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Autore: Ginger01    27/04/2013    2 recensioni
~ Nature
Dal prologo
Madre Natura aveva deciso, sarebbero stati creature nettamente superiori alle fate. I quattro bambini sarebbero stati la reincarnazione dei Quattro Elementi.
E quando scoccò la mezzanotte, quattro urli di neonati si sparsero dalle rispettive quattro città delle fate.
E quattro fasci di luce piombarono in quattro punti diversi della cittadina Californiana di Rose.
[Ispirata alla FanFiction di BiancaneveFG "Il Sesto Elemento - L'Oceano]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi qua, ebbene si: ci sono ancora.
Perdonate l'attesa c.c 
Ok, questo capitolo è piuttosto importante, spero vi piaccia :P
Ci vediamo in fondo! <3
Luna


 



Armaich
~Capitolo 8~
 

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Erano passati alcuni giorni dalla visita sottomarina. Josh cercava sempre di ignorare Belle mentre lei faceva finta di niente. I due ragazzi avevano evitato di fare domande a Laura circa le sue fasciature, sapevano che non ne voleva parlare e rispettavano la sua scelta.
I quattro non si parlavano più. Freddie era testardo e non si decideva a chiedere scusa a Belle che invece aspettava la richiesta di perdono del ragazzo. Laura seguiva come un cagnolino Isabelle, e ogni tanto andava da Louis, il suo ragazzo.
– Come va con Louie? – si decise a domandare Belle all'amica, durante la lezione di storia.
Lei storse la bocca – Sinceramente? Non tanto bene. L'ho beccato a provarci con una sua compagna di Biologia. – rispose a denti stretti.
Isabelle si morse un labbro: non ci voleva un'altra sofferenza nella vita di Laura. Non dopo Jacob.
Le mise una mano sopra la spalla – Tranquilla, chiarirete. – disse, sorridendole.
Laura le sorrise di rimando, poi tornò concentrata sul libro di Storia, cercando di non pensare al suo ragazzo. Quando la campanella suonò, fu proprio lui che si ritrovò davanti. Aveva uno sguardo affranto e due occhiaie molto profonde.
– Dobbiamo parlare. – le disse, girando la testa quando lei tentò di baciarlo.
Lei deglutì e annuì, con un'espressione degna di un fantasma. Vagarono per i corridoi alla ricerca di un luogo calmo in cui parlare. Finirono per ritrovarsi davanti allo sgabuzzino delle scope, vicino alle classi in disuso.
– Di...cosa volevi parlare? – domandò Laura, preoccupata, sebbene sapesse già la risposta.
Lui abbassò lo sguardo – Sta succedendo qualcosa, tra noi. E...Non mi piace. Ti sento troppo distante. E' successo qualcosa? – d'istinto la ragazza si portò le mani ai polsi, dove portava ancora i segni dell'ultima violenza subita dal fratello. Scosse la testa, nervosa – Nulla. –
– Ma dev'essere successo qualcosa: non eri cosi prima... – le disse, avvicinandosi e cingendole i fianchi.
Lei lo fissò intensamente negli occhi, mettendolo in soggezione. E lui non potè far altro che ripetersi quanto fosse bella. Le sfiorò una guancia – Louis...Io...Effettivamente è successo qualcosa. – una lacrima si fece spazio tra le sue lunghe e scure ciglia.
Lui le sorrise dolcemente, asciugandogliela – Di che si tratta? –
“Non ce la faccio.” pensò Laura, il cuore che le batteva all'impazzata. Prese un bel respiro e, con un coraggio di cui non conosceva natura, gli parlò a cuore aperto – Non possiamo stare insieme...Mi è successa una cosa, più grande di me, di cui non ti posso parlare. Una cosa che non ci permette di stare insieme. – le lacrime ormai le scendevano copiose dalle guance candide.
Gli occhi di lui sembrarono velarsi delle stesse lacrime – Ma... –
Lei lo baciò dolcemente, mettendoci tutto l'amore che provava – Io ti amo, ma non possiamo stare insieme. – disse, con un sorriso bagnato dalle lacrime salate. Gli accarezzò le guance prima di girarsi e correre vie, lasciando scie luminose dai riflessi rossi.

Laura entrò in classe affranta, i segni delle lacrime ancora sul volto, i capelli un po' scompigliati per la corsa, gli occhi arrossati.
– Mi scusi per il ritardo... – si giustificò, abbassando lo sguardo e portandosi una ciocca dietro l'orecchio.
L'insegnante di quell'ora, la signorina DuBois, insegnante di francese, visto il suo aspetto, sorrise dolcemente e la invitò semplicemente a sedersi.
Laura prese posto accanto a Isabelle, al loro solito posto accanto alla finestra.
La sua compagna la guardò un po' sconcertata. Ma ormai conosceva Laura, doveva evitare di domandare, quando si sarebbe sentita pronta gliene avrebbe parlato lei.
Cosi si limitò a stringere la mano dell'amica posata sul banco. Laura abbassò la testa, coprendosi il volto con i capelli corvini e, silenziosamente, cominciò a piangere, mentre fuori gocce d'acqua cominciavano a cadere dal cielo.

Josh Nuage non la finiva più di tormentarsi i capelli. Le sopracciglia corrucciate, cercava di seguire la lezione di trigonometria. Maledetto coseno e maledetta Isabelle. Era lei che lo distoglieva dalla realtà. Era lei che, con quel suo bel sorriso e quei suoi occhioni blu l'aveva rapito, l'aveva allontanato dalla realtà cruda del mondo, portandolo in uno illusorio chiamato da tutti come amore.
Ma dopo un po' devi svegliarti, ed era stata sempre lei, con lo sguardo impassibile dopo la sua dichiarazione ad averlo riportato alla realtà. E ora il suo volto gli tornava in mente, tormentandolo peggio delle locuste. “Perfetto, ho anche scatenato un temporale.” disse, fissando la pioggia che cadeva a catinelle fuori dalla finestra. L'insegnante l'aveva richiamato più volte, ma senza risposta alcuna – Nuage! Santo cielo! – gridò, ottenendo finalmente l'attenzione del ragazzo.
– Eh? Ha detto qualcosa, professore? – la classe scoppiò a ridere. Il professore lo fissò con sguardo arcigno – Nuage. Stai bene? – chiese poi, vedendo l'espressione del ragazzo.
Questi si portò le mani alle tempie – Effettivamente no, mi scusi. –
L'insegnante alzò gli occhi al cielo “Devo smetterla di essere cosi indulgente con gli studenti” pensò – Ok, vai in infermeria, e vedi di rimetterti. – disse poi, dirigendosi verso la cattedra e annotando sul registro che lo studente si sarebbe recato fuori dalla classe.
Josh annuì – Grazie. – e, prendendo la borsa dei libri, si diresse verso l'infermeria.
Lì la dottoressa, una signora di mezz'età, gli disse semplicemente che aveva un mal di testa da stress e che avrebbe fatto meglio ad andare a casa a rilassarsi. Il cielo si aprì, forse perché il ragazzo si era finalmente calmato, cosi preferì fare una lunga passeggiata per il parco. Si incamminò fuori dalla scuola, respirando a pieni polmoni l'aria un po' umida ma primaverile che aleggiava. La maglietta bianca a maniche corte, dallo scollo a v, che metteva in risalto la sua pelle diafana, era perfetta per quella stagione, e doveva ringraziare solo sua madre che gliel'aveva comprata insieme ad altre simili. Sua madre. Non voleva tornare a casa da lei, sapeva che sarebbe stata piuttosto irritabile, come al solito d'altronde, cosi come il padre. Il loro matrimonio non era più come una volta, e questo Josh l'aveva notato bene. Avevano provato a nasconderglielo, ma non aveva più otto anni.
Con passo svelto si diresse verso il parco comunale della cittadina, in centro, e in quel momento desiderò avere il pick-up di Freddie. Aveva la patente, ma i suoi non potevano ancora permettersi un'auto in grado di definirsi tale per il figlio. Ma gli andava bene lo stesso, gli piaceva camminare.
Raggiunto il parco, si diresse verso il centro, accanto la laghetto, un luogo piuttosto isolato dove nessuno andava mai. Incamminandosi verso il suo luogo prediletto, Josh notò la miriade di coppiette innamorate intente a sbaciucchiarsi o a tenersi per mano. Storse la bocca e inarcò le sopracciglia, pensando spontaneamente a Belle. Il cielo si oscurò. Alzò lo sguardo verso le nuvole grigie “Ok Josh, devi stare calmo. Non puoi rovinare il pomeriggio alla gente solo per una delusione d'amore.” Aprì un occhio solo per vedere le nuvole diradarsi e lasciar spazio al sole. Sorrise compiaciuto. “Ce l'ho fatta, Belle, riesco a controllare i miei poteri.” pensò, rivolgendosi alla sua amica, fissando il cielo e sedendosi sull'erba ancora bagnata. Poco gli importava delle goccioline sui fili d'erba. Forse, il contatto con l'acqua lo faceva sentire più vicino a Belle. Fissò l'acqua del lago, e non potè fare a meno di pensare ancor più intensamente a lei. E senza accorgersene, pensando ai suoi occhi e al suo sorriso, si rasserenò, e con lui il cielo. Cominciò a soffiare una piacevole arietta.

Fanie si lavò accuratamente le mani. Aveva appena salvato la vita ad un vecchissimo abete che stava nel boschetto vicino alla casa di Sophie. Erano queste le cose che la facevano stare bene. Era questa la parte che più le piaceva dell'essere una fata dei Boschi. Poteva donare il Soffio di Vita.
E ora l'abete stava bene. Anche se sapeva che non sarebbe durato molto, era troppo vecchio. E il Soffio poteva essere utilizzato una sola volta su vivente.
La fata sospirò, rigirando la pietra verde che portava all'anulare destro, facendo scomparire ali e orecchie a punta. Gli abiti da umana si sostituirono al leggero abitino verde foglia che portava sempre, anche a casa. Si avvicinò al comodino accanto al letto, dove era posto un portagioie finemente lavorato, in argento. Si sfilò dal collo una chiave argentata che infilò nella serratura dell'oggetto. Questo si aprì con uno scatto, rivelando una sfera dalla superficie opaca, grigia.
La prese delicatamente tra le mani, si sedette sul letto e se la pose in grembo. Con la pietra verde dell'anello sfiorò la superficie dell'oggetto, che diventò di un verde luminoso.
– Maestà. – sussurrò. La sfera sembrò illuminarsi per un attimo di una luce gialla, poi tornò verde, ma comparve il volto della Regina Calien.
– Fanie, finalmente. Come procede? – domandò con voce dolce e un po' a scatti la regina delle Fate. La fata si morse un labbro – Io...Devo ammettere, non molto bene. Non so come fare, Maestà. Non so se è il momento, non sembrano adatti...Forse non sono nemmeno loro, sembrano cosi immaturi... – disse, rimanendo senza fiato sulle ultime parole. Perché sapeva bene la risposta.
– Non devi avere dubbi sulla loro natura. Se il simbolo c'è, e c'è, è stato messo lì da Madre Natura, e tutto ciò che fa è giusto. Li hai portato le Armaich? –
Fanie si morse le labbra ormai bianche – No... –
– Fanie, mi stai deludendo. Datti da fare, o dovrò affidare la missione ad un'altra fata. – la sfera divenne d'un tratto di nuovo grigia, lasciando la Fata dei Boschi attonita.
Ripose la sfera nel portagioie e lo richiuse con la chiave. Sospirò: la Regina era stata ben chiara.
Si diresse verso l'armadio a muro, candido, e ne aprì le ante. Tirò fuori una lunga custodia d'argento, dalle decorazioni simili a quelle del portagioie.
– E' arrivato il momento... – sussurrò, accarezzandone la superficie elaborata.

Freddie. Freddie.
Il giovane aprì gli occhi, ritrovandosi nella radura. Al centro, come al solito, si trovava Fanie, più bella che mai con un cipiglio fiero e deciso.
– Freddie. – lo salutò semplicemente.
– Fanie...Perché mi sei di nuovo comparsa in sogno? – si avvicinò alla fata, fino ad avere il proprio viso a pochi centimetri dal suo.
Lei si morse un labbro – Perché è ora, Freddie. Avverti gli altri. –
– E' ora per cosa? – domandò il ragazzo, continuando a non capire cosa intendesse.
Lei alzò un sopracciglio – E' ora che voi conosciate le Armaich. –
Un lampo di luce bianca lo travolse, accecandolo.
E poi solo il buio.

Isabelle Eau si alzò dalla sedia con grazia e con un sorriso stampato in faccia. Sistemò i libri nella borsa e seguì i compagni che uscivano a fiumi dalla classe. Si diresse verso gli armadietti per poter prendere i libri che le sarebbero serviti. Si sentiva davvero di buon umore: era tutto il giorno che pioveva, ma finalmente il cielo si era aperto. Dopo aver ritrovato sua zia, Belle si sentiva quasi completa. Aveva ricevuto le risposte alle numerose domande che si era posta. C'era solo una nota dolente in quella sua felicità: Josh. Non sapeva bene che fare. Sapeva di provare forti sentimenti verso di lui, lo sapeva dalla prima volta che lo aveva visto, quando si scontrarono nel corridoio della scuola. Ma non sapeva con certezza se quello stesso forte sentimento lo provava anche per Freddie.
O forse considerava entrambi solo amici? Scrollò le spalle e richiuse l'anta dell'armadietto: no, non ci doveva pensare. Cerco Laura con lo sguardo, in mezzo alla folla dei ragazzi, e la trovò: era in una sorta di stato vegetativo, vicino alla porta dell'aula di letteratura, l'ultima materia che aveva avuto, posata allo stipite, sguardo assente, sembrava una statua di cera.
Belle le si avvicinò – Laurie? – le domandò, preoccupata per l'amica. Lei si riscosse – Belle! Ciao. Abbiamo letteratura ora, vero? –
– Veramente dobbiamo andare a casa. – Laura le rivolse un'occhiatina interrogativa – Sei sicura? –
Isabelle si morse un labbro e la prese a braccetto, sorridendole – Si, ne sono sicura. Vieni, è tardi. –
Laura si lasciò trasportare fuori dalla scuola, ma non poterono proseguire perché qualcuno era fermo davanti alla porta.
– Ciao, Belle. – la salutò Josh, sorridendole.
Lei deglutì. Ecco, quindi era davvero arrivato il momento in cui doveva scegliere.
– Ciao, Josh. – Laura si staccò dall'amica – Io vado a casa, Belle. Ho bisogno di camminare da sola. Ci vediamo lì. – Belle rispose con un cenno. I suoi occhi erano puntati in quelli grigi di Josh. Il ragazzo che le aveva scombussolato il cuore.
– Non mi hai più parlato. – iniziò il discorso lui, alzando le spalle.
Lei scosse la testa, abbassandola – Non sapevo cosa dirti. –
– Potevi far finta di niente e continuare ad essermi amica. –
– Non potevo. – rispose tutto d'un fiato lei, torturandosi le mani.
Lui le si avvicinò, alzandole il viso dal mento – Perché? – le domandò, il cuore a mille.
I suoi occhi blu fuggivano allo sguardo penetrante del ragazzo. Belle riabbassò lo sguardo – Perché...Ero confusa. –
– E ora? –
I loro cuori battevano all'unisono, veloci, forti ma deboli.
– E ora...Non lo so ancora. –
Josh annuì: si aspettava quella risposta – Quindi non hai ancora pensato ad una risposta? – le chiese, fissando i propri occhi in quelli della ragazza.
Questa volta, Isabelle non distolse lo sguardo. – Forse si. –
Il cuore di Josh batteva cosi forte che non era sicuro che sarebbe riuscito ad arrivare alla sera.
I loro sguardi continuarono ad essere incollati. Ogni tanto Belle sembrò stare sul punto di dire qualcosa, ma le sue labbra rimanevano sigillate. Le sue labbra. Josh le avrebbe tanto volute sfiorare, morbide, rosee...Inaspettatamente Belle gli portò una mano sulla guancia.
– Ho capito. – disse, gli occhi che le scintillavano.
– Che...Che cosa hai capito? – riuscì a chiederle, portando la mano su quella della ragazza.
Lei sorrise e si mise sulla punta dei piedi, troppo bassa rispetto a lui, e lo baciò delicatamente, forse per paura della sua reazione.
Josh ci mise un po' a realizzare che lo stava baciando e lì per lì rimase imbambolato. Quando però se ne accorse, capì di essere la persona più felice del mondo. Le accarezzò le guance, rendendo il bacio più passionale.
Quando si staccarono i suoi occhi luccicavano. La strinse a sé, facendola ridere.
– Ti amo, ti amo... – le sussurrò nell'orecchio. Lei non rispose, ma lui sentì che la sua spalla si stava pian piano bagnando.
– Piangi? – le chiese, d'un tratto deluso.
– Di gioia. – gli sussurrò in un orecchio. Lui la strinse ancor di più a sé e cominciò a girare, facendola ridere.
Il cielo si aprì totalmente, e un raggio di sole li colpì.

Freddie si era svegliato male, quella mattina. Nel sogno, Fanie non era stata per niente chiara.
“E' ora” aveva detto. Era ora per cosa? Si scompigliò i capelli, frustrato. Accanto al cuscino aveva trovato una foglia con su scritto ora e luogo dell'appuntamento di quel giorno con la fata.
Assurdo. Prima faceva l'enigmatica, poi pretendeva che andassero in un luogo sconosciuto, fuori città, per fare chissà cosa.
Era ora di pranzo e, scocciato, il ragazzo si diresse nella mensa. In quella sala c'era sempre molta confusione, i ragazzi gridavano, alcuni persino cantavano. Le finestre, seppur ampie e luminose, non venivano mai aperte e così l'aria era pesante e vi era sempre odore di fritto. Freddie odiava quel posto. Trovò il suo migliore amico, Josh, seduto tranquillamente ad un tavolo isolato. Aveva una faccia da ebete e un sorriso altrettanto stupido.
Alzò gli occhi al cielo: doveva essere successo qualcosa con Belle. Lo raggiunse e si sedette davanti a lui – Ehi, bell'innamorato! – lo salutò canzonandolo.
Lui sembrò ridestarsi – Eh?! – disse soltanto.
L'amico sorrise divertito, alzando un sopracciglio – Ci rinuncio, quella ragazza ti ha proprio fatto perdere la testa... – rubò una mela dal vassoio dell'amico, che non si lamentò, anzi, sorrise – E non sai che è successo... –
Gli raccontò tutto per filo e per segno e Freds si trovò davvero contento. Ma sentiva una piccola fitta nel cuore: gelosia? Non lo sapeva con certezza.
Prima che potesse parlare comparvero dalla porta Laura e Belle, la prima con il naso affondato in un libro, l'altra che sbirciava quello stesso libro e spesso commentava.
Più di una volta rischiarono di andare addosso ad alcuni studenti, o di intruppare nei tavoli.
Freddie si alzò – Siamo qui! – disse, agitando la mano. Isabelle li fissò, poi incrociò gli occhi di Josh e arrossì, abbassando lo sguardo. Lui sorrise dolcemente – Ciao. – la salutò, invitandola a sedersi accanto a lui. Laura si mise davanti all'amica, senza distogliere gli occhi dal volume e salutò gli amici con un mugugno – Mh... –
– Che leggi? – le domandò Josh, cercando di scorgere il titolo del libro.
– E' il libro di fiabe di Sophie. C'è ancora qualcosa che non ci torna. – rispose distrattamente Laura, rubando una patatina dal vassoio di Josh che, spazientito, lo allontanò dalle mani degli amici.
Belle sorrise – Si, secondo noi dovremmo tornare da Sophie e chiederle altre cose. Insomma...Non vi sembra che la fata Carnill sembri Juliet? Il fatto che è stata ingannata dalla Domina Mors... – scrutò gli altri e Belle abbassò lo sguardo: lei sapeva più di tutti.
Josh si morse un labbro: si sentiva a disagio per lei, con tutte le pressioni che le mettevano.
– Dovremmo trovare quel personaggio di cui parlava tua zia, Belle. Quella persona che conosciamo e che sa del Segreto Marino... –
Fu come se le orecchie dei suoi compagni si rizzassero.
– E' vero! – esclamò Laura, riprendendo vitalità all'idea di avere qualcosa da fare – Dobbiamo darci da fare. – Belle sorrise mestamente e annuì – Si, forza. – la campanella di fine pranzo suonò, Isabelle si alzò di stacco e camminò velocemente verso l'uscita. Josh la fissò andare via – Bé, che stai facendo? – lo incitò Laura – Muoviti, corrile dietro! –
Lui scosse la testa, annuì, e rincorse Isabelle.
– Belle, Belle! Ehi, fermati! – raggiunse la ragazza e la fermò per il polso. Lei si girò verso di lui, fissandolo interrogativo – Josh? –
In quel momento non sapeva cosa dirle – Io... – si ritrovò senza parole e lei gli sorrise, avvicinandosi gli – Volevi dirmi qualcosa? –
Prese coraggio – Tra...Tra noi è tutto a posto? –
Belle si morse un labbro – Si, perché? –
– Ma...Nel senso che ora...Stiamo insieme? –
Isabelle si allungò sulle punte dei piedi per poter raggiungere le sue labbra che sfiorò lievemente.
Quindi sorrise furbescamente e girò i tacchi, avviandosi per l'aula di Storia e lasciando il ragazzo con il sapore di un bacio amaro sulle labbra.

– Alice! Ali, hai di nuovo preso le mie cuffie?! – Freddie irruppe bruscamente nella camera della sorella. Vuota. La stanza era vuota e stranamente in ordine. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, frustrato “Maledetta” disse, avvicinandosi alla scrivania e scrutando le mensole.
Sulla scrivania trovò un bigliettino “Per Freddie” diceva “Sono uscita con Jason, ho preso le tue cuffie, ero di fretta e non trovavo le mie. Tranquillo, non te le rompo! Un po' di fiducia! Torno presto, ho avvertito la mamma. Un bacione, Ali” Alzò gli occhi al cielo: la solita disordinata.
Ma allora perché la camera era cosi in ordine? Freddie si guardò intorno, in cerca delle cuffie della sorella. Si avvicinò al comodino di legno chiaro, sormontato da una lampada drappeggiata di vari colori e notò un orecchino verde smeraldo posato lì, sopra un libro.
“Dev'esserselo tolta stanotte...” lo prese per poterlo mettere nel portagioie sulla scrivania quando cominciò a illuminarsi.
– Che caspita... – sussurrò, vedendo che la piccola perlina cominciava a ingrandirsi.
Alla fine, Freddie si ritrovò in mano una sfera delle dimensioni di una palla da beachvolley che emanava una luce verdognola.
Sulla superficie comparvero delle righe nere, e poi un volto piuttosto sfocato.
– Ehi! Perché mi hai chiamata? – domandò la figura. La voce era un po' distorta, ma il tono era dolce.
– Chi....Chi sei tu? E perché contatti mia sorella? – domandò Freddie, sedendosi sul letto, preoccupato.
La persona all'interno della sfera non rispose.

– Sei Freddie. – disse infine.
– Si. E tu? –
– Non dovevi vedere la sfera. Devi...metti a posto la sfera. Non dovevi assolutamente venirne a conoscenza. –
La conversazione si spense, e la sfera rimase buia. Freddie la riposò sul comodino e, non appena la sua pelle lasciò la superficie dell'oggetto, questo cominciò a rimpiccolirsi, fino a tornare il piccolo orecchino a perla verde.
Freddie rimase a fissarlo a lungo “Che cavolo era?!” pensò, stringendo gli occhi.
Si sentì un rumore di passi e poi la porta della stanza si aprì rivelando Alice che, sorridente e con le cuffie del fratello addosso, lo salutò – Freds! Ciao! Si, si, ora mi tolgo le tue cuffie... – si sfilò le cuffiette dalle orecchie, le staccò dal IPhone e le ridiede al fratellone.
– Ecco, contento? Ora puoi uscire da... – il sorriso della ragazza si spense non appena vide l'orecchino davanti al fratello. Si avvicinò e lo prese velocemente – Ah guarda, era qua... – disse, nervosamente.
Lui la fissò torvo – Già... –
– Qu...Qualcosa non va? – domandò la sorella, infilandosi l'orecchino nel secondo buco, nervosa.
– No, nulla. Stavo per andarmene. – lasciò la stanza continuando a fissare la ragazza che lo salutò con la mano.
Non appena il fratello chiuse la porta, lei prese di nuovo la perla.
La sfiorò con la punta del polpastrello e subito la perlina divenne la sfera luminosa.
– Pronto? Pronto? – sussurrò alla sfera. In poco tempo comparve di nuovo la figura indefinita.
– Finalmente! Perché Freddie aveva la sfera? Non deve scoprirci! –
Alice si morse un labbro – Si, lo so. Scusami, è stata un'imprudenza. –
– Tuo fratello deve restarne all'oscuro fino al momento giusto, chiaro? –
– SI, erano questi i patti. Lo sono sempre stati e non cambieranno. –
– Vorrei vedere. Ora c'è una funzione. Devo andare. Tienimi aggiornata. –
La sfera tornò verde e Alice la sfiorò di nuovo, facendola tornare un orecchino. Sospirò, sperando che sarebbe andato tutto bene.
Ma ciò che non sospettava era che Freddie era rimasto dietro la porta e, sfortunatamente, aveva ascoltato tutta la conversazione.

Fanie tirò fuori la custodia d'argento dall'armadio, sospirando.
– Devi proprio? – Sophie era comparsa sulla soglia, chiusa in un cardigan bianco quasi quanto la neve. – Insomma, sono un grosso peso. –
– Si, devo. La regina Calien me l'ha ordinato. E me l'ha ordinato sotto consiglio di Feaw. –
Sophie annuì, malinconica – Si, lo capisco. Ma senti...Io ci sono passata. Non mettergli pressione. –
Fanie sorrise dolcemente mentre la donna richiudeva la porta. Scrutò oltre il vetro e vide il pick-up verde scuro di Freddie accostare vicino al pesco. Fissò i quattro ragazzi scendere dall'auto e sospirò, spostando lo sguardo sulla custodia argentata. Si avvicinò all'oggetto, tirandone fuori dai lati delle maniglie. Afferrò la custodia e la portò fuori dalla stanza. A fatica fece le scale, e quasi cadde quando arrivò nel salottino. Freddie si precipitò da lei – Tutto ok? Sembra pesante. – lei lo fulminò: l'ultima cosa che voleva era mostrarsi debole davanti a lui.
– Si, è pesantuccia, ma ce la faccio tranquillamente. – scrutò gli altri tre: gli occhi di Josh vagavano nervosi per la stanza e Isabelle parlottava con Laura riguardo al perché fossero là.
Quelli erano gli Elementi. Quattro ragazzi che pensavano ai loro problemi adolescenziali e che di sicuro non avevano assolutamente fatto un minimo di pratica con i grandi poteri di cui disponevano.
– Seguitemi. – disse secca la fata, aprendo la porta-finestra che dava sul giardino. Il divanetto bianco e la poltroncina erano stati spostati in un angolo remoto cosi come il tavolino. In questo modo, il giardino era stato sgomberato totalmente, lasciando un grande spiazzo al centro. Fu propro lì che Fanie scaricò la custodia, sbuffando per la fatica.
– Molto bene, vi starete chiedendo perché siete qui. – cominciò la fata, portando le mani ai fianchi.
I ragazzi annuirono, guardandosi interrogativi. Fanie li scrutò, poi afferrò l'anello dalla pietra verde che portava al dito e Freddie non potè fare a meno di pensare all'orecchino di Alice – Vi prego di non emettere suoni molesti. – li avvertì, riferendosi soprattutto a Belle che era affascinata più degli altri dal mondo fantastico. Detto questo, la fata girò la pietra e subito due ali delicate le spuntarono da dietro la schiena, le orecchie si allungarono tornando a punta, la pelle divenne più candida e gli occhi più luminosi. I jeans e il maglioncino verde muschio erano scomparsi, lasciando posto ad una casacca verde prato e a dei pantaloni di pelle marroni. I piedi, che prima erano scalzi, ora calzavano dei morbidi stivali di pelle scura legati da dei laccetti verdi.
Isabelle, Laura e Josh rimasero sbalorditi da quella trasformazione, in particolare Belle, che non staccava gli occhi dalle splendide ali della fata. Quest'ultima le sgranchì un po' – Finalmente. Non sapete che fastidio, stare senza le proprie ali. E che razza di tessuti utilizzano per i vestiti, gli umani? Davvero terribili. Molto meglio quelli delle fate. – le ali fremettero, e Fanie diede un piccolo buffetto a quella destra che presentava una piccola linea irregolare. Sorrise mestamente e un ramo del pesco le diede una lieve pacca sulla spalla – Si, stai tranquillo, sto molto meglio. – rispose la fata, sorridendo. Poi si voltò di nuovo verso i Quattro Elementi, che erano rimasti sbalorditi dall'azione dell'albero.
– Dunque. Torniamo a noi. Non avete idea di cosa sia questa, vero? – domandò, indicando la custodia d'argento.
Laura alzò gli occhi al cielo – Secondo te? – domandò, sarcastica. Belle le diede una gomitata nelle costole: l'amica era piuttosto irascibile da quando si era lasciata con Louis.
Fanie sorrise: non sapeva perché, ma Laura le stava molto simpatica.
– Molto bene. Sono le Armaich. – rispose la fata, pronunciando il nome gaelico in modo scandito.
– Ovvero? – Josh alzò un sopracciglio, avvicinandosi.
Fanie si chinò per aprire la custodia. Fece scattare le cerniere e la aprì rivelando degli oggetti argentei, quasi quanto la loro scatola, che afferrò e dispose ai suoi piedi. Armi.
– Cosa dovremmo farci con quelle? – domandò Freddie, alzando un sopracciglio: aveva sempre odiato le armi.
Lei sorrise – Dovete trovare la vostra Armaich. Trovatela, e vi sentirete davvero completi e in grado di padroneggiare i vostri poteri. Trovatela, e forse riuscirete a sconfiggere la Domina Mors. –
Fanie prese altre armi dalla custodia: spade, archi, lance e coltelli da lancio erano stipati lì dentro, ma la fata non finiva più di tirarli fuori. Era palese che la custodia fosse incantata.
– Ora voglio che ognuno di voi provi ognuna di queste armi, e capisca quale sia la propria. – spiegò semplicemente. Divise le armi per tipologia e, vicino alla sezione di tiro con l'arco, fece crescere degli arbusti a mo di obbiettivo per le frecce. Dove stavano le spade, le lance e i coltelli creò dei manichini d'erba.
– Cominciamo. – disse, fissando gli Elementi per uno con aria di sfida.

Belle osservò i suoi amici buttarsi su quelle armi d'argento. Freddie inizialmente era piuttosto titubante, ma alla fine si decise ad afferrare una spada, e cominciò a menare fendenti al manichino.
Josh provò un po' di volte la lancia mentre Laura era concentrata sui coltelli. Solo lei non si era ancora decisa, solo lei era rimasta ferma, in piedi, nello stesso punto in cui era arrivata. Storse la bocca e si strinse nelle spalle: non le piaceva quell'idea delle armi. Fanie le passò vicino, e la ragazza la osservò: si muoveva leggiadra tra i suoi amici, guardando attentamente le loro mosse, le ali leggere che fremevano. Poi le rivolse uno sguardo di altezzosità, quasi, e Belle si sentì infiammare: ah no, non si sarebbe mostrata debole davanti a quella. Non le era mai piaciuta.
Respirò a fondo e si avvicinò ai suoi compagni. Considerò la lancia, ma le sembrò troppo pesante. Poi notò l'arco, ancora posto a terra, in attesa di qualcuno che lo prendesse, e sembrò attirarla.
Il tiro con l'arco l'aveva sempre affascinata, cosi decise di dedicarsi a quello. Prese in mano l'arco argentato, e notò che aveva due pietre grigie sui vertici che fermavano la corda, e una proprio al centro del fusto. Storse la bocca, poi fece spallucce si prese la faretra., afferrò una freccia argentata e incoccò. Respirò a fondo, regolò la mira con le labbra e osservò a lungo il suo obbiettivo. E poi scoccò. La freccia non colpì il centro esatto dell'arbusto, ma le sembrò un buon inizio.
– Come ti senti? – domandò una voce alle sue spalle. Si girò e si ritrovò davanti gli occhi verdi di Fanie, che le sorrise.
Belle abbassò l'arco – Nel senso? – domandò, fredda.
La fata le si avvicinò, osservandola con occhi scrutatori – Non...Non senti tipo un formicolio alle mani?
Isabelle la guardo storta – Eehm...No, mi dispiace. – alzò un sopracciglio.
Fanie sembrò delusa – Oh, capisco...Ci state mettendo troppo tempo. Prova un'altra arma, vuoi? –
– Ma io veramente... –
– Te lo consiglio vivamente. – tagliò corto la fata, incenerendola con i suoi penetranti occhi verdi.
Belle deglutì e annuì. Si avvicinò alla postazione dei coltelli da lancio, dove Laura aveva appena finito di provare – Sono piuttosto difficili da usare, sai? Non credevo. – la avvertì, porgendoli. Fanie si aggirava tra di loro, fissandoli irrequieta – Secondo te perché fa cosi? – domandò Isabelle all'amica. Questa alzò le spalle – Non so, forse si aspetta un qualche segno...Hai presente prima, quando ha detto che dobbiamo trovare la nostra arma? Credo sia un po' preoccupata perché finora nessuno di noi ha...sentito un certo legame con un'arma. Capisci? –
Isabelle annuì, fissando la fata. Laura la salutò e si avvicinò all'arco che l'amica aveva riposato a terra. La ragazza sospirò, puntando i suoi occhioni blu sull'obbiettivo. Afferrò un coltello, si concentrò, puntò, si preparò al lancio... – Ahi! – la voce di Laura la distrasse, facendo finire il coltello addosso ad un albero. Vide Freddie avere un tremito e gli chiese meltalmente scusa. Il ragazzo si avvicinò alla corteccia della vittima di Isabelle, tirò fuori il coltello e, con la punta delle dita, curò il taglio. Poi si concentrarono sulla loro amica che, in piedi davanti alla postazione di tiro con l'arco, fissava l'arco argentato sbigottita.
– Che è successo? – domandò Belle, avvicinandosi preoccupata. Laura si teneva la mano al petto, tremante – Io...Mi...Mi sono bruciata. – sussurrò, incredula.
Ora, la cosa può sembrare normale, può capitare a tutti, ma non poteva di certo capitare al Fuoco.
Belle le prese la mano e vide il palmo dell'amica ustionato – Tranquilla – le disse, chiudendole la mano nella sua – Ci penso io. – si concentrò e la mano di Laura si illuminò di azzurrino.
La ragazza sentì un certo sollievo, come se avesse infilato il palmo ustionato sotto un getto d'acqua fresca.
– Va meglio? – le chiese Belle, continuando il suo trattamento.
– Perfetto, grazie. – le disse, sorridendo. Fanie le raggiunse – Che è successo? – domandò con una strana luce negli occhi.
– Io...Non appena ho preso in mano l'arco mi sono bruciata. – spiegò in poche parole Laura.
La fata sorrise, entusiasta – Si, finalmente! – esultò, abbracciando Laura.
La ragazza rimase attonita dalla reazione della fata – Perché finalmente? –
Fanie scosse la testa, sorridendo – Ora lo capirai. Prendi l'arco. –
– Ma... –
– Prendilo. Non ti farà del male. –
Laura la fissò per un po', alzando un sopracciglio. Poi si diresse verso l'arco gettato a terra, e l'afferrò. Nel momento in cui le sue dita sfiorarono il metallo, l'arma venne avvolta da una luce rossa, e gli occhi di Laura divennero totalmente rossi. Le pietre che stavano ai vertici e davanti divennero rosse e subito anche le piume delle frecce si tinsero di un inquietante rosso sangue.
– Eccola, è la tua armaich. – le spiegò Fanie, porgendole la faretra. Gli occhi di Laura tornarono normali, e l'arco smise di illuminarsi.
– Io...mi sento strana. – sussurrò la ragazza, sfiorando le punte delle frecce. – Quasi completa. – aggiunse, fissando uno per uno i suoi amici. Nessuno di loro la capiva davvero, ma annuirono.
Belle sorrise – Che aspetti? Provala. –
Laura annuì e incoccò una freccia. Poco prima di scoccare, gli occhi le tornarono rosso fuoco, quindi scagliò la freccia che finì nel centro preciso del bersaglio. Attorno alla punta, le foglie dell'arbusto che lo componevano erano bruciate.
– Uao. – commentò Belle, studiando le foglioline. – Laurie, mi sa che da grande non potrai fare la guardia forestale. –
Laura sorrise, raggiungendo l'amica – Io..Non so come ho fatto. Non ho mai avuto un'ottima mira. – – Bè, ora di certo si. – le disse Belle, dandole una pacca sulla spalla.
– Bravissima, Laura, hai trovato la tua armaich. Ora dovrai allenarti duramente ogni giorno per poterti perfezionare. Quanto agli altri, dovete ancora cercare. Non perdiamo tempo. –
Isabelle rimase a fissare l'amica che, con un sorrisetto stampato in faccia, incoccò un'altra freccia fiammeggiante.
Sospirò, un po' invidiosa, e tornò ai suoi coltelli da lancio. Prese la mira, ma mancò di molto il bersaglio. “No” pensò “Non ci siamo. Non ci siamo proprio.” gettò i coltellini per terra, frustrata.
Si guardò intorno, scrutando Freddie e Josh, che stavano provando rispettivamente la spada e la lancia. Ma nessuno di loro riusciva a trovare la propria armaich.
Belle sospirò, quindi raggiunse Freddie, che aveva appena posato la spada, anche lui frustrato.
– Le ho provate tutte. – disse, quando l'amica lo raggiunse. – Tutte. Eppure non l'ho ancora trovata. – fissò Laura che lanciava dardi infuocati – Guardala, sembra cosi completa, cosi sicura dei suoi poteri. – Isabelle fissò la sua amica che, con il sorriso sulle labbra, aveva appena distrutto un bersaglio, lasciandolo bruciare. Belle si morse un labbro, poi diede una pacca sulla spalla del suo amico – Dai, ce la faremo. – gli disse, sorridendo. Lui le sorrise di rimando, quel suo sorriso perfetto che la fece un po' tremare. Scosse la testa: no, aveva scelto Josh, e ne era sicura. Ma certo non poteva negare di avere una certa chimica con Freddie. Si avvicinò alla spada argentata, fissando la pietra grigia posta sulla cima. Afferrò l'elsa e subito sentì un gelo percorrerle la spina dorsale, fino alla mano che stringeva la spada. Fissò l'elsa stupefatta: uno strato di ghiaccio aveva legato le sue dita alla spada. Incredula, la ragazza osservò il ghiaccio sparire dalla sua mano, e un formicolio percorrerle tutto il braccio destro. D'un tratto fu come se l'arma che teneva in mano pulsasse, come se avesse un cuore. La pietra in cima si illuminò di una luce azzurrina che circondò tutta la spada, e gli occhi della ragazza si illuminarono della stessa luce. Quando i suoi occhi tornarono normali, la pietra della spada non era più grigia, ma era stata sostituita da quella che sembrava un'acqua marina. Il metallo sembrava risplendere ancora di più e, nella sua testa, Isabelle sentì una voce cristallina “Io sono Cuan, la Spada del Mare. Sono la tua armaich.” La ragazza sbattè le ciglia scure “Come?” pensò, sapendo che in qualche modo la spada la potesse sentire. Pulsò tra le sue mani, e rispose “Sono la tua armaich, la mia mente si è fusa con la tua, siamo un solo corpo. Solo tu potrai toccarmi, e se mai mi perderai io tornerò da te. Ma se tu morirai, io morirò, e se io verrò spezzata, tu morirai.” la ragazza rabbrividì a quelle parole e accarezzò il metallo freddo “Ho capito, Cuan.” rispose. Senza accorgersene era stata raggiunta dai suoi amici, Freddie con dei coltelli in mano, Josh ancora con la lancia, e Laura con il suo arco, i cui rubini rilucevano.
– Io...L'ho trovata. – sussurrò Isabelle, puntando i suoi occhi in quelli verdi di Fanie.
La fata sorrise – Si, ce l'hai fatta. Ora quella sarà la tua armaich, trattala con cura. –
Josh le si avvicinò e le diede un lieve bacio a fior di labbra, che la fece arrossire – Bravissima. – le disse, sorridendo. Lei abbassò lo sguardo e sorrise imbarazzata. Gli diede una spinta sul petto – Ora muoviti, devi ancora trovare la tua. – gli disse, alzando lo sguardo.
Lui le sorrise e annuì, tornando a lavorare sulla lancia. Belle si concentrò sulla sua spada, osservandola da tutte le angolazioni: il metallo presentava degli stupendi riflessi oltremare, era molto lunga e sottile, appuntita, di sicuro avrebbe ferito chiunque e gravemente. “Provami.” sentì dire nella sua testa. Sorrise e si avvicinò al manichino di paglia. “Ok, ma sappi che non sono granché.” pensò, e le sembrò sentire una risatina.
Cuan pulsò, come se fosse impaziente di essere usata. Isabelle respirò a fondo, quindi menò un fendente. Lì per lì non accadde nulla, ma pian piano il busto del pupazzo scivolò a terra, lasciando soltanto la parte inferiore del corpo infilzata nel terreno.
– Notevole! – esclamò Fanie, passandole accanto. Belle sorrise soddisfatta “Sapevi che ci sarei riuscita, vero?” domandò nella sua testa, osservando Cuan. “Si. Fin dalla nascita noi due eravamo predestinate.” le rispose.
– Come si chiama? – una voce scoppiettante la richiamò dalle spalle.
Si girò, ritrovandosi davanti gli occhi nocciola di Laura.
Sorrise – Cuan. Ha detto di chiamarsi Cuan, la Spada del Mare. – le rispose, sfiorando l'acqua marina. – E la tua? – disse, ammiccando all'arco che teneva in mano.
– Lasair, l'Arco di Fuoco. – rispose sorridendo. Belle osservò l'arco dell'amica, e notò che il metallo aveva dei riflessi rossi.
– Strani quei riflessi. – commentò, alzando un sopracciglio.
– Quasi quanto i tuoi. – rispose l'amica, indicando la spada.
– Dipende dalla loro materia. – si intromise Fanie, sorridendo. – Quando l'armaich viene trovata dal proprio Elemento, la materia di cui è fatta cambia. Prima era di semplice argento, ora è di un materiale indistruttibile, legato all'Elemento. Per esempio, Lasair è fatto di roccia di Marte, il pianeta del Fuoco, cosi come la punta delle frecce. – disse, rivolgendosi a Laura. Poi si girò verso Belle – Invece Cuan è di rocce di Nettuno, il pianeta del Mare. – la informò, sorridendo.
Isabelle osservò la sua spada, e quasi si sentì più orgogliosa – Ho capito. – rispose, sorridendo.
Si avvicinò ad un altro manichino che Freddie aveva fatto crescere apposta per lei, disegnò un arco e, sotto i suoi occhi soddisfatti, la testa di paglia rotolò via. Sorrise.

Freddie era stanco. Molto stanco. Stava vagando per ore tra le armi, ma ancora niente. Laura e Belle avevano trovato le loro armi, ma lui e Josh ancora niente.
– Io provo i coltellini. – lo avvertì Josh, lasciandogli la postazione delle lance.
– Si, ok. – rispose frustrato Freddie. Lance. Le aveva già provate, ma niente. Pensò che la sua armaich magari non era tra quelle.
– Concentrati. – la voce di Fanie lo colse alla spalle.
Si girò, incrociando i magnifici occhi smeraldini della fata – Cosa? –
Lei si avvicinò, prese la lancia e gliela porse – Hai già provato, no? Ma concentrai. Forse l'hai già provata ma non c'eri davvero. – gli disse, sorridendo.
Lui deglutì e annuì – Ok, ci riprovo. – lei sorrise e si allontanò, osservandolo da lontano. Freddie afferrò la lancia, e subito sentì un certo formicolio. Non l'aveva mai provato prima, senza che se ne accorse, nel giro di pochi secondi, un ramo lo legò alla lancia.
– Che cosa... – esclamò, sorpreso. Era sorpreso, non spaventato. Perché era certo, in qualche modo, che quell'arma argentata non l'avrebbe ferito. Si girò di scatto verso Fanie, stupito – Io...Credo di averla trovata. – le disse, prima che le radici che gli avevano avvolto la mano avviluppassero l'intero fusto della lancia. Poi, una voce calda proruppe nella sua mente “Ciao, Freddie. Io sono Duille, la Lancia della Vita, perché è dalla Terra che spesso nasce la vita. Io sono la tua armaich.”
Freddie strinse la mano ancora più forte. “Ora siamo un'unica anima, la mia essenza si è fusa con la tua.” aggiunse la voce. Freddie annuì “Ho capito.” pensò, certo che Duille lo avesse sentito. E infatti la lancia sembrò emettere un certo calore e cominciò a illuminarsi di una luce verde, cosi come gli occhi di Freddie. Quando la luce scomparve, il ragazzo si sentì completo. Senza indugio tirò la lancia che andò a ficcarsi dritta nel centro del bersaglio. Sorrise compiaciuto.

Tirò di nuovo verso il bersaglio: a vuoto. Frustrato, Josh prese un'altra freccia – Ehi, ehi, stai finendo tutte le frecce nella tua faretra! Relax! E stai pure per far piovere! – commentò Laura, seduta vicino a lui, indicando il cielo che si era rannuvolato e dei tuoni che non promettevano nulla di buono.
– Scusa, ma proprio non so come fare: tu, Belle e Freddie avete trovato la vostra armaich...Ma io ancora niente. Perché sono sempre l'ultimo? – esclamò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli biondi, scompigliati già di loro. Lei si portò una mano sotto al mento – Andiamo, prova con i coltelli. – disse, ammiccando ai coltelli da lancio. Josh fissò Belle tagliare in due un manichino, i capelli castani legati in una coda alta, un sorriso soddisfatto stampato in faccia. Era ancora più bella cosi. La vide sfiorare la lama della sua spada, assumendo un'espressione orgogliosa. Aveva visto fare cosi anche Freddie e Laura, e voleva farlo anche lui. Si avvicinò ai coltelli, proprio vicino alla postazione delle spade. Isabelle soffiò per togliersi un boccolo dalla fronte e lo salutò – Ehi, Josh, ancora niente? – gli diede un bacio a stampo, poi tornò a disegnare archi letali con la spada.
– No. Ora proverò con i coltelli ma... – non lo fece finire di parlare perché lo baciò di nuovo, questa volta in modo più approfondito. Poi ridacchiò – Si, Cuan, ora torniamo ad allenarci. – Josh alzò il sopracciglio – Cuan? – domandò, fissandola interrogativo.
– Si, Cuan, la mia spada. Ogni Armaich ha un nome, sai? – gli sorrise mentre lui alzò le spalle e si diresse vero i coltelli che, disposti in file ordinate, aspettavano solo di essere lanciati.
– Ok, ce la posso fare. – si disse, prima di prendere in mano il coltellino.
E, non appena toccò il metallo, un specie di nuvola lo legò all'arma. Una voce che sembrava composta da almeno altre venti parlò nella sua testa “Finalmente, Aria. Noi siamo Neul, i flagelli delle Nuvole. Ti stavamo aspettando.” Josh sorrise: ce l'aveva fatta.



 


~Angolo Autrice
Ok, allora, che ne pensate? <3 Quelli che shippavano Josh e Belle sono stati accontentati, eh? :3 eheh...Mi piace tanto questa cosa delle armi, il fatto che siano collegate direttamente con gli Elementi..E voi, che ne pensate?
Nella foto all'inzio del capitolo è rappresentata Cuan, la spada di Belle, in teoria circondata dalla luce azzurra...ma ammetto che non mi sia venuta bene...
Bah. 
Lasciatemi una recensioncina! <3
Un bacione;
Luna









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