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Autore: Vally98    29/04/2013    0 recensioni
Un'amore impossibile, una storia segreta, un passato celato. Questo è il segreto che grava sulla località marittima campana, e su due giovani innamorati che non riescono a stare lontani, nonostante non ci sia altra soluzione.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era ormai il tramonto quando attraversai il ristorante, nella parte alta del villaggio.
Per raggiungere l’alloggio che avrei occupato per il mese a seguire, avrei dovuto attraversare il self-service, un massiccio edificio dai muri bianchi che ormai, dopo dieci anni, conoscevo benissimo.
Sospirai, trascinandomi dietro il trolley verde smeraldo, il suono delle ruote che rompeva il silenzio fracassante che incombeva nell’edificio.
Guardai ogni tavolo nella stanza con avidità, quasi volessi imprimere nella memoria quel luogo che conoscevo da sempre.
Proseguii lentamente, assaporando ogni passo, godendomi l’aria di vacanza che mi trasmetteva quel posto.
In lontananza vidi un’ombra scura stagliarsi contro il rossore del tramonto. Appunto per il contrasto col sole non mi fu possibile distinguere la figura che fronteggiavo, che sembrava essere l’unica persona a trovarsi lì con me in quel momento.
Avvicinandomi riuscii a distinguere un paio di occhiali dalla montatura rossa, dietro cui si nascondevano due occhi timidi in cerca di qualcosa.
Intercettai lo sguardo dello sconosciuto e lo vidi sorridere.
Sembrava provare una gioia incontenibile. E mi fissava.
Socchiusi gli occhi, cercando di riconoscere il viso. Proprio in quel momento ritrovai in quella figura un amico che l’anno prima mi aveva accompagnata per tutta l’estate.
Anche la mia gioia fu incontenibile e mollai a terra il trolley quando lui corse ad abbracciarmi. Gli gettai le braccia al collo, con un sorriso enorme sul viso.
- Ehi! – sentivo le mie labbra umide sul suo collo. Era una bella sensazione, o forse ero solo felice di riabbracciare un amico a cui volevo un bene dell’anima.
Incrociai il suo guardo intenerito, che indagava alla ricerca di un qualunque mio cambiamento.
Nessuno dei due aveva il coraggio di aprire bocca, a entrambi ci scrutavamo come due cagnolini che fanno conoscenza.
- Ti vedo bene – mormorai mordendomi il labbro inferiore per evitare che il mio sorriso si espandesse su tutto il viso, cancellando qualsiasi altro elemento.
- Anche tu mi sembri... magnifica – mi disse dopo un sospiro, con la sua solita gentilezza.
Mi fissava con estrema attenzione e constatai che era rimasto colpito dal mio viso, che dall’estate precedente era diventato magro e sottile, come quello di una vera donna.
- Quando te ne vai? – gli chiesi, per sapere quanto tempo da passare insieme avremmo avuto a disposizione.
Cercai i suoi occhi neri come la pece per avere una risposta.
- Fra dieci minuti – disse lui tutto d’un fiato, triste.
Rimasi pietrificata al suono di quelle uniche tre parole, con le sopracciglia alzate in un’espressione incredula.
Scossi debolmente la testa, gli occhi fissi sul mio vecchio amico. Speravo di aver capito male, che fosse solo uno scherzo, ma ogni mia speranza svanì col suo muto annuire.
Dunque avevo aspettato un anno nella certezza di trascorrere insieme un’altra estate a torto?
- Ma perché? – domandai lamentosa.
- Dispiace anche a me...-
Era altissimo rispetto a me, ma meno di Mirko, ed ebbi l’impressione che nel tempo in cui non ci eravamo visti fosse cresciuto ancora di più.
Lo guardai negli occhi.
- Non ci posso credere! Come farò senza di te? – gli dissi in un sussurro.
- Come farò io senza di te?! –
Sentii una voce alle mie spalle chiamare il nome di Simon. Fissai il mio amico quasi terrorizzata: sapevo cosa significasse quella chiamata.
Scosse debolmente la testa, in modo quasi impercettibile, mentre sulle sue labbra cercavano di crearsi le parole che io anticipai:
- Devi andare –
Mi guardò come mortificato. Rimasi immobile, a fissarlo negli occhi scuri e profondi. Lui distaccò a fatica lo sguardo e mi passò accanto con noncuranza. I miei occhi rimasero fissi nel vuoto, proprio dove pochi secondi prima c’era Simon.
Quando la sua spalla sfiorò la mia sentii un brivido. Lui parve accorgersene, perché si fermò al mio fianco e mi guardò, ma i miei occhi rimanevano fissi e muti.
Restai così per eterni minuti riflettendo, ricordando, pensando a quanti progetti avevo fatto per quella estate e quanti ricordi non avrebbero avuto un seguito, perché il mio migliore amico mi stava abbandonando.
Mi voltai di scatto e sentii un tuffo al cuore vedendo il corridoio vuoto, senza Simon.
Presi un profondo respiro, afferrai la maniglia del trolley e mi avviai fuori dal ristorante.
Sbucai proprio davanti all’anfiteatro. Era rimasto come l’anno prima: le sagome di cartone nero che creavano dietro al palco l’area delle quinte.; la console, a destra era rimasta la stessa cabina dal tettuccio in legno e dai muri bianchi dell’anno prima. La lunga finestra che dava sul palco, permettendo al DJ di vedere le esibizioni e regolare le musiche e le luci era chiusa tramite pesanti ante scorrevoli in legno.
Gli spalti erano i soliti gradini di mattonelle rosse sovrastati da seggiolini di legno. Ritrovai anche l’ulivo secolare al centro dell’ultima fila di posti a sedere.
In lontananza riuscivo a vedere i due tavoli da pingpong che erano lì praticamente da sempre; i campi da bocce e il parco giochi, coi suoi cavalli ciondolanti, le altalene ed il castello.
Quanti ricordi... io stessa a piccola avevo giocato in quel perimetro, sentendomi come una principessa imprigionata tra le mura del castello giallo, o come una valorosa dama in fuga in sella ad un cavallo giostra.
Chiusi gli occhi e respirai a pieni polmoni quell’aria di vacanza che aleggiava nell’aria. Finalmente! Dopo un anno scolastico estremamente pesante era arrivata l’ora del riposo.
Sorrisi al cielo e a quella natura travolgente che si esibiva da secoli.
Finalmente mi decisi ad avviarmi verso il residence, dove i nonni stavano sicuramente disfacendo i bagagli.
Camminavo con lenta pigrizia e affascinata da quel posto così familiare che mi avvolgeva come in un abbraccio caldo, dandomi il benvenuto, anzi, il bentornato.
Strisciando la valigia dietro di me percorsi il boschetto che conduceva al mio alloggio. Mi soffermai ad annusare l’aroma di ulivo che aleggiava nell’aria, ad osservare gli aghi di pino che ricoprivano il suolo secco del boschetto.
   
 
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