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Autore: Vally98    29/04/2013    0 recensioni
Un'amore impossibile, una storia segreta, un passato celato. Questo è il segreto che grava sulla località marittima campana, e su due giovani innamorati che non riescono a stare lontani, nonostante non ci sia altra soluzione.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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            ARRIVO: VENERDÌ
 
Osservavo fuori dal finestrino.
Lo sguardo fisso sulle nuvole, i pensieri che volavano lontano.
Mi chiedevo come potesse esistere una tale meraviglia lassù nel cielo e come fosse possibile provare quel brivido magico nel raggiungerle.
Avevo il cuore che batteva all’impazzata, il sole diritto negli occhi mi accecava ed ero percossa da un’intensissima emozione, di felicità, nostalgia e impazienza.
Ormai guardando in viso i miei nonni, che mi accompagnavano in quella lunga vacanza, e vedevo i volti dei miei amici, che avevo dovuto abbandonare un anno prima insieme al villaggio turistico di Marina di Camerota, al suo mare, la sua spiaggia...
Era già passato un anno, da non credere! Mi sembrava solo un mese prima che piangevo disperata, abbracciando alla cieca chiunque mi fosse capitato a tiro. Non volevo lasciare il villaggio, quel posto magico in qui passavo coi miei nonni un mese della mia estate, da dieci anni.
Non riuscivo nemmeno più a ricordare i primi anni in cui ero stata lì, solo che la primissima volta avevo perso di vista i miei nonni e mi affannavo a chiedere alle signore delle pulizie e ai passanti se li avessero visti. Che spavento mi ero presa quella volta!
Gli anni a seguire erano stati pressoché tutti uguali: ero troppo piccola per essere considerata dagli animatori, troppo timida per andare al miniclub, fatto apposta per i bambini della mia età.
L’ultimo anno era però stato diverso: avevo quattordici anni ed ero entrata nello young club, un gruppo di ragazzi come me che svolgevano attività indette da un animatore-guida. Era stato un ottimo mezzo per farmi degli amici, per divertirmi come non mai e per conoscere la persona più speciale della mia vita.
Si trattava di un ragazzo, ovviamente. Il mio amore impossibile. Il mio vero unico amore.
I suoi occhi verdi mi provocavano un eccessivo batticuore ogni volta che li incrociavo; mi facevano sentire il vuoto nello stomaco, come quando l’aereo sobbalza.
I suoi capelli ricci, mi ricordavano le fronde degli alberi scosse dal vento, e gli attribuivano un affascinante aspetto selvaggio. Li teneva a bada con una fascetta nera, che si mimetizzava nella massa disordinata di ciocche brune.
Il suo naso importante, stretto e lungo, concentrava tutti gli altri elementi del viso verso il centro della faccia.
Teneva la barba sempre ben rasata, e un sorriso di denti leggermente storti spesso in uso.
Era però troppo grande per me, decisamente, e questa era la cosa che mi faceva stare più male.
Di preciso aveva dieci anni e un mese in più di me, essendo lui nato il 17 maggio dell’88 e io il 17 giugno del ’98.
Ora che avevo compiuto quindici anni lui ne aveva venticinque. Anche se io ero più grande dell’anno prima, non ero ugualmente una considerevole preda delle sue conquiste.
Dieci anni sono tanti. Per me è già fin troppo un anno, quest’anno di attese, di nostalgia, di messaggi lontani e distaccati, di ricordi. Ma l’anno è finito, il momento è arrivato, finalmente.
È ora che ritorni a Camerota, che rincontri i miei amici dell’anno scorso e magari anche Mirko.
Mi troverà cambiata? Più grande? Più bella? Più matura? S’innamorerà di me? Saremo uniti come l’anno scorso?
Quante domande, nessuna risposta. Servono solo a far crescere l’impazienza.
 
Scesi dal pullmino correndo.
Mi tuffai in quelle possenti, enormi, calde braccia che mi accolsero con affetto.
Una lacrima di felicità scivolò sulla mia guancia, bagnò in un piccolo cerchio la maglia arancio evidenziatore di lui.
Strinsi le braccia attorno a quel busto così enorme rispetto al mio. Chissà quanto mi trovasse esile in quella stretta morsa con cui mi aveva accerchiato?
Non avevo il coraggio di staccare la guancia da quel petto così familiare, così amato, così accogliente.
Sarei rimasta lì così, abbracciata a Mirko per sempre, in quell’angolo di paradiso, tra le sue braccia, le uniche che mi facessero sentire al sicuro, e felice, felice per davvero.
Alzai lo sguardo, con gli occhi lucidi, mordendomi una guancia: non avrei voluto sembrare una bambina nel mio ridicolo pianto di felicità.
Mi costrinsi a sorridere, il che non fu troppo difficile quando incontrai i verdi occhi di Mirko.
Le mie gambe iniziarono a tremare, sotto il peso di quello sguardo. Mi era mancato così tanto... era una di quelle tante cose che una telefonata o una chat non può dare, un’emozione di cui avevo tanto sentito nostalgia.
Un sorriso di denti bianchi non perfetti si spalancò davanti al mio.
Avevo il viso rivolto verso il cielo per poter vedere quello di Mirko, così in alto rispetto a me, a capo suoi metri.
- Ciao – mi sussurrò dolcemente.
I miei occhi tremolarono al suono della sua voce, così particolare, così unica.
Sorrisi in una smorfia per trattenere le lacrime di gioia di essere lì, stretta all’uomo che amavo.
Sospirai e mollai la presa, sciogliendo l’abbraccio.
- Quest’anno ancora qui, eh?! – mi fece l’occhiolino.
Ero troppo presa, rapita dal suo sguardo per potergli staccare gli occhi di dosso.
Era raro che un animatore del villaggio si ripresentasse a lavorarvi per due anni di seguito. Per fortuna Mirko era uno di quei casi rari.
- Già... – mormorai trattenendo l’euforia che mi cresceva dentro, l’unica cosa in grado di costringere le mie gambe a non cedere all’emozione.
Era facile cogliere il pizzico di impazienza nella mia voce, la voglia di rincominciare da dove avevo lasciato tutto l’estate precedente.
- Che bella che sei – mi sorrise scompigliandomi i capelli. Anche se lo disse in tono scherzoso e affettuoso, come ad una bambina, lo presi come un complimento serio.
- Vabbò, dai, ci vediamo dopo – lo salutai illuminandomi in un nuovo sorriso.
Il suo sguardo era perforante, esercitava su di me una strana pressione, schiacciante. Mi sentivo letteralmente pressare verso il suolo ghiaioso della reception.
Mirko si allontanò in silenzio, nella sua maglietta arancio evidenziatore ed i pantaloni neri con la scritta “equipe” sul sedere.
Lo rimirai in tutta la sua altezza, le gambe lunghe e muscolose, la schiena perfettamente proporzionata, le braccia possenti; immaginai il suo busto tonico e scolpito e mi morsi il labbro inferiore per trattenere il desiderio di corrergli dietro ed abbracciarlo nuovamente.
- Debora ci sei? – la voce di mia nonna mi riportò alla realtà, strappandomi da quel mondo magico che mi ero creata per restare sola con Mirko.
Afferrai il trolley che avevo gettato a terra proprio dove poco prima c’era il pullmino che mi aveva portata al villaggio dall’aeroporto. Ora la macchina era sparita, lasciando la mia valigia abbandonata in mezzo alla strada.
Restai a guardare il cielo limpido ormai rossiccio di quella giornata che volgeva al termine. Era tutto perfetto: Mirko, il cielo fantastico, il sole caldo che mi carezzava la pelle pallida... sarebbe stata una bella estate.
 
   
 
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