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Autore: I m a witch    30/04/2013    1 recensioni
Molto tempo fa, dei e uomini convivevano pacificamente, gli uni beandosi della compagnia degli altri: gli uomini risplendendo alla luce divina, gli dei godendo delle loro lodi e della loro fedeltà. Improvvisamente, però, il male spezzò l'idillio... la terra era troppo corrotta per il sacro piede del divino; così gli dei tornarono nel loro mondo, lasciando gli uomini soli, senza luce, senza pace, ma con una speranza: sarebbero tornati un giorno, qualora li avessero reputati degni... a tal scopo, essi si sarebbero manifestati in forma umana, pronti a metterli severamente sotto esame.
***la mia PRIMA storia originale*** spero che vi piaccia ^.^
Genere: Fantasy, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il sole splendeva alto e luminoso nel cielo, riscaldando gentilmente l'allegra cittadina che circondava il castello come in un abbraccio materno. Valise passeggiava per le strade del mercato locale, rivolgendo a chiunque un caloroso sorriso.
-Buongiorno, signorina Valise!-
-Divina Valise, che piacere vederla!-
-Non è una bella giornata, nobile Valise?-
Lei rispondeva cordialmente ai saluti della gente, lieta che tutto fosse tranquillo e pacifico come sempre. La sua attenzione, però, venne richiamata da delle grida concitate.
-Al ladro! Al ladro!- urlava il proprietario di un banco di frutta. Subito le guardie si misero all'azione, riuscendo a catturare il colpevole e conducendolo nella bancarella, scaraventandolo a terra. Solo in quel momento Valise si rese conto che si trattava di una bambina di appena dieci anni.
-Brutta mocciosa, imparerai a non rubare quando ti verrà tagliata una mano!-
Valise era disgustata. Si recò subito verso di loro, fermando la mano della guardia che stava  per picchiare la bambina, a terra in lacrime.
-Non osare!- lo redarguì ferma.
La guardia, intimorita da quello sguardo, si fermò all'istante, abbassando lo sguardo.
-Nobile Valise, giunge a proposito... questa bambina è una delinquente! Ha rubato dal mio banco!- fece il mercante indignato. Valise guardò la bimba.
-E' vero?-
La bambina non sapeva cosa fare. Annuì e scoppio a piangere.
-Non l'ho fatto per male... avevo solo fame! Ecco... ecco, tieni- disse, porgendo due mele rosse. Il mercante la guardò tronfio.
-Vede, avevo ragione!-
Valise non poté più trattenersi.
-E voi stavate per picchiare una bambina solo per aver rubato due mele da mangiare?- lo guardò sdegnosa, sotto lo sguardo incredulo di tutti -Si dovrebbe vergognare! Dovreste essere più comprensivo verso il prossimo!- gli lanciò una moneta di bronzo -Per le mele- disse, andandosene. Prese la bambina sotto l'ala protettiva del suo mantello, portandola con sé. Era ancora scossa da forti singhiozzi, le sue spalle non facevano altro che sussultare.
-Dove abiti, piccola?-
-Da nessuna parte-
-Come da nessuna parte? Non hai una mamma?-
-No-
-Un papà?-
-No-
-Fratelli, sorelle... non hai nessuno?-
-No... anzi sì- fischiò a lungo, fino a quando un cagnolino non venne verso di loro. Era di taglia media e il colore del pelo era irriconoscibile a causa dello sporco.
-Lui è Milo, è il mio amico- fece la bimba accarezzandolo. Valise provò grande tenerezza.
-E tu come ti chiami?-
-Non so... forse 'mocciosa'- disse, riflettendo.
Valise non sapeva cosa dire. Possibile che quella bimba non avesse proprio nessuno? Come aveva fatto a sopravvivere fino a quel momento?
-No, questo nome non va bene; anzi, non è nemmeno un nome! Vediamo, penserò dopo a come chiamarti, intanto andiamo: ti porterò a palazzo con me, che dici?-
La bambina era felicissima.
-Sì!- poi però si rabbuiò -Potrà venire anche Milo, vero?
-Certo che sì- le sorrise -ma prima lo laveremo per bene...!-
Si mise a saltare felice, giocando con il cane.
-Hai sentito Milo? Ti laveranno e mi daranno pure un nome!-
Valise li guardò sorridendo, ma dentro il suo animo era profondamente turbato. Era incredibile di quanto a volte il mondo potesse essere tanto crudele.
 
 
***
 
Il Sommo Sacerdote studiò attentamente carte, segni e oracoli. Non vi era alcun dubbio: i tempi erano ormai vicini ed era sicuro che forze oscure si stessero già muovendo in azione. Di che tipo, non avrebbe saputo dirlo. Erano giorni che le spie a lui fedeli avevano individuato strane ombre aggirarsi nei pressi del palazzo. Non poteva più aspettare oltre: era necessario trovare i restanti semidei e le reincarnazioni divine; non potevano semplicemente aspettare inermi che essi si presentassero al suo cospetto, profezia o no. Cosa più importante, avrebbe dovuto far allontanare di nascosto Aika, Valise e Rigel dal palazzo. Era pronto a scommettere che quelle ombre erano lì per loro ed era meglio che, non appena fossero entrate in azione, non li avessero trovati lì nel palazzo.
Camminando avanti e indietro nella stanza, pensò su come risolvere entrambi i problemi.
Sarebbe stata una buona soluzione spedirli in giro per il mondo alla ricerca dei loro simili; ma come li avrebbero individuati?
Certo!
Serviva quel manufatto!
Seduto sulla poltrona dorata del proprio ufficio, rileggeva degli antichi testi che si era fatto portare appositamente per delle risposte. Era sicuro che in uno di essi vi fossero degli indizi che avrebbero potuto portarli al nascondiglio del manufatto. Tuttavia nessuno dei testi più antichi si rivelò particolarmente utile, si limitavano solo a descriverne l'aspetto e aneddoti ad esso legati. Non sapeva nemmeno in che condizioni fosse: e se fosse stato distrutto? No, nessuno aveva un potere tale da distruggere una forza divina tanto grande. Sospirò, assillato da dubbi di vario genere.
Ti troverai sulle spalle il peso di grandi difficoltà... esse ti peseranno nel cuore come macigni; difficilmente riuscirai a liberartene gli aveva detto il suo predecessore poco prima di morire. Aveva sempre ritenuto che quelle parole fossero un'esagerazione: invece la realtà gli si parava davanti con tutte le sue complessità, i suoi ostacoli, ed egli non poteva fare a meno che ricordare parole di tanta saggezza. Era come se quel vecchietto, fragile e moribondo, per un istante fosse riuscito a scorgere il suo futuro.
Non era mai stato facile gestire la vita a palazzo. Certo, non era né il primo Sommo Sacerdote né sarebbe stato l'ultimo. Ma un arduo compito gravava sulle sue spalle, una missione il cui fallimento avrebbe segnato la rovina della loro civiltà. Egli doveva educare e proteggere le reincarnazioni degli dei sulla terra e tutti i semidei. In quel momento a palazzo vi erano solo Valise, Aika e Rigel; era consapevole, tuttavia, che, in qualche parte del mondo là fuori, vi erano altri esseri simili a loro e il suo compito era trovarli. Normalmente il destino li avrebbe naturalmente condotti da lui, come successe con Valise e Aika vent'anni prima...
 
 
Era una notte di agosto, tuttavia imperversava una grande tempesta. Fulmini e lampi  a ritmi alterni, illuminando il cielo. Tuoni rimbombavano scuotendo mura e animi, facendo tremare persino le pietre. La pioggia iniziò a scendere dapprima delicata, quasi si vergognasse di apparire; poi, sempre più veloce e incessante, prendendo possesso della città, trasformando le strade di ciottoli in ruscelli di fango, trasportanti le sporcizie dei vicoli della città. Il nuovo Sommo Sacerdote lo prese come un presagio di cattivo auspicio. Per quella notte, sarebbe stato meglio restare in guardia.
-Sommo Sacerdote!-  lo chiamò un inserviente -Due neonate sono appena state abbandonate sulle scale del palazzo-
Il Sommo Sacerdote si girò, sconvolto.
-Siete riusciti a vedere chi è stato?-
-No, eccellenza. Era una persona incappucciata abbiamo provato a seguirla, ma si è come volatilizzata-
Il Sommo Sacerdote si girò verso la finestra, osservando attentamente la pioggia che continuava a cadere fitta. Era solo una coincidenza, quella, o era da interpretarsi come un cattivo presagio? Due bambine abbandonate alle porte del tempio, nel bel mezzo della notte durante un violento temporale estivo... un lampo illuminò il cielo e con esso anche la mente del Sommo Sacerdote. Ma certo! La leggenda parlava chiaro!
-Sua Eminenza, dove...?- cercò di fermarlo il servo, ma lui si era già catapultato verso la biblioteca principale del tempio. Doveva trovare quel volume.
"Vediamo, vediamo... dove potrebbe essere... ah, eccolo finalmente!"
Esultò, ritrovando il vecchio e malandato volume sotto una pila di tomi impolverati. Cominciò a sfogliarlo; subito la memoria lo portò ad un brano evidenziato da una croce d'inchiostro. La leggenda parlava proprio di una notte come quella e di due bambine... due gemelle...
"Due dee reincarnate, con animi diversi, agli antipodi, due facce della stessa medaglia... e, per questo stesso motivo le loro esistenze sono legate da un doppio filo indistruttibile. Quanto possono essere diverse la Pace e la Guerra? Eppure, se non ci fosse l'una, non esisterebbe nemmeno l'altra e gli umani continuano a cercare la pace con la guerra, la guerra con la pace."
Alzò gli occhi dal volume, tremando, Era così, allora? Finalmente due divinità si erano reincarnate e si erano presentate al suo tempio, come dicevano le più antiche profezie?
Corse a perdifiato verso il suo studio, ritrovando il servo che ciondolava davanti la porta, indeciso se andare o no.
-Somm...-
-Dove sono le bambine?-
-Sono state portate in una camera al piano superiore, in attesa di una balia-
-Conducimi da loro. Devo assolutamente vederle!-
Il servo, senza porsi troppe domande su quel comportamento insolito, condusse il Sommo Sacerdote dalle gemelle. egli entrò senza troppe cerimonie, trovando le neonate circondate da uno stuolo di serve.
-Via, via, fatemi passare!-
Le serve, al suo arrivo, si scostarono immediatamente, lasciando passare il Sommo Sacerdote il quale si mise ad osservare attentamente le bambine che gli stavano innanzi. Erano delle semplici bambine, non più grandi di una settimana, talmente piccole da stare comodamente in due dentro una cesta per frutta. Erano calme e silenziose, anche se non stavano dormendo: fissavano il Sommo Sacerdote con un'espressione vispa e sveglia, come se lo stessero studiando. Tuttavia non fu quell'espressione stranamente intelligente a colpirlo, ma i loro occhi: leggermente a mandorla, dorati. Gli occhi degli dei. Prima di allora non aveva mai avuto la fortuna di vederli, né aveva mai sperato di poterlo fare durante la sua vita. Conosceva a menadito le leggende sul loro pantheon; interessanti, indubbiamente, ma sempre e solo leggende. In fondo era divenuto Sommo Sacerdote non per vera e propria vocazione, ma per convenienza. E invece quel giorno tutte quelle leggende si stavano rivelando veritiere. Prese il cesto di scatto, con tale impeto da suscitare il pianto delle neonate. Corse a capofitto verso la biblioteca e vi si barricò dentro. Ignorando i vagiti delle gemelle, prese un volume antico quanto il tempio. Molto delicatamente, cominciò a consultarlo, rinfrescando la sua memoria...
 
"Ci fu un tempo, noto come età dell'oro, in cui dei e uomini camminavano fianco a fianco per terra e per cielo. Gli dei, infatti, erano talmente benevoli da aver costruito una scala in grado di condurre i mortali sino alle soglie delle loro sacre case. Tuttavia, nessun giorno dura in eterno e la sua luce, prima o poi, è destinata a lasciar posto all'oscurità. Gli uomini, nonostante fossero felici e non mancasse loro nulla, cominciarono a gareggiare fra loro contendendosi l'affetto degli dei, non comprendendo che l'amore dei Sacri nei loro confronti era identico. Nacquero gli omicidi; nacquero le guerre fratricide; nacque la morte, non la morte comune, ma una morte diversa, arbitraria, non voluta né decisa dal Divino Arhast, dio della morte.  Fu così che gli dei, sdegnati, risalirono sulle loro città dorate, distrussero quella scala dorata, rientrarono nelle loro case di bianco marmo lasciando soli gli uomini, lontani dalla loro luce, nell'oscurità più profonda. Ma proprio perché anche un notte, ad un certo punto, deve soccombere di fronte all'alba, diedero agli umani un'ultima opportunità, promettendo loro di ritornare sotto spoglie mortali. Avrebbero dunque osservato le loro azioni e, se lo avessero ritenuto opportuno, sarebbero ritornati ripristinando i tempi antichi; altrimenti avrebbero abbandonati per sempre gli uomini.
"Si racconta anche che fu proprio per questo che, prima del loro ritorno in cielo, unendo i loro poteri avrebbero conferito nuova sacralità alla loro dimora terrena, il Tempio, nominando tra i mortali più meritevoli il Sommo Sacerdote, con il compito di tramandare e diffondere la loro storia e, in caso, accudire ed allevare gli dei mortali."
 
 
Seguivano descrizioni su come riconoscere gli dei: dai loro tipici occhi gialli a mandorla e, soprattutto, attraverso un rito chiamato dei Lunghi Coltelli. Il Sommo Sacerdote guardò con nuova risolutezza le gemelle. Era il suo destino, il suo compito, e doveva assolverlo: doveva compiere quel rito.
 
 
I suoi pensieri vennero interrotti da un sommesso bussare alla sua porta.
-Avanti-
Subito fece capolino Il viso di Valise, circondato da una cascata di morbidi capelli castani. I suoi occhi... ancora lo colpivano per la loro stranezza e la loro magnificenza.
-Sommo Sacerdote, scusate il disturbo. Potrei parlare con voi solo per un momento?-
-Certamente, Valise- le sorrise -accomodati-
-Grazie- Valise prese posto sulla poltrona di broccato rosso di fronte a lui.
-Sono venuta qui per chiederle un favore. So che non dovrei avere l'ardire di farlo, dopotutto le dobbiamo molto, ci ha accolte e curate da quando eravamo in fasce...-
-Non ditelo neanche per scherzo, Divina Valise, sapete bene che era un mio preciso compito... non ho davvero fatto nulla di speciale-
-No davvero, Sommo Sacerdote, sono sicura che ci avrebbe offerto lo stesso trattamento, anche se ci fossimo rivelate semplici umane-
Il Sommo Sacerdote preferì sorvolare su quel particolare. In realtà, se fossero state semplici umane sarebbero morte. Preferì non informarla sul rito dei Lunghi Coltelli.
-Cosa volevate chiedermi, Valise?-
-Stamattina, durante la mia passeggiata in città, ho trovato un'orfana. E' malnutrita, sporca, senza casa e senza famiglia. Mi chiedevo se potremmo tenerla qui con noi al tempio... non darà fastidio a nessuno, lo prometto!- aggiunse, vedendo la faccia sempre più contrariata del Sommo Sacerdote.
-Valise... sei sempre così buona; ma con la tua bontà d'animo ci farai cadere in rovina! Ho già assunto non so più nemmeno quanti servitori superflui perché disoccupati... fino a quando si tratta di trovare un lavoro ben venga, ma una bambina è solo una bocca in più da sfamare!-
-Ma voi adottaste me e mia sorella quando eravamo in fasce... non eravamo forse "delle bocche in più da sfamare"?-
-E' diverso, lo sapete, era mio preciso compito prendermi cura di voi, appunto perché non siete semplici umane. Non penso che questa bambina abbia qualche dono o sia la reincarnazione di chissà quale divinità...-
-Ma ha comunque bisogno di cure! La prego, la scongiuro, glielo chiedo in ginocchio, è l'ultimo favore che le chiedo!-
Il Sommo Sacerdote sospirò. Non aveva mai saputo resistere a quelle moine e, finalmente, cedette.
-E va bene, va bene... ma ogni responsabilità al suo riguardo sarà vostra, che sia chiaro!-
-Certamente!- fece Valise raggiante. Si alzò di scatto dalla sedia -Grazie mille davvero!- fece per andare verso l'uscita a passo di gambero, continuando a inchinarsi. Si fermò di colpo, mordendosi l'angolo destro del labbro inferiore.
-Ehm... Sommo Sacerdote?-
-Mh?-
-Ecco... la bambina avrebbe anche un cane...-
Il Sommo Sacerdote impallidì.
-Piccolo o grande-
Valise alzò gli occhi al cielo.
-Beh, ecco, dipende dai punti di vista...-
-Va bene va bene e sia! Ora sparisci prima che cambi idea!-
Valise corse via saltellando mentre il Sommo Sacerdote scuoteva la testa, divertito, e tornò alle sue scartoffie.

  
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