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Autore: Vergil    21/11/2007    1 recensioni
“Salve, Heishiro... sono felice di rivederti...” Disse l’assassino con un maligno sorriso dipinto sul viso sfregiato. “Oh, mio Dio... tu!” Gemette Mitsurugi. Un altro cammino del valoroso samurai Heishiro Mitsurugi
Genere: Azione, Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Heishiro Mitsurugi, Nightmare, Setsuka, Siegfried Schtauffen
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Soul Calibur
Between Heaven and Hell


Kaguyuki-sama!” Gridò, dopo essersi gettato a capofitto dentro al palazzo ed aver incrociato all’ultimo momento lama e sguardo con il demone.
“Mitsurugi-san!” Esclamò gioiosa Kaguyuki, mentre, ancora a terra, osservava il generale. “Tu!” Disse Siegfried, tentando invano di nascondere la sorpresa: i suoi occhi da vampiro color cremisi non mentivano allo sguardo fiero, duro e orgoglioso del samurai, che a sua volta lo fissava intensamente.
“Siegfried... commisi un grave errore quattro anni fa quando decisi di risparmiare la tua vita nella speranza che tu fossi davvero cambiato... giuro che non commetterò più lo stesso sbaglio!” Gridò Mitsurugi, mentre con un colpo violento respingeva l’avversario ed gli si lanciava contro senza pietà.
Kaguyuki, troppo debole persino per alzarsi, cercò disperatamente di muoversi, strisciando verso la parete e cercando di appoggiarsi ad essa, poi sbattè gli occhi offuscati e riuscì a vedere il generale e l’assassino battersi funestamente in un prodigioso duello. Non ci fu tempo per parole, per occhiate fugaci o pensieri maligni, solo rapidi e sordi gridi di battaglia, la mente guidata dall’istinto, la spada dal cuore.
Solo un silenzioso e misterioso combattimento fra due grandi spadaccini, che diedero tutto in quei brevi e mortali secondi, che parevano un’eternità nelle anime di ciascuno dei due, in grado di viverli per sempre al di là del tempo.
Mitsurugi e Siegfried incrociarono le spade in catene di tecniche sempre più fitte e varie, dai fendenti circolari e diagonali ai colpi diretti e frontali, dagli attacchi laterali alle stoccate e gli affondi, a volte indietreggiando, altre avanzando e scivolando come ombre attorno all’avversario, che faceva altrettanto e continuava lo scambio di colpi in quella letale spirale. Fu alla fine la collera di Mitsurugi a trionfare sulla vendetta di Siegfried, sbattuto a terra da una potente spallata del generale. Il giovane, lievemente stordito, scosse il capo e appena in tempo riuscì a parare l’attacco del samurai, sbilanciandolo con abilità e cercando di colpirlo alle spalle.
Mitsurugi recuperò rapidamente posizione e riuscì a difendersi, inseguito dagli occhi indemoniati del nemico, fino a che i due non si furono raggiunti ed ebbero scontrato gli acciai in un unico e fermo fendente.
“Fino a quanto hai intenzione di combattermi e ostacolarmi, samurai? Fino a quanto credi che i tuoi muscoli possano resistere alla mia furia? Ma soprattutto... fino a che punto credi di poter salvare l’antica tradizione del tuo amato Bushido dagli inevitabili cambiamenti dell’avvenire?!” Ringhiò Siegfried.
“Sarebbe sbagliato se dicessi che continuerei a farlo finché il cuore mi battesse in petto... perché noi samurai abbiamo lasciato a questa nazione qualcosa d’indelebile, e anche dopo di me, la tradizione e i suoi valori non verranno mai dimenticati! No, io ti combatterò, Nightmare, e proteggerò quel che mi è più caro con tutto ciò che è in mio potere!” Replicò Mitsurugi, mentre i due ricomincavano a duellare, questa volta rimanendo l’uno di fronte all’altro, non scivolarono più come gocce di pioggia via dal nemico, ma lo affrontarono coraggiosamente faccia a faccia, resistendo alla stanchezza che, mossa dopo mossa, gli bagnava di sudore la fronte, lacerava i muscoli e appesantiva il fiato.
Alla fine il combattimento raggiunse l’apice e i due, ormai giunti al limite, si scambiarono di posto, così, voltandosi allo stesso istante, si colpirono con la medesima tecnica, facendosi sì che le loro spade si incrociassero ancora una volta e in modo tale da non lasciare scampo a nessuno dei due: la gola di entrambi era serrata dall’affilatissimo filo della lama avversaria.
Per lunghi secondi riecheggiò nello splendido salone imperiale solo il respiro affannato e affaticato dei due, che, perfettamente immobili, continuavano a combattere con sguardi più duri dell'acciaio delle proprie armi .
“Un equo pareggio, che risultato deludente per te, Mitsurugi! Un samurai non sopporta un simile fallimento, non è così? E’ disposto a morire pur di concludere ciò che ha cominciato! Allora come mai tu esiti? Temi forse la morte che dichiarasti un onore se per la salvezza della tua imperatrice?” Domandò Siegfried con un arrogante sorriso.
La risposta tagliente e provocatoria del samurai fu accompagnata da un audace sorriso di sfida.
“Per chi è considerato samurai, l'annientamento del nemico deve essere l'unica preoccupazione durante il duello. Reprimere qualsiasi emozione o compassione. Uccidete chiunque vi ostacoli, ancorché fosse Dio in persona. Questo è il cuore dell'arte del combattimento.... ecco quello che il Bushido, la via del guerriero, mi ha insegnato... ed è un onore che ad un bastardo come te non concederò mai, Nightmare... no, il Giappone ha intenzione di fartela pagare prima di concederti una dignitosa morte da guerriero...” Disse, mentre i portoni del salone si aprivano e i compagni del samurai entravano e sguainavano le spade, circondando l’assassino.
Con loro c’era anche la sacra e preziosa lancia dorata della sacerdotessa Kimiko a punzecchiare l’alto e fiero mento del ragazzo.
“Su, avanti, prova a scappare! Prova ad utilizzare ancora una volta una delle tue stregonerie, se ne hai il coraggio, e quella tua mente perversa sarà perforata dalla mia lancia...” Disse Kimiko.
Siegfried non aveva più alcuna via di scampo e si guardò intorno preoccupato: più di una sessantina di spade giapponesi erano puntate contro di lui.
Poi posò di nuovo gli occhi sul generale. Forse, pensò, anche lui aveva commesso un errore sottovalutando il suo nemico, poichè quello che aveva davanti non era un comune avversario come tanti altri, ma uno spadaccino diverso da tutti, uno spadaccino votato al coraggio e all'onore come nessun'altro, uno spadaccino di nome Heishiro Mitsurugi.

Non erano ancora sorte le prime luci dell’alba che Mitsurugi si destò di colpo nel freddo e grezzo letto dell’umile stanza che la caserma imperiale gli offriva. Il suo sonno era stato leggero ed agitato, più volte nella notte si era svegliato ansimante e faticosamente il torpore l’aveva addormentato.
Scosse confuso il capo e d’istinto gettò mano alla guaina in cui aveva riposto la spada, accuratamente posata di fianco a sé, e tese le orecchie, in ascolto di ciò che stava accadendo all’esterno. Poteva udire diverse voci concitate e confuse mescolarsi l’un l’altra in brusche discussioni riguardo a quanto era successo il giorno prima.
Siegfried non aveva avuto scampo. Circondato dal resto dell’esercito del generale, si era dovuto piegare sconfitto per non essere giustiziato lì, seduta stante.
Una volta inginocchiato, fu violentemente disarmato e incatenato da Kimiko, per poi essere consegnato alle guardie che l’avevano rinchiuso in una delle più profonde celle del palazzo, mentre la sua spada era stata portata nella segreta stanza sacra del palazzo, ove nessuno avrebbe mai più potuto toccarla, perchè se cadesse mai più nelle mani sbagliata.
Nessuno di loro, però, aveva voluto assumersi la responsabilità di sorvegliare il prigioniero: egli, silenzioso e muto, sorrideva inquietante e sprezzante della situazione in cui si trovava, e chiunque lo guardasse ne rimaneva turbato a tal punto da voler fuggire.
E Mitsurugi era troppo stanco per riuscire ancora una volta a rinunciare ad un lieto riposo e vegliare sino al mattino.
“Non preoccupatevi, Heishiro. Penserò io a sorvegliare la prigione di Siegfried. Voi siete sfinito, non siete più obbligato a sopportare la fatica che conoscete da anni.” Aveva allora detto Kimiko, riafferrando orgogliosa la lancia ed inchinandosi al generale, che ben volentieri le aveva assegnato tale incarico.
L’imperatrice era stata portata nelle sue stanze, il combattimento aveva sfinito anche lei ed era sprofondata così in un sonno profondo.
Mitsurugi, invece, nonostante la grande stanchezza, difficilmente aveva trovato un sonno tranquillo.
Era stato detto che al mattino l’uomo conosciuto come Siegfried Schtauffen sarebbe stato giustiziato per omicidi e tentato oltraggio alla corona imperiale, e quell’ora era giunta.
Eppure, nonostante il suo più grande nemico fosse stato sconfitto e la pace sembrasse essere finalmente giunta anche sul suo cammino, qualcosa preoccupava il suo cuore e inquietava i suoi sogni.
Non pensava a Setsuka, la donna che amava sarebbe presto tornata, come con quel bacio gli aveva promesso, la sua imperatrice era salva e la nobile sacerdotessa svolgeva solidalmente il suo dovere in sue veci, concedendogli di tirare un sospiro di sollievo.
Ma il sesto senso che con tanta perseveranza aveva coltivato era in allarme, lo avvertiva che qualcosa non quadrava. Ci aveva pensato sino a quel momento. Era troppo semplice che quella storia fosse finita a quel modo, conosceva Siegfried ed era certo che avesse ancora qualche inganno in mente da ordire: quel diabolico sorriso e quegli occhi rosso sangue non mentivano.
Ancora non riusciva a capire come quel demone si fosse mosso così velocemente e senza essere visto da nessuno. Per quanto potenti ed oscure fossero le sue arti magiche, non sarebbe potuto sfuggire alla vista delle sentinelle a capo dell’artiglieria e del corpo militare moderno, e d’altro canto queste ultime sostenevano di non aver avvistato nemmeno una sua traccia. Non era possibile.
Il giovane Heishiro terminò frettolosamente la ciotola di riso e pesce e la scorta d’acqua nella borraccia, quindi indossò gli abiti bellicosi e, posta la spada alla cintura, lasciò la stanza.
Sulla strada incontrò il suo compagno Tetsuya.
“Tetsuya-san, che diavolo sta succedendo?! Cos’è tutto questo rumore?!” Domandò.
“E’ l’imperatrice, Heishiro. E’ furiosa con il corpo delle guardie artigliere. E a buon diritto. Era stata affidata a loro la sorveglianza dei confini della contea, e si sono lasciati sfuggire l’assassino da sotto al naso. Fossi io su quel trono, li avrei giustiziati uno dopo l’altro.” Disse Tetsuya.
“Sono davvero curioso di ascoltare la loro storia. Siegfried è passato nelle vie da loro sorvegliate, non è possibile che non l’abbiano visto. Chissà cosa avranno da dire.” Disse il generale, sorridendo ironico, quasi sollevato dal fatto che i suoi dubbi non fossero solo suoi.
Insieme, lui e Tetsuya attraversarono il campo, ove le guardie, samurai e artiglieri, stavano preparando tutto per l’esecuzione di Siegfried, e fra loro, aggressivi e feroci, litigavano ad alta voce, rimproverandosi a vicenda per le morti di tutti i loro compagni.
Fra di loro c’era anche Hoshiko, una dei pochi che, saggiamente, cercava di mantenere l’ordine ed invitava gli altri a portare a termine i propri compiti, senza lasciarsi distrarre da rancori personali.
“Non è colpa di nessuno di noi se molti nostri amici sono morti. Ciascuno di noi ha combattuto per la loro salvezza e non si è tirato indietro! Il colpevole di tutto questo giace dietro a delle sbarre e presto sarà giustiziato!” Continuava a dire, ma ben pochi le prestavano ascolto.
Quando vide Heishiro gli lanciò un’occhiata supplichevole, che fu dal generale ben ricambiata.
“Nessuno di loro sembra voler guardare la realtà...” Sospirò.
“Suppongo tuttavia che anche tu abbia capito che qui qualcosa non quadra, dico bene, Hoshiko-san?” Le domandò Mitsurugi.
“Naturalmente. Non so come abbia fatto, ma sono sicuro che non sarebbe un peccato estorcere con ogni mezzo tutto quello che Siegfried sa, prima di ucciderlo.” Replicò la donna, mentre Mitsurugi e Tetsuya procedevano verso le porte del palazzo, dinanzi alle quali stava l’imperatrice.
Tetsuya, educatamente, s’inchinò e si fece da parte, mentre il generale s’inginocchiava profondamente al cospetto della donna, la quale, nel vederlo, sussultò di gioia.
“Generale Mitsurugi... Heishiro. Ancora non so come esprimere la mia gratitudine nei vostri confronti. Se non fosse stato per voi a quest’ora sarei morta. E quegli uomini a cui è stata affidata la sorveglianza della contea... come hanno potuto permettere che Siegfried sfuggisse alla loro vista?! Mai ho incontrato persone di tale irresponsabilità! Spero gravi loro sulla coscienza il peso delle vite che per causa loro si sono spente.” Disse la donna.
“Kaguyuki-sama... la vostra vita ha ben più valore della mia. Ma non è stata solo irresponsabilità la colpa delle guardie, poiché, per quanto potessero esserlo, non possono non averlo avvistato. Ho ripensato e ragionato sulla geografia delle zone a loro assegnate e ovunque si passi per varcare in confini ci si trova sempre dinanzi alle loro pattuglie. Sembra quasi che Siegfried sia riuscito a volare sopra di noi, ma questo è impossibile, per quanto potente che sia, non ne è comunque in grado.” Disse pensieroso il samurai.
“Lo so, generale, avete perfettamente ragione, ma non vedo alcuna altra soluzione...” Concordò Kaguyuki, quando sul suo viso si dipinse il terrore.
“Non voglio nemmeno pensarci, imperatrice, il corpo militare moderno non può aver commesso un simile crimine...” Iniziò rassicurante Mitsurugi, nonostante l’ipotesi che gli era venuta in mente gli avesse comunque raggelato il sangue.
E non era del tutto scontato. Quel corpo di soldati odiava lui e i samurai, più volte in passato c’erano state diatribe e rancori mai sedati, essi ritenevano i samurai appartenenti alla storia, colpevoli della decadenza del Giappone, poiché gli impedivano di affacciarsi sulla modernità.
Non ebbe tuttavia il tempo di terminare la frase che Kimiko giunse dalle segrete.
“Mitsurugi-san... Tenno-sama... è giunta l’ora.” Disse decisa.
“Bene, sacerdotessa.” Disse Kaguyuki, in parte tranquillizzata.
Pochi minuti dopo, Siegfried era inginocchiato ai piedi della scalinata di pietra dinanzi al palazzo, al cospetto di Kaguyuki, che l’osservava livida e spietata, di Kimiko, che reggeva ben salde le sue catene, e di Mitsurugi, che lo fissava negli occhi.
Persino il cielo assisteva in lacrime a quel triste, più che vittorioso, giorno, riversando pioggia e feroci fulmini sulla lacerata Tokyo, oscurando con fitte nubi l’arrivo dell’aurora, separata dal mattino di poche ore.
Anche di fronte a Dio, Siegfried osava sorridere.
L’intera armata dei samurai era ordinatamente schierata attorno a loro, pronti ad assistere all’esecuzione del giovane demone, mentre il corpo militare moderno era umilmente disposto dietro di loro, alle ultime file.
Com’era tradizione secondo il Bushido, a Siegfried sarebbero state sciolte le catene e gli sarebbe stato dato un pugnale, con cui avrebbe dovuto trafiggersi il ventre. E prima che il dolore potesse storpiargli il viso, Mitsurugi gli avrebbe troncato di netto il capo, per concedergli, lealmente, un ultimo onore.
“Eh eh eh... davanti a te, sconfitto e disarmato. E’ così che hai sempre voluto vedermi, vero, Mitsurugi? Allora perché, in questo giorno di vittoria, il tuo viso è cupo e rattristato?” Domandò Siegfried al generale.
“Perché diversamente da te, Nightmare, ho imparato che non c’è nulla di poetico od eroico nel reclamare vite umane, e che sei stato tu stesso a costringermi ad arrivare ove non sarei mai voluto giungere.” Replicò Mitsurugi, incapace di nascondere una nota d’incertezza, che non sfuggì all’anima nera del nemico.
“Sei un bugiardo. Ti mostri tanto leale nell’offrire una bella morte al tuo più odiato nemico, quando in realtà continui a domandarti come io sia riuscito a passare inosservato agli occhi delle vostre guardie e giungere quasi ad uccidere l’imperatrice... un segreto che mi porterò nella tomba e che vi costerà ben caro.” Aggiunse con un ghigno il demone.
“Fa’ silenzio, lurido cane bastardo! Dovresti ringraziare in lacrime il generale che ti concede questa morte anziché una torturante agonia nelle segrete, lasciato a morire nella fame, nella sete e nella pazzia, solo con la tua anima dannata!” Urlò Kimiko, colpendo violentemente al viso Siegfried con il manico della lancia.
Questi rimase fermo e saldo, subendo la bastonata senza fare una piega.
“Sacerdotessa! Abbassa la lancia! Non serve a nulla agire così infantilmente con un uomo che non è degno d'essere chiamato tale!” La ammonì Kaguyuki ed ella, reprimendo la rabbia, si fece da parte.
Mitsurugi, invece, continuò ad osservare il giovane con occhi concentrati e pensierosi: aveva detto il vero, quel segreto sarebbe potuto costargli caro.
“Non oso nemmeno chiedergli come sia riuscito a raggirarci e colpire il cuore di Tokyo, esploderebbe a ridere e patirebbe qualunque tortura, pur di tacere...” Pensò turbato Mitsurugi, mentre sguainava la spada e la posava delicatamente sulla nuca del condannato.
Kaguyuki fece un cenno a Kimiko e questa lo liberò dalle catene, consegnandogli poi il pugnale che Mitsurugi portava sempre con sé, al fianco della lunga lama.
“Ah ah ah... vedo che sei molto perspicace, Mitsurugi, ma non c’è alcun bisogno che io parli, d’altro canto. Perché io ho già vinto...” Ringhiò il demone con voce terribile, quasi fosse riuscito a leggere i pensieri del generale.
Mitsurugi e tutti i suoi compagni non ebbero il tempo di essere stupiti o scossi da quell’inquietante frase che già si resero conto di essere finiti in trappola, e che i timori d’Heishiro erano purtroppo realtà.
Alzarono lo sguardo e si videro circondati da decine se non centinaia di migliaia di fucili dalle lunghe baionette, carichi e puntati alle loro teste. Un passo e tutti loro sarebbero spariti, annientati dalla più devastante raffica che avrebbe oscurato il cielo.
Solo allora Mitsurugi realizzò a pieno che non erano state vane le sue ipotesi: il corpo militare degli artiglieri aveva davvero tradito l’imperatrice e si era messo al servizio di quel demone, pur di togliere per sempre di mezzo quell’odiata classe sociale che da secoli aveva corrotto la nazione, guidata da quel generale così valoroso e devoto alla via chiamata Bushido.
“No...” Gemette scuotendo la testa.
“Invece è così, Heishiro. E’ stato uno scherzo riuscire a corrompere gli ufficiali delle vostre guardie, promettendo loro la vostra eliminazione. Oh, hai sottovalutato l’odio che da anni ripongono in te e nei tuoi compagni, erano pronti a tutto pur di liberarsi di voi, anche a vendere l’anima al diavolo.... esattamente come hanno fatto oggi...” Sussurrò Siegfried ridendo. La sua voce tremava dall’euforia e da ruvidi ringhi mostruosi: mai si era sentito così eccitato e gioioso. Rimase tuttavia inginocchio, piegato sotto la spada d’Heishiro, chinando il capo per nascondere l’infernale sorriso e gli occhi velati da quella luce rossastra minacciosa.
Mitsurugi digrignò i denti tremante, lasciandosi sfuggire deboli gemiti disperati. Kaguyuki singhiozzava terrorizzata, mentre Kimiko, furiosa, pareva sul punto di esplodere dalla collera.
Nessuno dei samurai, a loro volta, osò muoversi, conscio che non sarebbe stata la loro vita a svanire, ma la più importante, quella della loro signora.
“Uccideteli.” Disse Siegfried, ancora in preda alla follia.
“Maledetto!” Ruggì Mitsurugi, mentre abbatteva su di lui la spada, ma questa squarciò l’aria e andò a ferire la nuda terra, poiché Siegfried, compì l’ennesimo incantesimo e in un turbine di fiamme svanì.
E al demoniaco fuoco del giovane assassino si sostituì lo spietato e materiale fuoco dell’artiglieria.
Con un balzo, il generale afferrò a sé Kaguyuki e si gettò al suolo, mentre Kimiko s’abbassava e, con un’agile capriola, sfuggiva agli spari.
“Minna! Ikusò!” Gridò Mitsurugi disperato, mentre i samurai sfoderavano le spade e ingaggiavano battaglia contro l’artiglieria.
Si scatenò l’inferno. Le file a loro più vicine non ebbero nemmeno il tempo di voltarsi che una raffica dilaniò in un attimo le loro carni, ma, grazie al loro sacrificio, le seconde file poterono arrivare ove i caduti non erano riusciti a giungere e a capofitto sfidarono l’artiglieria, lacerando con la rapida e letale spada i nemici prima che questi potessero caricare e di nuovo fare strage.
Solo alcuni riuscirono nel pandemonio di nuovo a sparare, ma, valorose, resistettero le robuste armature, consentendo agli spadaccini di caricare sempre più e proseguire quasi ad armi pari la battaglia.
Fra loro combattevano con estremo coraggio Tetsuya e Hoshiko, che in assenza del loro generale, conducevano i compagni all’assalto.
Mitsurugi intanto osservava sconvolto quel tragico spettacolo, che vedeva battersi sino all’ultimo sangue fratello contro fratello. In un attimo, Nightmare era riuscito a portargli via tutto quello che faticosamente aveva costruito.
Ma non c’era tempo per le emozioni e per le lacrime, troppo a lungo da esse Heishiro s’era fatto distrarre, e doveva liberare il Giappone da quel cancro chiamato Nightmare.
Mentre lui,con la spada, Kimiko, con la lancia, e Kaguyuki, la coppia di corte spade, combattevano al fianco di tutti gli altri e abbattevano senza pietà i vili traditori, il generale si guardò attorno, gettando lo sguardo in ogni luogo: dove poteva essersi rintanato Siegfried?
Ad osservare ridendo dall’alto Tokyo mentre si faceva a pezzi con le sue stesse mani? Perché no? Che bisogno c’era più ormai di sporcarsi le mani ora che aveva con l’astuzia sconfitto persino Mitsurugi?
Questo chiunque, al suo posto, avrebbe pensato. Ma Siegfried non era temuto da Mitsurugi solo per la sua intelligenza, ma soprattutto perché egli non avrebbe mai commesso l’errore di sottovalutare quel generale pieno di risorse: l’avrebbe ucciso personalmente prima che potesse in qualche modo salvarsi da quella situazione.
Solo allora Mitsurugi capì dove Siegfried si fosse diretto, e si rese conto che ormai poteva essere troppo tardi.
“Kimiko-sama! Vi affido la vita dell’imperatrice! Tenno-sama! Imploro il vostro perdono per non restare qui a combattere al vostro fianco! Se al mio ritorno sarete ancora adirata con me, comandatemelo, ed io mi toglierò la vita!” Gridò inchinandosi, mentre rinfoderava la spada e, prima che le due potessero rispondere, correva dentro al palazzo.
Veloce e agile, oltrepassò un piano dopo l’altro e giunse, ansimante ma vigoroso, in cima all’ultima scalinata.
Pochi metri lo separavano da una porta serrata da una catena. Mitsurugi non vi fece caso e in un attimo vi fu appressò, sguainò l’arma e, con un colpo netto diretto all’anello più debole, la spezzò. Poi, con una spallata, spalancò le porte, ritrovandosi in un immenso salone che non aveva mai visto, molto simile all’antico dojo in cui si era allenato, ma molto più raffinato, elegante e decorato: alle pareti erano affisse collezioni di bellissime spade appartenute ai caduti, e in fondo ad essa, su di uno snello ma appariscente piedistallo, stava l’arma che mai nessuno avrebbe più dovuto impugnare.
Quand’ebbe rialzato lo sguardo vide il suo nemico, ridere indemoniato abbracciato dalle medesime fiamme che gli dipingevano di sangue gli occhi, e brandire al cielo la spada a croce dai macabri decori, che veementemente reclamò dalla collezione.
“Ho vinto io, Heishiro...” Disse.

Mitsurugi Heishiro non ebbe paura, e imperioso brandì la spada, avanzando di qualche passo verso il nemico.
Egli rideva e gridava ormai euforico, dominato dalla follia e dal potere che quella spada gli avevano, a caro prezzo, conferito.
Più alcuna traccia vide di Siegfried in quel giovane. Non avrebbe mai più potuto salvarlo, Nightmare aveva dopotutto sconfitto entrambi, sia Mitsurugi, battendolo in astuzia, sia Siegfried, battendolo in volontà.
Il samurai faticava persino a guardare il suo avversario, tanto si sentiva umiliato per essere come uno stupido caduto nell’inganno pianificato dall’oscura mente del demone.
“Siegfried Schtauffen... Nightmare... non riesco a credere che tu sia potuto ad arrivare a tanto pur di volere la mia dannazione... con la tua magia tu avresti potuto colpirci tutti quando volevi, e invece... volevi prima distruggere tutto ciò a me più caro, non è così?” Domandò Mitsurugi, nel cui petto disperazione ed ira si sfidavano, incapaci di prevalere l’una sull’altra.
“Eh eh eh... ti è piaciuto il mio piano, Mitsurugi? Se devo essere sincero non avrei mai pensato che potesse riuscire così perfettamente... forse ti avevo sopravvalutato, samurai, anche se, come hai visto, non sono mai stato in grado di sconfiggerti in duello. Ma questo è stato solo un bene, poiché in questo modo hai potuto vivere abbastanza a lungo da vederti privato di tutto ciò che ti apparteneva, della tua gente, dei tuoi compagni, della tua signora, l’imperatrice, e infine del tuo onore.” Replicò Siegfried, la cui voce, parola dopo parola, era sempre più disumana e mostruosa.
“Corrompendo il corpo militare moderno delle guardie di Tokyo sfruttando il loro odio nei nostri confronti, sei riuscito ad assicurarti il silenzio dovuto a far sì che nessuno potesse avvistarti né, tanto meno fermarti. Coperto da loro hai ucciso innumerevoli persone e hai poi rivolto la tua attenzione a me e Kaguyuki. Poi ti sei volontariamente arreso ed hai di proposito aspettato nella cella, in modo che nessuno di noi, né i miei compagni né i tuoi servi né nessun’altro, potessero salvarsi dalla furia omicida che hai scatenato.” Disse Mitsurugi, riprendendo con calma e razionalità il procedimento logico partorito dalla mente nemica, incapace tuttavia di celare il crescente disgusto.
E mentre si piegava, contorta dalla vincente rabbia, l’espressione del generale, così si storpiava quella di Siegfried, dal famelico ghigno di un vampiro.
“Ah ah ah... esattamente, Mitsurugi, vedo che la tua mente acuta e intuitiva non ha tralasciato alcun dettaglio. Peccato che tu sia giunto troppo tardi a capire le mie intenzioni. Avrei potuto in qualunque momento, dalla cella, recuperare la mia spada ed uccidervi tutti, ma sapevo bene che voi, orgogliosi e fiduciosi di voi stessi, mi avreste risparmiato e confinato in una prigione, ormai sicuri della vostra vittoria. Così ho aspettato che tutti voi foste davanti a me per poter agire. E devo dire che nessuna delle guardie ha merito superiore alle altre nell’aver compiuto il proprio dovere. Avevo esplicitamente ordinato a quelle del castello di fingersi mie nemiche e tentare di uccidermi, in modo da non destare alcun sospetto. Kimiko avrebbe subito intuito, vedendo superstiti solo gli artiglieri, che fossero coinvolti nella mia missione. In questo modo non mi ero lasciato alle spalle poche tracce, troppo poche perché voi capiste in tempo tutto quanto. Ormai è troppo tardi, nessuno di voi sarà vivo una volta che il sole sarà sorto, né la tua cara sacerdotessa, né la tua principessa, né tu. E finalmente anche il Giappone sarà una nazione moderna, nuova, rinata, libera dal cancro che voi samurai le affliggevate.” Disse Siegfried.
“Ancora non capisci?! Eppure mi pare di avertelo già detto una volta. Quel che noi abbiamo lasciato a questa nazione va ben al di là del tempo e della morte, nessuna rivoluzione potrà cancellare millenni di storia che ci appartengono!” Ribatté Mitsurugi, irato e pallido come non mai.
“Illuso. Tu sei stato un mio grande avversario, devo ammetterlo, nessuno, prima di te, era stato in grado di tenermi testa ed arrivare dove sei arrivato tu. Ma quel tempo è concluso. Il tempo dei samurai è concluso. Impugnando nuovamente questa spada, i miei poteri si sono moltiplicati e incrementati, trascendendo persino la tua abilità di spadaccino. Ormai non sei più alla mia altezza, Mitsurugi, ma se non mi credi, allora te n’accorgerai ben presto!” Esclamò ridendo Siegfried, mentre Heishiro, incapace di trattenersi, decise che era giunta l’ora di farla finita una volta per tutte.
“Ne sei proprio sicuro, Nightmare?! Non vedo l’ora di scoprirlo con i miei occhi!” Ruggì Mitsurugi, sorridendo minaccioso e scattando rapido e letale verso il demone, che, sicuro di sé, non fece un a piega, ma attese sorridendo superbo la spada nemica.
Schiavo della vendetta, Mitsurugi sferrò una catena di cruenti fendenti, uno dopo l’altro, diretti al collo o al fianco del nemico, riponendo in ogni tecnica tutta la sua forza e la sua rabbia, ma ciò non bastò per riuscire a fare breccia nella salda e insormontabile difesa del demone, che, immobile, non indietreggiò di un passo e mosse l’enorme lama a croce così velocemente da anticipare e parare ogni colpo del samurai, che sempre, dinanzi alla vicina carne nemica, trovò a proteggerla la spada del giovane.
“Ksama...” Ringhiò Mitsurugi, dopo che il suo ultimo attacco fu parato e i due si furono trovati occhi negli occhi. Invano tentò di respingere Siegfried respingendolo lama contro lama in una prova di forza, come solida roccia, il giovane rimase ben saldo bell’eretta posizione, e impertinente rideva.
“Sei un po’ lento, mio caro Mitsurugi... beh, credo che ora tocchi a me attaccare...” Sussurrò, mentre socchiudeva gli occhi e un’aura di fiamme esplose attorno a lui, scaraventando a terra il generale, sino a riportarlo nel corridoio da cui era giunto.
Abile, attutì la caduta e subito recuperò terreno, ponendo a difesa la propria lama, che miracolosamente frenò la carica del mortale affondo dell’oscuro principe, così potente che il generale si resse a malapena in piedi.
Strinse vigoroso denti e coraggio per mantenere la posizione, ma Siegfried non ebbe pietà e violento iniziò a sferrargli una raffica di colpi, che come cannonate s’abbatterono sull’armoniosa spada d’Heishiro. Traballava ed indietreggiava sempre più il generale, a stento reggeva il peso della croce di Siegfried e ogni volta solo per un morto istante preservava dal famelico acciaio il proprio corpo, fiaccato e piegato dall’evidente superiorità del demone.
Mitsurugi giunse con le spalle alle porte che separavano la via dalla maestosa balconata da cui l’intero Kanto si poteva ammirare, che ben chiuse non gli avrebbero più consentito di sfuggire alla furia nemica, così, prima che fosse troppo tardi, scartò di lato, scampando ad un mortale diretto, e con una torsione rivolse tutto il suo corpo al giovane, colpendolo in pieno stomaco con una possente spallata.
Siegfried incassò il colpo come se nulla fosse e, piegando il capo di lato, si salvò dalla fulminea stoccata del samurai.
Scoperto e instabile, Mitsurugi fu afferrato alla gola e da terra sollevato, per essere contro le porte gettato, le quali cedettero subito al suo peso.
Nuovamente si ritrovò egli a terra e ancora una volta, con quel che i robusti ed agili muscoli gli consentirono, con un balzo si rialzò, sotto il nero cielo da fulmini sfregiato e la triste pioggia, questa volta non per difendere ma per ribattere e restituire a Siegfried il mortale favore.
In cima a Tokyo, da cui la tragica guerra fra antica e moderna via era visibile, i due spadaccini si rincontrarono, le lame incrociando e alla pari questa volta battendosi. Ad alcuna fatica e dolore cedettero i suoi muscoli, e consentirono a Mitsurugi di sfidare in eguale abilità.
Con saggezza e precisione deviò e parò le tecniche di spada di Siegfried, e ad esse rispondeva istantaneamente con altrettanti fendenti, stoccate e affondi, da cui anche Siegfried si difendeva perfettamente e di nuovo contrattaccava, così da creare quella delicata e letale armonia che rendeva quel combattimento unico e spettacolare, incapace di lasciar intendere agli spettatori in che modo si fosse concluso.
Nonostante le tenebre dell’inoltrata notte impedissero ai loro sguardi di prendere ben di mira l’avversario, sciolti e veloci scivolavano i due spadaccini l’uno attorno all’altro, alla ricerca del punto debole che gli avrebbe consentito la vittoria, ma il loro istinto era così rapido e sicuro che gli consentiva persino di schivare, seppur per poco, quelle stoccate che la spada non riusciva a fermare.
Così, come il giorno precedente era accaduto, si allontanarono di un balzo e in un ultimo micidiale e fulmineo fendente riposero ogni energia e saggezza, al di là del nemico scattando.
Rimasero fermi e immobili, come pietrificati, nell’ultima posa in cui la tecnica li aveva condotti, ma Mitsurugi era ormai divorato dalla stanchezza e dal sudore, a malapena riusciva a respirare e tossiva sfinito, mentre Siegfried, in piena forma, non si lasciava sfuggire nemmeno un sospiro, ma spietato guardava fisso davanti a sé, non curante di un lungo taglio che gli sfigurava la guancia sinistra.
Il suo sorriso, tuttavia, era morto. Lentamente, abbassò la spada ed avvicinò una mano alla ferita, guardando quasi disgustato il sangue macchiargli le dita.
Cadde invece in ginocchio l’onorevole Mitsurugi, con ira e odio il nemico osservando.
Per lunghi e pesanti istanti regnò il frammentato silenzio fra i due, spezzato tuttavia dalla pioggia e dalle grida della battaglia che sottostante dilaniava il Giappone. Iniziò infine a ridere il giovane demone, rivolgendo i rossi occhi ad Heishiro.
“E così è graffiarmi il volto tutto ciò che il tuo caro Bushido in questi anni ti ha insegnato? Non penso che questo vostro “indelebile ricordo” sopravvivrà al domani, come tu mi hai voluto far credere!” Disse Siegfried, mentre implacabile avanzava verso Mitsurugi.
“Il nostro tempo potrà anche essere giunto a compimento, poiché tutto ha inizio ed una fine, ma te l’ho già detto, non esiste limite per la nostra via!” Rispose Mitsurugi, a stento rialzandosi e contro Siegfried di nuovo accanendosi, ma a questi si fece da parte e sfuggì al generale, colpendolo al volto con una violenta capocciata.
Stordito e dolorante, fu privato, anche se solo per qualche istante, della sua la formidabile vista, quanto bastava a Siegfried per finirlo.
Con un colpo lo privò della fedele lama, che nell’aria sfrecciò e al suolo si conficcò, e con un secondo squarciò armatura, kimono e fianco al samurai.
Disarmato e ferito, Mitsurugi si accasciò alla ringhiera del balcone esanime, conscio che purtroppo le parole dell’avversario si erano rivelate verità: davvero la sua spada l’aveva reso forte oltre ogni limite, la potenza e la violenza dei fendenti, l’abilità e la tecnica nel dirigergli, la velocità e la rapidità nei movimenti, in tutto e per tutto Siegfried era divenuto un vero e proprio mostro, a tal punto da piegare e spezzare persino le difese e la resistenza più nobili e valorose del generale Heishiro.
Senza via di salvezza e la spada nemica puntata alla gola, ansimava disperato, una mano al costato squarciato ed una protesa alla spada ormai da lui lontana, gli occhi fissi in quelli disumani e folli del demone, che assaporava istante per istante l’imminente vittoria.
“Shime(muori).... samurai...” Sussurrò Siegfried, quando sorriso e sguardo, da spietati supplichevoli e disperati divennero, da terrore dipinto il primo e da un morente gemito il secondo, poiché da una corta ma precisa e mortale spada la sua schiena era stata squarciata.
“Heishiro!” Gridò Setsuka, brandendo al cielo l’insanguinata lama che dalla pioggia veniva purificata.
“Setsuka-sama...” Pensò il generale, mentre gioia ed emozione scacciavano paura e angoscia dal suo duro cuore.
Gli parve di tornare a quattro anni prima, quando capì, in quella notte di pioggia e lacrime, d’essersi innamorato di un’assassina, di una donna che lui aveva giurato di consegnare alla giustizia, e per la quale invece al mondo voltò le spalle
“Urgh.. tu...!” Gemette Siegfried ad occhi spalancati guardando la donna, che bellissima e livida ricambiava lo sguardo.
“Se sul seriocredevi di poter reclamare la vita dell’uomo che ha cambiato la mia... allora davvero hai sopravvalutato i dannati poteri che quella tua spada ti ha offerto!” Disse, mentre Mitsurugi, con una capriola, raggiunse la sua spada, la impugnò e la diresse al cuore di Siegfried.
Questo, accasciato al confine fra cieli ed inferno, ormai in grembo alla morte, invano tentò di muovere contro di lui la crociata spada, fu troppo tardi: da parte a parte il suo petto fu dall’onorevole lama del generale Heishiro Mitsurugi, che lo consegnò al sonno eterno in un bagno di sangue e pioggia.
E come se fosse il suo corpo fatto di polvere e aria, bastò un breve soffio di vento perché egli svanisse come un fantasma che ritrova pace e di ciò che aveva portato non rimanesse che il ricordo.
"Mitsurugi..." Furono le sue ultime parole.
“Sayonara... Nightmare...omae no Bushido... shin desu..(il tuo cammino è morto..)” Disse Mitsurugi, mentre abile rinfoderava l’arma e si esibiva in un piccolo inchino.
Poi, sorrise, pianse come mai felice si era sentito, mentre lui e Setsuka si abbracciavano.
“Mitsurugi-san... sono qui con voi, ora... e vi giuro che mai più alcun rancore potrà separaci...” Singhiozzò lei, mentre lui le accarezzava il viso e dolcemente la baciava.
Smise lentamente di piovere e ricomparve all’orizzonte il luminoso sole, mentre il grido di vittoria dei fedeli figli del Bushido riportava la pace e la giustizia a Tokyo.
“Sarò io a giurarvelo, Setsuka-sama... dovrò domandare perdono alla mia nazione e all’imperatrice, ma mai più potrò difendere con questa vita gli ideali per cui ho combattuto... poiché al vostro cuore ora essa appartiene...” Rispose, mentre lei gli accarezzava i capelli.
“Non credete di stare esagerando, generale?” Replicò, trovando finalmente il coraggio di ridere sincera.
“Mitsurugi-san!”
“Mitsurugi-san!”
“Generale Mitsurugi!”
“Heishiro!”
“Mitsurugi-san!” Grida indistinte riecheggiarono attorno a lui e potè Heishiro riconoscere la bellissima sacerdotessa Kimiko, sua leale compagna di guerra, della dolce e pura principessa Kaguyuki, la sua signora a cui dedicò la vita, e dei suoi compagni, Tetsuya, Hoshiko, Hideo, Eisuke, e tutti gli altri che insieme a lui incominciarono la via del samurai, e che gioiosi a lui si ricongiunsero.
Heishiro Mitsurugi sorrise loro dolcemente e, rivolse lo sguardo vigoroso al mattino.
“Spero proprio che questo sole ci risvegli per sempre dall’incubo che abbiamo vissuto... e se mai dovremo riaddormentarci e caderne di nuovo preda, sarò orgoglioso di impugnare ancora una volta questa spada. ” Disse

“The legend will never die.” (Anonimo)
  
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