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Autore: HachiXHikaru    28/04/2013    1 recensioni
"(...) cosa avrebbe dovuto fare? Il suo foglio per la scelta della carriera era ancora vuoto, buttato sulla scrivania, e i professori continuavano a sollecitarla di scegliere, ma lei davvero non sapeva che fare e aveva cominciato a non sopportare più la loro insistenza. Era arrivata a pensare di desiderare di non avere più futuro, così da non dover mai scegliere e rimanere al liceo assieme a tutti gli altri. (...)"
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appena la sveglia cominciò a suonare un braccio spuntò da sotto le coperte pronto a spegnerla malamente. Odiava sentire il suono della sveglia, odiava alzarsi la mattina e odiava dover andare a scuola; bè, ma chi è che trovava piacevole tutte queste cose? Lentamente si mise a sedere sul letto, i lunghi capelli castani, mossi, le coprivano gli occhi e dovette scostarli assonnata dal viso, balbettando qualcosa per quanto fossero scombinati. Sbadigliò, stropicciandosi gli occhi azzurri e fu tentata di ributtarsi sul cuscino continuando il suo riposo, ma la luce che filtrava dalle tende stava cominciando a prendere il sopravvento sull'oscurità che l'aveva avvolta in precedenza. Posò i piedi in terra, rabbrividendo leggermente al contatto col pavimento, e si avviò barcollante verso la porta, aprendola e uscendo dalla camera. Bussò alla porta che le stava davanti, poggiandosi con la fronte al legno liscio, e mugugnò qualcosa, probabilmente rivolta a qualcuno. Dall'altra parte del corridoio, alla sua sinistra, nella cucina-salotto, una ragazza dai lunghi e lisci capelli neri sospirò rassegnata. Indossava un lungo abito nero - forse fin troppo caldo per quelle giornate estive - simile a quelli delle maid.
-Guarda che mi sono svegliata mezz'ora fa-
Affermò finendo la propria colazione. La castana alzò un sopracciglio, non ancora del tutto lucida.
-Ma Meirin, sono appena le sette-
La mora si alzò, dando le spalle all'amica e posò la sua ciotola ormai vuota nel lavandino.
-Sono le sette e mezza passate e se non ti sbrighi a vestirti e lavarti farai tardi a scuola-
Poi si voltò verso di lei, che la fissava a occhi spalancati.
-Un'altra volta-
Cominciò velocemente a togliersi il pigiama, borbottando contro la mora e imprecando sottovoce. Non poteva crederci, eppure la sveglia era suonata regolare quella volta. Perchè? Perchè doveva sempre fare tutto di corsa? Lanciò il pigiama sul letto, senza preoccuparsi di piegarlo, prese i jeans corti e li infilò, rischiando di cadere per terra, poi fu il turno della maglietta bianca, senza maniche, e la giacchetta nera, senza maniche anch'essa. Dopo aver infilato i calzini neri corse in bagno, lavandosi malamente i denti e sciacquandosi la faccia, poi fu il turno dei capelli. Gemette disperata. Quell'ammasso marrone la mattina non potevano certo chiamarsi “capelli”. Prese la spazzola e provando a farsi meno male possibile cercò di sistemarli, per poi legarli in una coda alta; solo due ciuffi castani le incorniciavano il volto.
-Io esco-
Sussultò, uscendo di corsa dal bagno e infilandosi due polsini neri.
-Aspetta Meirin!-
Afferrò la borsa a tracolla rosa, il cappello rosa e bianco e raggiunse l'amica all'entrata. La mora stava finendo di infilarsi le scarpe quando l'amica le arrivò vicina, sedendosi a terra e mettendosi gli scarponi neri, infine si rialzò di scatto dichiarando di essere pronta per uscire. Mei sospirò, aprendo la porta e uscendo, seguita dalla castana.
-Credo di aver battuto il mio record-
Commentò mentre scendevano le scale. Le due ragazze abitavano da sole in un appartamento al primo piano. La struttura del palazzo era di forma rettangolare, con due piani, e le porte dei rispettivi alloggi davano su di un corridoio esterno, dove, chi si trovava al piano superiore, poteva raggiungere la strada scendendo per la scala comune. Coloro al pianterreno non ne avevano ovviamente bisogno ritrovandosi quasi affacciati sulla strada principale.
-Però, Meirin, potevi anche svegliarmi!-
La mora le lanciò un'occhiata.
-L'ultima volta che ci ho provato mi hai morsa, quindi arrangiati da sola Touko-
Lei sbuffò, per poi posare le mani sulla pancia. Non aveva fatto colazione, dannazione. Lei odiava saltare i pasti - poiché adorava mangiare - e non credeva che sarebbe riuscita a resistere fino all'ora di pranzo. Maledetta sveglia.
-Tieni-
Si voltò un poco verso l'amica, che le porgeva nella mano destra una polpetta di riso. Oramai si era rassegnata al fatto che la castana non potesse svegliarsi in orario e la sera, prima di andarsene a dormire, aveva iniziato a prepararle qualcosa per la colazione che poteva benissimo mangiare mentre camminavano dirette a scuola.
-Oh Meirin, come farei senza di te?-
E mise in bocca l'intera polpetta, assaporandola con gusto. La cucina della mora era sempre la migliore. Mei sorrise, prendendo le altre polpette e porgendole all'amica la quale aveva gli occhi che brillavano dalla felicità e insieme continuarono la camminata verso la scuola cominciando a ridere e scherzare parlando del più e del meno.

Mei Fujiwara e Touko Aizawa abitavano in un'isola chiamata Shorai, poco distante dalle coste del Giappone, più precisamente a quelle dell'isola Honshu a diversi chilometri da Tokyo. Non era molto grande e non vantava un grande numero di abitanti, la maggior parte erano tutti studenti e studiosi provenienti dalle varie città del Giappone e non solo. Il Governo Giapponese creò quest'isola nell'Oceano Pacifico con l'intento di formare giovani menti valide per lavorare in ambiti scientifici e tecnologici, in modo da poter migliorare le risorse presenti per il futuro. I ragazzi vivevano sull'isola da soli, almeno la maggior parte, e potevano rivedere le famiglie durante le festività o i weekend, dato che l'isola non era troppo distante da Tokyo. Chiunque volesse dare un futuro migliore al proprio figlio lo mandava sull'isola di Shorai, che vantava la miglior istruzione del mondo; Shorai significava appunto “futuro” e non a caso i giapponesi scelsero quel nome per l'isola. Inoltre scienziati e menti eccelse provenienti da tutto il mondo erano soliti fare conferenze e incontri con gli studenti; i più fortunati riuscivano persino a trovare un ingaggio e ad andarsene dall'isola prima del previsto. Mei e Touko erano ormai al loro terzo e ultimo anno del liceo e presto avrebbero dovuto scegliere in che campo volersi specializzare per il loro futuro. Futuro... Questa parola gravava sull'esistenza di tutti gli abitanti dell'isola e sembrava scandire il loro tempo, ma non tutti trovavano piacevole questa costante presenza che per molti significava un peso non indifferente.

Raggiunto l'imponente edificio scolastico, le due ragazze varcarono il grande cancello e, dopo aver percorso il cortile, entrarono cominciando a salire le scale dirette alla loro classe, la 3-C. Nessuno degli studenti indossava un'uniforme scolastica, a meno che non gli fosse gradito, poiché erano tutti liberi di vestire come pareva. Ciò era molto diverso da quello che accadeva nelle scuole giapponesi ed era anche molto apprezzato dagli studenti. Touko raggiunse il suo posto, quarta fila, banco di fianco alla finestra, e posò la borsa in terra mettendosi a sedere; Mei fece lo stesso, sedendosi nel posto di fianco a quello della castana.
-Ah, questo è l'ultima polpetta di riso, forse dovrei gustarla lentamente, che dici Meirin?-
La mora sospirò scocciata.
-Mangiala e basta-
E quella - alzando le spalle - obbedì, riempiendosi completamente la bocca di riso e sorridendo soddisfatta del pasto.
-Ti rimpinzi già di mattino presto Touko?-
La castana per poco non si strozzò nel sentire quella voce, mentre la mora mise il gomito del braccio destro sul banco per poi poggiare la guancia sulla mano e guardare i due ragazzi che stavano venendo loro incontro. Quello che aveva parlato aveva dei corti capelli castano scuro nascosti da un cappellino da baseball, gli occhi castani e la carnagione scura, indosso portava una maglietta arancione a maniche corte e una felpa - anche quella a maniche corte - con cappuccio leggera, di un giallo non troppo acceso, un paio di jeans leggeri e scarpe da ginnastica, mentre il suo amico aveva dei ricci capelli neri che gli coprivano il volto, gli occhi verdi, e indossava una tipica uniforme scolastica giapponese, camicia bianca, pantaloni neri e scarpe nere.
-Non ha fatto colazione neanche stamattina Amir, questa ragazza è impossibile-
La diretta interessata si mise una mano dietro la testa sorridendo impacciata.
-Bè, dopotutto la mattina è orribile per tutti-
Disse il castano sorridendo dolcemente a Touko, che abbassò la testa senza dire niente.
-La verità è che è solo una dormigliona buona a nulla-
S'intromise una ragazza dai capelli biondi; due ciuffi più lunghi le incorniciavano il viso e la frangetta era lunga al punto giusto da non coprirle i bellissimi occhi azzurri. Un nastro dello stesso colore degli occhi le passava sulla testa e finiva con un fiocchetto, i capelli restanti erano corti e non arrivavano a toccarle il collo; indossava una maglietta rosa che non le copriva l'ombelico, una felpa leggera bianca con cappuccio, dei pantaloncini corti e delle ballerine dello stesso colore del fiocco per i capelli. Nel sentirla Touko alzò nuovamente la testa guardandola negli occhi.
-Antipatica come sempre Beth-
Quella sbuffò stizzita, odiava quel soprannome. Incrociò le braccia al petto fissando in malo modo l'Aizawa.
-Finiscila TouTou...-
Touko sorrise maliziosa; si divertiva troppo a farla arrabbiare.
-Di fare cosa Beth?-
Mei sospirò, stanca dell'ennesima lite. Quelle due non facevano altro, appena si vedevano iniziavano a litigare. A scuola, per strada, nei negozi, era un continuo, ed era semplice capirne la causa.
Il moro provò a dire qualcosa, cercando di calmarle, e in quel momento altri due ragazzi si unirono a quella specie di gruppetto. Uno aveva i capelli neri, gli occhi azzurri e portava gli occhiali, indossava una felpa leggera blu, un paio di pantaloni neri e scarpe da ginnastica, mentre l'altro aveva i capelli rossi e gli occhi castani ed indossava una maglietta arancione, una camicia bianca a maniche corte che teneva aperta, un paio di jeans e scarpe da ginnastica.
-Ohoh, che succede qui? Liz-chan e Touko-chan hanno già iniziato a litigare?-
La bionda si voltò stizzita verso colui che aveva parlato.
-Smettila di abbreviare il mio nome Kyosuke! Solo Amir può farlo!-
Il rosso la guardò portandosi le mani al petto e facendo finta di piangere.
-Sei cattiva Liz-chan, io voglio solo il tuo amore!-
Poi si avvicinò alla castana, sorridendole.
-Ah, ma non essere gelosa Touko-chan, io voglio anche il tuo amore-
Lei sospirò; Kyosuke Koa faceva così con qualunque ragazza e quando gli andava bene otteneva solo rifiuti e pugni in faccia. Elizabeth Kawamura era una delle sue prede preferite ed era anche la più popolare di tutta la scuola, si diceva che nessun ragazzo poteva resisterle e probabilmente era dovuto al fatto che era di sangue misto. Il padre, preside della loro scuola, aveva incontrato e sposato una donna americana in uno dei suoi tanti viaggi negli Stati Uniti. Ma nonostante il bel faccino, la bionda non aveva affatto un carattere dolce e gentile, con l'Aizawa sopratutto si mostrava infatti particolarmente antipatica.
Quando la professoressa entrò per dare inizio alla lezione tutti gli studenti si misero ordinatamente ai propri posti tirando fuori dalle proprie borse i quaderni per gli appunti e i libri scolastici. Touko mise il gomito del braccio sinistro sul banco e poggiò a questo la guancia, fingendo di seguire la lezione, ma facendo tutt'altro. Con un occhio infatti sbirciava fuori dalla finestra e la sua mente aveva già cominciato a vagare come tutte le altre volte. Sua madre l'aveva praticamente costretta ad andare a studiare su Shorai quando ancora doveva iniziare le scuole medie; l'unica cosa positiva era che Meirin sarebbe andata assieme a lei. Meirin era la sua migliore amica, erano cresciute insieme e insieme avevano passato ogni momento, bello o brutto che fosse. Inoltre, durante i sei anni sull'isola aveva conosciuto Amir, Beth e tutti gli altri. Li adorava tutti, nessuno escluso, neppure quell'antipatica di Beth; ormai erano diventati la sua famiglia dopo che sua madre l'aveva spedita lì a studiare. Ma adesso era arrivato il suo ultimo anno del liceo, e presto avrebbe dovuto scegliere cosa voler fare nell'immediato futuro. Peccato che lei non ci avesse mai pensato al futuro, viveva il presente e questo le bastava. L'unica cosa che sapeva del suo futuro era che avrebbe voluto percorrerlo assieme a tutti gli amici che si era fatta su Shorai, perchè oramai erano loro la cosa più importante che aveva. Quindi voleva continuare a divertirsi assieme a loro, senza pensare a che specialistica prendere per il futuro lavoro; ciò non le interessava minimamente, ma ora che era tutto così vicino, cosa avrebbe dovuto fare, scappare dall'isola? Impossibile. Shorai era più controllata di un carcere di estrema sicurezza. Ma allora cosa avrebbe dovuto fare? Sfortunatamente non le era possibile fermare il tempo. Avrebbe quindi dovuto scegliere, ma cosa poi? Non aveva né sogni né aspirazioni. I suoi voti erano buoni e se la cavava egregiamente in tutte le materie, ma niente le era mai interessato veramente, niente riusciva davvero a stimolarla. Spostò gli occhi in direzione di Mei. Lei sì che aveva le idee chiare, si sarebbe specializzata in ingegneria genetica. Forse avrebbe dovuto intraprendere anche lei quella specializzazione, così da rimanere insieme a Meirin... Scosse la testa. Ci aveva già pensato, ma, nonostante i buoni voti scolastici, non sopportava dover rimanere chiusa in un laboratorio per giorni. Ma allora cosa avrebbe dovuto fare? Il suo foglio per la scelta della carriera era ancora vuoto, buttato sulla scrivania, e i professori continuavano a sollecitarla di scegliere, ma lei davvero non sapeva che fare e aveva cominciato a non sopportare più la loro insistenza. Era arrivata a pensare di desiderare di non avere più futuro, così da non dover mai scegliere e rimanere al liceo assieme a tutti gli altri.

La lezione dell'ultima ora fu interrotta dall'arrivo del preside. Era un uomo sulla quarantina, di statura non molto alta e abbastanza robusto di costituzione. Teneva dei corti capelli scuri e un paio di occhiali che era solito tirare continuamente su con il dito della mano destra. Voleva bene a ogni studente e cercava di aiutare sempre tutti al meglio; era, forse, la persona più buona e gentile che Touko avesse mai conosciuto in vita sua. Il signor Kawamura si mise di fianco alla cattedra e, dopo essersi schiarito la voce, cominciò a parlare.
-Come tutti voi sapete, pochi giorni fa il professor Yamashita è giunto a Shorai per mostrare ai nostri scienziati la sua ultima scoperta e, insieme a loro, a perfezionarla-
La castana sbuffò piano. Come potevano non saperlo? Non si era parlato d'altro in quei giorni. I giornali, la televisione e persino i professori, durante le ore scolastiche, sciorinavano scemenze sul “Prodigio della scienza!” e lei ormai ne aveva avuto abbastanza.
-Questo pomeriggio il professore e i nostri scienziati spiegheranno e mostreranno l'esperimento al laboratorio principale dell'isola. Mi auguro che tutti voi partecipiate, sarà un grande passo per l'intera umanità!-
E, sorridendo, si congedò mentre gli studenti mormoravano tra loro, chiedendosi di cosa mai potesse trattarsi questa favolosa scoperta fatta dal celebre scienziato. In molti non vedevano l'ora di assistere dal vivo all'esperimento e, la maggior parte delle ragazze, non vedeva l'ora di incontrare dal vivo il professore. Dai notiziari alla televisione e dai vari giornali avevano potuto constatare quanto fosse bello e affascinante. Il resto dell'ora venne così impiegato a parlare di Akito Yamashita e, quando la campanella suonò, la professoressa ripetè luogo e ora del fatidico esperimento, invitando calorosamente gli studenti a partecipare, così come aveva fatto il preside.
Touko alzò le braccia, stiracchiandosi, poi mise le sue cose nella borsa e si alzò, aspettando Mei per uscire. Mentre le due stavano per varcare il cancello della scuola Amir e Hiro le raggiunsero.
-Voi andrete a vedere l'esperimento del professore?-
Chiese curioso il castano e le ragazze scossero la testa.
-Non è che mi interessi più di tanto... E poi possiamo sempre vederlo alla televisione, scommetto che adesso le reti non manderanno in onda altro-
Commentò l'Aizawa; Hiro, intanto, si era avvicinato alla mora.
-Credevo che almeno tu avresti voluto assistere Mei-
Lei gli lanciò un'occhiata veloce, per poi riprendere a guardare davanti a sé.
-Bè, mi interessano molto i lavori del professor Yamashita, ma presumo che questo pomeriggio ci sarà una calca tremenda e non ho affatto voglia di fare a gomitate con le altre persone per vedere, quindi assisterò seduta comodamente sul divano-
Touko sorrise guardando Amir.
-Immagino che Zari sia già al laboratorio cercando un punto ottimale per vedere il tutto-
Zari Mizuno era la sorellina di Amir, aveva ricci capelli castano scuro e occhi marroni; anche se aveva solo dodici anni era un vero genio. Lei e Touko si erano conosciute sull'isola grazie al fratello e si erano piaciute da subito; per la castana Zari era come la sorellina che non aveva mai avuto. L'adorava, così come adorava Mei.
Il ragazzo scosse la testa.
-Avrebbe voluto, ma non lo farà, ieri sera aveva qualche linea di febbre e ora è a casa a riposare-
Touko abbassò gli occhi.
-Capisco... Allora io e Meirin possiamo venirla a trovare?-
Amir annuì, sorridendole contento, e i quattro si avviarono verso il palazzo dove abitavano i ragazzi.

Il palazzo era composto da quattro piani, ognuno con tre appartamenti. Zari, Amir e Hiro stavano al terzo piano, appartamento centrale. Era molto simile a quello delle due ragazze come disposizione delle stanze, solo che era leggermente più grande poiché ospitava tre persone. La bambina aveva la stanza vicina all'entrata, di fronte c'era quella del fratello e accanto, a ridosso del muro che affacciava sulla strada, c'era quella di Hiro. Anche Ryosuke e Kyosuke abitavano lì, al secondo piano, e il loro appartamento era praticamente uguale a quello di Touko e Mei.
Appena Amir aprì la porta la testolina di Zari si voltò nella sua direzione. La bambina era seduta sul divano e aveva la televisione accesa su un canale qualsiasi. Touko poteva sentire benissimo il cronista parlare del famoso professor Yamashita, ad alcuni dei presenti venivano fatte domande sull'imminente esperimento, su cosa si aspettassero. Tutti affermavano che ciò che aveva scoperto il professore sarebbe servito a rendere più brillante il futuro dell'intera umanità; anche se nessuno aveva ancora capito di cosa trattasse precisamente tutti erano fiduciosi.
-Ciao Zari, come ti senti?-
La bambina sorrise.
-Sto bene Touko, Amir si è allarmato per niente-
Lanciò un'occhiataccia al fratello.
-Infatti sarei potuta andare benissimo a vedere l'esperimento invece che vederlo alla televisione-
Il ragazzo non ebbe tempo di controbattere che suonò il campanello; guardò interrogativo l'amico, come per chiedergli se aspettasse qualcuno e quello alzò le spalle. Quando aprì si ritrovò davanti una biondina tutt'altro che contenta.
-Avreste potuto invitare anche me-
Sbuffò tenendo le braccia incrociate; Touko le sorrise.
-Ehilà Beth!-
Le lanciò un'occhiataccia mentre entrava nell'appartamento; poi lo sguardo le si posò sulla bambina.
-Come mai non sei al laboratorio?-
Zari distolse lo sguardo dalla ragazza facendo una smorfia.
-Potrei farti la stessa domanda, tuo padre è il preside, non ti ha costretta ad andare?-
-Bè sì... Ma sono scappata, non è che avessi molta voglia di partecipare-
Proprio mentre Amir stava per chiudere la porta qualcosa lo bloccò. Kyosuke gli sorrideva dal pianerottolo e Ryosuke stava poco dietro di lui tenendo la testa bassa.
-Abbiamo sentito le vostri voci e siamo venuti, dopotutto assistere a una cosa del genere tutti insieme è meglio, no?-
-Lo pensi solo tu-
Rispose glaciale la bionda, ma questo non fece desistere i due, che entrarono comunque.
Così tutti e otto si misero davanti al televisore, in attesa dell'inizio dell'esperimento. Zari e Touko si erano messe sul tappeto, per terra proprio davanti allo schermo, Mei, Hiro, Elizabeth e Amir stavano sul divano e Kyo e Ryo erano ai lati di esso, in terra. Dopo alcuni minuti finalmente cominciarono a spiegare di cosa trattasse l'esperimento. Facendo vari ricerche sugli animali il professore aveva scoperto un farmaco che ridava la vita ad organismi deceduti. Sul tavolo del laboratorio infatti era posizionato il cadavere di un cane di media grandezza e Yamashita assicurava di poterlo riportare in vita. Il farmaco da lui inventato rigenerava le cellule del sangue, riuscendo a far pompare il cuore, che ricominciava a battere normalmente. In sostanza rimetteva in moto tutto quello che, con la morte, si era fermato. Non vi erano dubbi che quella fosse una scoperta sensazionale. Touko fissava in silenzio lo schermo. Si parlava continuamente di scoperte sensazionali e geni mondiali che dovevano tutto all'isola di Shorai, ma lei? A lei cosa stava dando quell'isola? Non credeva di poter essere in grado di fare grandi cose e nemmeno le interessava. Sentì Zari fremere dall'eccitazione quando un assistente iniettò il siero nel cadavere del cane. In seguito molti occhi erano puntati sull'animale e altri sugli schermi che indicavano i segni vitali. In disparte, la castana poteva notare il professor Yamashita che fissava il tutto rimanendo in silenzio; pareva preoccupato da qualcosa e probabilmente il suo pensiero era rivolto all'esito dell'esperimento. Nessuno fiatava, anche il cronista televisivo si era ammutolito. Tutti erano in attesa del miracolo. Il cane, ancora sdraiato sul tavolo da laboratorio, mosse leggermente le zampe e la tensione generale cominciò a crescere. Pian piano aprì gli occhi, sbattendo confuso le palpebre, e mosse il muso guardandosi intorno e annusando gli odori nella stanza; i valori vitali sui monitor si stavano stabilizzando. L'assistente sorrise e i presenti applaudirono entusiasti, poi si avvicinò all'animale, carezzandogli la testa e facendogli muovere la coda, infine rivolse le spalle all'animale guardando la folla e, soprattutto, le telecamere.
-Ecco a voi! L'esperimento può considerarsi riuscito, complimenti professor Yamashita!-
Esclamò indicando col braccio il professore, che mosse leggermente la testa; pareva meno turbato di prima. L'assistente unì le mani rivolgendosi ancora una volta al pubblico.
-E ora, se ci sono domande saremo molto felici di...-
Ma sfortunatamente per lui non ebbe il tempo di finire la frase, poiché venne attaccato da qualcosa alle sue spalle, una grossa bestia dal pelo bianco e gli occhi di un violetto brillante iniettati di sangue. Il cane che, poco prima, stava docile sul tavolo a fissare cosa avesse intorno, adesso aveva le zanne conficcate nel collo dell'assistente del professore. Si scatenò il panico tra la folla e il cronista, spaventato, balbettava cose incomprensibili al microfono, cercando di scappare con tutti gli altri. Le immagini allo schermo erano diventate una massa incomprensibile, il cameraman aveva abbandonato la sua telecamera che era ora preda della folla. Chi stesse guardando l'avvenimento alla televisione poteva solo sentire grida di terrore, unite ai versi della bestia che attaccava qualunque uomo si trovasse davanti; era arrabbiato e in cerca di qualcosa da mordere e, come se non bastasse, alcune persone morse dalla bestia, e stese in terra immerse in una pozza di sangue, avevano cominciato a rialzarsi, anche loro in cerca di qualcosa su cui affondare i denti.

  
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