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Autore: Blueyes0907    27/04/2013    3 recensioni
Dal capitolo 3
"Salve"
"Oh ciao... Cosa prendi, baby?"
"Due cappuccini e due cornetti. E preferirei non essere chiamata baby..."
"Allora come ti devo chiamare?"
"Mi chiamo Liz."
"Beh, è un vero piacere conoscerti, Lizzie!. [...]Io ho finito il mio turno. Magari io e te possiamo andare a farci un giretto... "
"No grazie. Non esco con chi non conosco."
"Oh, sì... scusa. Io sono Niall. Niall Horan. E adesso ci esci con me?"
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Elizabeth, detta Liz non è la tipica ragazza popolare né la tipica sfigata. E' una ragazza normalissima che però si sminuisce poichè non ha mai avuto un ragazzo. Quindi si nasconde dietro delle gigantesche felpe prese dall'armadio del fratello maggiore.
Sarà un barista molto particolare che, attaccando bottone con lei, darà una svolta alla sua vita, che come si scoprirà in seguito, non è sempre stata tutta rose e fiori...
Tra piccoli problemini di coscienza, amici un po'... ehm... strani, Liz ne avrà da perdere la testa!
"Ma detto sul serio... la mia vita è cambiata da così a così in pochissimo tempo. A volte mi capita di chiedermi: ma non è che sto sognando?"
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Mi chiamo Elizabeth. Ma tutti mi chiamano Liz. Anche se preferivo di gran lunga essere chiamata con il mio abbreviativo. Per quei pochi che mi chiamavano, perchè, comunque e in ogni caso, sono sempre stata trattata con educata indifferenza; venivo lasciata in pace, nessuno veniva a stressarmi, né per essermi amico, né per fare il bullo. Non ne ho mai dato motivo a nessuno. La cosa mi stava bene, voglio dire, non ero il tipo di ragazza popolare, amica di tutti, informata sull’ultimo pettegolezzo, che andava alle feste accompagnata dal più figo della scuola. Quello era un mondo a parte, e solo a immaginarmi in una delle situazioni descritte sopra mi veniva il voltastomaco. Quel tipo di vita non era nel mio DNA. Però non ero completamente sola. Avevo un’unica vera amica. Si chiamava Chris. Eravamo in classe insieme da sempre. Chris, a differenza di me, provava a far parte del mondo al quale io mi distaccavo con tutte le forze, forse per il suo bisogno di sentirsi accettata. Spesso, mi diceva che ero carina. Non fraintendete, me lo diceva da amica, cercando di iniettarmi un po’ di autostima, e magari anche la voglia di uscire e “andare a caccia di uomini” come diceva lei. Quando affermava con un’aria innocente che ero bella, scrollavo la testa, sviando il discorso. Lei spesso lasciava perdere, sapendo che quando facevo così ero irritata. Però tornava spesso sull’argomento, a volte finivamo per metterci a tu per tu, rischiando il litigio. Qualche volta le rispondevo male, ma mi pentivo dopo pochi minuti appena. Spesso commentava dicendo che una ragazza normale si sarebbe sentita lusingata da una tale affermazione. Sentire che qualcun altro riconosce la tua bellezza sarebbe il massimo per qualsiasi ragazza. Ma era complicato sentirselo dire da lei, in un certo verso doloroso: perchè lei, a parte i miei parenti, era l’unica persona che me lo avesse mai detto. E dire che sembra così strano persino a me, che una ragazza arrivi all’età di 19 anni senza aver mai avuto nemmeno un fidanzatino, o qualcuno che la facesse comunque sentire speciale...
 
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“Io proprio non ti capisco, Liz...” mi disse Chris. Sbuffai. “Solo perchè un ragazzo non ti ha mai detto che sei carina, non significa che tu non lo sia...”
 
La ignorai molto sfacciatamente, continuando a mettere mi piace a vari stati su facebook, senza nemmeno farci caso. Quando cominciava il discorso con ‘Io proprio non ti capisco...’ staccavo il mio cervello e le sue parole entravano da un orecchio e uscivano dall’altro.
 
“Qui c’è la foto di un cane che scappa inseguito da un gatto...” le dico distrattamente. Stavolta fu il suo turno di sbuffare, perchè sentii il suo respiro pesante uscire dalla sua bocca e lo avvertii proprio dietro l’orecchio, provocandomi un brivido su tutta la schiena. Con un grande sforzo mi voltai e la guardai negli occhi. I suoi occhi marroni entrarono in contatto con i miei occhi verde scuro. Quasi non sbatteva le palpebre.
 
“Elizabeth.” Disse con voce ferma. Capii che il discorso era serio, perchè pronunciò a chiare lettere il mio nome completo. “Non devi sminuirti!”
 
“Ma non mi sto sminuendo!” ribattei sbattendo con forza le palpebre, come a volerlo fare anche per lei.
 
“E invece sì che lo fai! Me ne accorgo, cosa pensi? Che sia una stupida? Una ragazza che finge di essere un cesso, solo per convivere col dispiacere di non aver mai avuto un ragazzo, è una che si sminuisce!”
 
Sentii il mio cellulare vibrare sulla scrivania e lo presi, sollevata per avere una scusa per interrompere la discussione. Guardai lo schermo del mio iPhone4 nero, per vedere di cosa si trattasse. Era un messaggio di Mike, il mio “adorabile” fratello di 20 anni. Era il tipico fratello figo (o almeno secondo l’opinione di qualche ex compagna di classe svampita e della cosiddetta “ragazza-della-porta-accanto”) ma fastidioso come le mutande incastrate in mezzo alle chiappe. Comunque aprii il messaggio.
 
Da: Mike
E dai, cazzo, scendi! Non ho tutto il pomeriggio!
 
“Chi è?” chiese Chris interessata.
 
Per fortuna si era già dimenticata del nostro discorso precedente. Le volevo un bene dell’anima, ma aveva una fastidiosa tendenza a immischiarsi nelle mie faccende. Non lo faceva perchè era pettegola o cose del genere. E che ci teneva tanto che la mia vita sociale funzionasse. È difficile trovare amiche così care.
 
“È Mike... è qui sotto.” le risposi. Sospirò, pensando che potesse essere qualcosa di più... potremmo dire,interessante. “A quanto pare è venuto a prendermi.”
 
Mi alzai dalla sedia e l’abbracciai. Lei contraccambiò.
 
“Ti ricordi che domani ci dobbiamo vedere, vero?” mi disse appena ci fummo sciolte dall’abbraccio. “Tu non hai ancora un vestito per la mia festa.”
 
Il mio sorriso si incrinò leggermente. Volevo farla felice per la questione del vestito, ci teneva tanto... e dopotutto era il suo diciottesimo compleanno e avrebbe festeggiato in una sala, di certo non avrei potuto indossare uno dei miei felponi, un jeans e le Converse. Ma comunque mi sarei accontentata di una giacca scamosciata beige, una camicia bianca e pantaloni in tono con la giacca. Delle scarpe con giusto un po’ di tacco, per darmi un’altezza decente per una ragazza della mia età. Di certo non mi aspettavo un vestito e un paio di tacchi vertiginosi come quelli che si aspettava Chris. Il problema era che quello che lei chiamava vestito per me era semplicemente un pezzo di stoffa trasparente cucito sopra e sotto; e quelle che lei chiama scarpe per me erano trampoli allucinati, grazie ai quali potevi romperti tutte e due le gambe. Sospirai a lungo. Volevo farla felice a ogni costo. Se lo meritava, dopotutto.
 
“Certo, Chris. Mi ricordo perfettamente. Alle cinque sotto casa mia, come stabilito.” le dissi, cercando di sembrare contenta. “Ma adesso fammi andare, altrimenti Mike mi scoccia per tutto il viaggio fino a casa.”
 
Presi i miei libri e li infilai nella sacca. Mi misi il giubbotto di jeans. Superfluo, ora che ci ripenso, visto che le giornate, in quegli ultimi giorni di maggio, erano bollenti. Scesi velocemente le scale e arrivai di corsa nel salone. Guardai Emmett. Emmett era il fratello maggiore di Chris che, come Mike aveva 20 anni. Solo che, a differenza di mio fratello, Emmett era alto e muscoloso. I suoi capelli castano chiaro con riflessi ramati non avevano niente a che vedere con i disordinati ciuffi neri di Mike. Anche il carattere era l’opposto di quello di mio fratello. Spesso avevo fatto notare a Chris la fortuna che aveva nel ritrovarsi Emmett come fratello maggiore, ma lei mi aveva rivelato, sorridendo amaramente, che il carattere di Emmett era tale e quale a quello di Mike. Solo che mentre mio fratello non si disturbava a nasconderlo, il suo davanti alla gente, fingeva di essere il fratello perfetto che ogni ragazza vorrebbe.
 
“Ciao Elizabeth.” mi disse Emmett.
 
Dio, con quella voce avrebbe potuto benissimo doppiare in un film un dio greco. A pensarci bene, col fisico scolpito che aveva avrebbe potuto benissimo anche interpretarlo. Sorrise, alzandosi dal divano dove stava evidenziando alcuni concetti su un grosso libro; lui, a differenza di Mike, andava all’Università. Chris non me la dava a bere: secondo me, Emmett era il fratello perfetto. Ma non voleva darlo a vedere, per non sembrare una che se la tirava.
 
“Ciao Emmett.” risposi aprendo la porta d’ingresso. La indicai. “Scusami, vado un po’ di fretta...”
 
“Mike, vero?” fece una risatina. Lui e Mike erano stati compagni di classe, quindi lo conosceva bene. Annuii. “Lo sospettavo. Sempre il solito, lui.”
 
Risi anch’io. Gli feci un cenno con la mano, chiudendomi la porta alle spalle. Cercai con lo sguardo Mike e lo trovai: la sua macchina era di fronte al negozio di videogames dall’altra parte della strada e dentro il negozio c’era lui, a provare un qualche gioco per la PSP. Decisamente era l’opposto di Emmett; era un bambino troppo cresciuto. Mi avvicinai alla sponda del marciapiede e attraversai la strada. In un secondo avvennero tante cose contemporaneamente. Prima sentii il suono di un clacson, poi una saetta rossa mi sfrecciò davanti agli occhi. Lo stridio di una frenata improvvisa mi riempì le orecchie. Avevo chiuso gli occhi, forse per la confusione che tutte quelle sensazioni mi mettevano addosso. Infine il silenzio assoluto; aprii gli occhi, per rendermi conto di quello che era successo: una macchina rossa era a due centimetri dalle mie scarpe. Feci due passi indietro, barcollando. Lo sportello si aprì e ne uscì un uomo sui trent’anni. Mi si avvicinò con aria preoccupata, ma anche di chi aveva fretta.
 
“Tutto ok? Ti sei fatta niente?” mi chiese fissandomi dalla testa ai piedi. Quasi sicuramente era uno che aveva fretta. Parlava così velocemente che pensai non prendesse fiato.
 
“S-sì... sto bene. Io... mi sono solo spaventata un po’...” balbettai, ancora un po’ confusa. Non sembrò convinto.
 
“Sicura? Non è che poi mi chiedi danni o cose simili?” mi chiese ancora. Feci l’espressione più offesa che conoscevo anche se non mi riuscì tanto bene, visto che normalmente, dopo uno shock simile, ovvero quello che ti prende quando stai per essere investita non pensi a fare facce indignate. O almeno non era tra le tue priorità.
 
“Certo che no!” esclamai sdegnata. Lui per la prima volta parve sollevato.
 
“Perfetto. Ora spostati dal centro della strada, altra gente deve passare!” mi spinse leggermente sul marciapiede verso il quale ero diretta e saltò in macchina. Per venire a controllare che stessi bene non aveva nemmeno spento il motore. Appena salii sul marciapiede partì a tutta velocità. Decisamente era uno che aveva fretta.
 
Feci segno a Mike da fuori il negozio. Lui mi guardò senza una minima espressione in viso, poi si girò verso il gioco che stava fissando poco prima. Nei suoi occhi c’era una tristezza infinita. Forse qualcun’altra si sarebbe commossa. Io semplicemente alzai gli occhi al cielo. Era un videogioco... vedete un po’ voi. Uscì dal negozio, continuando a lanciare occhiate piene di nostalgia verso il gioco poggiato sullo scaffale al centro.
 
“Dio castoro, Mike! È solo un gioco!” esclamai esasperata. Mi lanciò un’occhiata inviperita.
 
“Dovresti ringraziarmi perchè sono venuto a prenderti... a proposito, non potevi rimanere un altro po’ con la tua amichetta? Sul serio, tanto non ho niente da fare, io...” mi disse sarcasticamente entrando in macchina. Questa volta toccò a me scoccare l’occhiataccia.
 
“Ah davvero? Me li immagino proprio i tuoi impegni! Guardare la TV, giocare con i videogiochi, ingozzarti...” dissi elencando gli ‘impegni’ di mio fratello sulle dita della mano. Lui mi sorrise con aria di sufficienza.
 
“Magari io ho un lavoro! Oppure ce lo siamo dimenticate, eh signorina?” cheodiocheodiocheodio!
 
“Mike, il tuo lavoro è al cinema. Dietro la cinepresa.” gli ricordai. “Tu in pratica passi la giornata a guardare film!”
 
“Ehi, bella! Vedi che mi pagano per questo!” disse con aria trionfante. In effetti lo pagavano, e non poco. Semplicemente per stare là, premere il tasto per avviare il film e alla fine premerne un’altro quando è finito. Bah...
 
“Chiamalo lavoro...” sussurrai. Lui frenò davanti a un semaforo rosso.
 
“E poi mica vedo solo bei film!” continuò a cianciare lui. “Una volta mi sono dovuto vedere un pallosissimo film d’amore... è stata un’agonia!”
 
“Se fossero questi i veri problemi della vita...” commentai io girandomi verso il finestrino e guardando la schiera di palazzi che ci passavano davanti a velocità assurda.




I COMMENTINI DELLE AUTRICI :3

Ok, partendo dal presupposto che già sarà tanto che leggerete la storia, quindi so che nessuno si filerà i nostri commenti finali :(
Vabbè, tanto l'importante è che seguiate la storia! :D
Come avete notato parliamo al plurale perchè siamo in due a scrivere questa FF: Martina e Grazia. Non sappiamo in quanti scrivono fanfiction a quattro mani, ma ve lo consigliamo perchè è veramente divertente, e si risparmia molto tempo: se a una manca l'idea, ecco che viene all'altra! *nonvenefreganiente*
Quindi in questo capitolo abbiamo introdotto più o meno la protagonista, la sua migliore amica, suo fratello e il fratello della migliore amica che potrà anche sembrare inutile (anche se figo) ma... vedrete che bei casini combinerà in seguito!
Non anticipiamo nulla, comunque i primi capitoli saranno un po' una pizza perchè saranno di passaggio. Niall e Harry infatti non compariranno fino al terzo... vi tocca sopportarci :3

#Marti&Gra
   
 
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