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Autore: WinterRose    01/05/2013    3 recensioni
Eric, ragazzo apparentemente privo di qualità eccetto che per un corpo da urlo, e Kathrine, ragazza studiosa, matura e responsabile, si conoscono praticamente da sempre; peccato che non si sopportino a vicenda e che i rispettivi genitori vogliano che i due ragazzi si sposino. Ma le cose possono sempre cambiare giusto? Umorismo, ironia, gelosia e tanto, tanto amore.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ragazze, eccoci all'ultimo capitolo!
Lo so la storia non è stata poi così lunga, ma l'avevo pensata così e modificarla penso che avrebbe peggiorato le cose. Comunque per farvi contente ho scritto un epilogo, che costituirebbe la conclusione vera e propria della storia. Lo posterò ma non subito credo :) Quindi ringrazio ancora una volta coloro che hanno commentato o hanno messo la mia storia tra le preferite e vi lascio alla lettura.

Un bacio a tutte

WinterRose <3

p.s. Dato che è l'ultimo capitolo, mi fate un regalino e commentate in tante? Vi pregoooo (occhioni dolci e imploranti)





Il tassello mancante

 

 

 

 

You won’t find him drinking at the tables
Rolling dice and staying out until three
You won’t ever find him being unfaithful
You will find him, you’ll find him next to me

You won’t find him trying to chase the devil
For money, fame, for power, out of grief
You won’t ever find him where the rest go
You will find him, you’ll find him next to me

 

When the skies are grey and all the doors are closing
And the rising pressure makes it hard to breathe
Well, all I need is a hand to stop the tears from falling
I will find him, will find him next to me”

(Next to me, Emeli Sandè)

 

 

 

 

Prima di scendere le scale Kathrine indugiò ancora qualche minuto sulla propria immagine riflessa allo specchio. Il vestito lungo e nero a sirena era un regalo di sua nonna Elizabeth: senza spalline, il corpetto stretto le fasciava il corpo fino ai fianchi per poi seguire in modo più morbido le linee delle gambe e allargarsi infine all'altezza delle caviglie. Una collana di perle e dei guanti lunghi, sempre neri, come accessori. I capelli -resi più mossi del solito da bigodini che aveva portato tutto il giorno- li aveva preferiti tenere su, in una acconciatura che lasciasse scoperte le spalle e il collo. Trucco leggero, forse un po' più marcato sugli occhi ma nel complesso armonioso e non esagerato. Si disse che era perfetta per un addio: elegante, bella, ma non centrale. La stella splendente quella serata doveva essere Jane ed era giusto che fosse così.

Dopotutto è il suo fidanzamento, non il tuo, le suggerì una vocina nella testa.

Con un sospiro si avviò giù per le scale, attenta a non cadere e rovinare quello che sarebbe dovuto essere l'episodio finale di tutti quegli anni di gioventù.

 

 

 

Arrivarono tardi al ricevimento. Erano rimasti bloccati nel traffico per una ventina di minuti e non erano riusciti a trovare il luogo dove si sarebbe tenuto l'evento al primo colpo, sbagliando più di una volta strada.

Una volta davanti all'ingresso, aveva lasciato entrare per primi i suoi genitori. Prese un profondo respiro prima di attraversare la soglia.

Entrò.

Subito un guardarobiere le prese la pochette e la stola nera che teneva intorno alle spalle.

La sala era in stile classico, grandi lampadari in cristallo pendevano dal soffitto illuminandola per intero. I colori prevalenti erano l'avorio, il beige e l'oro, ovviamente. Su un piedistallo a parte sedevano alcuni musicisti in smoking che stavano accordando gli strumenti in vista delle danze: tre violini, due viole, due violoncelli, un contrabbasso e un pianoforte. Dell'aria fresca proveniva da un enorme terrazzo che si affacciava su un giardino sul retro.

Si concentrò sugli invitati: a occhio e croce Kathrine pensò che vi fossero almeno qualche centinaia di persone, tutte appartenenti alla creme della creme, all'elite di tutta la popolazione nord orientale americana.

Cercò con lo sguardo Eric. Non ci mise molto a trovarlo.

Era al centro della sala, circondato da alcune giovani donne. Porgeva il braccio a una ragazza che Kathrine si rifiutò di guardare: sapeva già di chi si trattasse. Lo sguardo di Eric, però, aveva oltrepassato la corte di tutte quelle belle donne e si era soffermato su di lei, da chissà quanto tempo.

Quando Kathrine incrociò il suo sguardo ebbe un impercettibile sussulto: sembrò che tutto intorno a loro si fosse fermato per un istante, che per un momento fossero esistiti solo loro, lui in smoking nero, perfetto come sempre, con i suoi occhi argentei che le perforavano l'anima, e lei come una gazza ferita che però ancora non riesce a rinunciare alla tentazione della lucentezza e splendore delle pietre preziose. Dopo qualche tempo -secondi, minuti forse?- lui le accennò un breve inchino ma lei non ricambiò il saluto: si diresse a passo spedito verso il banco su cui servivano le bevande:

<< Un analcolico, per favore >> disse concentrandosi sulle pieghe dei suoi guanti di seta.

<< Ne è sicura? >> le chiese il cameriere.

Kathrine alzò lo sguardo verso il giovanotto che le poneva la domanda.

<< Si, perché? >>

Aveva forse detto qualcosa di ambiguo? Compromettente? Un gioco di parole forse?

Il cameriere scosse la testa limitandosi a versare in un bicchiere di cristallo un liquido giallognolo. Glielo porse:

<< Sembrerebbe, dalla sua faccia, che un po' di alcool, signorina, non le farebbe che bene >> sussurrò ammiccandole.

Kathrine impallidì ancora di più portandosi una mano sul viso. Si allontanò dal banco con il bicchiere in mano, senza alcuna intenzione di berne il contenuto. Cercò allora di raggiungere i suoi genitori ma all'improvviso i musicisti smisero di accordare gli strumenti.

L'ora delle danze era scoccata.

Automaticamente gli invitati si disposero in cerchio, lasciando che il centro della sala fosse libero. Uno, due secondi di silenzio. Poi dalla folla emersero i due fidanzati, come una coppia di colombe. In quel momento Kathrine volse l'attenzione a lei per la prima volta in quella serata. Sapeva che farlo le avrebbe dato il colpo finale, ma in quel momento non poteva fare diversamente. Un vestito verde come i suoi occhi, stretto all'altezza del busto che poi scendeva morbido, allargandosi verso le gambe; all'altezza dei fianchi un fascia dorata che continuava incrociandosi sul petto. Una collana d'oro e di smeraldi, come i suoi occhi.

Kathrine al suo posto non avrebbe fatto la stessa figura. Con un vestito nero, nero come i suoi occhi, sarebbe stata banale, non avrebbe catturato l'attenzione di nessuno.

Dopotutto è il suo fidanzamento, non il tuo.

Le prime note dei violini vibrarono nell'aria addolcendosi con l'entrata delle viole.
Eric fece un inchino per poi posare dolcemente la mano destra sul fianco di Jane. Quella stessa mano che si era soffermata leggera come una piuma sulla sua fronte, quella stessa mano che l'aveva afferrata quando lei se ne stava per andare lasciandolo da solo in un pomeriggio piovoso, quella mano che si era posata sul suo di fianco.

E poi iniziarono a ballare leggeri, l'uno vicino all'altra come due foglie che volteggiano nell'aria disegnando cerchi concentrici, ora incrociando ora allontanando le proprie orbite ma come se fossero sempre legate da un filo invisibile che non permetteva loro di non allontanarsi mai troppo l'uno dall'altra.

Gli occhi di Kathrine iniziarono ad addensarsi di lacrime. Si disse di aver visto abbastanza.

Cercò di allontanarsi da lì il prima possibile, prima che le lacrime iniziassero a sgorgare e a rivelare la sua debolezza. Si fece spazio tra la folla, tentando di non attirare troppo l'attenzione. Ma che stava dicendo? Lei non avrebbe mai attirato l'attenzione se nella stessa sala c'era l'altra. Tutti ipnotizzati dai loro movimenti, di Eric e di Jane, nessuno che si accorgeva di quanto Kathrine si stese facendo largo spintonando gli invitati e di quanto soffrisse.

Quando fu libera e potette respirare profondamente, si guardò intorno alla ricerca di un riparo. Il terrazzo.

Mentre vi si dirigeva a passi veloci si ricordò del bicchiere che portava in mano. Alcool.

Dicevano che tirasse sul il morale e facesse sentire bene e lei aveva il morale a terra e non si sentiva uno schifo. Guardò decisa il contenuto del bicchiere per qualche secondo per poi ingoiare un'abbondante sorsata di quella sostanza misteriosa. Ma si pentì subito di averlo fatto. Il sapore intenso dell'alcool le invase la bocca per poi scendere come una cascata di fuoco giù per la gola, incendiandole tutto il corpo. Si sentì andare in fiamme.

Ma cosa le aveva dato quel cameriere?

In breve uscì all'aria aperta. L'aria fresca sulla pelle le concesse qualche attimo di sollievo: abbandonò il bicchiere sul parapetto del terrazzo appoggiandosi ad esso e rivolgendo lo sguardo alla fontana in pietra che dominava il giardino sottostante.

Adesso, almeno, aveva una scusa per essere uscita fuori: non si era sentita bene.

Suo padre, con il quale tuttavia non parlava moltissimo, le aveva sempre detto di cercare il lato positivo in ogni situazione. Si chiese in quella situazione, con Eric che teneva fra le braccia un'altra, quale fosse il lato positivo. Magari stare con lui, a lungo andare, l'avrebbe fatta sentire peggio. Magari il destino stava cercando di regalarle un futuro migliore. Non lo sapeva. L'unica cosa di cui era certa e partecipe in quel momento era che faceva troppo male e che non c'erano anestetici da prendere. Doveva sopportarlo e basta. Ma quanto sarebbe durato? Una settimana, un mese, un anno?

Chissà se Jessica l'aveva previsto tutto questo, lei che era quella da “te l'avevo detto”. Non ci aveva parlato da quel famoso pomeriggio e aveva rifiutato tutte le chiamate che le aveva mandato in quei giorni: non aveva voglia di sentirsi dire come si sarebbe dovuta comportare e di come le cose sarebbero potute andare diversamente, perché sottolineava il fatto che, anche se in minor parte, era anche colpa sua e che un suo comportamento diverso avrebbe potuto cambiare le cose. Ma ormai ciò che era stato fatto era stato fatto e non si poteva tornare indietro:

<< Sai Bennet, ti preferivo con i capelli naturali >> una voce conosciuta le arrivò da dietro le spalle << lisci, intendo >>.

Si girò lentamente, pronta ad affrontare il nemico che si trovava a qualche metro da lei. Che ci faceva lui, lì? Non gli bastava la vincita che si era presa su di lei, non gli bastava averla fatta soffrire per giorni e procurargli quelle ferite, ma doveva anche assistere alla sua disfatta definitiva?:

<< Non li ho fatti così certamente per te >>

Eric ridacchiò:

<< Che c'è, siamo di cattivo umore? >>

Ecco, ora si prendeva anche gioco di lei. No, non l'avrebbe tollerato:

<< Eric cosa vuoi? >>

<< Oh niente, sai com'è, è la mia festa di fidanzamento e non mi hai fatto nemmeno gli auguri >> disse rivolgendole un sorriso sardonico.

Le ferite di qualche giorno prima iniziarono a bruciare sempre più forte, riaprendo e stuzzicando lo squarcio nel petto che sembrava essere migliorato, anche se di poco, nei giorni precedenti:

<< Auguri >> rispose fredda celando il fuoco che le divampava dentro.

<< Un po' più di brio e sarebbe potuto sembrare credibile >>

<< Eric, vattene. Non mi sento bene >>

<< Oh, allora aspetta vado a chiamare qualcuno che ti misuri la pressione >>

Fece segno di tornare indietro:

<< Eric >> l'ammonì Kathrine.

<< Non fare la stupida, se ti senti male hai bisogno di un medico >> disse ironico mentre faceva per tornare dentro. La ragazza perse la pazienza:

<< Ma perché fai così? Perché fai finta di non capire? >> il ragazzo si fermò e tornò sui suoi passi <>

Kathrine capì che aveva rotto il ghiaccio dell'indifferenza di Eric quando lui le si avvicinò a grandi falcate, arrivandole così vicino da oscurarle la vista con tutto il suo corpo:

<< No, non mi basta >>

Quelle parole sussurrate riaccesero in lei la speranza che iniziò a divampare come un fuoco: non un fuoco di imbarazzo, dolore e sofferenza, no. Un fuoco che risana, purifica, un fuoco che non brucia.

Si piegò verso di lei lentamente, non lasciando la presa sui suoi occhi un momento solo. Quegli occhi grigi che bruciavano nei suoi, che la stavano rassicurando nello stesso momento in cui la consumavano.

Ma il ricordo di un altro paio di occhi, un paio di occhi verdi, le rammentarono che lui non era suo, che quell'attimo di beatitudine sarebbe presto svanito, lasciando posto alla disperazione. Era giusto comprare qualche secondo di felicità per un'altra pugnalata al cuore? Cercò di spingerlo via, interrompendo il contatto visivo con gli occhi sleali e ingannatori di lui:

<< Eric, no, non possiamo. Tu sei fidanzato, io... >>

Non riuscirei a sopportarlo.

<< Kathrine, >> quella parolina magica ebbe il potere di aprirle nuovamente gli occhi << sta' zitta >>

La ragazza si arrese con un sospiro mentre una mani del giovane le sfiorò il viso, l'altra le cinse con fermezza la vita e le labbra di Eric si posarono dolcemente sulle sue.

Kathrine non sapeva come sarebbero andate le cose a quel punto, anzi era talmente confusa da non capire cosa fosse successo e perché fosse successo. Non sapeva se Eric si fosse ricreduto e volesse veramente stare con lei, o se voleva semplicemente portare a termine quello che aveva cominciato quella domenica pomeriggio scomparendo definitamente dalla sua vita, o forse lei stessa si sarebbe accorta che lui non era quello giusto alla fine e sarebbe stata lei ad andarsene.

Non lo sapeva.

Per la prima volta Kathrine Bennet si sentì completamente ignorante riguardo a qualcosa, ma capì che quel momento, quel bacio, nella sua semplicità, tenerezza e aspettativa, era il suo personale tassello mancante.

 

 

 

 

 

FINE

  
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