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Autore: Ely82    27/04/2013    6 recensioni
Quale Twilighters, leggendo Breaking Dawn, non si è chiesta almeno una volta quali siano stati i pensieri di Edward durante il periodo della gravidanza di Bella. Cosa succedeva in casa Cullen mentre Jacob non era con loro.
Attraverso questo racconto sapremo tutto quello che non abbiamo mai letto. Sentiremo il dolore di Edward, la sua disperazione, la sua determinazione. Il suo amore per Bella. Dal ritorno a Forks, dopo la scoperta della gravidanza fino al risveglio di Bella. Tutto ciò che è stato originariamente raccontato dal punto di vista di Jacob sarà in questa storia raccontato dal punto di vista di Edward.
E finalmente sarete voi, per una volta, ad entrare nella sua mente e a condividere le sue emozioni.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Breaking Dawn
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Eravamo in aereo diretti all’aeroporto di Seattle, dove la mia famiglia ci stava aspettando. Dopo quello che Bella aveva detto a Carlisle, erano tutti in agitazione, tutti curiosi di capire come una cosa del genere fosse potuta succedere: Bella era incinta.
Più cercavo di dare un senso a quello che i miei occhi avevano visto e più mi rifiutavo di accettare l’evidenza. Qualcosa, qualcosa probabilmente di mostruoso, stava crescendo velocemente dentro di lei. Come potevo essere stato così stupido! Avrei dovuto essere più preparato, avrei dovuto chiedere, documentarmi: ma su cosa? C’era mai stato un caso come il nostro nella storia? Le donne vampiro non potevano concepire, questo lo sapevo, ma come potevo immaginare che per gli uomini fosse diverso? L’unica cosa a cui avevo pensato, su cui mi ero concentrato era non far del male a Bella durante la nostra luna di miele, ed invece avevo fatto molto di peggio! Ero davvero un mostro.
Bella era accanto a me, la tenevo stretta tra le braccia. Non parlava. Non aveva dettoon parlava. Non disse nemmeno una parola per tutto il viaggio. Teneva le mani sul ventre e lo sguardo rivolto verso il basso. Mai come il quel momento avrei voluto poter leggere nella sua mente.
Doveva odiarmi. Doveva essere terrorizzata per quello che le stava capitando. Avrei voluto rassicurarla, dirle che sarebbe andato tutto bene e che Carlisle si sarebbe preso cura di lei appena arrivati a Forks e, soprattutto, che le avremmo tirato fuori quella cosa che la stava facendo soffrire. Eppure, non dissi niente. Non riuscivo ancora a parlare con la giusta calma. Nel tono della mia voce avrebbe sicuramente colto l’angoscia e il dolore che provavo in quel momento. Qualsiasi cosa facessi, finivo sempre per farle del male: ovvio, ero io il male.
Tornai con la mente a quando l’abbandonai, con la speranza di regalarle una vita da umana, semplice, tranquilla e, soprattutto, lontano da me. Pensare a quei momenti mi procurava sempre un dolore enorme, insopportabile, ma era niente in confronto a quello che stavo provando in quel momento.
Avrei dovuto essere più forte allora, meno egoista. Sarei dovuto restarle lontano e permetterle di innamorarsi di qualcun altro: qualcuno tipo Jacob Black. Lui avrebbe potuto proteggerla, l’avrebbe amata e l’avrebbe resa felice. Lui non l’avrebbe ridotta nello stato in cui si trovava ora. Non era umano, ma non era nemmeno un mostro come me.
Qualsiasi cosa a cui cercassi di pensare, non faceva che farmi sprofondare sempre più nella disperazione: immaginarla sposata e felice con Jacob non era certo un modo per stare meglio, ma per lei sarebbe stata la cosa migliore. Purtroppo però non ero stato così altruista, ero stato debole e avevo deciso di riprendermela perché senza di lei niente della mia vita avrebbe avuto più senso: perché lei era la mia vita. Avevo insistito per sposarla, le avevo promesso di trasformarla: sempre e solo per puro egoismo.
Le accarezzai i capelli e lei alzò appena gli occhi verso di me. Il suo sguardo era indecifrabile. Quanto stava soffrendo? Cosa potevo fare per aiutarla? Mi avrebbe perdonato?
«Come stai?», le chiesi con un filo di voce.
«Sto bene, non preoccuparti.»
Lei però era preoccupata, terrorizzata, questo era facile leggerlo nei suoi occhi. Come darle torto. Aveva un ritardo di cinque giorni e sembrava essere già incinta da almeno tre mesi. Il rigonfiamento sul suo ventre era evidente e aveva detto di aver già sentito quell’essere muoversi. Non riusciva a dormire bene, era sempre affamata e aveva nausee continue. Avrei dato qualsiasi cosa per avere un figlio da lei, ma  non così, non a queste condizioni, non in questa vita!
La strinsi ancora più forte a me. Troppo forte perché d’improvviso si dimenò per liberasi dal mio abbraccio e afferrò appena in tempo il sacchetto avanti a sé, attraversata da un altro attacco di nausea. Rimasi impietrito, con le braccia a mezz’aria, a guardarla mentre faceva sforzi sovraumani. Tutto ciò che mangiava lo vomitava, non aveva tregua. Serrai le mascelle e i pugni. Avrei avuto voglia di alzarmi e distruggere l’aereo, staccare le poltrone una ad una e scagliarle contro le pareti, avrei ucciso… avrei perfino ucciso se fosse servito ad alleviare quell’insopportabile sofferenza.
Bella si voltò verso di me. I suoi occhi erano lucidi, il suo viso rosso e sudato. Sembrava mi stesse supplicando di aiutarla e a me sembrò di morire per la seconda volta.
«Cosa posso fare?» le chiesi con voce disperata.
«E’ solo l’aereo che mi da fastidio, vedrai che appena arriviamo mi passa.»
Stava cercando di tranquillizzare me? Leggevo il terrore nei suoi occhi, specchio dei miei, angosciati e tormentati. Le accarezzai il volto e il contatto freddo della mia mano la fece tremare. La ritirai immediatamente, ma lei la riprese e se la posò sulla fronte e sulla nuca.
«Già va meglio, vedi?», mi disse cercando di sorridere, ma senza convinzione.
La ripresi tra le braccia, dosando meglio la forza questa volta, e lei chiuse gli occhi.
Finalmente l’aereo iniziò le manovre per l’atterraggio. Il volo mi sembrò interminabile. Volevo solo riportarla a casa e rimediare a quello che avevo fatto. Abbassai d’istinto gli occhi sulla pancia di Bella. Cercai di immaginare cosa stesse crescendo lì dentro, che tipo di creatura. Quanto era pericolosa per lei? Quanto tempo ci avrebbe concesso per tentare di salvarla? Chissà se troverà il coraggio per perdonarmi? Chissà se io troverò mai il coraggio per perdonare me stesso?
 
L’aereo atterrò ed io e Bella scendemmo dall’aereo. Volevo prenderla in braccio fino alla macchina, ma volle camminare da sola: voleva mostrarsi forte, pensai. Mi permise almeno di sorreggerla con un braccio intorno alla vita finché non vedemmo spuntare da lontano le sagome di Carlisle e del resto della mia famiglia. Fui immediatamente sopraffatto dalle loro ansie, dalle loro preoccupazioni, dalla loro angosce. Tutti pensavano a Bella e a come sistemare quello che era accaduto. Tutti, tranne Rose. Lei era concentrata sul…bambino…così lo vedeva. Lei voleva proteggere quella cosa che stava tormentando mia moglie!
In quello stesso momento, nel giro di pochi secondi, Bella si liberò dal mio abbraccio, mi guardò fugacemente come a scusarsi per qualcosa che stava per fare e corse via proprio tra le braccia di Rosalie!
«No!!!», gridai cercando di riafferrarla, appena collegai i pensieri di mia sorella al comportamento di Bella. «Stai lontano da lei!», le ringhiai addosso.
«E’ lei che lo vuole!», mi urlò contro Rose, mettendosi davanti a Bella.
«Non avrai quel bambino, puoi scordartelo!»
Iniziai a tremare e mi misi in posizione di attacco: l’avrei assalita se fosse stato necessario.
«Edward no! Vi prego fermatevi! Sono stata io a chiamarla, la voglio accanto. Sta solo cercando di aiutarmi!», gridò Bella ponendosi tra me e Rose.
Cercai nella mente di Rosalie e degli altri una spiegazione alle parole insensate di Bella e la trovai nella mente di Carlisle:
L’ha chiamata al telefono mentre eravate ancora sull’isola. Bella vuole tenere il bambino e sapeva che Rose sarebbe stata dalla sua parte. Mi dispiace figlio mio”.
Sentii le ginocchia cedere sotto a un peso invisibile. Alzai lo sguardo attonito verso Rosalie e Bella.
«Bella ti prego…non sai quel che dici…», inizia a dirle implorante.
«Non voglio uccidere nostro figlio», mi rispose affidandosi all’abbraccio di mia sorella.
«Tu non capisci! E’ un mostro, ti ucciderà!»
La rabbia si impossessò di nuovo di me. Carlisle e Jasper si lanciarono su di me per trattenermi ed Emmet si avvicinò a Rosalie come per proteggerla da un mio eventuale attacco.
«Ti prego Edward, andiamo a casa. Ne riparleremo lì con più calma. Questo non è il luogo adatto, qualcuno inizia a guardarci in modo strano. Andiamo», mi disse Carlisle. Ma io lo sentivo appena.
Trascinarono, dentro l’auto, il mio corpo inerme. Ero pietrificato, sconvolto. Gli occhi fissati su Bella, che si teneva la pancia e che mi guardava implorante mentre anche lei veniva fatta accomodare in macchina con Rosalie, ovviamente, Emmet ed Esme.
Vedrai Edward, riusciremo a farle cambiare idea” – pensò Alice.
«Riesci a vedere la sua scelta?», le chiesi speranzoso.
«No, non riesco a vedere niente su di lei e non capisco perché! Chissà forse ci stiamo preoccupando troppo, forse…»
«No!», le ringhiai contro. «Non permetterò che quella cosa le faccia del male. Ha già sofferto abbastanza. Non riuscirei mai a sopportarlo.»
Il silenzio scese nell’auto, nessuno ebbe più il coraggio di parlare. Il mio sguardo doveva sembrargli spiritato, demoniaco, mostruoso.
Avrei fatto qualsiasi cosa per salvarla. Qualsiasi. Se significava uccidere Rose, e perfino Emmett, bene, lo avrei fatto, mi sarei battuto come mai prima di allora.  
   
 
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