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Autore: TempestBlackCobain    01/05/2013    2 recensioni
Lui, Axl Rose, un nome che da solo lo descriveva alla perfezione, che a sentirlo pronunciare evocava brividi e autorità, era lì, solo e irrequieto, assonnato e ubriaco. Aveva perso la voglia di cantare, di emozionare il mondo e se n’erano accorti anche i suoi compagni d’avventura.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EVERY ROSE HAS ITS THORN
 

Erano le due di notte a Los Angeles e il tickettio delle lancette rompeva il silenzio di quella stanza buia. Le enormi tende in velluto blu lasciavano entrare flebili raggi di luna che si infrangevano su un volto pallido, appoggiato al pavimento in marmo. Su quelle gelide piastrelle, accanto al divano, faceva capolino un corpo, in parte nudo; il torace si alzava e si abbassava trasportato dal respiro lento di quella figura quieta, su cui poggiavano mollemente braccia possenti, ma allo stesso tempo fragili, campeggiate da colorate opere d’arte. Il tutto era contornato da ciocche rossicce che spuntavano qua e là, mentre occhi stanchi e assonnati lentamente si aprivano. Iridi verdi scrutavano nella penombra, forse alla ricerca di qualcosa di proprio gradimento o semplicemente per capire in quale luogo si trovavano.
Il silenzio regnava sovrano, quasi ovattato, nonostante le urla festaiole provenienti dalla strada; la esile figura si alzò e raggiunge, barcollando, la poltrona in pelle accanto al tavolino in legno. Era devastato, stanco, annebbiato e questo lo rendeva apatico al pensiero di nuove parole da poter regalare alla carta, alle persone che lo ascoltavano, a tutto ciò che ormai lui chiamava vita. Ben presto si ridestò, grazie anche all’alcohol che continuava a scorrere giù per quella gola calda e anestetizzata; lui, Axl Rose, un nome che da solo lo descriveva alla perfezione, che a sentirlo pronunciare evocava brividi e autorità, era lì, solo e irrequieto, assonnato e ubriaco. Aveva perso la voglia di cantare, di emozionare il mondo e se n’erano accorti anche i suoi compagni d’avventura. Ormai l’inchiostro non scorreva più sulle pagine intonse dei suoi quaderni. Ormai aveva mangiato troppa polvere del passato e si era riempito i polmoni di troppa aria inquinata per poter riflettere chiaramente sul futuro. Ma era comunque lì, vivo, affranto e un ottimo amante per il palco che gli aveva donato tutto. I mostri erano chiusi nell’armadio dei ricordi e incatenati ad un’infanzia lasciata degradare nel dimenticatoio. La stanza, a poco a poco, si stava riempiendo del fumo di una sigaretta mezza spenta e di una melodia triste, ma le lacrime amare ormai non scorrevano più su quelle guance scavate.
E ancora una volta il silenzio calò, anche sui pensieri, come la luce lunare che incombeva piano su ogni oggetto.
E ancora una volta quel silenzio venne rotto dallo scatto della porta. Un uomo entrò a passo lento, chiudendosi alle spalle quel pezzo di legno, mentre la luce del corridoio che aveva destato Axl da quelle memorie tormentate ormai stava sparendo, facendo ripiombare ogni cosa nel buio; mentre si avvicinava, il cantante scrutava ogni movenza di quella figura, cercando di tornare ai pensieri che lo avevano risvegliato dalle braccia di morfeo. Ormai era a pochi metri da lui e poteva distinguerlo chiaramente; aveva capelli ribelli, ricci e scuri e occhi neri come il carbone. Il corpo tonico era celato da una canotta e un giubbotto in pelle, mentre le gambe erano coperte da pantaloni stretti che lasciavano poco all’immaginazione. Axl era lì, immobile, ad aspettare un pugno o peggio, una delle solite prediche per il suo aspetto trasandato e lo stato mentale distrutto dalle continue sbronze. Ma non arrivò nessuno dei due, bensì un abbraccio. Era uno di quelli dolci, amichevoli, smielati, troppo profondi per uno come lui, ma il calore lo fece rispondere a quell’amorevole gesto; si sentiva come un bambino, troppo cresciuto per quelle carinerie, ma che voleva essere protetto da quelle braccia possenti. Era un gesto semplice, comune, un atto quasi materno, ma che lui non aveva mai avuto; non aveva mai assaporato l’affetto vero, né il profumo o l’emozione di tenere stretto qualcuno.
Era segnato da un’infanzia distrutta, da odio, rancore e da un amore malato, malsano, spropositato, non certo per la vita in sé ma bensì per quel padre che non l’aveva trattato con i dovuti modi, che si era servito di lui e per quella donna che voleva essere chiamata ‘madre’ che non aveva mai proferito parola, non l’aveva mai difeso, nemmeno quando lo trovava ricoperto di graffi e lividi. Ma ora era diverso. Quello che sentiva era vero affetto, sapeva di potersi fidare, di poter prendere quella mano tesa verso di lui, quella mano che gli offriva aiuto e che lui avrebbe accettato anche egoisticamente. Era lì, in quella stanza, tra le braccia di un vero amico, l’unico che lo capiva davvero, e non avrebbe mai voluto staccarsi da quel calore; non gli importava del mondo là fuori, voleva solo che quel momento si fermasse, così da poter guardare negli occhi il suo salvatore e per una volta nella vita essere sincero sui sentimenti che provava. Furono attimi interminabili, ma ad un certo punto la figura si staccò da lui, gli sorrise e gli scompigliò i capelli. I suoni sembravano attutiti, se ne rese conto quando l’uomo gli bisbigliò qualcosa e lui non comprese a pieno il senso di quelle parole. Forse era ancora mezzo addormentato o forse non si era del tutto ripreso dalla sbornia. Slash era lì per lui. La figura si allontanò aprendo la porta e uscendo, per poi richiuderla alle spalle. Axl rimase lì, a fissare il punto in cui prima c’era l’amico e un mezzo sorriso gli si stampò in volto. Finalmente aveva capito quella frase. Aveva compreso quel che voleva dire. Aveva passato gran parte della sua vita a cercare un senso, fregandosene di tutti, gli eccessi erano all’ordine del giorno e i rimpianti, i drammi e i ricordi non si dimenticavano facilmente da sobri. Ma si, aveva capito ogni cosa. Cercava in ogni modo di sovrastare quel taglio all’anima, lo sporco che si sentiva dentro e che lo tormentava ogni notte, per cui aveva rinunciato a tenere nel cuore le persone importanti, ma ora un uomo gli aveva appena mostrato che l’umanità non può restare sola a lungo, che non esistono solo delusioni e che l’amicizia, i ricordi malsani e l’amore accompagnano ogni essere su questo pianeta. E che l’umiltà, purtroppo, non faceva per lui.
Rise ancora, per poi alzarsi da quella poltrona e uscire da quell’oblio di oscurità; la luce inondò ogni cosa per poi ripiombare nella notte una volta chiusa. Le risate si potevano sentire anche dal corridoio ora, mentre nella stanza buia solo silenzio. Desolazione, delusione, solitudine, ansia, paura erano state sostituite da amore. Un solo gesto poteva davvero eliminare tutto il tormento di una persona? Forse no, ma per ora, a lui, importava solo l’attimo che stava vivendo. E questo grazie ad un uomo chiamato Slash che gli aveva fatto capire che vivere non vuol dire rinunciare alle cose belle. Poco a poco una voce intonava una canzone, le parole amare e tristi rimbombavano in quella quiete. E piano piano, l’alba eclissava la notte con il colore del sole.


“Every rose has its thorn
Just like every night has its dawn
Just like every cowboy sings his sad, sad song
Every rose has its thorn”

 










Angolo scrittrice:
Questa FF è nata in un momento di tristezza mentre guardavo dei video sui Guns.
Axl è sempre stato egocentrico e per questo non ho mai avuto simpatia per lui, ma mi sto ricredendo. Ha avuto una vita difficile che lo ha ripagato donandogli una voce splendida. Ha talento da vendere e non credo ne sia davvero al corrente.
Spero vi piaccia e grazie a chiunque l'abbia letta.
Frannie 


 
  
  
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