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Autore: Giovi_giovs    30/04/2013    1 recensioni
Lana Sanders, una giovane donna apatica, dalla vita spenta. Non ci ha mai fatto caso, fino a quando..
"Che cosa sto facendo?
Mi sussurra la mia vocina interiore, ma so che il suo riferimento non è al mio comportamento attuale.
E' qualcosa di più. E' tutta la mia vita che è sbagliata. O forse sono io ad essere sbagliata, a non apprezzarla a pieno.
Mi sento vuota, e triste. A volte mi sento come se non avessi niente al mondo. Lo so, è sbagliato.
E questa consapevolezza mi fa sentire ancora più da schifo.
Ma non posso fare a meno di sentirmi così. Davvero, non ci riesco. "
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 1.
 
"Tesoro sei uno schianto stasera!"
Arielle mi viene incontro, nel suo vestitino attilato di un colore arancione acceso. Sorriso per la sua mise, e la abbraccio.
Faccio lo stesso con Kristine, che invece porta un abito nero, lungo fino al ginocchio accopagnato da piccoli orecchini bianchi.
Mi guardo intorno, imbarazzata. E' pieno di uomini semi-nudi, che ballano.
Che stupida, certo che è così, siamo in uno strip club!
Arielle, ed addirittura Kristine sembrano a loro agio. Pronte a divertirsi e a scaternasi come matte, a questa festa di addio al celibato organizzato per la cognata di Kristine. Io cerco di partecipare, di sembrare attiva, ma in realtà non so bene dove mettere le mani...
Alzo gli occhi al cielo, cominciamo bene.
Mi sento una spettatrice esterna, costretta ad assistere contro la sua volontà.
 
"Lana, svegliati!"
I miei occhi, leggermente appiccicaticci, non ne vogliono sentir ragione di aprirsi. Mi strofino gli occhi con i polsi, e mi costringo ad aprirne, almeno uno. Cerco di mettere a fuoco ciò che mi circonda, anche se la luce mi sembra quasi acceccante al momento.
"Forza Lana, devi svegliarti! O farai tardi"
I miei occhi si aprono immediatamente, non appena il mio cervello decide (alla buon ora) di connettersi e di dare il primo ordine della giornata. Scendo dal letto alla velocità della luce, e mi dirigo in bagno.
Mi guardo allo specchio: sono impresentabile. Puzzo di alcool e del fumo di Arielle e Kristine. Devo farmi assolutamente una doccia. 
Mi asciugo in fretta, cercando di domare i miei capelli che proprio stamattina non vogliono saperne di stare composti. Tiro fuori il mio tailleur fresco di lavanderia, ed esco dalla piccola cabina armadio, ritornando in camera da letto.
Per fortuna Mark è li fuori ad aspettarmi, steso sul nostro letto, con accanto un vassoio da colazione. La tentazione è forte, ma poi il cellulare comincia a squillare. Cazzo, è Kristine. Alzo il palmo della mano verso Mark, che deluso posa di nuovo sul vassoio un profumato bicchiere di succo d'arancia appena spremuto. 
Ancora succo d'arancia? basta. Non ne posso più della sua nuova mania salutista, siamo sempre a dieta.
Rispondo alla chiamata, e pronuncio in modo scrodinato, qualche frase di ringraziamento, mentre saltellando verso l'uscita mi infilo le scarpe. Prendo al volo la valigetta e mi infilo in ascensore.
"Scusami Kristine. Non ho sentito la sveglia!"
La abbraccio, mentre lei alza gli occhi al cielo ridacchiando.
Faccio una piccola smorfia. Perchè quella faccia? Può capitare di essere ritardo una..qualche volta nella vita, ecco.
E va bene, sono una ritardataria compulsiva.
Il giorno in cui arriverò puntuale, probabilmente comincerò a preccouparmi seriamente. Però ho tanto senso del dovere.
Ed è proprio il dovere a farmi svegliare così presto oggi.
Ho un colloquio.
Il primo colloquio della mia vita. Sono così agitata. Sarà come nei film?
No, non credo. Sarebbe bello. Insomma, in quel caso saprei già come fare. Ma ho una strategia: fingere sicurezza. Oh si, devo dimostrarmi molto sicura di me. Così ci crederanno anche gli altri, ne sono sicura.
"Terra chiama Lana!"
" Cosa?"
"Appunto."
Abbasso leggermente la testa, sorridendo imbarazzata.
" Volevo solo dirti, in bocca al lupo!" 
Dice indicando un grande palazzo dietro di noi.
Cavolo, ero tanto presa dai miei film mentali che non mi ero neanche accorta di essere arrivata.
" Crepi! Grazie di avermi accompagnata!"
" Lo sai, sono di strada!"
Ci abbracciamo di nuovo, e poi alzo il braccio in segno di saluto mentre la vedo scomparire tra la folla.
Mi giro, alzo la testa e guardo a bocca aperta questo enorme edificio.
Pieno di finestre, a specchio, che conferiscono alla struttura quasi le sembianze di un'enorme scacchiera nera. E' un pò inquietante, ad essere sincera. Ritorno a guardare davanti a me. Prendo un respiro e tiro in su' le spalle, prima di entrare.
Se l'aspetto esteriore era particolare, l'interno è qualcosa di meraviglioso. Mi avvicino, a bocca aperta per lo stupore, al grande bancone nero, con rifiniture dorate che sfioro con le dita.
La recepsionist mi guarda perplessa, forse divertita. Gli devo sembrare un tale pesce fuor'acqua. E al momento lo sono, al 100%.
Iniziamo una conversazione. E dopo qualche minuto, ha già chiamato un'altra aitante assistente per accompagnarmi al piano, dove avrà luogo il colloquio.
23esimo piano. Non sono mai superstiziosa. Ma oggi questo numero mi trasmette una strana sensazione. Abbasso la testa, ridendo silenziosamente di me stessa.
Non devo essere ansiosa, o addio piano-sicurezza.
L'ascensore è così veloce che non faccio neanche in tempo a rimettere in ordine i miei pensieri, e a ripetere il mio discorso mentalemente, che siamo già arrivati. La ragazza mi fa strada, molto professionalemente verso un grande atrio dove, quasi telepaticamente, un altra donna ci guarda. Mi sento come un testimone in una staffetta. Sto passando da un'assistente, all'altra. E' abbastanza snervante, e non so il perchè.
Anzi si che lo so, il perchè. Inutile girarci intorno.
Sono tutte così..perfette.
Comincio a guardare il mio abbigliamento, e ringrazio il cielo, di essere andata con la madre di Mark a fare shopping. Amelia se ne intende di moda, e mi ha consigliato questo completo, economico, ma elegante abbastanza da non farmi passare da completa pezzente, in questo posto così trasudante di perfezione.
Respira Lana, o la tua fronte diventerà peggio di una radice d'albero.
Così dicendo, rilascio le spalle che ricadono dolcemente, rilassandosi. Prendo un bel respiro, e mi appoggio allo schienale del comodo divano sui cui sono seduta. 
Mi guardo intorno, e tutto questo nero, mi fa sentire davvero a disagio.
Come può venire in mente a qualcuno di creare un ambiente così macabro? davvero, non capisco. 
Sono davvero curiosa di conoscere il capo di questa strana struttura, a questo punto. E come per magia. La donna dietro al bancone del piano mi fa cenno, di seguirla.
" Il capo la sta aspettando." 
Mi spiega brevemente, dietro ad un sorriso tanto bello quanto falso.
Annuisco educatamente ed entro in una stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
La stanza è enorme. Anzi l'aggettivo enorme non descrive pianamente ciò che vedo. 
La stanza è circolare, a mezza luna. Le pareti, tranne quella della porta, sono tutte ricoperte da finestre che regalano una vista mozzafiato.
Sulla sinistra compare un grande divano, di pelle bianco, a destra invece un grande tavolo, pieno di scartoffie e fogli, cirondato da numerose librerie. E infondo alla stanza, davanti alle finestre c'è invece una grande scrivania. E proprio dietro di quella c'è una poltrona, molto elegante che però è girata rivolta verso il magnifico panorama. Mi avvicino timidamente verso quest'ultima, sapendo che è proprio lì che devo andare.
Mi schiarisco la voce, sperando di attirare finalmente l'attenzione che finora non mi è stata concessa da questo, strano, titolare. E proprio in quel momento realizzo di essermi dimenticata chi sia. Ho inviato così tanti curriculum che non posso ricodarmi tutto, mi dico, cercando di giustificare il mio imperdonabile errore. Non so neanche se sia uomo, o donna. Quanti anni abbia, eccetera eccetera. Sono nel panico.
" Posso?" dico, quasi in un sussurro
La poltrona finalmente accenna a girarsi nella mia direzione.
Non riesco a credere ai miei occhi. Proprio qui, davanti a me, c'è la cosa più bella che io abbia mai visto. La sua bellezza mi sconcerta, e mi ritrovo a sbattere più volte le palpebre, cercando stupidamente di trovare un errore di messa a fuoco.
E invece vedo ancora benissimo.
Mi guardo intorno, alle mie spalle. E quest'uomo, sarebbe il capo di tutto questo?
Scuoto la testa, sorridendo divertita. Dev'essere sicuramente uno scherzo.
All'improvviso, sento qualcun'altro schiarirsi la voce. Mi giro, e ritorno a guardare l'uomo dietro la scrivania che mi guarda evidentemente spazientito. All'improvviso spalanco gli occhi, arrivando finalmente alla conclusione che non c'è nessuno scherzo in atto. Ed io ho appena fatto la figura dell'idiota, che probabilmente sono per davvero.
Mi lascio scivolare silenziosamente sulla sedia. Sento di avere le guance in fiamme.
Non ho il coraggio di alzare lo sguardo, ma devo. Lo guardo con coda dell'occhio, e lo trovo a fissarmi. Contrariato, e ancora spazientito.
" Ha intenzione di restare a fissarmi ancora a lungo, signorina?"
Il suo tono è freddo e stizzito.
"Mi scusi.." sussurro
Mi concedo un'altra occhiata. Un'altra emozione si aggiunge alla sua espressione: noia.
Devo fare, dire qualcosa al più presto possibile. Non posso giocarmi la possibilità di lavorare in un'azienda come questa, per uno stupido inconveniente.
"Davvero, mi perdoni. E' solo che lei è così.."
" Bello? Carismatico? No, mi lasci indovinare: intelligente."
Rispose, facendo roteare in modo annoiato la mano ad ogni parola, come se stesse valutando delle opzioni sentite e risentite milioni di volte. Unisco le labbra in una linea dura, di fronte a tanta prepotenza. Sono così presa dalla mia rabbia che quasi non mi accorgo che un uomo ci raggiunge. Ma per fortuna la sua risata mi avvisa del suo arrivo, distogliendomi dal mio mondo parallelo. Arriva di fianco a lui e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Lui annuisce, senza proferire parola. Nella mia mente i pensieri continuano a correre, e penso che ormai il lavoro l'ho perso alla grande.
Abbasso la testa, portandomi le mani in grembo, e chiudendole successivamente a pugno. Mi ha mancato di rispetto.
E questo non lo posso accettare. Pensa di potersi rivolegere così a me, solo per via del suo ruolo di prestigio? o peggio, dei suoi soldi? 
Alzo la testa, e guardo entrambi gli uomini. Il secondo uomo mi fissa in modo perplesso, da sotto i suoi spessi occhiali rossi, distogliendo lo sguardo dal titolare, che solo successivamente volta la testa verso di me.
" Eccessivo, lei è così eccessivo. Ecco cosa volevo dire."
Dico, con tutto il disprezzo di cui sono capace, imitando il suo gesticolare.
Lui spalanca impercettibile gli occhi, per un secondo, prima di ritornare al suo normale stadio di indifferenza.
A differenza di occhiali rossi che invece appare davvero shockato.
" Signorina, ma come si permette di rivolgersi così al Sig. Grimes? Venga con me, il suo colloquio è finito."
Mi alzo, e vengo quasi buttata fuori dall'edificio. Con le stesse modalità con cui sono entrata. Ma questa volta sono un testimone scomodo, lo sento e lo leggo bene su questi bei visini. 
Esco fuori dall'edificio, e guardo in modo assente la folla di gente davanti a me. Improvvisamente, colta da un impeto d'ira, comincio a battere i piedi in terra guadagnandomi così qualche sguardo divertito dai passanti.
Basta, Lana, ricomponiti. 
Mi aggiusto la giacca, e mi immergo nel traffico urbano.
Raggiungo il "Joe's", il bar dove lavoro di tanto in tanto per mantenermi, prima di trovare il lavoro dei miei sogni.
Il lavoro per cui ho tanto studiato, e faticato. Il lavoro che oggi ho perso.
"Ma come, ancora? cos'è successo stavolta?"
"Niente, Bill."
" Sei arrivata di nuovo in ritardo vero?"
Rincalza la dose, Joe.
"Semplicemente il titolare è un cafone."
" Ti ha molestata?!" chiede Bill, già sul piede di guerra.
" No, niente del genere. C'è stato un piccolo diverbio. Niente di cui parlare."
Rispondo, finendo la frase con un filo di voce. 
"Puoi restare, se vuoi puoi fare un turno, ci sarà una specie di riunione di una squadra. Avremo molto da fare."
Annuisco. Mi giro e lascio pensolare la valigetta sulla spalla mentre mi avvio verso gli spogliatoi per cambiarmi e indossare gli abiti da lavoro. La divisa del Joe's è molto semplice, ma a me piace così. E composta da una t-shirt bianca, che ha più o meno a livello del seno, un logo azzurro scuro, con il nome del bar. Credo di esserci affezionata, ce l'ho da così tanto tempo. Quando ho lavorato qui la prima volta era solo una piccola topaia, troppo trasandata e abbandonata a se stessa per essere considerata una vera attività. E invece guardalo adesso. E diventato uno dei bar più frequentati della zona, anche dai giovani. Abbiamo anche una grande cerchia di clienti abituali. Ci sono sempre così tante cose da fare, che quello che doveva essere un lavoro saltuario, solo in caso di emergenza, è diventato quasi un posto fisso. Posso dire con orgoglio di aver migliorato questo posto. Ce ne è voluto di tempo, e di impegno. Sopratutto per convincere Joe ad ascoltarmi, e a cambiare. Ma lui e suo figlio, Bill, meritano tutto il mio aiuto. La morte di Tania, madre di Bill e moglie di Joe, li ha distrutti, ed ancora oggi, dopo tutti questi anni li trovo lì a fissare la sua foto, appesa dietro il bancone. Ricordo ancora quanto fossero apatici e spenti. 
Spero che Tania sia contenta di vederli così felici oggi. Attivi e soddisfatti della loro attività di famiglia, che rischiavano di perdere.
A questo pensiero, il cuore mi si riempe di gioia e di orgoglio, e mi ritrovo a sorridere stupidamente a me stessa mentre mi guardo all specchio. Ritorno alla realtà e finisco di legarmi i miei lunghi capelli rossi. Ritorno in sala, e comincio a svolgere il mio lavoro. Ogni gesto ormai mi sembra così normale, quasi meccanico. Così tanto che ben presto mi accorgo di aver in realtà fino il mio turno.
''Bill, vado a cambiarmi okay?"
Lui annuisce, ma poi mi raggiunge sulla porta dello spogliatoio.
"Posso?"
Lo guardo, annuendo e rimendo sulla soglia. Lui invece abbassa lievemente la testa, e mi pare quasi di vederlo arrossire.
"Che succede Bill? Ho fatto qualcosa di sbagliato?"
Lui scuote velocemente la testa, e le mani facendo segno di no, come se avessi detto la cosa più assurda del mondo.
Sorriso, e lo incalzo con lo sguardo a continuare. Lui si passa una mano tra i suoi folti capelli corvini, e comincia a fissarmi con i suoi piccoli occhi, anch'essi neri.
" Ecco..mi chiedevo se potessimo uscire insieme qualche volta."
Spalanco gli occhi, stringendomi improvvisamente nelle spalle.
"Uscire insieme?"
Lo guardo negli occhi, e mi sembra quasi di toccare con mano il suo disagio.
"Sai, c'è una partita di football, e non voglio andarci da solo..è un'occasione da passare con gli amici."
Comincio a guardarmi le scarpe, indecisa e sentendomi altrettando a disagio.
Uscire con il figlio del capo, non so se sia una buona idea..borbotta, giustamente, la mia parte razionale. 
Ma forse le sue intenzioni sono davvero amichevoli, penso. Devo sbrigarmi, e prendere una decisione.
" Va bene!"
Rispondo, quasi d'impeto, usando un tono più alto di quello necessario. Ma Bill non sembra farci tanto caso, data la sua espressione felicemente sorpresa. Sorrido a mia volta. Lui si gira e se ne va, mentre io ritorno nello spogliatoio.
Mi cambio velocemente, e dopo aver salutato tutti, anche Bill, con uno sguardo imbarazzato, esco e mi dirigo verso la metro, per tornare a casa.
 
"Amore?"
Lascio le chiavi su un piccolo mobile posizionato all'ingresso, e comincio a seguire un odore, sentendomi quasi un cane da tartufo. Arrivo in cucina, e trovo Mark ai fornelli. 
Scoppio a ridere, e mi avvicino a lui togliendogli le cuffiette dalle orecchie.
"Amore, sei tornata!"
Sorrido ed annuisco.
Spegne l'ipod e si gira verso di me, appoggiando le mani sui miei fianchi con un grande sorriso stampato in faccia.
"Come è andato il colloquio di oggi?"
Al suono di quelle parole mi congelo di nuovo. Cavolo, ero riuscita a non pensarci per tutta la serata..
" Male. Ma non mi di parlarne, okay?"
Rispondo stizzita. Il suo volto cambia repentinamente espressione.
" Posso almeno chiederti se stai bene?"
" Certo che sto bene. E' solo uno stupido colloquio, troverò un posto da un'altra parte!"
Prendo un respiro, sto cominciado ad urlare. Sto decisamente esagerando, e non è da me gridare in questo modo.
Questa non sono io. E lo capisco guardando gli occhi di Mark.
" Scusami..vado a stendermi un pò, ok?"
"E la cena? l'ho preparata apposta per te.."
" Mi si è chiuso lo stomaco. Scusa."
" Non ti preoccupare." dice sospirando.
Mi trascino fino alla camera da letto, buttandomi con un salto sul letto. Affondo tra le coperte, e vorrei tanto rimanerci per sempre. Appoggio la testa sul cuscino, quando vero arrivare Mark sulla soglia della porta che mi osserva, guardingo.
" Non ti mordo, scemino."
Accenno un sorriso, ancora tirato dal nervosismo. 
Lui si stende accanto a me.
" Mi abbracci?"  
Sussurro. Lo guardo, mentre resta fermo a guardami con una strana espressione sul volto.
"Che c'è?" chiedo, allora.
"Stasera mi sento vulnerabile.."
Oh. Lo guardo sorpresa, molto sorpresa. E quasi inconsciamente mi raggomitolo su me stessa, facendomi piccola, piccola e allontanandomi da lui.
" Forse è meglio se.."
" Sì." 
Lui si alza.
" Puoi chiudere la porta per favore?"
Lui non mi rivolge neanche lo sguardo, ma chiude direttamente la porta dietro di sè, senza dire nulla.
Sono in posizione fetale, ho così freddo, ho bisogno di mettermi sotto le coperte. 
Anche se mi sembra un diverso tipo di freddo. Di quelli a cui è difficile porre rimedio. Non ci possono essere coperte, nè stufe, nè camini per questo, penso toccandomi il petto.
Mi volto dall'altra parte, e guardo una foto sul mio comodino. Quanto mi mancano, i miei nonni. 
Le mie nonne, mi capivano al volo. Mi facevano sentire così speciale, così amata. Sono morte tanti anni fa, ero solo una ragazzina, eppure da allora la mia vita ha subito una battuta d'arresto. Il mio cuore è cambiato, lo sentivo, lo sento;
E da allora ogni tanto ho questo freddo dentro, questo buco nel petto che non riesco a colmare. E' una sensazione difficile da spiegare è come se il mio cuore mancasse un battito, come se mi mancasse il respiro e cercassi inutilmente di trovare un briciolo di ossigeno nei miei polmoni. E' orribile.
Ho bisogno di chiamare qualcuno, di sentire una voce calda e familiare.
Prendo il telefono da un taschino.
"Pronto?"
"Kristine, sono Lana."
"Tesoro, come stai? e il colloquio?"
"Male. Entrambe le cose."
" Oh mi dispiace."
" Già."
" Vedrai tesoro, sei in gamba avrai altre occasioni! Ne sono sicura."
Sorrido, piacevolmente sorpresa. Kristine, non è una persona espansiva, al contrario di Arielle.
Quindi devo sembrare davvero patetica, mi suggerisce una fastidiosa vocina interiore.
" Grazie."
" Figurati. Ora devo scappare però, Arielle vuole portarmi in un locale latino americano! Ci credi? io, a ballare!"
La sua risata mi contagia. 
" Brave, vedo che vi divertite senza di me!"
"Ma no, tesoro! Pensavamo che saresti rimasta a casa con Mark a festeggiare!"
Mi risponde, ridacchiando, per la palese frase a doppio senso. Alzo gli occhi al cielo, imbarazzata.
Poi ci salutiamo, e chiudo la telefonata.
Mi volto dall'altra parte, e incrocio le braccia sbuffando.
Senza accorgemene cado nel sonno.
Ma nemmeno lì, sono tranquilla. Sogno occhi azzurri, belli, intensi e profondi come l'oceano, ma anche capaci di essere freddi come il ghiaccio. E poi folti e morbidi capelli color castano chiaro. Poi degli occhiali rossi, che mi squadrano e cominciano a ridere di me. Mi sveglio, sono tutta sudata, e vengo colpita dai raggi del sole. Socchiudo gli occhi, e mi guardo accanto scorgendo la figura di Mark. Mi volto e guardo l'orologio. 
Vado in cucina, ho bisogno di un bel caffè per schiarirmi le idee e scrollarmi di dosso questa brutta sensazione.
Davvero, ho appena sognato il signor Grimes?
Penso, seduta al tavolo, con una tazza tra le mani.
Sorseggio il mio caffè, infastidita dallo spazio che quel verme è riuscito a trovare dentro di me.
E' riuscita ad umiliarmi. Devo essergli sembrata davvero stupida e goffa. Una completa idiota, penso sospirando.
No che mi importi della sua opinione, sia chiaro. No, certo che mi importa. Come mi importa anche degli altri colloqui.
Eccessivo, dovevo dirlo davvero?! Perchè non sto mai zitta? 
Mi assesto un colpetto sulla fronte, maledicendo la mia linguaccia lunga e la mia goffaggine. Sono riuscita a rovinare tutto.
Passo qualche ora a fissarmi le mani. Nel frattempo Mark è uscito, è andato a lavoro. Lui, lui ce l'ha un lavoro che ama e lo appassiona.
 
"A volte non riesco a capire perchè sta con una come me!"
Sono al parco, seduta su una panchina, e mi sto sfogando con Arielle che ho invatato a correre con me. 
Lei lavora come ragazza immagine, quindi la mattina e il pomeriggio posso averla tutta per me.
" Io invece mi chiedo perchè tu stai con quel pesce lesso!"
"Ecco la mia Arielle sempre piena di energie e senza peli sulla lingua!"
Scoppia a ridere, ma non ritratta le sue affermazioni. Come al solito.
" Mark è sempre così buono con me..cos'ha che non va?"
Arielle mi guarda, truce. Io abbasso lo sguardo, imbarazzata.
So cosa intende. Lo so, benissimo.
" E' una scelta comune."
" Comune.." ripete, con tono scettico.
" Già."
E una volta arrivata a questo punto la conversazione si ferma, come di consuetudine.
Decidiamo quindi di continuare a correre. Lei comincia ad ascoltare della musica e a me non resta altro da fare che cominciare a guardare l'ambiente circostante. Ma niente cattura la mia attenzione, abbastanza da non farmi pensare al tutto il resto.
Ripenso a Grimes, a come mi ha sbeffeggiato, e a come fosse divertito il suo assistente. Senza accorgemene, comincio ad accellerare. Poi penso a Mark. E alla nostra vita insieme. Stiamo insieme da 3 mesi, appure mi sembra che siamo passati 3 anni. Mi fermo, di colpo, e solo per una fortunata serie di coincidenze non mi ritrovo a cadere in avanti. Sarebbe stata un altra bella immagine da aggiungere alla lista..io stesa lunga per terra, nel parco pubblico.
Appoggio le mani sulle ginocchia, e respiro a pieni polmoni. Mi accorgo di avere il fiato corto, anzi cortissimo.
All'improvviso le lacrime cominciano a rigarmi le guancie, così calde, da farmi sentire a pieno la loro presenza. Cerco di asciugarle con i polsi della mani.
" Lana!"
Mi volto. Arielle, grida alle mie spalle mentre corre, sotto evidente sforzo, nel tentativo di raggiungermi.
No, non voglio farmi vedere così. Approfitto della lontananza, per alzare la mano e mimare un saluto.
" Devo andare, è urgente. Ciao!" 
Grido. Mi giro e cerco di camminare, il più velocemente possibile.
Arrivo a casa, che sono sfinita. 
Distrattamente prendo la posta, e saluto qualche vicino che mi guardano in modo preoccupato.
Questo non fa che peggiorare il mio, già pessimo, stato d'animo.
Apro la porta, e me la chiudo dietro in un nano-secondo, quasi avessi paura di essere vista da qualcuno.
Mi guardo intorno, in modo sconnesso, disorientato, quasi non riconoscessi la mia stessa casa.
O meglio, la casa di Mark. 
Finisco con l'arrivare in bagno. Mi guardo allo specchio, presa dall'ormai familiare sensazione di vuoto, quello abissale, e nero come la pece. Apro l'acqua,  e mi tolgo lentamente i vestiti. Al momento, penso di esserne capace solo per la meccanicità dei gesti.
Mi infilo nella doccia, a lascio che il getto caldo rilassi i miei muscoli. E nasconda le mie lacrime.
Mi appoggio con la schiena alla parete, e scivolo giù fino a sedermi con le ginocchia strette al petto.
Le circondo con le braccia, e mi raggomitolo su me stessa.
Che cosa sto facendo? 
Mi sussurra la mia vocina interiore, ma so che il suo riferimento non è al mio comportamento attuale.
E' qualcosa di più. E' tutta la mia vita che è sbagliata. O forse sono io ad essere sbagliata, a non apprezzarla a pieno. 
Mi sento vuota, e triste. A volte mi sento come se non avessi niente al mondo. Lo so, è sbagliato.
Ci sono persone che davvero non hanno niente, a differenza mia. 
E questa consapevolezza mi fa sentire ancora più da schifo. 
Ma non posso fare a meno di sentirmi così. Davvero, non ci riesco.


[To be continued..]
{{SPERO DI LEGGERE TANTE RECENSIONI! SPERO VI SIA PIACIUTO, CIAOO
! *^*}}
  
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