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Autore: sweet_hyra_97    28/04/2013    1 recensioni
[Questa fanfiction ha partecipato al contest "Opzioni per 4 gusti... +1" di Eloise_Hawkins.]
E sarebbe stata con Ted fino alla fine dei suoi giorni: con lui avrebbe affrontato tutto, ne era sicura, anche la propria famiglia, se era necessario, perché per una volta nella vita voleva fare le sue scelte. E nessuno gliel’avrebbe più impedito.
|Probabile Ooc, lascio il giudizio finale a voi|
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo 3

Il vento era veramente forte ma fortunatamente aveva smesso di nevicare da un pezzo, da prima che uscissero. I capelli di Andromeda, nonostante fossero raccolti ordinatamente, danzavano al ritmo del vento, scompigliandosi, e la zazzera bionda di Ted più disordinata non poteva essere.
Ma ai due non importava, erano felici assieme, passeggiavano fianco a fianco con il vento contro il loro viso e gli piaceva, piaceva ad entrambi. Andromeda aveva sorriso continuamente quella mattina, cosa che solitamente non faceva quasi mai: erano rari i momenti in cui sorrideva veramente e, Ted aveva constatato, che quando erano assieme lei sorrideva più spesso.
Parlavano del più e del meno, c’era molta tranquillità e quasi nessuno fuori: la maggior parte dei ragazzi erano dentro i locali come “I Tre Manici di Scopa” o da Madama Piediburro.
«Che dici se entriamo e prendiamo qualcosa di caldo?» propose Ted improvvisamente, fermandosi e iniziando a strofinare le sue mani contro il freddo.
Inizialmente Andromeda fece una faccia un po’ incerta, poi accettò, ma solo perché sentiva freddo pure lei: quindi entrarono da “I Tre Manici di Scopa” e notarono che era davvero pieno.
Appena trovarono un tavolo, si sedettero subito, prima che altri si sedessero: in pochi secondi era calato un silenzio davvero imbarazzante tra i due nonostante il silenzio lì fosse solo un sogno, forse per via della folla, forse perché non sapevano più cosa dire. Difatti Andromeda iniziò a guardarsi i piedi un po’ rossa in viso, e aveva affondato il naso, per quanto aveva potuto, nel collo alto del suo maglione.
«Ti posso... Offrire una bevanda babbana? È molto buona...» Ted tentò di spezzare un po’ la tensione che si stava creando iniziando a parlare.
Andromeda alzò la testa leggermente e annuì, poi disse piano:
«Ok.»
Quindi Ted si alzò e si diresse al bancone per ordinare due tazze di cioccolata calda: pensava che li avrebbe riscaldati e che sarebbe piaciuta molto anche ad Andromeda. Nel frattempo la ragazza aveva abbassato di nuovo la testa, e guardava di nuovo i propri piedi.
Si sentiva in imbarazzo in mezzo a tutta quella gente e, doveva ammetterlo, si spaventava un pochino: se fosse entrata la sorella, Bellatrix, che avrebbe fatto? Non lo sapeva, ma aveva scelto di rischiare, quindi doveva essere pronta a qualsiasi problema si sarebbe presentato.
Dopo pochi minuti Ted tornò con due tazze fumanti e gliene porse una: faceva davvero un buon profumo ma aveva un colore piuttosto strano, era marrone; non aveva mai visto bevande del genere, quindi le sembrava strana. Guardò cautamente dentro la tazza, poi sentì Ted esclamare:
«È buona, non preoccuparti che non ho intenzione di ucciderti!»
Andromeda si limitò a sorridere, e lui le sorrise di rimando. Iniziò a bere: era buona per davvero; la riscaldava, ogni sorso che mandava giù era una meraviglia. Non pensava che una bevanda potesse avere un effetto così rilassante come quella lì che aveva tra le mani.
Passarono alcuni minuti, forse ore, insieme a parlare e scherzare; il tempo passava veloce, il locale si riempiva e si svuotava mentre loro ne erano ancora dentro, tranquilli, felici, senza preoccupazione alcuna che li infastidiva.
Ad un certo punto, quando ormai nel locale erano in pochi, Andromeda chiese a Ted se potevano andarsene: era stato bello stare lì, ma stava iniziando a sentirsi a disagio; forse perché la folla era diminuita di molto e si sentiva quindi più osservata, forse perché da alcuni minuti era calato, tra lei e il ragazzo, un silenzio piuttosto imbarazzante che nessuno dei due aveva deciso di spezzare.
Quindi uscirono dal locale: ora soffiava un venticello leggero, anche se comunque freddo, e i fiocchi di neve scendevano leggeri sul terreno, come se danzassero. A primo impatto, Andromeda iniziò a tremare, poiché fino a pochi secondi prima stava al calduccio.
Ted se ne accorse subito e le circondò le spalle con un braccio, nel goffo tentativo di riscaldarla almeno un pochino. Lei sorrise senza farsi notare e alzò la testa per guardarlo negli occhi: arrossirono entrambi, poi lui girò gli occhi per l’imbarazzo e iniziò a fissare un punto indefinito sulla neve.
Fu questione di secondi. Andromeda si alzò in punta di piedi e sfiorò le labbra del ragazzo con le sue; il colore delle guance di Ted scurì di più: assomigliava più ad un pomodoro che ad altro.
Sentì una specie di tempesta dentro il suo petto, un insieme di sentimenti, di emozioni aggrovigliate tra di loro.
Il freddo che aveva sentito fino a quel momento era sparito in pochissimi secondi; ora il calore si stava diffondendo nel suo corpo.
Andromeda, dal canto suo, aspettava da troppo tempo un qualcosa di simile ma credeva che non sarebbe mai successo; aveva pure creduto di immaginare cosa avrebbe provato ma quel che provava ora era completamente diverso da come pensava; non riusciva a capire cosa fosse tutto il calore che le si era diffuso sulle guance, forse l’imbarazzo. Ma ciò che sentiva poco più su dello stomaco era molto più forte, e bruciava. E le piaceva.
Subito Ted si abbassò, e le loro labbra si toccarono: adesso era un poco diverso. Per Andromeda il tempo poteva pure fermarsi lì, non le sarebbe dispiaciuto affatto. Ted, invece, per quanto bello, trovava il tutto imbarazzante. L’unico problema era che non riusciva a staccarsi, gli piaceva troppo.
All’improvviso le gambe di Andromeda cedettero, con la conseguenza che lei cadde a terra, sulla neve. Maledisse mentalmente la troppa differenza di altezza tra lei ed il ragazzo: era impossibile, aveva sempre pensato, che un individuo potesse essere così maledettamente alto.
Ted, dal canto suo, per alcuni secondi rimase imbambolato a guardare il viso di Andromeda a metà tra il corrucciato e l’imbarazzato. Non poté far altro che sorridere teneramente. Le tese il braccio e lei l’afferrò.
Il problema, però, era che l’aveva stretto troppo forte e l’aveva tirato a dir poco bruscamente, quindi il risultato fu che Ted le cadde accanto: iniziò a ridere, una risata genuina e pura, che contagiava. La risata di Ted si unì a quella sua, in un coro.
Era un sogno, per Andromeda; era un sogno stare assieme al ragazzo per cui, credeva, provava qualcosa che superava l’amicizia; era bello poter fare quello che voleva senza la madre che le imponeva le sue stupide leggi contro i Babbani, che la costringeva ad odiarli. Era stanca, stanca di tutti quei stupidissimi divieti.
E tutto le sembrava, adesso, più bello.
Vide una figura avvicinarsi. Forse erano più di una. Capì subito di chi si trattava, sempre nel momento meno opportuno, e il suo sguardo si fece più serio, la risata pian piano si spense.
«Ted! Andiamo via, per favore!» era preoccupata. Fino a quel momento aveva creduto di poter fare qualunque cosa, ma aveva dimenticato della sorella, della sua politica, del fatto che, siccome era la maggiore, si sentiva di dover “proteggere” le sorelline minori da ciò che per lei era il male peggiore.
Lui la guardò interrogativo, ma in pochi secondi si alzò e l’aiutò. Avevano la divisa cosparsa di neve, attaccatasi quando erano caduti, ma non se ne preoccuparono.
«Ti prego, andiamocene! Quella... Quella vuole rovinarmi la vita...» abbassò lo sguardo, affranta, poi prese la mano del ragazzo che, senza protestare, si fece trascinare.
Bellatrix, però, si era già accorta di loro molto prima, quindi non perse tempo nell’arrivare: si fermò, assieme al suo gruppetto, di fronte ai due con un’espressione di odio e di puro divertimento insieme.
Ted poté sentire Andromeda tremare, e strinse leggermente la presa nella sua mano per rassicurarla.
«Per alcune cose hai davvero gusto, sorellina!» esclamò all’improvviso Bellatrix, guardando con disgusto Ted. «Peccato che non ne abbia per altre!»
«Ted... Per favore, andiamocene...» la voce di Andromeda era poco più di un sussurro, era flebile e quasi supplicante.
Nello stesso momento, le risate degli amici di Bellatrix iniziarono a riecheggiare nella sua testa.
«Più tardi noi due dobbiamo parlare!» ora aveva un tono di voce serio, Bellatrix, più autoritario del solito; pareva esprimere pure odio. Andromeda si limitò ad allontanarsi, con la mano di Ted ancora nella sua.
  
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