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Autore: Dave1994    29/04/2013    2 recensioni
Skyrim, poco prima della resurrezione dei draghi e del ritorno di Alduin.
Una terra immersa nel mistero e nella magia...talvolta così antichi da trascendere persino il tempo stesso.
Due universi che si incontrano,per ridipingere un passato sconosciuto e incredibile.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Dawnstar. - sussurrò Tevinias, battendo una volta il bastone per terra. I suoi occhi, rossi e affaticati, tradivano la lunghissima marcia da loro compiuta nell'arco di quella giornata infernale: fugacemente si osservò i piedi, notando come stivali e calzature fossero lacerati in più punti. Le piante gli pulsavano, martoriando ulteriormente le sue gambe indolenzite e fu certo del fatto che il lungo viaggio gli avesse procurato delle vesciche.

Nel frattempo, anonimi e grigi pennacchi di fumi si sollevavano pigri dalle abitazioni della città davanti a loro, sottolineando quasi l'immobilità implicita che Dawnstar aveva sviluppato nel corso degli anni. Aveva iniziato a nevicare da qualche ora e già la i fiocchi stavano cominciando a raggrumarsi in spessi strati sopra i tetti delle case, seppellendo la città sotto il torpore di una bianchissima coltre.

- Sebastian? - lasciò cadere lo stregone con fare interrogativo, rivolto al compagno di viaggio stremato e affamato. Da quanto tempo non mangiavano? Francamente Tevinias non se lo ricordava.

- Ci sono, ci sono. - brontolò Sebastian, voltandosi indietro e scorgendo Ashlotte avanzare debolmente tra gli alberi e i radi cespugli e osservò come quella donna avesse una volontà d'animo straordinaria.

- Non mi hai ancora detto – disse Tevinias, senza voltare lo sguardo verso il compagno – perché ci sta seguendo. Non dovrebbe far ritorno da qualsiasi posto provenga? -

- Credo...voglia rendersi utile. -

- Mhhh. - commentò lo stregone, senza cambiare espressione. Poi indicò un'abitazione più grande delle altre, vicino allo specchio d'acqua intorno cui era edificata la città.

- Quella è una locanda. Là potremo rifornirci e fare una breve sosta. -

- Andiamo, allora. -

Lo stregone scese lungo la collina, mentre la sua tunica a tratti bruciata e lacera turbinava sotto l'incessante morsa del vento gelido. Sebastian ebbe cura di trattenersi quel tanto che bastava da distanziarsi una ventina di metri dall'uomo e attese a braccia conserte che l'assassina lo raggiungesse.

- Volevi parlarmi? - disse lei, accorgendosi di come il suo tono si fosse fatto più spigliato e meno incerto sull'atteggiamento di Sebastian: avvertì l'eco di una fitta indistinta alla spalla e strinse i denti, cercando di nasconderne una smorfia di dolore.

- Mi stavo chiedendo perché ci segui ancora. Sei della Confraternita, no? - chiese Sebastian e la domanda spiazzò completamente la donna, per quanto fondata e veritiera.

Ashlotte sarebbe dovuta tornare dalla sua famiglia adottiva, accettare il suo fallimento e compiangersi nella finta indifferenza dei suoi confratelli. Probabilmente Astrid avrebbe persino gioito dell'accaduto, se solo non fosse stata al corrente del fatto che si era lasciata corrompere da quell'uomo adornato del rosso dell'Impero.

Questo era ciò che più le faceva vergogna e sarebbe morta piuttosto che ammetterlo davanti agli altri, le persone che l'avevano cresciuta insegnandole i precetti della Confraternita. Ma cosa voleva fare, allontanarsi per sempre dall'unica famiglia che aveva, dalla casa che sola l'aveva accolta e nutrita per anni e anni?

- Sì. - fu capace di rispondere soltanto, il cuore in gola e la mente corrosa dal dubbio.

- E allora perché non ci ritorni? -

- Io...non credo di poterlo fare. -

- E' perché hai fallito il compito che ti era stato assegnato? - azzardò Sebastian, mentre il tono della sua voce veniva smorzato dal crescente sibilo del vento attorno a loro. Stavano congelando, là fuori.

- Io... -

- Dimmi la verità. -

Ashlotte lo guardò incerta sulla risposta da dare e si domandò dove fosse finita la sicurezza dell'assassina che era insita in lei dal giorno del suo primo omicidio, quando il gelido acciaio della sua lama aveva trapassato la gola di quell'uomo senza nome e senza dimora: una prova spietata che Nazir imponeva a tutti i nuovi arrivati per testare la loro morale, la forza della loro dedizione.

Se mai uccidere un innocente avesse potuto dimostrare qualcosa del genere.

- Non posso tornarci. Ho trasgredito alla regola. - disse semplicemente, ripensando allo sguardo di Gregorius mentre riportava alla luce nelle profondità del suo animo rimorsi sopiti e istinti da tempo sepolti sotto una patina di indifferenza e professionalità. Per uccidere non occorrevano e in quell'occasione ne aveva fatto volentieri a meno.

- E dunque, cos'hai intenzione di fare? Potresti andare ovunque, uccidere un nobile ricco e derubarlo per comprare una modesta casetta a Markarth o a Morthal. Cosa ti trattiene qui? -

Ashlotte non rispose, abbassando lo sguardo per terra. Istantaneamente ripensò al folle sguardo di Tevinias su quella nave, mentre tutto intorno a lei bruciava prima di essere inghiottito dalle gelide fauci del Mare dei Fantasmi.

- Non lo so. -

- Beh, in tal caso... - disse Sebastian e in meno di un secondo poggiò una mano sulla spalla dell'assassina, quella ancora sana. Il gesto inconsulto fece ritrarre di scatto la donna, che tuttavia rimase lì dov'era sotto lo sguardo dell'uomo: qualcosa in esso le ispirava un'ignota fiducia.

- In tal caso – continuò l'uomo, regalandole un sorriso stanco e tirato – potresti darci una mano. Akatosh solo sa quanto ci servirebbe aiuto. Chi sa che tu non sia qua proprio per questo, no? -

- Io, beh... - cercò di rispondere Ashlotte, ma Sebastian si voltò incamminandosi verso Dawnstar senza darle il tempo di formulare una frase di senso compiuto.

Rimase da sola, gli stivali ammantati consunti dalle fatiche del viaggio e lo stomaco brontolante.

Non vedeva davvero l'ora di un pasto caldo.

 

 

Se il dialogo con Sebastian l'aveva spiazzata, il semplice contatto visivo con lo stregone la terrorizzava come mai prima d'ora. Era entrata una trentina di secondi dopo di loro e nonostante questo fu certa che qualcosa fosse cambiato dall'ultima volta che si erano ritrovati fianco a fianco tutti e tre.

Era forse diventato solo leggermente meno diffidente lo sguardo del mago? La sua postura pareva davvero essere più distesa, rilassata e meno chiusa in sé stessa?

- Oscure e imperscrutabili appaiono ai mortali le trame del Creatore – commentò Tevinias enigmatico, osservando l'assassina dall'alto al basso – e non prima che sia calato il sole nell'ultimo Giorno dei Giorni esse dischiuderanno ai nostri occhi il loro più intimo senso. -

Ashlotte non rispose, assolutamente sprovvista di parole adatte alla situazione. Il provvidenziale intervento di Sebastian la risparmiò da una situazione terribilmente imbarazzante, come quella che deve sopportare un bambino che si aggrega ad una compagnia di giochi a lui sconosciuta.

- Ho i piedi a pezzi. Potrei intenerire un orco, se gli mostrassi le vesciche che ho là sotto. E questo freddo...! Ancora una notte al gelo e mi si staccherà la pelle dall'alluce. - disse sorridendo, tra un sorso di idromele e l'altro. Tevinias, seduto davanti a lui e alla donna, strappò un grosso pezzo dall'arrosto di cervo nel suo piatto e lo ingoiò in un sol boccone.

- Sebastian, ti prego. Sto cercando di mangiare. -

- E tu, invece? - disse Sebastian, rivolto ad Ashlotte – come va la spalla? -

Quasi la donna si strangolò con del pollo grigliato. Doveva cercare di vincere assolutamente il profondo imbarazzo che la paralizzava lì seduta com'era, in compagnia di quei due uomini che fino ad un giorno prima doveva catturare e ancor più tempo addietro era convinta avrebbe dovuto uccidere.

- Bene, credo...- azzardò, suscitando una certa nota scettica nello sguardo indagatore dello stregone. Quell'uomo a tratti le faceva ancora una terribile paura.

- Ne dubito. Hai un paio di legamenti spezzati di netto, a giudicare dalla postura del tuo braccio, e credo parte della clavicola sia rotta o incrinata. Posso vedere? -

Ashlotte esitò un attimo di troppo. Avrebbe voluto allontanarsi da quell'uomo e dato tutto pur di non incrociarne nuovamente lo sguardo, come aveva fatto qualche ora prima...

- Vedi se riesci a rimetterla a posto, Tevinias. Mi stupisce non sia rivolta a terra, contorcendosi dal dolore. Certo che vi addestrano proprio bene, a voi. - disse Sebastian, interrompendo il corso dei suoi pensieri. Il lasso di tempo sufficiente a registrare quello che aveva appena detto e la donna si distrasse abbastanza da non notare lo stregone spostatosi al suo fianco nell'arco di mezzo secondo: per avere quell'aspetto così vecchio e arcano, sembrava essere guizzante e fresco come un assassino nel fiore dei suoi anni.

- Fammi vedere la spalla. - sentenziò freddamente, scuotendo la testa davanti al gesto della donna si muoversi appena verso di lui.

- Non riesco a vedere se hai l'armatura indosso. Scostala quel che basta da permettermi di valutare l'entità del danno. -

Ashlotte credette di aver sentito male. Non solo aveva dovuto cercare di imbastire una parvenza di normalità alla presenza dello stregone, ma adesso doveva anche svestirsi in parte davanti a lui? Sarebbe morta dal dolore, piuttosto.

- Fossi in te lo ascolterei. - commentò Sebastian con fare neutro, addentando un grosso pezzo di formaggio Eidar. Più per prevenire il dolore che per assecondare il buonsenso Ashlotte si levò la pettiera che costituiva la parte superiore dell'armatura in pelle che aveva indosso: nel farlo sentì barbigli di dolore avvolgerle la spalla intera, percorrendole il braccio come una scarica elettrica.

- A quanto pare ero ottimista. - disse Tevinias e Ashlotte si voltò fino ad avere una visuale completa della sua spalla nuda, scoperta dall'uomo che le aveva scostato il colletto della tunica nera che aveva ora indosso. Segretamente si rese conto di come il contatto con le mani dello stregone la inorridisse e di quanto fosse grande la tentazione di ritrarsi da questo, se non fosse stato per l'enorme livido violaceo che le si distendeva a macchia d'olio lungo tutta la pelle, raggrumandosi qua e là in sinistre macchie nere.

- Puoi fare qualcosa? - chiese Sebastian, osservando a lungo lo sguardo implorante della donna rivolto verso di lui.

- Non sarei sopravvissuto tutti questi anni in questa terra selvaggia se non fossi stato capace di medicare le ferite del mio corpo, Sebastian. - replicò con voce grave lo stregone, distendendo le mani sopra la spalla di Ashlotte. L'uomo socchiuse gli occhi mormorando parole incomprensibili alle orecchie della donna, intenta a fissare la ferita con occhi persi e incerti.

Un lieve calore si diffuse in profondità nella spalla di Ashlotte, che pian pian avvertì come un fuoco sotto la sua pelle: non era una sensazione spiacevole, ma nemmeno del tutto confortante. Un prurito crescente le fece venir voglia di grattarsi laddove il mago aveva imposto le sue mani evocando scintille guizzanti di magia e nel giro di una ventina di secondi non v'era più traccia del sangue rappreso sotto i tessuti. Ashlotte sollevò il braccio incurante della scollatura che portava ora e lo ruotò più volte per saggiarne l'effettivo funzionamento.

- Ehi, ora riesco a fare questo. - disse, flettendo il braccio destro come per sfidare un anonimo avversario ad una sfida a braccio di ferro. Si voltò verso lo stregone e mormorò un timido grazie, naufragata nelle profondità abissali del suo sguardo indecifrabile.

- Prego. - rispose l'uomo e sollevando la forchetta mise in bocca un altro pezzo di arrosto, gli occhi bassi sul suo piatto. Ashlotte non aveva francamente idea di cosa fare per distendere un po' la rigida cortina che si era formata tra lei e quell'uomo: l'aver tentato di ucciderlo non sembrava essere di troppo aiuto al suo problema.

Intanto, dietro di lei, tre avventori della locanda parevano essersi accalcati attorno ad un uomo dalle vesti tinte di un arancione acceso, probabilmente un elfo scuro a giudicare dai tratti del volto. Le loro espressioni, notò Ashlotte, tradivano una profonda preoccupazione e vistose occhiaie contornavano i loro occhi rossastri.

- Deve essere una maledizione! - disse il primo, più robusto e dalla barba incolta – me ne voglio andare da questa città! -

- Calmatevi, vi prego – rispose l'elfo scuro, cercando di contenere l'irruenza dei tre agitando forsennatamente le braccia – non c'è nulla che possa fare per voi, lo sapete. -

- Ma gli incubi, Erandur...non siamo i soli! Tutta Dawnstar ne soffre orribilmente! - urlò il secondo, afferrando per le maniche l'elfo davanti a lui – la gente ha paura di addormentarsi! -

- Secondo voi cosa sta succedendo? - chiese Sebastian, incuriosito dal dialogo tra quelle persone e intento a pulirsi l'angolo della bocca con un fazzoletto.

- Non lo so – rispose Tevinias, osservando insistentemente l'elfo di nome Erandur – ma qualunque cosa sia, non ci riguarda. Siamo solo di passaggio qui e ora che lo noto tira una brutta aria qua in giro. Ho una strana sensazione. -

- Che vuoi dire? - chiese Ashlotte, azzardando un timido tentativo di approccio con lo stregone così da evitare altre situazioni dello stesso genere.

- Non saprei – rispose Tevinias quasi sussurrando, senza far caso al fatto che a porgergli quella domanda fosse stata proprio la donna – avverto qualcosa di strano, come...una presenza, credo. -

- Forse dovremmo aiutarli, Tevinias. Quell'uomo mi sembra davvero terrorizzato - disse Sebastian, frugandosi le tasche con crescente agitazione – ehi, non ho un septim. -

- Non è un nostro problema e dato che le cose stanno così vorrei andarmene prima di mezzogiorno. E, diamine, pensavo fossi tu quello munito dell'oro. -

- Lo ero...prima che l'esplosione sulla nave si lacerasse la tunica. Devono essermi cadute tutte le monete in mare. - osservò Sebastian guardando nelle profondità di ogni tasca e perdendosi così quel brevissimo cambio di espressione sul volto dello stregone, dall'impressione di un profondo senso di colpa.

L'espressione non sfuggì tuttavia ad Ashlotte. Era forse compassione quella che provava nei suoi confronti?

- Non ho intenzione di star qua a pulire la locanda per tutta la notte, diamine! - esclamò Tevinias battendo un pugno sul tavolo – possibile tu non abbia proprio nulla? -

- Non...non credo sia un problema. - sussurrò Ashlotte interrompendo la discussione tra i due. Ficcò una mano nella tasca della propria tunica e ne trasse fuori un piccolo smeraldo dai contorni irregolari, come sbozzato e raffinato in fretta da un fabbro incauto: ciò nonostante, quella pietra aveva un modesto valore e anche se ad esso avessero sottratto il costo del pasto ne sarebbe rimasto comunque abbastanza da potersi permettere un giro extra di viveri e bevande per qualche settimana. La donna mise lo smeraldo sul tavolo e rimase a crogiolarsi negli sguardi sorpresi e attoniti dei due uomini.

- Oh. - furono le sole parole proferite da Tevinias. Sebastian, dal canto suo, si prodigò in un gran sorriso.

- Direi che con questo la nostra conversazione a riguardo è conclusa, Tevinias – disse, alzandosi dal tavolo e prendendo in una mano la pietra verde brillante – vado a pagare. -

Qualche secondo dopo, mentre Sebastian si allontanava dal tavolo in direzione del bancone, Ashlotte osservò Tevinias con fare interrogativo.

- Quale conversazione? -

 

 

- E dunque, amico mio? Qual'è la nostra meta, adesso? - chiese Tevinias con voce profonda, stiracchiandosi e facendo scrocchiare le dita delle mani tra di loro.

- Ah, sono certo che ti piacerà. - esclamò Sebastian con una risata cristallina, prendendo dallo zaino improvvisato poco prima una mappa e srotolandola davanti agli sguardi interrogativi dei suoi due compagni di viaggio. La mappa intera di Skyrim comparve sotto i loro occhi, rivelandosi in tutta la sua manifesta grandezza.

- Ora, miei cari – disse l'uomo e Ashlotte si rese conto solo dopo qualche secondo del plurale utilizzato da Sebastian – non ci resta che da attraversare per intero il feudo di Winterhold. Sarà dura, soprattutto attraversare la catena montuosa e aggirare il Monte Anthor, ma dovremmo farcela: abbiamo provviste a sufficienza e volendo possiamo tagliare fino alla città di Winterhold, per poi proseguire verso sud. La strada verso Windheld è lunga e ne resta ancora moltissima da percorrere. -

- Sta bene - fu l'unico commento di Tevinias, che si voltò verso Ashlotte squadrandola dall'alto al basso – e tu, cosa hai intenzione di fare? -

Ashlotte impietrì di colpo, cercando una risposta adatta alla domanda appena postale dallo stregone. Stava per mormorare qualcosa di confuso quando Sebastian intervenne per lei.

- Verrà con noi, dal momento che non può fare ritorno alla Confraternita. Sai, si è rifiutata... -

- Di portare a termine il contratto – concluse il mago, con un sorrisino di sufficienza – so come funziona, sai. -

Fece per incamminarsi, senza far caso all'espressione attonita dell'assassina alle sue spalle.

Come faceva a sapere tutte quelle cose?

- Aspetta! - esclamò improvvisamente la donna, rivolta a Tevinias. L'uomo si voltò con un cipiglio scuro sul volto che incrinò non poco l'atteggiamento sicuro di Ashlotte.

- Credo di meritarmi qualche spiegazione, dopo tutto quello che è successo. E se devo far parte del vostro gruppo, non ho intenzione di rimanere all'oscuro di chi siete, cosa fate o dove andate. O no? - disse, concitata.

Tevinias la scrutò attentamente, avanzando pian piano verso di lei con fare minaccioso: Ashlotte non desistette e mantenne fisso lo sguardo, fino a ritrovarsi il volto dello stregone a pochi centimetri di distanza dal suo.

Passarono diversi secondi e Sebastian cominciò a preoccuparsi, mettendo mano al pugnale d'ebano della donna rimasto in suo possesso dall'incidente sulla nave. Fece per richiamare l'attenzione del compagno quando questo sollevò una mano e diede un colpo leggero con l'indice e il medio uniti sulla fronte della donna, che stramazzò a terra scompostamente.

- Che diavolo fai?! - urlò il Nord, scuotendo il compagno di viaggio con forza – perché? -

- Pensavo fosse molto meglio – rispose Tevinias, voltandosi e dando le spalle a Sebastian – mostrarle tutto quanto, no? -

  
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