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Autore: Alyx    28/04/2013    2 recensioni
Camille non aveva mai pensato che cadere al di là di una sbarra le avrebbe procurato tanti problemi.
Non aveva mai pensato che la pazzia della sua migliore amica l'avrebbe fregata così.
Non aveva mai pensato, semplicemente, di innamorarsi di Louis Tomlinson.
***
Ecco perché aveva tanta fretta di andare all'aeroporto Alexis.
Due parole.
One Direction.
Ed ecco perché non me lo aveva detto: per quanto mi stessero simpatici quei tizi non avrei mai rinunciato alla mia dormita domenicana.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Are you brave enough? 

  Capitolo 14
Feeling guilty 
  









Lanciai un'occhiata all'orologio, chiusi in fretta il libro di Chimica e afferrai al volo il giubbotto. Alle sei in punto stavo suonando all'appartamento di Alexis, due piani sopra il mio, mentre mi lisciavo le pieghe dell'indumento. 
La mia migliore amica mi aprì e insieme scendemmo verso i garage. Prendemmo la macchina di Hiram e guidai fino alla stazione. Il treno di Hayley era in perfetto orario e la aspettammo vicino al binario. Quando scese quasi non la riconobbi. 
I capelli rossi e lisci erano più corti di quanto mi ricordassi e mi sembrò più alta. Io ed Alex la abbracciammo poi corremmo alla macchina. Diluviava. 
Parlammo per tutto il viaggio del più e del meno fino a che Alexis non raccontò tutta la mia avventura in merito ai One Direction. Alexis aveva praticamente infettato tutti con quella band, compresa Hayley che non seppe se crederci o meno a quanto le diceva la ragazza. Il viaggio di ritorno sembrò più corto dell'andata e appena arrivate nel mio appartamento ordinammo delle pizze prendendocela comoda. 
-Tuo fratello?- chiese ad un certo punto la scozzese guardandosi intorno. -Non è che adesso compare dal nulla con quella sua aria da cattivo ragazzo a fare battute poco appropriate?
Io e Alexis ridemmo mentre Hayley cercava di trattenere il riso. 
-È fuori, tranquilla.- La rassicurai. -Con la sua fidanzata. 
-Wow. Fa sul serio?
Mi strinsi nelle spalle. -Per ora sembra di sì. 
Il campanello suonò e Alex si precipitò a prendere la cena. Nello stesso istante il mio cellulare prese a squillare. Risposi vedendo lampeggiare sul display il nome di Louis, mentre Katy Perry cantava a squarciagola.
-Pronto?
-Ciao. 
Sorrisi. 
-Mi manca la tua presenza qui. Quei quattro sono una tale noia. 
-Chissà come farai a sopravvivere domani.- risi.
-Non me ne parlare. Quei quattro traditori mi hanno pure lasciato qui da solo mentre sono andati a cenare. 
Deglutii rumorosamente. 
-È venuta Maggie prima. Te l'ha detto Harry?
-Cosa? No. Non me l'hai detto! Cosa voleva?
-Salutarti. 
-Perchè non l'avete fatta entrare? 
-I dottori ci avevano raccomandato di non stancarti troppo.- cercai di giustificarmi.
Louis stette un attimo in silenzio. -Non ti piace vero?
Alzai gli occhi al cielo. -Non è a me che deve piacere, ma a te. 
-Ci tengo al tuo parere. 
Sbuffai. -No. Non mi piace per niente.- dichiarai allora.
Louis rise. 
-Perchè ridi?
Lui sospirò. -Perchè è bello quando ti sento così gelosa. 
-Non sono gelosa.- dissi spicciata. 
-Nemmeno un po'?
-No. Non mi piace come persona. Tutto qui. 
Louis fece per rispondermi ma il telefono si spense. Lo guardai. Batteria scarica. Alex e Hayley mi chiamarono dal salotto. 
In un altro momento l'avrei messo in carica, invece lo abbandonai sul divano e raggiunsi le mie amiche sentendo una strana sensazione allo stomaco. E non la seppi identificare. 
Mi fece solo passare la fame.

***

Di una cosa ero sempre stata sicura. Dopo un periodo, anche minimo, di pausa, non si è mai pronti per tornare a scuola. Che siano tre giorni, due settimane, tre mesi, sei mesi, un anno. 
La voce della professoressa di Scienze era un ronzio fastidioso nel mio orecchio. La mia mente era completamente focalizzata sull'appuntamento -e anche se mi costringevo a pensare il contrario, era proprio un appuntamento- con Harry quella sera. 
Ma cosa mi era saltato in mente? Un appuntamento con Harry Styles. 
Cosa volevo ottenere? Gloria? Certo che no. Soldi? No, grazie. Non sono mica una barbona.
Il problema era che il mio cervello cercava in tutti i modi di convincersi che era stato un coulpe de foudre e che la curiosità mi aveva spinto a provarci. Solo provarci. 
Eppure mi sentivo le viscere artigliate da una specie di senso di colpa. 
Senso di colpa? Senso di colpa?! E perché? 
Io non ero innamorata di Louis Tomlinson. Eravamo solo amici. Non stavo tradendo la sua fiducia. Per di più gli avevo detto che avevo accettato l'invito di Harry. 
Ok, non gli avevo specificato che quella sera anziché andare a trovarlo in ospedale sarei uscita col suo migliore amico, e gli avevo rifilato una balla di dimensioni colossali, ma...
Ed eccolo di nuovo. Il senso di colpa. Che mi artigliava lo stomaco facendomi venire una nausea bestiale e impastandomi la bocca come una promessa di vomito. Dio, che schifo.
Dovevo fare qualcosa. 
-Jameson! 
Mi riscossi quando quell'arpia di donna berciò il mio cognome. 
-La prego di venire interrogata, Jameson. E anche di lavarsi le orecchie la mattina. L'ho chiamata già tre volte. 
Davvero? Ed ehi, io me le lavo le orecchie la mattina. 
-Scusi, professoressa. Non sto... molto bene. 
La donna mi fissò maligna controllando se stessi mentendo per saltare l'esame orale. 
Sapeva tanto che non mentivo. Non ero quel genere di persona che si fa sbattere in infermeria per marinare l'ora. 
E sapevo anche che le occhiaie bluastre sotto gli occhi e la mia faccia pallida e tesa non mi facevano di sicuro sembrare nel pieno delle mie forze. 
-Ha bisogno di andare in infermeria, Jameson?
Scossi la testa (pessima idea visto che cominciò a girarmi vertiginosamente). -Solo un bicchiere d'acqua. Prendo un antidolorifico e vengo. 
Mi chinai verso la borsa. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi portai una mano alla bocca e scattai verso la porta, diretta al bagno. 
-Jameson!- strillò la professoressa vedendomi lasciare la classe alla velocità della luce. La sentii a malapena ordinare a qualcuno di seguirmi. 
Corsi come una pazza e sbattei la porta della toilette chinandomi poi sul water scossa dai conati. 
Come previsto non vomitai nulla. Nell'ultimo giorno in pratica non avevo mangiato niente. La mia pizza il giorno prima era finita tra le fauci di Thunder e avevo saltato la colazione. 
-Camille?- chiamò qualcuno. Non Alexis comunque. 
La nocche che stringevano la tavoletta sbiancarono mentre un altro conato mi soffocava. 
-Camille!
Non riuscivo a respirare. Cercai di inalare aria ma venni ostacolata ancora dai conati. Cercai di urlare ma tutto quel che fui in grado di fare fu un gemito soffocato. 
-Camille! Camille!- urlò quello che doveva essere il mio salvatore. 
Mi sentivo svenire. Cercavo disperatamente l'aria che sembrava essere sparita. Sbattei le palpebre furiosamente ma l'unico risultato fu che gli occhi mi si riempirono di lacrime e pallini luminosi. 
In pochi secondi tutti divenne nero e non feci nemmeno in tempo a sentire il dolore quando caddi sul pavimento, sbattendo la testa. Svenni. 

***

-Camille! Camille! Per la miseria! Svegliati!- trillò una voce femminile. 
La testa mi pulsava dolorosamente. Mi portai una mano alla fronte cercando di aprire gli occhi in quella luce accecante. 
Sopra di me si sporgevano l'infermeria della scuola, Miss Argent, e Alexis. 
Tastai un cerotto dietro la testa.
-Oh.- gemetti. 
Fuori dal mio campo visivo sentii sospirare e imprecare Hiram. 
-Alexis, spostati.- disse con gentilezza Miss Argent alla mia migliore amica. -Cosa è successo, Camille?
Sbattei gli occhi. 
-Stavo...- gracchiai cercando di focalizzare. -Stavo... Soffocando. 
La giovane donna sospirò. -Me l'ha detto, Scott. 
Scott? Scott? Il mio ex, mi aveva salvata? Oh, perfetto. Ora gli dovevo pure un favore. E anche bello grosso. 
-Oh.- mi lasciai sfuggire di nuovo.
Hiram si avvicinò. -Sei un'idiota. 
Chiusi gli occhi. -Ti voglio bene anch'io, Hi. 
-Voi due. Potete tornare in classe ora. La tengo d'occhio io. 
-Mandala a casa, per favore, Allison. 
Da quando mio fratello chiamava per nome l'infermeria? Va bene, era giovane, ma... Oh. Ecco chi era Allison. Quella Allison. Era quella di Aprile, mi sembrava. 
-Hiram, non posso. - ribatté lei.
-Per favore.- insistette Hiram.
-Sto bene.- mi intromisi, mettendomi a sedere sul lettino. -Posso tornare in classe. 
Mi girò la testa e soffocai un debole conato, ma volevo uscire di lì. E non volevo andare a casa. Non da sola. 
-Torna giù, Camille. Hiram, torna in classe. Pure te, Alexis. Devo farle un paio di domande prima di decidere. 
-Ti prego, non mandarmi a casa. 
Alex mi lanciò un'occhiata preoccupata ma dopo averle fatto un cenno col capo, prese mio fratello per un braccio e uscirono. 
-Allora Camille. Dimmi che è successo.- esordì Allis- Miss Argent sedendosi accanto al lettino. 
Incrociai le mani sul ventre e mi sentii come da uno psicologo. Non che fossi mai andata da uno psicologo. 
-Mi veniva da vomitare. Sono corsa in bagno ma non vomitavo. Mi stavo soffocando coi conati.- raccontai tranquilla come se non fosse successo a me. 
-Non dovrei dirti che sono le esatte parole che ha detto Scott, vero? 
Mi strinsi nelle spalle. -Ormai l'ha fatto. 
-Eravate una bella coppia. 
Mi fremettero le mani dal nervoso. -Non voglio parlare di Scott.- dissi secca. 
-Certo.- si scusò l'infermeria. -Se non hai vomitato, deduco che non avevi mangiato e quindi non era un'indigestione. 
Mi strinsi ancora nelle spalle. Ma cosa voleva? 
-Ero solo nervosa. 
-Ho sentito che un tuo zio è in ospedale.- scese un silenzio abbastanza imbarazzante dal mio punto di vista. -È grave?
Scossi la testa. 
Miss Argent continuava ad aspettare. 
Sospirai. -Un'appendicite trascurata. È stato un pò infantile a sottovalutarla.
-Capisco.
Mi morsi il labbro. 
-Camille, sei incinta?
Quasi rischiai di strozzarmi con la saliva. Cosa?!
-No! No! Certo che no!- urlai. 
-Non ti devi vergognare con me. Manterrei il segreto. Potrei aiutarti.
Scossi la testa. 
-No! Miss Argent! Io... io non sono incinta! 
-Allora cosa...?
Sbottai. -Sono agitata per un appuntamento. Ecco tutto.
Una mezza verità. 
-E perché?- chiese gentilmente la giovane donna. 
Mi strinsi nelle spalle e mi preparai a mentire. Ultimamente lo facevo un po' troppo spesso. -È passato tanto tempo dopo Scott.- dissi tranquillamente. 
Miss Argent sorrise. 
-È normale.- poi si sporse a tirare un cassetto. Ne tirò fuori un paio di pillole incolori. -Tieni. Prendila dopo pranzo. Mangia leggera e prendila. E una dopo cena. Sarà d'aiuto per il tuo stomaco. Mentre per il tuo appuntamento...
Pregai che non mi desse un preservativo. Ma ovviamente fece di peggio. Prese una pastiglia da un altro cassetto.
-È una pillola del giorno dopo e...
-No, grazie. Non ho intenzione di...- arrossii dall'imbarazzo. Avevamo pochi anni di differenza ma era comunque una conversazione molto, molto imbarazzante. -Se dovesse succedere qualcosa verrò da lei. 
Mi alzai dal lettino e l'infermeria fece lo stesso dalla sua sedia. 
-Camille per qualsiasi cosa, io sono qui. 
Annuii, sentendomi il viso in fiamme. -Certo. Grazie mille, Miss Argent.
-Chiamami pure Allison.
-Arrivederci.- salutai invece io uscendo di lì. 
Peggio di così c'era stata solo la conversazione con mio padre sulle precauzioni di qualche anno prima. Cercai di non pensarci e scuotendo la testa mi diressi con passo spedito a Filosofia. 

***

Sentii il cellulare vibrare in tasca mentre porgevo Madame Bovary a una ragazza non troppo entusiasta di quella lettura sicuramente scolastica. Quando fu uscita era troppo tardi per rispondere. Controllai la chiamata persa. Harry
Indecisa se richiamarlo o meno, gli diedi il tempo di farlo lui. Questa volta risposi subito. -Pronto.
-Ciao. 
Sorrisi al nulla. 
-Come va?- chiese educato. 
-Abbastanza bene.
-Ho sentito Alexis dire a Niall che sei svenuta oggi. 
Sospirai. Possibile che quella ragazza non sapesse tenera la bocca chiusa? -Niente di grave, ero solo agitata. Mi aveva appena chiamata a Scienze. Una specie di attacco di panico.- spiegai cambiando versione dei fatti. 
-Se vuoi per stasera...- cominciò con tono preoccupato lui.
-No, tranquillo. Alle sette stacco e torno a casa. Ci vediamo alle sette e mezzo sotto casa mia. 
Harry esitò. -Ne sei sicura?
-Certo!- dissi forse con troppo entusiasmo. 
Scese un attimo il silenzio. 
Non riuscii a non pensare che con Louis non sarebbe mai successo. 
Scossi la testa scacciando quel pensiero fastidioso. Io non ero innamorata di Louis. Io non volevo uscire con lui. Io non...
-Ok. Ci vediamo dopo. Ti saluta Lou. 
-Digli che lo chiamo dopo.
-Certo. A dopo allora. 
-A dopo. 
Riattaccai sospirando proprio mentre entrava una coppia di amiche che ridevano.
Adocchiai in fondo alla borsa le pillole per il mio stomaco di Miss Argent sentendomi leggermente in colpa. Di nuovo. 

***

-Cosa è successo al tuo cellulare, ieri? Un lama se l'è mangiato?-ironizzò Louis.
-Scusa! Era morto. È tornato funzionante solo stamattina.- mentii. 
Era stufa, stufa di mentire, eppure continuavo a farlo. 
-Stai bene?- mi chiese Louis. 
-Certo. Era solo stanca. E agitata.- risposi sapendo che si riferiva allo svenimento. 
-Mmh.- mugolò non troppo convinto. Eppure quella era la spiegazione dei fatti più vicina alla  verità quel giorno. -È arrivata la tua amica?
-Hayley. Sì. Oggi seguiva le lezioni di Alex. Non so se è venuta in ospedale...
-No. Non è venuto nessuno oggi. 
-Nemmeno Maggie?
Non disse nulla e me lo immaginai che dissentiva con la testa.
Mi portai una mano sulla pancia per il mal di stomaco. Quei maledetti sensi di colpa. -Domani vengo subito dopo scuola. Te lo prometto. 
-Stai tranquilla. Non sento la tua mancanza. 
Un pugnale in pancia. Ecco quel che sentii. 
-Cioé.- disse leggermente agitato. -Non in quel senso. Certo che mi manchi. Ma  non voglio obbligarti a...
-Tranquillo.- dissi. -Avevo capito. 
Eppure perché quella sensazione alla pancia non se ne andava? 
-Divertiti stasera allora.- disse. 
Che Harry gli avesse detto...?
-Cosa?
-Con le tue amiche... Divertiti. 
-Sì. Certo. Ci vediamo domani. Se mai dopo ti chiamo.
Sapevano entrambi che non l'avrei fatto. 
-Non preoccuparti. Credo che oggi andrò a dormire presto. Sono stanco.
-Hai perso altro sangue?
-No.- sapevo che era una bugia, l'aveva detto troppo in fretta. Ma feci finta di niente. 
-Meno male.- speravo che si sarebbe sentito almeno un po' in colpa come me in quel momento. 
-A domani, Cam. 
Sorrisi sentendomi chiamare così. -A domani. Riposati. E guarisci presto. 
-E tu non svenire di nuovo.
Era la conversazione più seria che avessimo mai tenuto da quando ci conoscevamo e mentre riattaccavo, ebbi la sensazione che mancasse qualcosa. Come se si fosse rotto qualcosa. 

***

Abbandonai la borsa sul divano mentre il cane mi trotterellava in mezzo ai piedi. Lo accarezzai e gli diedi un bacio tra il pelo scuro poi corsi in cucina a versargli dei croccantini. Bofonchiai a mezza voce un "Buon appetito" per poi avviarmi in bagno. 
Feci velocemente una doccia calda che mi distese magnificamente i nervi e andai ancora gocciolante in camera mia.
Erano le sette e venti. 
Mi infilai alla svelta un paio  di leggins neri, un abito non troppo elegante di un marrone tanto cupo da sembrare nero e i soliti stivali. Mi passai una linea di matita grigia sulle palpebre e un po' di mascara. Lasciai i capelli sciolti sulle spalle, lungo la schiena, perfettamente lisci come sempre. Harry suonò mentre mi stavo infilando nei lobi un paio di orecchini d'argento, piccoli e brillanti. 
Scesi di corsa le scale, afferrai la borsa e ci infilai dentro il portafoglio leggermente più pesante di poco prima -per qualsiasi evenienza.-, misi il giaccone, accarezzai al volo Thunder e uscii chiudendo la porta dietro di me.
Solo mentre scendevo le scale fino in strada mi chiesi per un momento che fine potesse aver fatto Hiram. 
Non me ne preoccupai più di tanto. Ero abituata a non sentirlo rincasare fino a notte fonda, se non direttamente il mattino dopo. 
Mi chiusi alle spalle il portone e vidi Harry che mi sorrideva sul marciapiede. Sorrisi di rimando. 
Mentre mi avvicinavo lo studiai.
Aveva dei jeans scuri, una camicia bianca e una giacca blu perfettamente stirata. Un paio di scarpe abbastanza eleganti nere, la cravatta teatralmente allacciata -o meglio slacciata.- e i capelli pettinati come se fossero spettinati. Come sempre. 
Invidiai tantissimo i suoi ricci. Avevo sempre desiderato esserlo. Riccia intendo. 
Quando fummo uno di fronte all'altro non ebbi nemmeno il tempo di sentirmi in imbarazzo senza sapere come comportarmi che Harry si era già avvicinato e mi aveva lasciato un bacio sulle labbra. 
Provai la stessa sensazione del giorno prima in ospedale quando l'aveva fatto dopo che Maggie era andata via. Mi sentii... in pace. 
Poi però il mio stomaco si accartocciò su se stesso appena focalizzai quel che stavo facendo. 
-Mi sento in colpa.- confessai a Harry. 
Faceva freddo e insieme alle parole uscirono delle nuvolette bianche del mio respiro. 
-Ci sono i ragazzi con lui.- azzeccò il punto il riccio. 
-Gli ho mentito.- soffiai fuori. Ecco cosa mi pesava così tanto. Avevo mentito. Avevo mentito a Louis. 
Harry mi fissò negli occhi. -Non deve scoprirlo per forza. 
Cercai di sorridere ed Harry mi prese per mano.
-Sei bellissima- sussurrò. 
Mi sforzai di non arrossire, ma capii subito di non esserci riuscita. Persino quando me lo diceva mio padre, arrossivo. 
-Grazie. Anche tu.- borbottai lieta che mi avesse distratta cambiando argomento. 
Harry sorrise e mi trascinò verso la macchina dicendo -Andiamo. 
Saliti sulla vettura mi fece girare.
-Scusami. Ordini di Paul.- disse leggermente imbarazzato mentre mi legava un pezzo di stoffa sugli occhi. 
Risi. -Tranquillo. 
Quando Harry mise in moto e partì fui colta da un senso di vertigini che cercai di ignorare. Non era il momento giusto per svenire. Tentai di incolpare gli occhi chiusi, la velocità della macchina e la pesantezza della giornata. 
Ma il vero problema era che non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine di Louis, sdraiato sul suo letto d'ospedale che fissava pigramente il vuoto e non si accorgeva che la sua ferita sanguinava ancora. 








Angolo dell'Autrice: 
Buonsalve a tutti. 
Bene, sto finendo i capitoli pronti e ehm, sono giusto un'attimo impanicata. 
Senza contare il fatto che sto letteralmente sclerando per colpa della scuola. 
Questi quattro giorni di pausa sono stati una meraviglia, senza contare il fatto che ora però devo fare tutti i compiti. 
Non so voi, ma io sono arcistufa della scuola. Voglio andare in vacanza. Per sempre. Ahahah. 

Okay, questo è il capitolo. Moscio come non mai, ma pazienza. Ho un sacco di idee per questa storia, ma sono a un punto morto che non riesco mai a portare avanti. 
Ma in qualche modo cerco di riuscirci. Insomma, devo riuscirci. 

Me ne vado, devo seriamente mettermi a studiare se non voglio che quest'ultimo mese sia un massacro -cosa che sarà sicuramente.

Un bacione a tutti. Grazie come sempre. :D
Alla prossima
Ali

   
 
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