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Autore: LonelyWolf    28/04/2013    1 recensioni
La protagonista della storia si chiama Basma, ed è una ragazza di 16 anni che vive in Arabia Saudita.
Basma, stanca dell'opprimente insistenza del padre, che vuole a tutti i costi organizzare la vita dei suoi sette figli, decide di scappare di casa, senza alcuna meta, affidandosi alla saggezza di Allah, che saprà guidarla verso le giuste direzioni. Non sarà però un viaggio semplice il suo, infatti si imbatterà in un soldato Italiano, Giuseppe, che riesce a fuggire dopo 2 anni di prigionia in Iraq, a cui Basma salva la vita. Insieme decidono di dirigersi in Egitto, in modo che Giuseppe possa raggiungere l'Italia e tornare a casa, mentre per Basma l'Egitto rappresenta un nuovo ambiente, molto stimolante, nel quale vivere. Tra i due ragazzi nasce del tenero durante il viaggio. Questo nuovo amore però risulterà possibile tra due persone così diverse?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il viaggio fino ad Ha’il fu molto più breve di quanto Basma si fosse aspettata, forse perché aveva passato quasi tutto il tempo a chiacchierare con Giuseppe, che però non riusciva a capire tutto ciò che gli dicesse. Era curiosa di conoscere la storia di quel ragazzo, voleva sapere cosa l’aveva spinto a recarsi fino in Iraq, quanto tempo era stato prigioniero, ma, soprattutto, come aveva fatto a scappare, ma era ancora troppo presto per poterne parlare, per cui si limitava ad insegnargli un po’ la lingua, e lui sembrava gradire le attenzioni che gli venivano rivolte. Basma lo ricopriva di cure, lo trattava come un bambino, gli chiedeva costantemente “Stai bene? Hai fame? Vuoi riposare? Dimmi ciò di cui hai bisogno” aiutandosi col linguaggio dei segni. Giuseppe sorrideva e le faceva cenno di okay con la mano.
Il beduino era stato zitto per quasi tutta la durata del viaggio, limitandosi a guardare torvo Giuseppe, che sembrava non averlo notato.
“Stiamo per arrivare.”
Aveva improvvisamente detto con voce roca. Era da poco passata mezzanotte e le strade di Ha’il erano vuote e buie.
“Per sicurezza è meglio che si nasconda tra i rifornimenti. La prudenza non è mai troppa.”
Basma annuì e nascose Giuseppe sotto una larga coperta, poi si avvicinò all’uomo.
“Non so davvero come ringraziarti.”
“Non ce n’è bisogno.”
“Sì invece! Hai cambiato la tua rotta soltanto per noi, adesso dovrai riposare qui e attendere che si sia fatto giorno prima di ripartire.”
“Non è un grosso problema. Dopotutto non c’è nessuno che mi aspetta ad Hafar Al Batin, quindi posso anche permettermi il lusso di arrivarci quando voglio.”
Basma sorrise, e anche se il beduino non poteva vederla, sicuramente aveva captato quel gesto dal tono della sua voce.
“Ad ogni modo ti ringrazio.”
L’uomo si ammorbidì un po’.
“Non c’è fretta, avrai modo di ringraziarmi domattina. Adesso ci conviene trovare un funduq.”
“Non hai detto di essere già stato da queste parti?”
“Sì, ma quando mai ho dormito in un funduq?”
Rise, guardandosi intorno.
“Se la memoria non m’inganna, dovrebbe essercene uno in quella direzione, a pochi metri…”
 
Trascorsero la notte in un piccolo funduq nel centro città, ognuno in una stanza diversa.
Il beduino si era prima accertato di stare nella stanza di mezzo tra Basma e Giuseppe.
“Se quel… Se qualcuno dovesse provare ad entrare nella tua stanza ti basterà urlare o picchiare contro il muro, intesi?”
Si era raccomandato con Basma prima che lei potesse accedere alla stanza, e lei era stata costretta a giurarglielo per ben tre volte. A Giuseppe invece non aveva neanche augurato la buonanotte, ma era rimasto sulla soglia di porta della sua camera ad attendere che entrasse. Il soldato guardò Basma e le sorrise, chinando la testa in segno di saluto, poi entrò in camera sua. Basma sorrise di rimando, e questa volta fu felice di avere il volto coperto.
“Trattalo bene domani, per favore, tanto sarà l’ultima volta che lo vedrai.”
Chiese gentilmente al beduino, che era rimasto anch’egli sul corridoio, con la chiave infilata nella toppa della porta.
“E’ quello che spero. Ad ogni modo non posso assicurarti nulla.”
“Va bene, mi arrendo. Tesbah ala kheir*”
Concluse, chiudendosi la porta alle spalle. La stanza di quel funduq era più grande e meglio arredata dell’ultima in cui era stata: le pareti azzurrine erano decorate con piccoli quadri con le cornici in legno, la finestra, che si affacciava sul centro città, era adornata da una lunga e vaporosa tenda color bianco panna, il pavimento in mattonella bianca era pulito e il letto, la cui testata era fatta di legno, era coperto da un lenzuolo giallino. Davanti al letto c’era un grande specchio in cui poté riflettersi subito dopo essersi spogliata. Aveva un’espressione stanca e travagliata, dopotutto aveva trascorso un’intera giornata in giro su una carrozza sotto il sole cocente.
Prima di andare a dormire si fece una doccia veloce, poi si gettò di peso sul morbido letto con addosso solo la biancheria intima. Prima di prendere sonno ripercorse mentalmente la sua giornata. Una giornata a dir poco bizzarra, era davvero contenta che fosse finita! Poi pensò a Giuseppe; probabilmente non dormiva su un soffice letto da molto tempo, era sicuramente già sprofondato in un lungo sonno. Ripensò al racconto del beduino, e le tornarono in mente i suoi genitori; si alzò di scatto dal letto e prese un foglio di carta e una penna, poi cominciò a scrivere:
“Cari genitori, mi scuso per essere svanita nel nulla, vi sarete preoccupati tantissimo per me, ma non ne avete motivo: vi assicuro che sto bene e non dovete temere per la mia incolumità, sto imparando a badare a me stessa. Ho finalmente trovato la mia strada, ho deciso che mi trasferirò e ci arriverò presto, Inshaallah.
Se la cosa vi può dare conforto, sappiate che non sto compiendo questo viaggio da sola.
Prometto di scrivervi di nuovo prossimamente.
Vostra figlia Basma.”
 
Piegò il foglio e lo poggiò sul comodino vicino al letto, adesso si sentiva il cuore molto più leggero. Recitò alcune preghiere e poi, finalmente, si addormentò.
Fu risvegliata poche ore dopo dalla voce del beduino, e dal rumore che emettevano le sue nocche scontrandosi contro la porta.
“Basma, sei sveglia?”
“Sì!”
Urlò scattando sul letto. Aveva gli occhi chiusi ed era ancora intontita. Le ci vollero un paio di secondi perché riprendesse coscienza.
“Sì, sono sveglia, dammi due minuti!”
Gridò scendendo dal letto, correndo a sciacquarsi il viso, si vestì velocemente  ed indossò il suo velo, poi aprì la porta.
“Eccomi, sono pronta, hai chiamato Giuseppe?”
“Sì, ma quel pigrone sta ancora dormendo. Che razza di…”
Ma non finì la frase, perché proprio in quel momento la porta del soldato si aprì, e ne uscì Giuseppe col viso pulito, ma con gli stessi abiti logori del giorno prima.
“Dobbiamo recarci in qualche suk, prima di partire.”
 
La città era irriconoscibile, la gente pullulava in ogni dove, intenta a fare compere, urlando e spingendosi gli uni con gli altri. Basma aveva pochi soldi con sé, per cui era arrivato il momento di vendere un altro degli oggetti della madre. Si avvicinò ad un gioielliere e, come aveva fatto la volta precedente, lo attirò a sé sussurrandogli qualcosa all’orecchio e mostrandogli una collana di perle colorate. Giuseppe guardò la scena da poco lontano; vide il mercante alzare le mani in segno di rifiuto, Basma che lo inseguì accerchiandolo muovendo spasmodicamente le mani e indicandolo. Anche il mercante lo stava guardando e adesso sembrava molto più calmo, più propenso a trattare. Gli vide infilare la mano destra in tasca e poi tenderla verso la ragazza che lo salutò con un cenno.
Basma si avvicinò a Giuseppe e lo invitò a seguirla. Furono avvolti da suoni, profumi e colori caratteristici dell’Arabia Saudita, furono inghiottiti in un tumulto sensoriale; Giuseppe si guardò intorno sentendosi smarrito e benvenuto allo stesso tempo. La gente sorrideva e parlava tra loro in assoluta tranquillità, incurante degli strilli dei mercanti, o delle risate dei passanti, delle voci acute dei bambini che giocavano e si perdevano nella folla, dei forti odori di spezie che pizzicavano le narici, dei raggi solari che battevano sulle collane di perle e diamanti e si riflettevano nelle tende o negli abiti delle donne, che a volte accecavano la vista. Non aveva mai visto nulla di simile in vita sua, i mercati italiani non erano neanche lontanamente simili a quelli arabi. E poi vi si poteva trovare di tutto, dagli alimenti freschi del giorno come pesce o verdura, alle buste di sesamo, curcuma, zafferano e sommacco, e poi gli oli, e la frutta secca, i prodotti caseari e i condimenti per le salse; e poi gioielli, un’infinità di gioielli ultra decorati, collane, bracciali, orecchini, anelli e poi addobbi per i capelli, foulard, addirittura le scarpe! Vi si potevano trovare persino i tappeti, di ogni grandezza, colore e qualità. Era un grande mondo, un grande centro di scambi che si trovava in una piccola parte della città.
Basma lo trascinò davanti una bancarella che vendeva abiti e lo invitò a scegliere qualcosa. Giuseppe si sentì imbarazzato, Basma lo vide arrossire e abbassare lo sguardo, scuotendo impercettibilmente il capo.
“No, grazie.”
Aveva sussurrato, ma lei finse di non aver sentito, e prese in mano un dishdasha*di cotone bianco e glielo porse. Giuseppe fissò l’abito senza prenderlo, ma Basma insistette e glielo poggiò proprio sotto il naso. Mentre il ragazzo se lo poggiava addosso per vedere che effetto faceva, Basma gli portò una kufiya* bianca e rossa da fermare con un agal. Senza dare al giovane il tempo di replicare, pagò la merce e se la fece imbustare. Poi si diresse verso un mercante di frutta e verdura e comprò pochi viveri, infine si allontanò dal suk trascinando Giuseppe per una manica e tornarono insieme nel funduq. Gli porse i nuovi abiti e lo invitò a provarli. Giuseppe rimase un secondo sul posto, poi entrò nel funduq.
“Lo hai portato a fare spese…”
Esclamò il beduino, vedendoli tornare.
“Sì, oltre ad averne bisogno, spero che questi abiti lo rendano meno riconoscibile.”
“Non ci spererei tanto se fossi in te. Comunque senti, ho parlato con un tizio, mi ha venduto un cammello e una carrozza, non è molto grande, ma credo che vi possa bastare.”
“Andrà benissimo, ci fermeremo a fare rifornimenti come mi hai suggerito.”
“A proposito, ti ho procurato anche una mappa, ti ho tracciato la strada da fare e i luoghi in cui fermarvi…”
“Non so proprio come ringraziarti. In questi giorni mi sei stato indispensabile e non so come avrei fatto senza di te.”
Il beduino sorrise e improvvisò un buffo inchino.
“Sono io che ti devo tanto. La tua compagnia ha significato molto per me.”
Sorrisero entrambi, sentendosi molto più vicini che mai. Ad interrompere quell’atmosfera malinconica era stato Giuseppe, che adesso indossava gli abiti tipici arabi, anche se aveva messo male la Kafiya. Basma sorrise e gliel’aggiustò.
“Adesso sembri uno di noi.”
Il ragazzo sorrise impacciato.
“E da questo momento, fin quando sarai in Terra Araba, il tuo nome sarà Youssef.”
Giuseppe rise nuovamente, stavolta senza alcun imbarazzo.
“Ismi Youssef, ana Arabi. Yalla!*”
Basma e Giuseppe scoppiarono a ridere, e alle loro risa si unirono anche quelle del beduino questa volta; si avvicinò a Giuseppe e gli poggiò le mani sulle spalle.
“Abbi cura di questa grande donna, e buona fortuna.”
Giuseppe si fece improvvisamente serio, fissò l’uomo negli occhi e alzò le braccia.
“Avete salvato mia vita. Io dico grazie, io prendo cura di Basma.”
Rimasero altri pochi minuti insieme, discutendo circa la strada migliore da prendere per arrivare alla prossima città, Tayma, a circa sette ore di lontananza. Poi Giuseppe salì sulla carrozza e tese la mano a Basma, che era rimasta di sotto.
“Quasi dimenticavo, tieni questa.”
Disse tirando fuori dalla sua borsa un foglio ripiegato su sé stesso.
“Semmai dovessi passare di nuovo da casa mia, falla avere ai miei genitori, voglio che sappiano che sto bene.”
Il beduino sorrise, con gli occhi lucidi.
“Sarà fatto. E poi chi può dirlo? Magari prima o poi ci rincontreremo, non ho intenzione di smettere di viaggiare!”
Anche gli occhi di Basma si stavano inumidendo.
“Perché no?”
Poi afferrò la mano di Youssef e fece un piccolo salto in avanti. Salutarono nuovamente il beduino, ringraziandolo per la sua gentilezza, e poi si allontanarono verso l’orizzonte, sapendo che da quel momento le loro strade non si sarebbero mai più incrociate.
 
 
 
*Tesbah ala kheir- Buonanotte
*Dishdasha- E’ una tunica che arriva alla lunghezza della caviglia. Ha generalmente una tasca in alto a sinistra ed è cucita in modo da far circolare agevolmente l’aria, così da rinfrescare il corpo
*Kufiya- Anche questa tipica dell’abbigliamento maschile arabo, è una sorta di sciarpa a forma rettangolare che va posta sul capo. La sua funzione è quella di proteggere la testa dai raggi solari
*Agal- una sorta di cappello da preghiera musulmano indossato per lasciar traspirare meglio il capo (a volte infatti è traforato).
*Ismi Youssef, ana Arabi, yalla!- Ho già spiegato, nel capitolo precedente, il significato di questa frase (che non è molto difficile da comprendere) ad ogni modo la rispiego: Mi chiamo Youssef, sono arabo. “Yalla” significa letteralmente “Dai” ed è una parola molto usata dal resto del mondo per indicare gli Arabi, così come usano “Spaghetti” per indicare gli Italiani.
 
FONTE- http://www.dubaiblog.it/index.php/2012/01/06/dubai-blog-vestito-arabo-uomo/
  
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