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Autore: KrisJay    30/04/2013    3 recensioni
Questa è una raccolta di extra, tratti dalla storia "The camp of love" e ambientati dopo la fine di quest'ultima.
"«Stai buona adesso, ho bisogno di baciarti per cinque minuti… o dieci. O mezz’ora…» sussurra.
«Anche per tutta la giornata! Io non mi offendo, sai?»
Sento la sua risata infrangersi sulle mie labbra prima che venga sostituita dalle sue. Ci bastano solo un paio di secondi per far sì che il bacio diventi passionale e acceso, molto acceso. Sono due mesi che non lo bacio, è assolutamente normale che mi sia mancato farlo! Per non parlare del sesso… Dio, se non ci trovassimo in un aeroporto, insieme a altre centinaia di persone, giuro che lo avrei spogliato e violentato nel giro di pochi secondi.
Lo so, gli ormoni ballerini mi trasformano in una ninfomane in astinenza."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori in campeggio'
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The camp of love - extra2

Vi ho fatto aspettare tanto, lo so, ma ormai dovreste aver capito che io e i ritardi, alcune volte, diventiamo migliori amici XD ma a parte gli scherzi, adesso sono qui :)
Questo secondo - e penultimo - extra è ambientato più o meno due anni dopo quello scorso… quindi sono accadute parecchie cose e ne accadranno altre. Come sempre, spero che vi piaccia :D
Scusatemi tanto se non ho risposto alle vostre recensioni, ma me ne dimentico sempre .__. le ho lette tutte, però, e vi ringrazio tantissimo per le vostre parole! Non sapete quanto sono rimasta felice di notare che aspettavate tutte il ritorno di questi Edward e Bella *-* davvero, siete state grandissime :D
Adesso vi lascio leggere, e… beh, alla prossima! ^_^
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The camp of love - extra

 
Extra due – Programmazioni e dichiarazioni

 
14/06/2012
 

Fa caldo, maledettamente caldo. E pensare che siamo soltanto all’inizio dell’estate! Anzi, l’estate non è ancora tecnicamente iniziata, visto che manca ancora una settimana al 21 di Giugno… ma qui non si resiste, c’è un umidità pazzesca e la temperatura si aggira già intorno ai 34° C.
Quasi quasi rimpiango la mia scelta di esser voluta restare a Napa, e di non aver seguito Edward a Chicago: lì, a detta sua, c’è una frescura da invidiare.
Merda! La prossima volta faccio i bagagli non appena mi annuncia che si parte per andare a trovare i suoi genitori!
Lo avrei fatto anche questa volta, ma purtroppo non potevo lasciare l’azienda così, su due piedi… non quando mi si è mostrata davanti l’opportunità di entrare in società con qualcuno. E non potevo assolutamente lasciare tutto nelle mani di Jacob! Ricordo ancora il casino che ha combinato con le botti di vino, e la faccenda mi rode ancora, nonostante siano passati già due anni da quell’incidente.
Già, sono passati due anni, e in due anni sono successe tante cose: cambiamenti, momenti belli e momenti brutti, e soddisfazioni enormi nel lavoro e nella vita privata.
Tornando all’opportunità di cui vi ho accennato prima… si tratta di una cosa nuova per me, e per la quale non ero affatto preparata. In parole povere, alcuni mesi fa sono passati a far visita all’azienda il direttore di un nuovo albergo, che era in fase di avviamento, e parte del suo staff. Stavano facendo il giro delle aziende vinicole dei dintorni, alla ricerca di quella più adatta con cui stipulare un contratto.
Un vero e proprio colpo di fortuna volle che la mia azienda, l’azienda di famiglia, l’azienda che il nonno aveva avviato con le sue sole forze, risultò essere quella che stavano cercando: apprezzavano i nostri prodotti, enormemente, e nel giro di poche settimane avevo messo la firma a un contratto della durata di cinque anni, in cui mi impegnavo a ‘rifornire’ la cantina dell’albergo con i nostri vini migliori.
Era una svolta così importante, e nuova, per me, e per più di una volta ho creduto che si trattasse tutto di un frutto della mia immaginazione senza freni… ma invece era tutto vero.
Così, adesso mi ritrovo a trascorrere quasi tutti i giorni all’interno dello stabilimento vinicolo, tanto che se potessi potrei accamparmi lì e viverci tranquillamente, senza problemi. Casa mia ormai la vedo di sfuggita, o per niente, nonostante si trovi nello stesso posto. Sembra assurdo, ma è la verità.
Senza contare che negli ultimi tempi ho passato pochissimo tempo insieme a Edward, e viviamo insieme da quasi un anno.
Eh sì, viviamo insieme!
L’estate precedente, come era previsto, Edward e James hanno finalmente dato il ‘via!’ alla loro nuova attività a Napa, e il mio ragazzo ne ha assunto completamente la direzione, trasferendosi in un piccolo appartamento in città. All’inizio l’attività ha stentato un po’ nel decollare, ma adesso va tutto bene: Edward si è finalmente fatto un nome, e tra il suo negozio e quello dei Newton c’è una bella concorrenza… ed io sono contenta che gli stia facendo vedere i sorci verdi!
Qualche mese dopo l’avvio dell’attività, poi, io e Edward ci siamo resi conto che vivevamo praticamente insieme: lui non tornava quasi mai nel suo appartamento, fuori dal lavoro non stavamo mai lontani e non passava giorno in cui ci ritrovassimo a casa mia… insomma, praticamente convivevamo e noi non ce ne eravamo resi conto!
Così, l’appartamento venne di nuovo affittato e lui si trasferì a Villa Swan, insieme a me e alla nonna.
La casa era grande, lo spazio non mancava e la nonna era stata più che contenta di sapere e accettare la novità. A lei non dispiaceva, anche perché adorava Edward e gli voleva un gran bene, quasi come se fosse stato suo nipote. E secondo me, sperava che accadesse qualcos’altro nelle nostre vite… ma questo non contava, perché era una cosa che continuava a dire da quando io e Edward ci eravamo messi insieme.
E adesso che viviamo insieme non riusciamo a vederci molto, per via di questo nuovo progetto in cui sto riversando anima e corpo. Edward mi capisce, sa che per me è importante e mi sostiene, ma anche se non me lo dice sento che a lui questa situazione comincia a pesare. Pesa anche a me, sul serio, ma che posso fare?
Ho promesso a me stessa che, non appena il ‘momento di massimo impegno lavorativo’ sarà finito, organizzerò una vacanza solo per me e per lui e ce ne andremo da qualche parte per un mese! O forse due… o magari tutta l’estate! La nostra sarà una fuga romantica, una di quelle dove nessuno potrà disturbarci e dove nessuno potrà rintracciarci. Lascerò il cellulare a casa, per farvi capire meglio le mie intenzioni, che sono parecchio serie.
Ma per adesso, non posso fare altro che aspettare che questo momento arrivi, e che Edward torni a Napa. È partito da solo pochi giorni e mi manca troppo, tantissimo… ma sapere che sarà presto di ritorno mi rincuora, e non vedo l’ora che succeda perché voglio farmi perdonare per tutto il tempo in cui siamo stati lontani.
 

***

 
«Queste sono le vendite previste per quest’estate! Il nuovo hotel ha avuto un buon avvio, provare per credere!» esclama Monique, entusiasta e soddisfatta per le cifre stampate sul foglio che sto studiando insieme a lei. E non posso fare a meno di approvarle, le sue parole: è fantastico!
«Non ci credo! Da quanto ha aperto, due mesi? È… è fenomenale!»
«Già, fenomenale è dire poco! E poi è tutta pubblicità per noi, diventeremo famosi!» continua, battendo le mani. «Tuo nonno sarebbe così orgoglioso di questo…»
Già, è vero: nonno Jack sarebbe fiero del successo che abbiamo ottenuto, e che stiamo continuando ad ottenere. Non posso fare a meno di chiedermi, a volte, se quello che sto facendo è giusto, e se il nonno avesse fatto le mie stesse e identiche scelte, se fosse stato ancora vivo.
Da quando è morto e da quando ho deciso di occuparmi dell’azienda queste domande erano presenti ogni ora del giorno nella mia testa, impaurita com’ero di combinare qualche macello… ma col passare del tempo ho acquistato la sicurezza e la forza necessaria e non avevo più paura di sbagliare, anche se un po’ di fifa a volte tornava a farmi visita. Come adesso, sento che sto facendo una cosa giusta e che non sto sbagliando, ma ho comunque il timore di star facendo qualcosa che il nonno non apprezzerebbe.
Sono sciocchezze, so che sarebbe fiero di me, così come lo sono la mia famiglia e i miei amici, ma scacciare questa insicurezza non è facile.
Anzi… è impossibile.
«Lo so… è anche per lui che lo facciamo, no? Stiamo continuando il lavoro che lui ha cominciato tanti anni fa.» ammetto alla fine, con un sorriso e una punta di nostalgia nella voce.
Sono passati quattro anni dalla morte del nonno, e non è passato giorno in cui non mi sia mancato. Mi manca tantissimo.
«Giusto! Hai ragione, Bella.» Monique mi fa l’occhiolino e si allontana da me per andare a rispondere al telefono, che ha iniziato a squillare. Io, invece, rimango appoggiata alla scrivania e continuo a fissare quei numeri, orgogliosa.
Gli affari stanno andando così bene che, molto probabilmente, posso prendermi le ferie anticipate senza troppi problemi. Le ultime casse da consegnare in hotel stanno per essere chiuse e spedite, e nell’attesa di un nuovo ordine posso sollazzarmi e rilassarmi come non faccio da un sacco di tempo.
Potrei già cominciare a pianificare la fuga romantica…
«Bella? C’è la signora Isabella al telefono!» mi dice Monique, distraendomi.
«Uh?» mugugno, girandomi verso di lei, per poi abbandonare i miei pensieri per raggiungerla. Allungo la mano per prendere la cornetta, che lei sta agitando divertita. Inarco le sopracciglia e continuo a guardarla mentre rispondo. «Dimmi, nonna.»
«Tesoro, puoi smetterla di lavorare almeno per una mezz’ora e venire su? Ci sono Alice e la piccolina qui!» mi dice bonariamente: dal tono della voce non sembrerebbe arrabbiata, ma so che pesa anche lei questo mio momento di lavoro matto senza freni. Secondo lei, per il troppo stress ho anche perso peso, cosa che non è affatto vera. Beh, forse un pochino, le ossa del bacino sono più sporgenti del solito… ma non è grave come dice lei: dopo che mi sarò ingozzata come un maiale tornerà tutto come prima.
«Davvero? Salgo subito allora! Cinque minuti, il tempo di arrivare…» prometto a nonna, e aggancio senza aggiungere altro. Con un sorriso enorme, che va da guancia a guancia, batto più volte le mani sul tavolo. «Monique, mi assento per il resto del pomeriggio! Pensa tu a tutto quanto.» le dico.
«Stai tranquilla! Ci vediamo domani!» mi saluta, ma io sono già arrivata all’uscita e la sento a stento, troppo presa a svignarmela per raggiungere casa mia.
Nel piazzale dell’azienda saluto Steve e Bill, due ragazzi che si occupano dei magazzini, e poi mi metto a correre per arrivare prima a casa: l’aria calda, afosa, mi colpisce in pieno e mi fa desiderare di raggiungere subito un posto fresco. Un motivo in più per muovermi e per raggiungere le altre.
Non vedo l’ora di salutare Alice e la mia piccola e adorabile nipotina! Non le vedo da tanto, forse dal compleanno di mia mamma… che è stato un mese e mezzo fa. Merda, mi sento una cogliona per aver fatto passare tutto questo tempo! Chissà quanto sarà cresciuta Lyla…
La piccola di casa è nata il giorno di Natale, e la sua nascita è stata un vero e proprio regalo: abbiamo trascorso la maggior parte della giornata in ospedale, visto che Alice aveva avuto le prime avvisaglie del parto a ora di pranzo, ma abbiamo dovuto aspettare parecchio prima che Lyla venisse al mondo.
Infatti, è arrivata pochi minuti prima della mezzanotte del 26 Dicembre e Jasper, mio fratello, è persino svenuto in sala parto non appena l’ha sentita piangere per la prima volta. È un papà eccezionale, e geloso marcio della sua principessina: ha già detto che i ragazzi verranno prima castrati da lui, e poi potranno uscire con Lyla.
Io gli ho detto che esagera, ma Edward mi ha bloccato dicendo che ha ragione e che castrarli è troppo poco. Ho come l’impressione che lui sarà più geloso di mio fratello, non appena avremo una figlia… e sempre se la avremo.
Salgo in fretta le scale che portano alla piscina e poi vado verso la grande portafinestra della sala, che è aperta nel disperato tentativo di smuovere un po’ l’aria. Una volta dentro vado dritta in cucina, dove so per certo che c’è la loro presenza… e infatti, eccole che parlano e che mangiano, allegre, sedute sugli sgabelli del bancone.
«Alice!» cinguetto, spalancando le braccia e fiondandomi su di lei per abbracciarla.
«Bella!» lei contraccambia subito il mio saluto, urlando più forte della sottoscritta: sarà pure diventata mamma, ma è sempre la solita. Urla come un ossessa e si fa riconoscere sempre da tutti… dopotutto, lei è la ‘pazza furiosa dell’agenzia di viaggi’, come molti hanno deciso di soprannominarla in città.
«Come stai, straniera? Dio santo, sei fradicia!» si scolla da me dopo che ha notato il bagno di sudore in cui sono immersa, con una smorfia divertita.
«Lo so, mi sono messa a correre prima!» rido, per poi spostare l’attenzione su mia nipote, che la nonna tiene in braccio. «Ah, ma chi è la mia nipotina preferita!? Chi è?» squittisco, rapendola senza nessuna esitazione. La nonna alza gli occhi al cielo prima di cedermela.
Sento Alice che sbuffa, alle mie spalle. «Prima o poi ti manderà a quel paese, Bella, lo sai?»
«Ma fino a quel momento posso dirle quello che voglio, e come voglio!» ribatto, e le lancio una rapida occhiata divertita prima di tornare a guardare in viso Lyla. «Ma quanto sei bella, piccina! E sei anche cresciuta, senti qua come pesi!» nel parlare uso una vocina nasale, da cartone animato; mi viene istintivo e non posso farci nulla, anche se so che come voce è orrenda e vergognosa.
Lyla mi guarda attentamente, con gli occhi azzurri puntati sul mio viso: ha le guanciotte così piene e carnose che passerei volentieri tutto il giorno a baciargliele e a mordergliele, per quanto sono carine. È tutta morbidosa, e ha tanti rotolini di ciccia sul corpo… una piccola cicciona, insomma, ed è bellissima. La più bella del mondo!
La bimba continua a guardarmi, poi apre la boccuccia e, contenta, si mette a urlare prima di ficcarsi il pugnetto in bocca e di cominciare a succhiarlo. In questo ha ripreso da sua madre: ha dei polmoni d’oro, e non perde tempo nel far sentire a tutti come è brava a urlare. Sarà tremenda quando comincerà a parlare, ne sono sicura.
Le bacio le guance, innamorata persa. «Eh, se potessi rubarti ai tuoi genitori…» scherzo, pizzicandole un braccino.
«Oppure potresti impegnarti e fare anche tu un bambino!» la nonna si intromette, divertita. «Sono dell’idea che tu e Edward state soltanto perdendo tempo, tesoro…» continua.
«Nonna, non hai tutti i torti! È da quando si sono messi insieme che non faccio che dirglielo.» Alice mi guarda con un sorriso da pazza furiosa, che mi fa rabbrividire. «E secondo me i loro bambini saranno stupendi!»
«Smettetela di progettare i miei bambini!» le rimprovero. «Non è ancora arrivato il momento, è troppo presto…»
«Se siete innamorati nulla è troppo presto. Sai quanto tempo è passato da quando ho conosciuto tuo nonno fino al giorno delle nostre nozze? Tre mesi! E neanche un anno dopo è nato tuo padre, tesoro…» la nonna sorride, con gli occhi brillanti, ricordandomi la storia che so a memoria e che assomiglia tanto a una fiaba. «Alcune volte aspettare è giusto, altre volte invece no, non ha senso. Ricordatelo bene.»
«Lo terrò a mente… ma sono comunque dell’idea che sia ancora presto. Magari l’anno prossimo… o tra due anni.» scrollo le spalle, poi comincio a fare le smorfie a Lyla, che non mi si fila per niente e continua a cucciarsi le dita.
«Mah, non ci credo…» fa Alice, perplessa.
«E invece credici!» esclamo, e Lyla mi fa da coro mettendosi a urlare. Merda, mi ha quasi rotto un timpano!
«Vedi? Anche lei dà ragione alla mamma! È vero, passerotta?» e le manda un bacio volante.
La nonna, che ci ha guardato sorridente restando in silenzio, si alza dallo sgabello e mi si avvicina. «Vi lascio un po’ da sole, ragazze… e mi porto via la mia bella bis-nipote! Andiamo a fare ‘caro caro’ a Principessa, eh? Ci andiamo?»
Lyla, dopo aver urlato di nuovo, viene presa in braccio dalla nonna e poi tutte e due vanno via, alla ricerca della gatta. Così, in cucina restiamo soltanto io e Alice, come ai vecchi tempi.
«Allora, straniera, raccontami un po’… come va il lavoro?» chiede, prendendo in mano un cucchiaino sporco di cioccolata.
«Alla grande! Va tutto così bene che mi sembra quasi un sogno, e non vorrei svegliarmi mai!» ridacchio, rubando il pezzo di dolce che le è avanzato e mangiandolo. «Ho deciso di staccare per un po’, però, e di fare una vacanza… insieme a Edward.» aggiungo.
Alle parole ‘vacanza’ e ‘Edward’, Alice scatta sull’attenti; le sue antennine da organizzatrice di viaggi hanno appena captato una notizia succulenta. «Uuuu, finalmente! Sono contenta! E durante la vacanza potete anche fare questo benedetto bambino!»
Sbuffo. «Niente bambini, Alice, insomma! Voglio solo passare un sacco di tempo indisturbata con il mio ragazzo, tutto qui… mi aiuti?» domando, anche se so già la sua risposta.
E infatti, questa non tarda a arrivare…
«Ma certo che ti aiuto, ci mancherebbe! Ti troverò il meglio del meglio, fidati! E… quando hai intenzione di partire? Lo chiedo a te perché sono sicura che Edward non ne sa nulla, immagino.»
«Infatti non sa niente, è una sorpresa! Lui torna tra qualche giorno, quindi pensavo… l’ultima settimana di giugno?»
Lei annuisce. «Perfetto! Domani vieni in agenzia, così cominciamo a trovare qualcosa…»
Ed ecco che il viaggio romantico comincia a prendere forma! Mamma mia, mi ricorda tanto il viaggio a sorpresa che volevo fare per andare a Chicago da Edward, e che poi è stato annullato perché lui aveva già cospirato insieme a Alice ed era venuto a Napa senza dirmi nulla…
Ma stavolta la sorpresa sarà solo mia, e nessuno me la rovinerà!
 

20/06/2012
 

Una delle cose che mi piace fare, adesso che sono in ferie, è starmene a poltrire la mattina presto e la maggior parte del giorno. Se qualche giorno fa battevo la nonna, alzandomi già alle cinque e mezza del mattino per scendere a lavoro, adesso sono decisamente l’ultima, quella che si alza dal letto a mattina inoltrata… e mi piace da morire.
Per quale motivo facevo quelle levatacce mattutine? È molto meglio restare a letto e godersi queste ore in più di riposo.
È quello che sto facendo adesso, me ne sto con gli occhi chiusi, stesa sul letto, e mi godo la piacevole aria fresca che entra dalla finestra; sono appena le nove del mattino, ecco perché l’aria è ancora sopportabile… ma tra un ora, se mi dice male, dovrò già andare sotto la doccia per trovare un po’ di refrigerio dal caldo.
Ma per adesso non mi preoccupo di questo, e continuo a godermi questo momento di pace assoluta. Si sta così bene, e sono così rilassata che mi addormento di nuovo. È la sensazione di qualcosa che cammina sulla mia guancia a svegliarmi, e a farmi pensare a una mosca dispettosa che non ha altro di meglio da fare che disturbarmi.
Ma da quando ho avuto l’incidente al campeggio, due anni fa, ho sviluppato una vera e propria fobia per qualsiasi cosa che vola e che pizzica, quindi nella mia testa mi vedo con un calabrone enorme che mi cammina sulla guancia e vado nel panico.
Se mi pizzica, sono morta!
«AAAH!» comincio a urlare e ad agitarmi, con il risultato che colpisco qualcosa di enorme con le mani, qualcosa che non può essere un insetto… bensì, una persona. E le imprecazioni che sento sono proprio quelle di una persona che conosco molto bene e che amo alla follia.
«Cristo santo, Bella!» questa è la cosa più dolce che mi ha rivolto, per adesso.
Mi metto a sedere in fretta, e scosto i capelli dal viso per vedere meglio Edward che, con le mani premute sulla faccia, si agita e si lamenta per il dolore. È una scena molto familiare, questa, ricordo del campeggio di due anni fa dove ci siamo incontrati, conosciuti, scontrati e innamorati…
«Tesoro, scusami!» mi sporgo verso di lui e gli appoggio una mano sulla schiena, mentre con l’altra gli accarezzo la fronte. «Credevo che fosse un insetto, scusa scusa!»
«C’è la zanzariera alla finestra!» mi fa notare, scostando poi le mani dal viso. Ha gli occhi lucidi, ma a parte questo e un lieve arrossamento su naso e guancia non ha nient’altro. «Prima o poi me lo romperai, il naso…» aggiunge borbottando.
«Non l’ho fatto apposta, scusami…» mi scuso di nuovo e lo abbraccio di slancio, premendo le labbra sulla sua spalla nuda; deve aver tolto la maglietta non appena è entrato in camera…
Un momento: quando è entrato in camera?
«Ma quando sei arrivato? Non ne sapevo niente…» mi scosto e lo guardo, sorpresa. Il giorno prima non mi ha detto che sarebbe tornato a casa oggi, anzi, ha detto che sarebbe tornato ‘presto’… mi ha fatto di nuovo una sorpresa.
Lui sorride, anche se il sorriso è un po’ distorto per via del dolore che gli ho provocato. «Un paio di ore fa, è venuta a prendermi tua nonna. Mi piace sorprenderti, stellina.»
«Sai che odio le sorprese, ma continui a farmele ugualmente…» scuoto la testa prima di abbracciarlo di nuovo. Stavolta, però, vengo ricambiata e in aggiunta ci scambiamo un bacio a fior di labbra.
Mi è mancato così tanto in questi ultimi giorni, così tanto… ho fatto proprio bene a organizzare la fuga romantica.
«Anch’io ho una sorpresa per te.» lo informo. Me ne sto accoccolata sulle sue gambe e gli accarezzo i capelli sulla nuca, dove sono più corti. È un suo punto erogeno, infatti ogni volta che compio questo gesto la sua pelle si ricopre di brividi.
«Davvero?» domanda.
Annuisco, contenta. «Il lavoro va bene, quindi ho deciso di prendermi una pausa e di organizzare una bella vacanza per noi due, per recuperare tutto il tempo che ho sottratto a noi due in questi giorni. Partiamo la settimana prossima per le Fiji, che ne pensi?»
Edward sgrana gli occhi, colpito. «Le Fiji? Dici sul serio?»
«Certo! Alice mi ha aiutata ad organizzare tutto… ce ne staremo in un isoletta privata per un mese e mezzo, e nessuno verrà a disturbarci! A parte i domestici che ci riforniranno la dispensa e sbrigheranno le faccende…»
«Hai pensato proprio a tutto! Non vedo l’ora di partire!» mi bacia, entusiasta del programmino che gli ho descritto.
«In parte è anche il regalo per il tuo compleanno…» mormoro sulle sue labbra, sorridendo. «Tanti auguri, amore!»
Edward resta per un po’ in silenzio, poi sorride di nuovo e mi bacia ancora, stringendomi forte a se. Questo è il suo modo di dirmi ‘grazie’.
Oggi, come forse avrete capito, il mio bel ragazzo compie ventotto anni. Sta pian piano abbandonando le vesti del bravo ragazzo e sta diventando un bell’uomo… un uomo con un po’ di ciccia sui fianchi, frutto dei manicaretti della nonna, a cui non sa dire mai di no.
Come io non so dire di no a lui, cosa che non so fare neanche adesso… e così, finiamo con il fare l’amore.
 

***

 
«Mi lasci andare? Voglio fare una doccia…» mi lamento, anche se non mi vorrei alzare tanto presto da quel letto, e non vorrei neanche allontanarmi da lui.
Edward, ridendo, mi stringe di nuovo a sé e mi bacia la gola prima di morderla. Le sue mani, birichine, mi accarezzano la schiena e i seni e sembra che non vogliano smettere di farlo molto presto. «È il mio compleanno, festeggiamo ancora un po’.» sussurra, soffiando sulla mia pelle.
«Festeggeremo stasera, dai! Ho caldo, ho bisogno di acqua fredda… e ho anche fame.» riesco a divincolarmi dal suo abbraccio e, ridendo, gli bacio le labbra. «Stasera mi farò perdonare, promesso.»
Sorride, carezzandomi il labbro inferiore con il pollice. «Se la metti così, allora… vado a prepararti la colazione. Tu vai a fare la doccia.» mi bacia ancora, e ancora, e ancora… fino a quando non ci diamo un taglio, perché altrimenti non combineremo più niente.
Mi concedo dieci minuti di tempo sotto la doccia, non di più, giusto quello che basta per togliere via il sudore accumulato durante il sonno e la ‘ginnastica mattutina’ fatta insieme a Edward. I capelli li lascio umidi, non me la sentirei mai di asciugarli col phon visto il caldo che c’è, e torno in camera da letto con addosso solo un asciugamano, che mi copre a malapena… ma tanto non c’è nulla che Edward non ha già visto e studiato centinaia di volte.
Edward è già in camera quando torno, e mi aspetta seduto sul letto con accanto il vassoio della colazione, pieno di cose. Arriccia le labbra e inarca le sopracciglia quando mi vede. «Hai intenzione di vestirti, vero? Perché se non lo fai potrei saltarti addosso!» esclama.
«Mi vesto, tranquillo!» lo rassicuro, e non posso fare a meno di ridere per la sua voglia senza fine di fare sesso… beh, anche io sono nella sua stessa situazione, ma non glielo faccio notare.
Mi so trattenere, io, a differenza sua.
Indosso velocemente le mutandine, un paio di shorts leggeri e una canottiera, e poi lo raggiungo sul letto. Mi siedo a gambe incrociate di fronte a lui e, dopo aver preso dal vassoio un muffin, lo bacio sulle labbra. «Grazie, amore.»
«Mi piace viziarti!» dice, e mentre do il primo morso al dolce mi porge una rosa; la riconosco, è una delle tante che abbiamo in giardino e che la nonna cura con devozione assoluta. Edward deve aver chiesto il permesso per raccoglierla, la nonna di solito è molto gelosa dei suoi fiori.
«Non ci credo! È il tuo compleanno e mi fai i regali! Dovresti essere tu a riceverli, non il contrario…» sorpresa, prendo la rosa dalle sue mani e la annuso, chiudendo gli occhi.
Mi piacciono le rose, è senza dubbio il mio fiore preferito.
«Accettandola mi fai un regalo, Bella.» mi sorride, ed io lo ricambio, non sapendo cosa dire.
Torno a mangiare il muffin e, nel frattempo, osservo la rosa. I petali color rubino sembrano vellutati e morbidi, e brillano anche… «Ehi, dove hai preso i brillantini?» chiedo, divertita.
«Quali brillantini?»
«Questi! Non fare il finto tonto, guarda…» mi sporgo verso di lui e, con le dita, allargo i petali per mostrargli meglio di cosa sto parlando, ma mi blocco prima che possa dire altro perché mi accorgo di essermi del tutto sbagliata.
Non sono brillantini quelli che luccicano all’interno della rosa, a dire la verità i brillanti ci sono eccome, ma… oddio, il più grande di questi è enorme, e ha tutta l’aria di essere molto prezioso.
Il muffin mi cade di mano, ed io rimango imbambolata come una fessa a guardare l’anello che, indisturbato, rimane fermo tra i petali della rosa. Con la bocca asciutta, e incapace di dire una parola di senso compiuto, alzo gli occhi per guardare Edward, che invece mi guarda divertito e orgoglioso.
In silenzio, si sporge per prendere l’anello dalla rosa e me lo mostra, tenendolo sulla punta delle dita: ha la montatura molto semplice, fina, di quello che mi sembra oro bianco, e c’è una pietra quadrata proprio al centro, circondata da una serie di brillanti più piccoli che luccicano al più piccolo movimento. È bellissimo, e sento che potrei scoppiare in lacrime da un momento all’altro…
Perché quello che vedo, può significare solo una cosa.
«Dalla faccia che hai capisco che ti ho sorpreso ancora una volta,» comincia a dire Edward, sorridendo, «e questa reazione era proprio quella che mi aspettato da te. Perché anche tu per me sei stata una sorpresa, Bella… una sorpresa arrivata all’improvviso e quando meno me l’aspettavo. Mi hai sorpreso ogni giorno, mano a mano che imparavo a conoscerti meglio, e mi sorprendi ancora adesso che sono passati due anni. Adesso stiamo insieme, e viviamo insieme, e sinceramente non vedo l’ora di sapere cosa farai in futuro per sorprendermi ancora…»
Sto piangendo, e quasi non me ne rendo conto se non fossero per le lacrime che mi offuscano la vista. Le scaccio con una mano, e Edward sceglie questo momento per prendere quella libera nella sua e per baciarla dolcemente.
«Ti amo, e so che ti amerò per il resto della mia vita… Isabella Marie Swan, vuoi sposarmi? Di di sì, e rendimi l’uomo più felice dell’intero universo. Di di sì, e fa che questo momento diventi il regalo di compleanno che mai dimenticherò.»
Non so dire di no a Edward, non lo so fare e non imparerò mai a farlo, neanche tra mille anni saprò farlo… quindi, secondo voi quale può essere la mia risposta alla sua domanda?
Sì, ovviamente.
«Sì… sì!» ho la voce roca, ma il ‘sì’ che esce dalle mie labbra è forte e chiaro. E la felicità e l’orgoglio che appaiono sul viso di Edward, sentendo la mia risposta, mi fanno piangere ancora di più.
Con le mani che tremano quasi allo stesso livello delle mie, Edward fa scivolare l’anello all’anulare e si china per baciarlo, per poi abbracciarmi e baciarmi sulle labbra con trasporto. Nel mentre io continuo a piangere, e credo che non riuscirei a fermarmi per nessuna ragione al mondo. Lo abbraccio, lo stringo, e piango.
«Ti amo così tanto…» riesco a dire tra un bacio e l’altro, a corto di aria e di voce per la forte emozione che provo.
«Idem… signora Cullen.» scherza lui. Comincia a ridere per quello che ha detto e la sua risata è così coinvolgente che mi ritrovo a ridere anche io, insieme a lui, e cadiamo sul letto rovesciando l’intero vassoio della colazione.
Ma le lenzuola sporche, il cibo rovesciato e tutto il resto del mondo possono aspettare… ma se ami con tutta te stessa una persona, e la vuoi al tuo fianco per il resto della vita, non puoi aspettare. È assurdo aspettare!

La nonna aveva proprio ragione…
   
 
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