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Autore: Virelei    01/05/2013    3 recensioni
Un giorno il Seirin si accorge dello strano comportamento di Kuroko, che si presenta agli allenamenti mostrando sempre più ferite. Sta nascondendo un segreto? Determinata a scoprirlo, la squadra del Seirin inizia a fare indagini sulla vita di Kuroko, per scoprire presto qualcosa di shockante. Ma la Generazione dei Miracoli ha già fatto la sua mossa. GdM iperprotettiva, AkaKuro, AoKise.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 3


Appena fuori dalla porta di Kuroko risuonavano dei colpi rumorosi. Si potevano sentire dei vetri che si rompevano, dei piatti che cadevano e degli oggetti, probabilmente di valore, che venivano lanciati contro la povera porta. Kuroko si fece piccolo e si nascose ancora di più sotto le coperte. Ibuki era tornata a casa da un paio d’ore e da allora i colpi contro la sua porta non erano ancora cessati.

“Tetsuya-k-u-n, – la voce dolce e velenosa di Ibuki canticchiò da appena oltre la porta – Vieni a salutare tua madre, Tet-su-ya-kun”. Dei brividi corsero lungo la schiena di Kuroko, che lottò per trattenere le lacrime e rimase in silenzio, come se non ci fosse stato, proprio come gli aveva detto suo padre. “So che sei lì dentro, Tetsu, – disse sua madre con tono seducente – Non ti farò del male, devi solo aprire la porta.”

Devo chiamare otou-san pensò vagamente Kuroko, ma il suo cellulare era sulla scrivania e lui si sentiva paralizzato tanto da non riuscire a sollevare le coperte pesanti e raggiungerlo. Aveva paura di fare rumore mentre percorreva la distanza che separava il letto dalla scrivania. La voce disgustosa di sua madre ed il continuo bussare gli gelarono il sangue nella vene, così rimase immobile sul letto.

“Tet-su-ya, – Ibuki assunse un tono gelido – Non è carino fare aspettare tua madre. Dove sono finite le tue buone maniere? Devo di nuovo insegnartele con la forza, Tet-su-ya?”

A quelle parole il corpo di Kuroko iniziò a tremare di paura e alcune lacrime riuscirono a scendere dai suoi occhi iniettati di sangue. Vai via, pregò silenziosamente. Non ci sono, sono invisibile. Vai via, per favore. C’era un motivo per il suo essere così invisibile; lui non era nato essendo già un’ombra, ma si era allenato per diventarlo.

“È la tua ultima occasione, Tetsuya, – sibilò sua madre – Non importa se è chiuso a chiave, prendo un cacciavite e tolgo il pomello. È questo che vuoi, Tetsu?” Il suo nome sembrava orribile quando era lei a pronunciarlo. Quando Kuroko non rispose i passi pesanti di Ibuki si allontanarono dalla sua stanza. Kuroko aspettò a lungo, sperando che il silenzio fosse un buon segno. La sua speranza aumentava ad ogni secondo che passava senza che nulla accadesse, ma poi ci fu un suono metallico.

Il cuore di Kuroko fece un balzo. Lo sta facendo davvero? Vuole forzare la porta della camera? Trattenne il fiato e chiuse gli occhi, stringendoli. Questa era una delle volte in cui odiava essere così debole, così indifeso, così dipendente. Anche sul campo da basket aveva bisogno di qualcuno. Senza un partner lui non era niente.

“Ti avevo avvertito, Tetsuya, – canticchiava sua madre – Appena avrò tolto questo pomello ti darò una lezione di buone maniere.”

Kuroko si rese conto di doversi muovere. Doveva scappare. Il pensiero della sua sopravvivenza lo fece uscire dalla paralisi. Tirò via le coperte e l’aria fresca lo raggiunse, così fece un respiro profondo, visto che aveva passato ore con l’ossigeno limitato sotto le lenzuola. Si tirò su piano, facendo attenzione alle sua costole e alla ferita alla testa, e fece oscillare le gambe oltre il letto. Si alzò traballando, ma subito si curvò per il dolore che sentì all’ improvviso all’addome e che lo fece restare senza fiato.

“Vedi di non scappare, Kuroko Tetsuya, – lo avvertì Ibuki – Tanto non ne avrai la possibilità. Ho già tolto le prime due viti...”

A queste parole Kuroko strinse i denti e arrancò fino alla sua giacca, appesa ad un attaccapanni. La indossò velocemente per coprire il suo busto nudo e si mise goffamente un altro paio di scarpe da basket che teneva sotto la scrivania. Per ultima cosa prese il cellulare.

“Manca solo più una vite, figlio disobbediente.”

Deglutì. Kuroko sapeva di non avere più tempo. Mancavano pochi secondi prima che sua madre entrasse e lo prendesse. Camminò il più velocemente possibile verso la sua grande finestra e la aprì. Una scala nascosta, che entrava in funzione ogni volta che la finestra veniva aperta, funzionò anche questa volta e scese dondolando lungo il muro. Era un trucco che gli aveva insegnato suo padre quando Ibuki aveva cominciato ad essere violenta.

Ignorando il dolore, Kuroko spinse il suo corpo fuori dalla finestra, tenendo saldamente i piedi sul terzo gradino della scala pendente. Le sue mani pallide e sudaticce si aggrapparono al davanzale polveroso, prima di scendere sul primo piolo. La scala tremò sotto il suo peso,che non era molto, ma resse. Con grande attenzione Kuroko iniziò a scendere.

“Tetsuya!” Uno strillo arrabbiato lo fece fermare a metà della sua discesa. Sollevò la testa e si bloccò quando il viso di sua madre apparve alla finestra aperta. “Come osi cercare di scappare, moccioso ingrato! Quindi è così che riuscivi a sfuggirmi, eh? Bene, ora ci liberiamo del problema.” La faccia di Ibuki si distorse in un sorriso terribile e sadico. Tirò fuori un coltellino e quando lo aprì la luce colpì il metallo affilato. Il coltello scintillava malignamente. “Vediamo se sopravvivi alla caduta, Tetsuya-kun,”disse lentamente sua madre.

Il ragazzo spalancò gli occhi mentre la sua aguzzina sistemò il coltello contro le corde che reggevano la scala. Iniziò a tagliarle lentamente, deridendolo. “N-no! Per favore non farlo, okaa…” Kuroko interruppe la sua supplica con un grido. La scala cedette all’improvviso e il ragazzo dai capelli azzurri iniziò a cadere.

Prima che potesse rendersene conto la gravità si impadronì di lui e la sua schiena sbatté contro il pavimento di cemento. Voleva urlare, ma il suo cervello si rifiutò di farlo. La sua testa era stordita per questa nuova tortura. Fa male. Kuroko sentì del sangue uscire dai tagli profondi causati dalla caduta; era vagamente consapevole della risata di sua madre.

“Sembra che faccia male, Tetsu. Dimmi, stai male? – lo prese in giro Ibuki dalla finestra – Ti fa male muoverti? Oh, povero piccolo figlio mio. Non ti muovere, scendo subito.”

Scendo subito. Scendo subito. Scendo subito. Muoviti. Corri. Scappa. Segnali di pericolo gli squillarono nel cervello. Devo spostarmi pensò Kuroko con disperazione. Devo correre; nonostante il violento bruciore che sentiva sulla schiena e alle gambe, riuscì a rotolare su un fianco e ad alzarsi tremando. Poi iniziò a correre, e quello fu probabilmente il più grave errore della sua vita.

Il dolore era semplicemente indescrivibile, tanto che Kuroko voleva urlare, crollare, singhiozzare, arrendersi. Correva sgraziatamente, sempre sul punto di inciampare nei propri piedi ogni due passi. Alcuni passanti lo guardavano in modo strano. Per sua sfortuna, correre lasciandosi dietro una scia di sangue non era il modo giusto per diventare invisibili. Kuroko sentì alcuni dei commenti:

“Non dovremmo chiamare la polizia?”

“Povero ragazzo! Cosa gli è successo?”

“Lo aiutiamo?”

Aiutatemi, per favore, voleva dire Kuroko. Voleva dirgli di sua madre, degli abusi, del dolore. Ma il suo cervello non glielo permise. L’unica cosa che il suo corpo gli consentiva di fare era correre. L’unico motivo per cui non si fermò e non crollò a terra era perché in quel caso sua madre lo avrebbe raggiunto.

Un bar dall’aria familiare apparve davanti a lui. La gente si spostava per lasciarlo passare mentre vi si dirigeva. Avrebbe dovuto esserci… – eccolo lì. Era la prima cosa fortunata che gli succedeva quel giorno. Quando Kuroko era più piccolo veniva sempre a giocare vicino a questo bar, in un posto segreto che solo il proprietario conosceva e in cui gli permetteva di andare. Era dietro l’edificio, dove due giardini trascurati e pieni di erbacce formavano un nascondiglio. Era completamente isolato, e siccome nessuno osava attraversare i campi incolti, quasi nessuno ci andava.

Kuroko incespicò tra l’erba, sentendosi esausto. Prima che potesse arrivare allo spiazzo aperto, le gambe gli cedettero.

Gli scappò un gemito. Il sangue gli colava dalle labbra screpolate, perché correndo si era morso forte la lingua. Sentiva qualcosa pulsare sulla nuca. Nonostante tutto il dolore Kuroko ebbe il buon senso di chiamare qualcuno con il cellulare che aveva stretto accuratamente per tutto il suo tragitto. Ma non chiamò suo padre.

La persona chiamata da Kuroko rispose dopo il primo squillo “Si?”

“A-Akashi-kun,”disse raucamente.

“Tetsuya. Che succede?”chiese immediatamente l’ex capitano della squadra di basket del Teiko.

Passò un lungo momento prima che Kuroko riuscisse a rispondere: “Aiutami, per favore. Sto male.”

“Dove sei?”

“Vicino…al bar, – riuscì ad ansimare – Dove giocavamo.”

Akashi fece schioccare la lingua. “Sei fortunato, sono nelle vicinanze. Stai lì e non muoverti. Sarò lì tra poco.”


Non fece in tempo a rispondere che la chiamata fu chiusa.


Seijuro Akashi correva attraversando le strade, con la destinazione ben chiara nella sua mente. La sua velocità era senza precedenti e superava quella di tutti gli altri giocatori della Generazione dei Miracoli. Alcuni pedoni notarono che un paio di forbici affilate spuntavano dalla sua tasca frontale.

Sapeva della condizione di Kuroko. Oh si che lo sapeva. E se il suo Tetsuya era di nuovo stato ferito da quella donna, avrebbe fatto in modo che lei se ne pentisse. Ma in quel momento tramare un omicidio non era in cima alla lista delle sue priorità, trovare Kuroko invece lo era.

Se intendeva quel bar, allora… Ah, eccolo! Akashi si avvicinò all’edificio e svoltò a sinistra. Sapeva del nascondiglio che Kuroko usava ogni volta che voleva restare solo; era il loro segreto. “Tetsuya,”chiamò Akashi mentre avanzava tra le erbacce.

“Aka…shi-kun?”rispose una voce debole. Il ragazzo dagli occhi eterocromi si diresse verso la voce.

Finalmente Akashi raggiunse il suo ex compagno di squadra. Si rese conto che il ragazzo stava lottando contro l’impulso di lasciarsi svenire. Le sue ferite erano peggiori di quanto avesse pensato e del sangue ne gocciolava fuori lentamente. Il suo corpo fu attraversato dall’ira. Come osava – come osava quella donna toccare il suo Tetsuya? La sua mano fece uno scatto verso le forbici.

“A-ka-shi-kun, – Kuroko ebbe difficoltà nel pronunciare il suo nome – Sei venuto.”

“Certo che sono venuto,”rispose Akashi bruscamente. Si avvicinò e gli si inginocchiò vicino: “Dove ti fa più male?”

“La schiena,” rispose sommessamente Kuroko.

Il capitano sospirò e tirò fuori da una tasca un rotolo di bende.”Ti fascerò provvisoriamente le ferite alla testa e alle gambe. Non azzardarti a svenire, Tetsuya, hai capito?”
Per qualche strana ragione la voce autorevole di Akashi riuscì a confortare Kuroko, che bisbigliò “Hai.”

Riuscì a bendare velocemente e con efficienza i tagli più profondi. Non gli fece male, e Kuroko ne fu sollevato, ma ora la schiena lo stava tormentando. “Akaski-kun,” gracchiò il più basso. Inaspettatamente due mani indurite dai calli ma calde avvolsero con attenzione la sua piccola figura in un abbraccio. Kuroko non protestò e appoggiò il viso sulla spalle del suo soccorritore.

“Andrà tutto bene,”disse una voce dal tono autorevole vicino al suo orecchio. Non era da Akashi dire questo genere di parole. “Sono qui.”

Dei residui di sangue macchiarono la giacca di Akashi, ma non gli importava, perché ora doveva concentrarsi nel curare il fragile ragazzo che teneva tra le braccia. “La schiena…” disse Kuroko.

Una mano passò tra le sue ciocche azzurre e spettinate. “Puoi dormire adesso. Non ti farà più male.”


E fu ciò che Kuroko fece. Finalmente cedette alle richieste del suo corpo e svenne tra le braccia di Akashi.


Il ragazzo con gli occhi eterocromi riuscì a salire i gradini con il ragazzo privo di sensi tra le braccia. Infilò una chiave dorata nella porta del suo appartamento e la aprì facilmente. Il corpo di Kuroko pesava pochissimo, quindi non intralciò l’ex capitano.

Akashi si accigliò per il suo peso. Dovrò farlo mangiare di più.

Seijuro, facendo attenzione, sistemò Kuroko sul divano. Il movimento fece gemere il pallido ragazzo, ma non lo svegliò. Akashi fece una smorfia e prese il cellulare da una tasca.
Digitando più in fretta del solito scrisse: Vieni immediatamente a casa mia. È un ordine. Tetsuya è ferito.

Soddisfatto, inviò il messaggio e gettò il cellulare sbadatamente, sapendo che sarebbe caduto sulla poltrona dietro di lui.


Quindi prese la cassetta di pronto soccorso ed iniziò ad occuparsi delle ferite di Kuroko.


“Come sta Kurokocchi?”urlò Kise Ryouta aprendo con foga la porta di Akashi. “Sta bene? Deve andare all’ospedale? Devo dire al treno di Midorima di andare più veloce così può curare…?”

“Ryouta. – La fredda voce lo bloccò a metà frase e lo fece tremare – Farai meglio ad abbassare la voce.”

Il biondo sbattè le palpebre e si accorse che Akashi e Kuroko erano proprio davanti a lui, seduti sul divano. In realtà il primo era seduto; l’altro era raggomitolato contro il temuto capitano, con gli occhi chiusi. “S-scusa, Akashicchi.”

Gli occhi di due diversi colori si restrinsero per un secondo nel guardarlo, poi Akashi face un leggero cenno d’assenso al copiatore. Kise sospirò di sollievo e si avvicinò a Kuroko. Si inginocchiò proprio di fronte alla gambe di Akashi ed osservò le ferite inflitte al ragazzo ‘invisibile’. “E’ stato chi penso sia stato?”

“Suppongo di si.”

Kise imprecò sommessamente.

Presto tutta la Generazione dei Miracoli arrivò all’appartamento di Akashi. Tutti i giocatori ebbero più o meno la stessa reazione di Kise. Aomine aveva imprecato a voce più alta, venendo rimproverato da Akashi. Midorima aveva scosso la testa in silenzio, stringendo le labbra. Murasakibara aveva sgranocchiato tristemente le sue patatine, offrendone anche ad Akashi, che aveva rifiutato.

La Generazione dei Miracoli sapeva ciò che Kuroko doveva sopportare quando i suoi genitori erano a casa. Sapevano di cosa era capace sua madre e quanto dolore potesse far provare al ragazzo prima che lui cedesse. Tutti loro avevano visto già molte volte Kuroko spezzato e distrutto, e tutti condividevano l’odio per quella situazione.

Midorima sospirò e si sedette a fianco del ragazzo che dormiva, scompigliandoli i capelli con esitazione. “Che situazione difficile,”disse piano.

“Kuro-chin starà bene, vero Aka-chin?”chiese cupamente Murasakibara.

“Non lo so, Atsushi. Siediti adesso, non puoi andare avanti e indietro nel mio appartamento, con la tua altezza.”

Il ragazzo dai capelli viola chiese scusa mormorando e si sedette.

“Certo che starà bene! – protestò Aomine – Kuroko può sembrare debole, ma è forte. È sopravvissuto a tutti questi anni…”

“Ma quanto può ancora resistere?” fece notare tristemente Midorima. L’asso del Teiko non sapeva come rispondere a quella domanda.

“Maledizione!” Gli occhi di Kise si riempirono di lacrime. “Perché deve sempre essere Kurokocchi? Perché è sempre lui a soffrire?” Ryouta si asciugò gli occhi con il dorso della mano è tirò su col naso. “Non è giusto, non si merita questo.”

Akashi contrasse la bocca ai commenti dei suoi vecchi compagni. Era d’accordo, Tetsuya non si meritava questo dolore. Non aveva bisogno di una madre ingrata che non capiva di essere fortunata ad avere un figlio come lui. Non aveva bisogno di ulteriori sofferenze.

Il ragazzo dai capelli rossi depositò un bacio dolce sulla fronte sudata del ragazzo accanto a lui prima di rivolgersi alla Generazione dei Miracoli. “Capisco che siete tutti turbati. Ryouta, hai ragione. Tetsuya non merita questa inutile sofferenza.” Fece una pausa, poi aggiunse:”Nessuno deve sapere di questo, nemmeno la squadra di Kuroko, il Seirin…Anzi, specialmente non il Seirin. Fate in modo che il Seirin non ne sappia nulla, a qualsiasi costo.”






NdT: Capitolo crudele ma importante, le cose iniziano a mettersi in moto…
E finalmente incontriamo Akashi e la Generazione dei Miracoli al completo!
Ringrazio  tutti: lettori, commentatori e ‘seguitori’ xD
A presto, Nienor_11

   
 
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