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Autore: BloodGirl    01/05/2013    5 recensioni
Salve ragazzi/e!!
Qui è la vostra BloodGirl che vi parla!!
avete mai pensato che cosa accadrebbe se una ragazza entrasse a far parte dell'Inazuma Japan? No? Bene e allora questa è la fic che fa per voi!!
Coppia: Het(assolutamente) Sorprese: tante!!
Buona lettura!!!
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Dal testo
"- La palla non può farti del male…!- scherzo cercando di tirarla un po’ su con qualche risata ma ottengo la reazione opposta.
- E invece si! È colpa di un pallone da calcio che ho perso tutto!- mi urla in faccia in lacrime."
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PS: spero di avervi fatti incuriosire...recensite !!!!
PPS: ci sarà anche qualcuno che si credeva morto!!!
Genere: Avventura, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Nuovo personaggio, Shawn/Shirou, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2:  Nella Inazuma Japan!!
La mattina seguente mi alzo verso le sette(sono mattiniera) e , visto che la scuola è finita ieri, mi giro verso il letto di Cammy e rimango in silenzio. C’è solo un piccolo problema: lei non si trova nel suo letto.
Mi metto a sedere e guardo verso la porta del bagno per vedere se la luce è accesa: niente, tutto buio.
Mi alzo dal letto, indosso la benda e vado a   controllare se è sul balcone, visto che le piace, da quel che ho potuto capire ieri. Apro le portefinestre e, aspettandomi di vederla lì, mi spavento perché non c’è.
Così, apro il mio armadio e indosso la mia tuta preferita: una maglia bianca a con una sola manica dalla parte destra,  un paio di pantaloncini blu notte e scaldamuscoli azzurri. Mi infilo le all-star nere e esco dalla camera alla ricerca della mia amica. Scendo le scale e nella hall mi ritrovo Cammy, Sylvia, Nelly , Mark e il resto della squadra che l’anno precedente ha partecipato al  FFI. Mi guardo l’orologio al polso e noto che, per prepararmi, ci ho messo mezz’ora e che alle 7:30 dovevo essere qui(così mi ha detto l’allenatrice ieri).
-Aida, che ci fai qui?- mi domanda Mark. Non rispondo, limitandomi a guardarmi in giro.
-E’ ancora presto!- fece Cammy. Proprio lei dice questo, che se ne è andata via stamattina presto senza dirmi niente.
-Stavo venendo a cercarti! Ma a quanto pare ti ho trovato, prima dell’appuntamento con l’allenatrice di pallavolo!-
-Scusa che appuntamento?- mi chiede Nelly.
-L’allenatrice mi ha detto di venire qui alle sette e mezza, ieri! Ma non so per quale motivo!-
-Mister è lei il nuovo giocatore che stiamo aspettando?- chiese pensieroso Jude.
Il mister, un uomo abbastanza alto con un ciuffo viola che gli ricade sopra ad un occhio, annuisce. Mi si gela il sangue: sono molto confusa e non riesco a capire cosa dovrei fare ( se devo fare qualcosa).
-Io?! Ma io non gioco a calcio!- controbatto cercando di non dare a vedere che sono molto imbarazzata e triste, a tal punto che quasi mi vengono le lacrime agli occhi.
-Giocavi!- a rispondere è stato il preside con in mano la mia iscrizione( quel brutto bastardo). Abbasso lo sguardo e vedo un’ombra venirmi davanti
-So che per te è doloroso ma sei stata scelta come membro dell’Inazuma Japan che parteciperà quest’anno alla seconda edizione del  FFI. Accetti di farne parte?-
Non so cosa rispondere: da un lato mi piacerebbe moltissimo entrare a far parte di una tra le più forti squadre del mondo, dall’altro non voglio perché odio il calcio da quel giorno…
*FLASHBACK*
“Stiamo tornando a casa dopo una partita di calcio, che abbiamo vinto per merito mio, grazie al mio ultimo e strepitoso tiro. In macchina mia sorella sta discutendo con i miei genitori di quanto sia stata brava la sottoscritta. Mia sorella Jennifer, che a volte è insopportabile, ha quattordici anni e gioca a pallavolo ma le piacerebbe giocare a calcio. Per stuzzicarla le dico:
-Visto che mi fai tanti complimenti, ti posso insegnare io a giocare a calcio!!-
Tutti in macchina ci mettiamo a ridere finché papà vede qualcuno in mezzo alla strada. Inizia a suonare il clacson ma il tizio non si sposta. Quest’ultimo tira fuori un pallone da calcio e lo calcia violentemente contro di noi. All’impatto il vetro anteriore si rompe in mille pezzi e papà vira bruscamente dirigendosi verso il burrone. Urlo spaventata mentre mia mamma e mia sorella con un veloce e abile gesto, mi scaraventano fuori dall’auto. Rotolo sul freddo asfalto. Sono piena di graffi e lividi. Mi rialzo e vedo, con gli occhi spalancati e impauriti, la macchina precipitare.
-Nooooooooooo!!!!!!!-urlo con tutto il fiato che ho in corpo. Un attimo dopo sento un botto e un fingo di fumo e fuoco mi appare davanti agli occhi. Corro verso il bordo del burrone e, in fondo tra fuoco e fiamme, vedo i cadaveri della mia famiglia. Inizio a piangere tenendo lo sguardo fisso su quell’orrore. Come per magia, appare accanto a me un’ombra. Alzo lo sguardo e noto che è il tizio in mezzo alla strada e che ha calciato il pallone che ora teneva sotto braccio. Un ragazzo che non sembra provenire da questo mondo: ha capelli verdi-viola e gli occhi dello stesso colore, pieni di orgoglio.
-Non è un bello spettacolo vero?!- mi sussurra con il sorriso sulle labbra. Sono spaventata, impaurita e arrabbiata. Voglio saltargli al collo e strozzarlo ma non posso: sono paralizzata dall’orrore a cui ho appena assistito. Senza dire una parola, estrae dalla tasca dei pantaloni una boccetta di vetro contenente uno strano liquido azzurrastro. Si allontana per un paio di metri e mi lancia addosso quel liquido. Per proteggermi il viso, mi copro con il braccio destro.  Il tempo rallenta. Vedo la sostanza cadere sul mio braccio e qualcosa si avvicina al mio occhio. Sento quest’ultimo congelarsi dall’interno. Faccio per eliminare quel bruciore freddo ma la sostanza è già penetrata. Guardo il braccio con l’altro occhio e noto che si sono formate delle striature azzurre su di esso, che formano uno strano disegno: una rosa-macchia con delle protuberanze che sembrano formare un rogo di spine. L’occhi mi brucia a freddo, come se qualcuno mi avesse scambiato il bulbo oculare con un cubetto di ghiaccio. Inizia a lacrimarmi e cerco di riscaldarlo con il calore delle mani ma sento che qualcosa sta cambiando al suo interno.
-Grazie alla quantità di azoto liquido che ti ho iniettato, ti ritroverò e farai la stessa fine dei tuoi genitori!!-
Sparisce come se non fosse mai stato lì. Da un pezzo di vetro rotto per terra guardo se il mio occhio è grave: appena tolgo la mano, vedo un iride, non grigia come l’altra, ma verde smeraldo.  Sento un dolore atroce venirmi dal petto, dal cuore. Il mio battito rallenta e cado a terra come addormentata.”
*FINE FLASHBACK*
Mi sento gli occhi umidi. Caccio le lacrime indietro e annuisco alzando lo sguardo.
-Bene. Sono molto felice che hai accettato. Sono mister Trevis, il padre di Cammy e ti presento i tuoi compagni di squadra! –
-Questa è per te, Aida! –
Sylvia mi passa un borsone, lo apro e all’interno scopro la mia nuova divisa. Quasi piango dall’emozione e dalla gioia.
-Vai a mettertela e poi vieni qui, che partiamo!- dice Mr. Trevis. Senza dire niente mi precipito ad indossarla.
 
Dopo che è sparita su per le scale, Jude incrocia le braccia e dice con aria pessimista:
-Secondo me,  Mister , ha fatto la scelta sbagliata!-
-Spiegati meglio Sharp!-
-Insomma, non credo che una ex giocatrice ci possa aiutare a vincere anche quest’anno  il titolo dei più forti del mondo!-
-La penso esattamente nello stesso modo!- fa David. Per me invece, non mi crea problemi se entra un’altra giocatrice. E credo che anche altri, e non solo io, la pensano come me.
-Ragazzi, non mi sembra il modo di accogliere una nostra nuova compagna!- esclama Mark
-Approvo!- dico io ma mi sento le guance calde, molto calde. Mr. Trevis fa spallucce e si dirige verso l’esterno. Appena fu fuori Hurley mi viene accanto e, dandomi una gomitata, mi dice:
-Ehi, non è che ti sei preso una bella cotta per quell’albina?-
-No, assolutamente no! Che cosa te lo fa pensare?-
-Sei diventato tutto rosso!-
-Ma se ci ho mai parlato!- rispondo mettendomi sulla difensiva.
-Allora lo ammetti che ti piace?!-
-Non è vero!-
Mentre litigo con Hurley, Aida ritorna con la divisa dell’Inazuma Japan indosso. Deglutisco violentemente, sentendomi ancora le guance andare a fuoco. È bellissima: l’uniforme le sta a pennello, il blu cobalto crea un gioco di colori con la sua pelle candida e i suoi capelli argentei i quali le ricadono su una spalla mettendo ancora più in evidenza il contrasto.  
Usciamo, tutti insieme, all’esterno e con il pullman ci dirigiamo all’aeroporto. Durante tutte e due le parti del viaggio cerco di restarle il più vicino possibile, senza farmi notare. Non so perché, ma in qualche modo sono attratto da lei e la sua compagnia mi fa stare bene.
Quest’anno, per le squadre di calcio under 17, il torneo, si svolge in un arcipelago di cui non ho ben compreso il nome quando il mister ce l’ha riferito. Mi ricordo soltanto che vi è un’isola molto piccola per ogni squadra partecipante che riproduce alla perfezione gli ambienti del luogo d’origine.
Non sappiamo ancora quali Paesi parteciperanno, ma sappiamo per certo che tra quelli ci saremo noi. Finalmente dopo due ore di viaggio (che per Hurley sono durate all’infinito, perché non gli piace volare) atterriamo nell’isola principale, quella di benvenuto.
Il posto è grandissimo e ben organizzato, ma non lo guardo molto perché mi soffermo a guardare Aida, che sembra molto meravigliata.
Prendiamo un traghetto che ci porta fino alla nostra meta finale: una palazzina accanto a un campo da calcio e a soli 500 metri dal mare. Appena siamo nella hall ci dice:
-Ora vi assegnerò le camere. Saranno multiple. Iniziamo: nella camera 112 ci saranno Mark Evans, Nathan Swift e Axel Blaze; nella 204 Hurley Kane e Darren Lachance; nella 138 Xavier Foster e Jordan Greenway; nella 77  Archer Hawkins e Austin Hobbes;  nella 199 Shawn Frost e Aida Hunt…-
Non riesco più a seguire perché non riesco a crederci che sarò in camera proprio con lei, è quasi un sogno che si realizza.
Finita la distribuzione delle stanze ognuno si dirige verso la sua. La nostra si trova al terzo piano (per ognuno di questi vi sono solo due o tre stanze) come quella di Hurley e Darren. Aida apre, con le chiavi, che lei stessa si è preoccupata di ritirare dal mister, la porta della nostra stanza. È enorme: opposta alla porta vi è una porta finestra che da su un piccolo balcone; agli angoli di questa vi sono due enormi armadi ad angolo color betulla ambrato; ai lati della stanza si trovano due letti a una piazza e mezza e al centro della stanza un tappeto a forma di pallone da calcio.
Entriamo. Aida prende il letto sinistro mentre io quello destro. Iniziamo a disfare i bagagli. La continuo a guardare mentre con gesti delicati ripone i suoi indumenti nell’armadio. Quando finalmente finisco mi butto sul letto.
-Non sarai già stanco?- mi chiede con un tono molto scherzoso ma al tempo stesso dolce.
-Stavo solo testando il letto, per vedere se è comodo!- le rispondo mentre mi metto a sedere. Subito scoppiamo in una fragorosa risata ma rimango incantato dalla sua: è limpida e cristallina, come una sirena che nuota nell’acqua dell’oceano; sembra quasi una dolce melodia di un violino.
Il mister ci diede la giornata libera e io ne approfitto per fare il giro dell’isola. Prima di uscire dalla stanza chiesi ad Aida se voleva ispezionare l’isola con ma rifiutò. ci rimasi un po’ male ma non perché mi piace solo che volevo passare del tempo con lei per conoscerla meglio. Mentre esco vedo Mark e Hurley seguirmi a ruota. Quest’ultimo tiene sotto braccio una tavola da surf (ma dove l’aveva nascosta?) mentre l’altro con un pallone in mano e vestito di tutto punto da portiere.
-Ciao Shawn!- mi saluta Hurley. Ricambio con un gesto della mano.
-Dove vai di bello?- mi chiede curioso Mark.
-Perlustro l’isola-
-Ti va di venire con noi in spiaggia?- domanda Hurley. Non è una cattiva in fondo, sempre meglio che andare a zonzo senza una metà. Annuisco e ci dirigiamo tutte e tre verso la spiaggia.
 
Quando il mio compagno di stanza esce, prendo la custodia nera del mio violino(un regalo dei miei genitori per il mio ultimo compleanno passato con loro): quest’ultimo è bianco, come anche l’archetto, con una piccola decorazione floreale argentea.        
Lo posiziono sulla spalla e inizio a suonarlo nel buio più completo della stanza. Mi rilasso totalmente e per alcuni instanti mi sento come se fossi sola al mondo, senza nessuna preoccupazione. Niente calcio, nessun impegno, nessuna responsabilità.
Dopo che ho suonato una dolce melodia che mi ha insegnato mia madre quando era ancora in vita, mi asciugo le lacrime(cosa che mi capita spesso quando suono questa melodia) e, dopo aver riposto nella custodia il violino e quest’ultima sotto il letto, esco dalla stanza e mi dirigo verso la spiaggia che ho notato mentre attraversavamo il breve tratto di mare che divide l’isola giapponese da quella “di benvenuto”.
Percorro un breve tratto di strada cercando di catturare con lo sguardo ogni singolo particolare del paesaggio che costeggio. Appena sul ciglio della spiaggia, dopo aver attraversato un breve percorso di bosco, noto, con mia grande sorpresa che c’è già qualcuno che ha avuto la mia stessa idea.
In mare vedo quel ragazzo con i capelli rosa e gli occhiali da surfista fare surf. Sulla spiaggia invece vi sono Mark e Shawn che stanno giocando con uno pneumatico: il primo lo para con le mani e poi lo rilancia, mentre il secondo lo colpisce con un calcio e lo rilancia(devo dire che ha un colpo molto potente) e si ripete la sequenza. Sono appoggiata ad un albero, lo guardo e decido di salirci sopra. Con molta facilità mi siedo su un ramo abbastanza alto e, stando ben salda, guardo il paesaggio marino e, soprattutto l’albino dal tiro molto potente. Lo trovo carino, anzi bello. Ma Aida, che cosa ti passa per la testa?!
Non hai mai pensato una cosa come questa riferita ad un ragazzo.
Mentre sono assorta nei miei pensieri, non mi accorgo che l’interessato di quest’ultimi si sta avvicinando. Ritorno alla realtà quando mi dice:
-Ciao Aida!! Che fai lassù?!-
Con aria spaesata cado dalle nuvole, nel vero senso dell’espressione: il ramo su cui sono seduta, improvvisamente, si rompe e io finisco nelle braccia di Shawn. Che vergogna!!
-Ti sei fatta male?- mi chiede nel tono più gentile che io abbia mai sentito. Faccio no con la testa e per sbaglio lo guardo negli occhi.
Sento le guance, come il resto della faccia, andare a fuoco. Ma vedo, guardando il mio principe azzurro(?) che anche lui è parecchio rosso. Il più velocemente possibile scendo dalle sue delicate braccia e fingo di ripulirmi gli abiti, con lo sguardo più basso possibile. Interrompo il silenzio cimiteriale che si è fatto sentire, dicendo:
-Cosa stavate facendo tu e Mark?-
-Stavamo facendo il suo allenamento speciale…vuoi unirti a noi?-  domanda come se non fosse successo niente. Annuisco e mi dirigo verso la palma a cui è appeso lo pneumatico , con l’albino che cammina al mio fianco. Per il resto della giornata ci allenammo in quello strano modo però invece che fermare la ruota con un calcio riuscivo a fermarla solo con una mano.  Giuro che dopo quell’episodio sono ritornata più o meno normale.
   
 
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