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Autore: lishiawho    28/04/2013    1 recensioni
[Cluedo]
Kassandra Scarlet, Jacob Green, Eleonor Peacock, Jack Mustard, Diana White, Victor Plum, Mr Hudson George e Mrs Miles Black. Otto persone riunite tutte nella campagna britannica. Unico filo conduttore che le lega è : S. Arthur Black, proprietario di gran villa Tudor e la sua cena in piena estate.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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#01. Memorie dell'ex medico militare Jack H. Mustard 

Quel giorno Jack Mustard era tornato dal turno di notte all'ospedale rincasando verso le sette e mezza del mattino.
Quel lavoro gli ricordava sempre i fatti accaduti in guerra, la sparatoria e la fine che aveva fatto uno dei più rispettati medici militari di Londra: a fare l'infermiere. Entrando in casa, mentre riponeva le chiavi dell'appartamento in tasca, notò una busta a terra con una bella "B" incisa sul sigillo davanti che non gli era per nulla nuova. Prese la lettera e salì la rampa scale entrando poi nel soggiorno dell'appartamento e sedendosi su una delle due poltrone presenti, aprendo la busta e leggendone il contenuto.

"Caro Mr Jack Mustard, la invito a partecipare alla mia cena d'estate che si terrà il giorno dieci Agosto nella mia residenza, la aspetto.
Cordiali saluti S. Arthur Black"


Era da mesi che non era più in contatto con Arthur, i due erano vecchi compagni di camerata all'addestramento poi si erano divisi quando Black prese in mano gli affari di famiglia mentre Jack il fucile. I due si erano rincontrati dopo il rientro dell'ex medico in patria e si erano messi a chiacchierare. Jack era arrivato ad esporgli i suoi problemi e lui gli aveva risposto di dare tempo al tempo.
"Sei stato un militare per molto tempo Jack, non sei abituato alla vita civile. Prova a rilassarti e cerca di abituarti okay? Per qualunque cosa, sai dove trovarmi" Gli aveva detto, e a quanto pare aveva pensato che una cena d'estate, la notte di San Lorenzo, con altre persone con cui parlare fosse un buon modo per riportarlo alla vita reale.
Nulla di più sbagliato.
Arthur lo conosceva, avrebbe dovuto sapere che il carattere di Jack non era per nulla socievole, come diavolo aveva fatto ad invitarlo ad una cena?
Si alzò dalla poltrona lasciando l'invito su un piccolo tavolino vicino e andò ad aprire il frigorifero per trovare qualcosa con cui fare colazione ma visto la risposta negativa di quest'ultimo, uscì di nuovo di casa per andarsi a prendere un buon caffè.
Anche se ne aveva bisogno, dopo la notte insonne, di dormire non ne aveva voglia così si mise a fare quello che da tempo era diventato il suo hobby: scrivere.
Passò successivamente al poligono dopo aver pranzato e verso le sette di sera tornò a casa concedendosi un po' di riposo.
Quella notte, tuttavia, sognò di nuovo tutti quei volti che ogni notte lo opprimevano, i visi dei bambini che sembrava dormissero sereni in quell'enorme matassa di corpi, il sapore della polvere in bocca e il rumore delle grida e degli spari nelle orecchie.
L'indomani mattina era pronto, valige in spalla e invito alla mano per raggiungere la rinomata villa dei Black.
Ne toccò il suolo alle undici e cinquantacinque del mattino, quando la sua graziosa governante, Diana White, gli venne a dare il benvenuto e a prendere i bagagli, Arthur lo salutò con vigore e lui rise vedendo l'altro contento della sua presenza.
Fu allora accompagnato nella sua stanza a disfare le valige prima di scendere di nuovo al piano terra e salutare i due ospiti arrivati prima di lui: Jacob Green ed Eleonor Peacock.
Lui era un reverendo di un piccolo paesello vicino alla tenuta, conosceva il signor Black in quanto quest'ultimo non si perdeva un sermone, era stato il secondo arrivato alla villa.
Lei invece era una donna colta, tuttavia, mentre parlava esponendo in dettagli la sua vita - elogiando molto il figlio - a Jack sembrò una donna sola che si vantava non tanto per far sorgere l'invidia negli altri ma per convincere se stessa che quella era davvero la vita perfetta che ogni donna sognava.
Dopo noiose e molto inglesi e generiche partite a cricket, il pranzo fu pronto in tavola e fu divorato molto più velocemente di quanto fosse arrivato, erano le quattordici e trenta di pomeriggio quando un nuovo ospite si presentò alla villa.
Kassandra Scarlett era un donna dal fascino irresistibile e dal carattere forte. Ci raggiunse in giardino e salutò con un affettuoso abbraccio il proprietario, per poi passare alle presentazioni.
"Come mai questo ritardo, Kas?" Tutti fecero finta di nulla ma era ovvio che tutti avessero notato quel piccolo diminutivo.
Eleonor diede la sensazione di averlo notato molto, non distoglieva lo sguardo da Scarlett nemmeno per un minuto.
"Una donna si fa aspettare, Arthur. Come un qualsiasi oggetto che si brama alla follia. Lo attendi con tutto te stesso e alla fine, quando è tuo, ti senti meravigliosamente bene." Rispose la donna, bevendo un sorso di Gin cocktail offerto dal cameriere.
Non c'era dubbio che quei due se la intendessero.
Ad un ora dall'arrivo di Scarlett alla tenuta sia aggiunsero altre due persone: Miss Black Miles, la moglie di Arthur, e Mr. Hudson George. Lui era più un conoscente di Arthur, i due non si erano mai visti di persona, ma era stato invitato comunque a presiedere la cena.
Era bravo in molte attività aveva detto il proprietario della residenza, ma non aveva mai scelto una strada precisa.
A Jack sembrò un semplice ragazzo in cerca della sua strada ma che non voleva vantarsi troppo delle sue capacità, anche se oltre a quelle aveva sicuramente un bel faccino. Lo aveva notato anche "Kas", che continuava a mandargli frecciatine maliziose ad ogni sorso di liquore. Infine si aggiunse al gruppo l'ultimo ospite di quella sera, Victor Plum.
Lui era un professore di Storia dell'arte ad Oxford, ed adorava molto elogiarsi da solo.
Dalle quattro e mezza Jack cominciò a sentire la stanchezza delle notti insonne, così si ritirò in camera sua per cercare di dormire qualche ora prima dell'inizio effettivo del party. Si svegliò che era molto tardi ed uscendo dalla camera vide il corridoio deserto.
Cominciò allora a girare per un po' quando vide uscire molto di fretta Diana da una delle camere che, quando lo vide, si ricompose e lo informò che tutti gli ospiti erano nelle loro stanze a prepararsi per la cena. Erano le otto meno dieci quando Jack andò verso il salotto. 
Il pranzo lo avevano consumato sotto un gazebo in giardino, ma anche se era pieno Agosto la sera non permetteva di fare altrimenti. Raggiunse Jacob, Arthur e Victor che stavano parlando con un aperitivo in mano, lavoro e ancora lavoro.
Jack odiava quelle conversazioni, ad un certo punto si arrivava sempre a chiedere: " E tu Jack, che lavoro fai? Essendo un ex militare avrai qualcosa di grosso immagino." Si, grosso come la guancia di un bambino con un dente cariato.
Si interessò allora a Diana che apparecchiava la tavola, sembrava arrabbiata. "Successo qualcosa?" Chiese solo e Diana si voltò quasi spaventata, rispondendo con un "No, nulla" subito dopo. 
"Cosa facevi nella stanza al secondo piano qualche minuto fa?" Chiese ancora, non accorgendosi del disagio che la donna provava.
"E' la mia camera. Adesso se permette, ho del lavoro da fare." Lo liquidò in un attimo e Jack capì che quell'argomento non era quello giusto per attaccare bottone e si chiese il perché.
Cosa nascondeva nella sua camera Diana White che non poteva essere detto?
Dopo qualche altro minuto scesero nella sala Kassandra e Eleonor nei loro vestiti da sera, subito dopo, le prime portate furono pronte in tavola. Jack si ritrovò accanto ad Arthur e a George, di cui non si era accorto sino a quel momento. 
Il cibo era buono come al solito e la cena si passò bene.
Il dolce ed il caffè successivi furono portati nella sala accanto a quella dove tutti avevano mangiato.
Jack si era seduto su una poltrona rossa quando George gli si avvicinò invitandolo a fare con lui una partita a scacchi.
Fu una bella battaglia e l'ex medico non ricordava di averne mai fatta una così avvincente, che si concluse con una vittoria di Hudson preceduta da una ventina di minuti in cui erano perfettamente in parità di gioco.
"Ti sei distratto. Comunque è stata davvero una buona partita, non mi sono annoiato nemmeno un po', grazie."
Dopo una visita al bagno, furono tutti accompagnati al piano superiore che conduceva di nuovo in una stanza collegata con il tetto, una postazione perfetta per ammirare le stelle cadenti.
Ne videro molte quella sera ma verso le undici si recarono tutti verso le camere, visto che il vento aumentava e le nuvole coprivano la visuale.
"Non è bello Jack?"
"Uh? Certo, meraviglioso." Rispose.
Arthur non era mai stato un tipo filosofico o poetico e il fatto che ora stesse dando così importanza a dei semplici meteoriti aveva quasi sorpreso Jack, che se ne andò a dormire con questo piccolo pensiero nella testa.
Il mattino seguente Jack fu svegliato dall'urlo incontrollato di Kassandra, che in vestaglia si era recata in bagno scoprendo così il cadavere di Arthur. Il suo corpo rivolto a terra, in una strana espressione di dolore così esasperante da metterti i brividi, fece effetto a molti dei presenti. Dopo che Jack confermò davvero la morte dell'uomo, tutti scesero al pian terreno.
Nella sala dove la sera prima si erano divertiti a chiacchierare ora si espandeva un silenzio opprimente, scandito solo dall'orologio a pendolo e dai singhiozzi di Mrs Miles. La polizia era stata chiamata e loro non potevano fare altro che rimuginare sull'accaduto.
Dopo una mezzora tutti furono scossi dal suonare del campanello. Diana andò ad aprire facendo entrare chi di dovere.
"Joanne Christie, di Scotland Yard. Dov'è il corpo?" Disse, presentandosi, per poi farsi guidare da Jack su per le scale.
"E' stato trovato così questa mattina, eravamo stati tutti invitati alla cena che Sir Black aveva organizzato, a parte i camerieri e le governanti. "Oggi saremmo dovuti tornare tutti alle nostre vite abituali e invece..." Jack aveva visto molti corpi in vita sua, molti dei quali di suoi amici, quello di Arthur non faceva differenza, tuttavia si ricordò all'improvviso di una cosa e si allontanò molto in fretta dal bagno per tornare in camera sua. La sua Revolver era ancora lì, in una taschina della valigia, non aveva minimamente pensato a quel particolare perché anche l'idea di una cosa del genere era assurda, ma cosa avrebbe pensato la polizia trovando la sua pistola e associandola al colpo che aveva ricevuto Arthur alla tempia? Inoltre, dopo il suo ritorno, quella pistola non avrebbe dovuto trovarsi lì, bensì dentro un ufficio militare.
Jack si fece così prendere dal panico e un minuto prima che Joanne Christie gli bussasse alla porta gettò la pistola dalla finestra.
Tutta la giornata si concentrò sugli interrogatori di tutti i presenti e dei loro alibi.
La polizia faceva avanti e indietro fra le camere per perquisirle mentre gli altri continuavano ad indagare nell'ufficio di Black e sul cadavere. Fu una noia aspettare il turno di ognuno per lasciare la deposizione e fu altrettanto noioso ascoltare le domande di Joanne che ogni volta che venivano pronunciate ti accusavano di qualcosa.
"Lei è l'uomo che conosceva meglio la vittima di tutti gli invitati giusto?" Gli chiese
"Bhe, non è proprio corretto. Si, io conoscevo Arthur da tempo ma c'è..." Gli passarono davanti molti visi, sopratutto Kassandra.
"Si, Signor Mustard?"
"Bhe, intendevo dire che anche la moglie lo conosceva bene, e anche Diana, è stata la sua educatrice un tempo.
"Credo che anche tra Arthur e Kassandra Scarlett ci fosse dell'intimità." Disse
"Definisca intimità." Rispose la detective con un tono diretto
"Non lo so. Cosa le posso dire?"
"Andavano a letto insieme?" Chiese Joanne, arrivando dritta al nocciolo della questione.
"Io non lo so, cioè, non conosco Kassandra che da ieri."
Il suo interrogatorio alla fine si concentrò su quello, quando finalmente poté lasciare la residenza e tornare a Londra. Fu chiamato due giorni dopo, avevano trovato la Revolver e fatto gli accertamenti anche su quella. Analizzandola, tuttavia, era venuto fuori che non era l'arma da fuoco che aveva causato la morte di Arthur ma non fecero domande sul perché l'avevano trovata a terra, il motivo lo scoprì solo il mattino dopo sul The Guardians.
I veri responsabili erano stati catturati e quando lesse la notizia Jack faticava a crederci.

"Diana White e Kassandra Scarlett accusate dell'omicidio di S. Arthur Black, proprietario di villa Tudor.
Durante la cena che S. Black aveva organizzato la notte di S. Lorenzo, la signorina Kassandra Scarlett aveva inviato un biglietto d’incontro a quest’ultimo, intimandogli di vedersi verso le due del mattino nel bagno di servizio. La vittima, accettando l’invito, si trovò davanti Diana White, governante in carica ed ex educatrice del proprietario della villa, che lo uccise con un colpo di pistola alla tempia.
Le due ragazze, divenute complici, sono ora sotto la custodia della polizia, aspettando un regolare processo. Si pensa che il movente che abbia spinto le due ad assassinarlo fossero le molteplici relazioni con altrettante donne diverse in cui S. Black era coinvolto. "


Rilesse l’articolo più volte, come se potesse cambiare, come se in qualche strano modo lui si fosse sbagliato, inventandosi tutto, sapeva che il colpevole doveva essere qualcuno che era ospite alla villa, tuttavia leggendo la notizia non poté fare in modo di non rattristarsi.
Poi, all’improvviso, il telefono squillò, facendolo sobbalzare.
“Pronto?” Disse
“L’hai letto vero?” La voce che parlava dall’altro capo del telefono non era nuova, ma gli ci volle qualche secondo per associarla al volto di Hudson.
“Si, come …”
“Ti va se ci vediamo a quel bar sulla High Holborn? Il Cittie Of York tra una ventina di minuti?”
“D’accordo.” Jack prese chiavi, giacca e capello e uscì da casa, tuttavia prima ancora di scendere la rampa di scale in tutta fretta, rientrò nell’appartamento e aprì il cassetto della sua scrivania.
La revolver che gli avevano restituito quelli di Scotland Yard era lì e dopo averla fissata per qualche secondo la prese e la portò via con lui. Non sapeva il motivo per cui l’aveva fatto, mai da quando era tornato dal campo di battaglia aveva utilizzato o portato a spasso quell’arma, ma quella volta quasi sentì di averne bisogno e di sentirla, forse semplicemente per una sicurezza.
Si diresse allora verso il locale che George gli aveva indicato, passando la King’s Cross e aspettandolo proprio davanti l’entrata.
La facciata del pub si presentava in modo tradizionale, con due entrate poste all’estrema destra e all’estrema sinistra, entrambe sormontate da due porte di legno. George arrivò poco dopo cinque minuti ed insieme entrarono, anche l'interno era arredato in stile tradizionale e Jack capì il perché Hudson avesse scelto proprio quel posto per parlare: I tavoli e le sedie erano ad una distanza media l’uno dell’altro in modo da non occupare troppo spazio ma per far si che comunque le conversazioni dette rimanessero private. Ogni tavolo, poi, era diviso da un separé. Presero il numero dieci e ordinarono due birre. 
C’era silenzio, Jack non aveva la minima idea del perché Hudson l’avesse chiamato, certo, sospettava volesse parlare di quello che era accaduto, ma non ne scorgeva il motivo.
“Kassandra era con me la mattina dell’undici Agosto.” Bastarono quelle poche parole pronunciate in tono sommesso ad attirare l’attenzione completa di Jack sulla conversazione e a fargli capire che, effettivamente, c’era qualcosa che non quadrava.
“Stai scherzando? Perché non l’ha detto quando la Christie l’ha interrogata?” Chiese Jack
“Perché gli ho chiesto io di non farlo.” Jack non rispose ma la sua espressione tradiva la sua sorpresa.
“Stavamo parlando di qualcosa di privato. Di tanto privato che neanche la polizia doveva sapere. Tuttavia coprendomi non ha potuto difendersi.”
"Quindi ora cosa facciamo?”
“Io direi di provare ad andare a parlare con gli altri che erano presenti. Magari loro hanno notato qualcosa che può scagionarla.
 
Jack pensava, Scarlett era davvero innocente come Hudson testimoniava? E Diana era veramente la colpevole oppure era stata incastrata anche lei?
“Con Diana e Kassandra in prigione, rimangono solo Victor, Jacob, Eleonor e la signora Miles con cui parlare."
Dopo quell’ora a parlare i due si divisero, dandosi appuntamento il giorno seguente per andare a trovare ogni ospite che era a villa Tudor la sera dell’omicidio.
Jack, lasciando il Cittie of York, cominciò a vagare per Londra con la mente ancora concentrata su gli strani avvenimenti successi, alla fine era bastata davvero una cena per farlo stare meglio.
Certo, avrebbe preferito che Arthur non fosse morto, tuttavia il brivido che gli davano queste situazioni gli era mancato.
Far luce sul mistero, quindi, era qualcosa che lo allettava sempre di più, fin quando si ritrovò a pensare a quali dati certi avessero sul caso e quali misteri erano ancora da svelare.
Arthur non aveva dato segno a nessuno dei presenti di essere in pericolo di vita o che fosse stato in qualche modo minacciato e neanche la Signora Miles aveva detto nulla a riguardo. Quindi, senza altre fonti a cui attingere, i sospettati della sua morte erano sicuramente tutti i presenti a villa Tudor quella sera, e se era vero che Arthur faceva il bello e il cattivo tempo sia con la governante che con l’amica, il movente per ucciderlo esisteva.
Ma c’era qualcosa in tutto quello che non quadrava, sulla scena il corpo era rivolto con la testa verso la porta e la sua posizione faceva subito pensare ad un qualcosa di premeditato, in cui il colpevole del delitto aspettava la vittima nella doccia prendendolo alla sprovvista e colpendolo. Sembrava quasi fatto apposta, l’assassino avrebbe potuto farlo sembrare un suicidio invece aveva effettivamente lasciato delle tracce, tracce che lo smascheravano subito. Il biglietto trovato in mano della vittima e la pistola nascosta alla bell’è meglio nel cassetto della camera di Diana erano state le prove schiaccianti che l’avevano incastrate, tanto perfette da sembrare messe lì apposta.
Troppi pensieri tormentavano l’ex militare tanto da non lasciarlo in pace nemmeno per un minuto, nemmeno mentre curava il ginocchio di una bambina caduta a lavoro e nemmeno la notte quando, di solito, si avvicinava al caldo camino con un bicchiere di Scotch a scrivere.
Alla fine la mattina arrivò e Jack si ritrovò Hudson alla porta alle sette e cinquantacinque, decisero di cominciare a parlare prima con
Eleonor Peacock.
Lei sembrava la più scossa dalla situazione. A quanto pare in quei soli due giorni aveva legato molto con Scarlett.
“Ci dica Mrs Eleonor, ha visto qualcosa che potrebbe far riaprire il caso? Qualcosa che potrebbe aiutare Kassandra?”
“No, mi spiace.” Spiegò nei singhiozzi.
“Subito dopo essere scesi dal tetto sono tornata in camera, salutando Kassandra. Quando io sono entrata, lei era sulla soglia della sua camera e credo fossero circa le undici, undici e dieci.” Mentre Hudson la ascoltava, io mi guardavo in giro.
Il salone era molto pulito e solare, c’erano i due divani posti l’uno davanti all’altro e al centro tra i due c’era un piccolo tavolino con sopra dei gigli bianchi. Il camino di marmo bianco era sul muro opposto alla grande finestra da dove cadevano delle tende bianche molto candide, accanto a questa c’era la vetrina dei liquori ed era impossibile non notare le mille fotografie incorniciate di suo figlio Harry.
Nei primi anni di scuola, poi al diploma al settimo anno e poi l’entrata al college. Si poteva dire che Eleonor Peacock non fosse solo molto fiera del figlio, ma ne fosse addirittura ossessionata. Tra le foto poste sul marmo del camino, tuttavia, si nascondeva una piccola scarpetta rosa da neonato che si intonava perfettamente con la stanza ma lasciava un po’ sorpresi.
Lasciarono casa Peacock verso le otto e quaranta e si diressero verso Oxford, dove sapevano avrebbero trovato Victor Plum.
Lui fu abbastanza innervosito e stranito della loro visita, soprattutto perché Jack e George avevano interrotto la sua lezione pre-esami.
“Io non so nulla a riguardo. Quando sono rientrato nella residenza sono andato subito a letto, erano circa le undici. "
"No, aspettate. Sono sceso in cucina per prendere qualcosa da bere e poi sono tornato in camera, ho incontrato per le scale il reverendo, lui potrà dirvelo. Ora se non vi dispiace, torno alla mia lezione.” Erano le nove e mezza passate quando si diressero al piccolo paesello vicino alla villa per parlare con Jacob Green.
Lui più che innervosito della loro visita sembrò innervosito dell’intera faccenda anche se quando aprì la porta e li riconobbe, a Jack sembrò fece un sospiro di sollievo momentaneo. Il dialogo con Green non fu diverso dagli altri, dopo la veduta delle stelle cadenti era rientrato in camera, passando davanti alla rampata di scale e vedendo salire Victor che poi era rientrato in camera.
Tuttavia nessuno si era cancellato dalla lista dei sospettati quella sera, perché nessuno poteva confermare che alle due del mattino del giorno undici Agosto, fosse a letto a dormire.
Visto che erano nelle vicinanze, decisero di parlare con la signora Miles e si avviarono per la strada della residenza.
“Jack, tu dov’eri all’ora dell’omicidio?” Chiese Hudson con non curanza.
“In camera a dormire, come tutti.” Rispose lui
“Quindi, dalla tua risposta, posso dedurre che non hai alcunché che possa confermare l’affermazione che hai fatto, giusto?"
"Ti potrei benissimo considerare un sospettato.” All’inizio l’espressione di Jack sul suo viso tradiva una grande sorpresa, tuttavia poi si rilassò, rispondendo.
“Certo, puoi. Come io potrei allora considerarti una persona poco intelligente, ma so perfettamente che non lo sei, di conseguenza so anche che non lo pensi.” Rispose Jack.
“Come fai ad essere così sicuro di cosa ci sia nella mia testa, Mr. Mustard?” Chiese ancora il giovane, quasi con un tono di sfida.
“Non so assolutamente cosa alberghi nella tua mente, tuttavia posso ragionare sui fatti che ti hanno portato a compiere certe azioni, come al volere il mio aiuto in questa situazione.”
“Avrei potuto benissimo farlo sapendo già che il colpevole in realtà sia tu, non ti pare?”
“Avresti potuto, ma se io fossi abbastanza intelligente da uccidere un uomo e far incolpare due donne senza che nessuno se ne accorga, allora non sarei tanto stupido da gironzolare ancora sulla scena del crimine. A meno che non mi sia sfuggito qualcosa ...”
Il dialogo tra i due si concluse quando videro il tetto della residenza farsi pian piano più vicino portandosi dietro anche le mura. Si sentiva odore di fresco, quella notte aveva piovuto, lasciando residui nell’aria e il fango a terra. Videro la vedova Miles intenta a cercare qualcosa ed a singhiozzare. 
“Cosa è successo, Miss Miles?” Chiese Jack, porgendole una mano in modo da farla rialzare.
“Ho perso la fede.” Disse, asciugandosi le lacrime
“Dopo quello che è successo, anche l’unica cosa che mi univa a lui sentimentalmente è sparita. Voi piuttosto, cosa ci fate qui?”
“Volevamo parlare con lei di quanto accaduto, speriamo solo di non essere stati troppo indiscreti nel chiederglielo così presto.” Disse George.
La vedova si asciugò le ultime lacrime finché dopo un sospiro rispose: “Sono disposta a parlare con voi, entrate.”
La residenza era esattamente uguale a come ognuno degli ospiti l’aveva lasciata, il che non faceva per nulla pensare che una squadra di Scotland Yard aveva ispezionato il luogo da cima a piedi.
“Cosa ricorda di quella sera, Mrs Miles?” Cominciò Hudson, cauto per non turbare la donna.
“Dopo la cena e il dolce siamo tutti saliti in veranda per ammirare le stelle, quando poi le nuvole hanno cominciato ad impedirci la visuale siamo tornati in camera, io ho fatto prima di Arthur ed ero già sotto le coperte intenta a leggere le ultime pagine del mio libro quando lui arrivò e si mise al letto. Mi sarei aspettata che dicesse qualcosa, soprattutto riguardo al mio taglio di capelli. Sapete, me l’ero fatto quella mattina, ma nulla. L’unica cosa che disse fu solo << Buonanotte >>, furono le sue ultime parola prima di ...” Le lacrime che fino a quel momento si era imposta di non versare scoppiarono tutte insieme e i due capirono che con l’interrogatorio bastava così.
Erano sull’uscio della porta, pronti per tornare in città, quando Jack chiese un ultima cosa alla donna.
“Lei vive ancora qui, Signora?” Sembrò sorpresa di una domanda simile.
“Si, è l’ultima proprietà di Arthur, stando qui lo sento più vicino.” Tornarono a Londra senza parlare, probabilmente perché intenti entrambi a pensare e collegare ogni deposizione che i presenti alla villa avevano dato, finché non giunsero davanti agli uffici della polizia.
In quell’occasione, il passato di Jack come medico militare servì molto e lui ne fu abbastanza felice. Parlarono così con entrambe le detenute.
Kassandra era calma e composta come al solito, sebbene il vestito da sera dell’ultima volta era stato sostituito da una tuta da detenuta e il trucco si era pian piano tolto, lei non aveva perso nulla. Jack si ritrovò a pensare a quanto fosse giusto il detto ‘Non è il vestito a fare una donna, bensì la Donna a fare il vestito' .
Scarlett non aveva fatto scenate, niente urla - anche se probabilmente nella sua testa urlava di sicuro - come una perfetta donna inglese.
Un comportamento così non si addirebbe ad una come lei. Spiegò per filo e per segno quello che aveva fatto la sera dell’omicidio. 
“Salutata Eleonor sull’uscio della porta, andai in realtà in camera sua” Disse, indicando George.
“Dopo aver parlato con lui per ore me ne tornai in camera, probabilmente saranno state le due e mezza o giù di lì, risvegliandomi la mattina seguente. Il mio bagno era stato chiuso è per questo che volevo utilizzare quello di servizio.” Disse.
Quando il tempo per le chiacchiere finì, Kassandra concluse la discussione dicendo che non vedeva l’ora di rivederli con il vero colpevole tra le mani.
Passarono quindi a Diana che sembrava la più scossa e neanche la stessa persona che avevano visto solo cinque giorni prima.
Aveva gli occhi rossi e scavanti, sintomo che piangeva spesso e probabilmente non riusciva a dormire la notte, la tuta era di una taglia più grande della sua e gli ricadeva male sul suo corpo minuto, i capelli legati in un piccolo chignon era sporchi e quel biondo prima curato e brillante, ora era spento.
Lei raccontò davvero la verità ai due, che vennero a sapere della relazione che legava Arthur e Diana già da parecchi anni. Lui l’aveva convinta che presto avrebbe lasciato la moglie, ma Diana non sapeva che il proprietario della residenza in cui lei lavorava aveva anche altre amanti al di fuori di lei. Quando Jack prima di cena l’aveva vista uscire di corsa da una delle stanza del secondo piano era perché aveva scoperto S. Arthur in compagnia della bellissima Scarlett Kassandra. Questo faceva di lei una perfetta sospettata, tuttavia, Diana sembrava distrutta, troppo per essere la vera colpevole. 
Probabilmente era combattuta per i sentimenti che provava riguardo alla morte di Black, una parte di lei pensava che l’uomo se l’era meritato, ma dopo tutto chi era lei per giudicare? Inoltre per lei l’amore esisteva, quel filo conduttore che la legava ancora alla vittima esisteva ed era triste per lui, al tutto si andava ad aggiungere il peso della prigionia al quale non era destinata.
Usciti dagli uffici della polizia i due non poterono fare altro, allora, che tornare a villa Tudor per le ultime prove.
Ne toccarono nuovamente il suolo verso le dodici e trenta, notando che Mrs Miles era assente.
Entrarono grazie alla chiave sempre nascosta in uno dei vasi e si diressero al piano superiore. Salirono le scale, cercando di rimanere concentrati e di osservare ogni minimo particolare, arrivando al secondo piano e cominciando ad ispezionare le camere.
Non trovarono nulla nelle prime due, che dovevano essere appartenute Green e Victor. Le successive furono quella di Eleonor e subito dopo quella di Kassandra. In quest’ultima c’era il bagno privato chiuso, come lei aveva detto. Anche la camera di Diana era pulita.
Andarono allora nel bagno dove era stato trovato il corpo finché, per pura casualità, Jack non si accorse di una porta bloccata e nascosta dietro un mobilio. La forzarono. All’interno c’era una camera buia, odorava di chiuso, segno che non era stata aperta per molto tempo, ma la polvere smossa da terra indicava il contrario.
Era così, quindi, che l’assassino aveva posto l’agguato alla vittima? In quel buio, dove solo uno spiffero di luce invadeva la stanza, un oggetto luminoso brillava all’angolo tra la libreria e la porta.
La fede nuziale di un amore infelice brillava come a dire “Sono qui, guardatemi.”
Non c’era bisogno di leggere le incisioni all’interno.
Fu successivamente stilata da Jack una lettera indirizzata a Joanne Christie, detective che si era occupata del caso:
“Detective Christie l’invito a leggere il contenuto di questa lettera se vuole veramente scovare il colpevole del delitto commesso questo dieci di Agosto.
Ogni persona, fatta eccezione del personale e la moglie della vittima erano tutte persone invitate da quest’ultima per una cena estiva, di conseguenza sconosciute tra loro.
Dopo la cena, in cui tutti erano presenti, gli invitati si spostarono in una sala dove venne servito loro il dolce prima di seguire Diana White, accusata di aver assassinato il suo capo, verso la veranda dove avrebbero passato la serata ad ammirare le stelle cadenti.
Verso lei undici di sera il tempo cambiò, rendendo impossibile la visuale e costringendo tutti a tornare nelle proprie stanze.
Nessun invitato qui ad un alibi per le due del mattino, almeno finché i letti dove i presenti a villa Tudor abbiano dormito non comincino a parlare, quindi tutti sono possibili indiziati.
Avete accusato, oltre che la governante, anche Kassandra Scarlett, amica intima di S. Arthur Black, per il ritrovamento di un bigliettino nelle mani di quest’ultimo, secondo cui lei lo incitava a farsi trovare nel bagno di servizio del secondo piano per un incontro romantico. Ottima esca per ucciderlo, tuttavia la vostra deduzione – fatta in base alle prove che credevate indiscutibili – è errata.
Il biglietto, difatti, non è stato scritto da Kassandra come la pistola non è stata impugnata da Diana White.
Se il vostro team avesse fatto una leggere attenzione in più avrebbe veramente scoperto l’indizio cruciale. Nel bagno dove la vittima è stata uccisa c’è un entrata secondaria che conduce ad una stanza in disuso da parecchio tempo, lì abbiamo trovato la prova che le mando come supplemento in questa missiva.
La fede nuziale appartiene a Mrs Miles Black, moglie – ormai vedova - della vittima.
Quest’ultima, venuta a scoprire delle molteplici relazioni di suo marito e sentendo che tra loro, ormai, non c’era più amore, decise di punirlo compiendo un gesto estremo.
Scrisse il biglietto a nome di Kassandra e chiuse appositamente il suo bagno per farla recare in quello di servizio dove avrebbe poi trovato il corpo. Mentre tutti erano concentrati sul ritrovamento, Mrs Miles nascose la pistola in camera di Diana per poi raggiungere il bagno e mettendo in atto la scena di moglie addolorata per la scomparsa del marito.
A confermare ciò, una dichiarazione di un maggiordomo di casa Tudor che esclama che la Signora Miles non ha più messo piede in quella villa dopo l’accaduto quando a me ha espressamente risposto che non aveva intenzione di lasciarlo.
Quando sono andato a parlare con lei, i vestiti che indossava erano troppo puliti per un giorno di pioggia come quello che c’era stato il giorno prima e anche il maggiordomo ha confermato che quella era la prima volta che la donna rimetteva piede nella villa, come se si fosse dimenticata di qualcosa.
Ebbene, detective, scommetto che quella fede è la cosa che la Signora cercava così disperatamente.
Faccia pure i dovuti controlli, a presto. 

Jack H. Mustard." 

  
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