizio, non mi piace. Vi accompagnerò ad Ha’il, sono circa altre sette ore di strada, ma da lì sarà più facile trovare un passaggio verso nord-est.”
“Come vuoi. Sarà meglio mettersi comodi allora. Quanto ti devo per questo passaggio?”
E il beduino fece il suo solito sorrisetto, quello dei soldi.
“Questo giro lo offre la casa.”
 
*Izzayak?-Come stai?
*Ismi… - Il mio nome è…
*Ismak e?- Come ti chiami? (Per gli uomini)
*Enta betekallem Arabi? Parli arabo? (Per gli uomini)
*Shewaya-Un po’
*Ana Itali- Sono Italiano
*Elhauny- Aiuto
 
 
  
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